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Autore: Akuma    21/05/2014    1 recensioni
« Il mio nome è Flamme.
Non Lucy, non Amanda. Flamme.
E niente battute, per favore, non si diverte nessuno. Perlomeno, io no di certo.
Mi divertirei molto, invece, se tramutassi le vostre risa in un grido di dolore, infilandovi un Asticello su per il... oh. Niente volgarità, almeno stavolta.
Il professor Albus Silente mi ha chiesto di riscrivere il tema dal principio già due volte e, come si dice, sbagliando s’impara.»
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Oliver Wood/Baston, Remus Lupin, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Capitolo 1 - Chamatemi Vipera
 
Il mio nome è Flamme.
Non Lucy, non Amanda. Flamme.
E niente battute, per favore, non si diverte nessuno. Perlomeno, io no di certo.
Mi divertirei molto, invece, se tramutassi le vostre risa in un grido di dolore, infilandovi un Asticello su per il... oh. Niente volgarità, almeno stavolta.
Il professor Albus Silente mi ha chiesto di riscrivere il tema dal principio già due volte e, come si dice, sbagliando s’impara.
Bene, dicevo, mi chiamo Flamme.
Frequento il settimo anno a Hogwarts e bla, bla, bla. Le solite cose.
Credo che il fine di questo inutile compito sia mettere in luce le mie problematiche. Come se avessi delle problematiche. E anche se così fosse, dubito di volerne discutere.
Cominciamo con la solita solfa? E sia.
Non ho un posto speciale, uno di quelli in cui pensare e sfogarsi.
Non ho una persona speciale, una di quelle con cui divertirsi o confidarsi.
Non ho una famiglia speciale, solo per non dire che non ce l’ho affatto.
Non ho nemmeno un dono speciale, piuttosto una maledizione.
Allegra la vita, eh?
C’è chi si lamenterebbe, ma a dire il vero a me la cosa non tange.
Non mi dispiace starmene in disparte, né guardare il resto del mondo girare. Non m’interessa fare nulla per cambiarlo, perché so che a lui non interessa di certo essere cambiato da me.
Mi va bene essere guardata con quella sorta di timore reverenziale dai meno arditi e con invidia ed arroganza dai più audaci.
Silente dice che dovrei smetterla di fregarmene dell’intero universo. Certo, non utilizza proprio queste parole, ma la sostanza è questa.
Dice che dovrei avvicinarmi a qualcuno e levarmi la maschera. O forse prima dovrebbe avvenire lo smascheramento e poi l’approccio. Beh, tutta teoria.
Sono sicura che in pratica sia solo un bel tentativo di volersi prendere cura di quella che secondo lui è una pecorella smarrita.
Certo è che se fossi stata una pecorella, non sarei finita a Serpeverde.
 

Con una rapida mossa ripose anche l’ultimo volume nella sacca di cuoio, che si caricò su una spalla senza troppa difficoltà.
L’argento e verde delle rifiniture del cappotto nero che indossava - quelli della Casa cui apparteneva - richiamavano lo stemma che troneggiava sul petto, poco più a destra della prima coppia di bottoni gemelli.
Nel chinarsi per raccogliere lo spallaccio marrone, una massa di capelli biondi ondeggiò repentina, fluente; lisci all’attaccatura e, mano a mano che scendevano lungo la schiena, sempre più inarcati a formare grossi riccioli incompleti, dalle volute ampie e morbide.
Non s’era aperto poi troppo male quell’anno, certo senza contare l’attacco del Dissennatore impazzito all’Espresso per Hogwarts e la nuova disposizione che voleva che quegli esseri d’oltretomba aleggiassero come fuochi fatui praticamente dovunque.
Una bella atmosfera festosa, tanto per cominciare.
Flamme s’immaginò fosse destino che quello fosse il suo ultimo anno a scuola.
Aveva appena occupato la stanza doppia che da cinque anni divideva con Karin Candace, tediosa ragazzina già fissata con il nuovo, affascinante professore di Difesa contro le Arti Oscure: Remus qualcosa.
I dormitori nei sotterranei di Serpeverde erano piuttosto umidi, ma perlomeno era grata al fatto che, essendo stata l’ultima arrivata, aveva dovuto sistemarsi nella stanza che fino ad allora era stata soltanto di Karin. Quest’ultima, dal canto suo, l’aveva accolta con tripudio e fastidiosissimi squittii.
Ci aveva messo poco a farle capire che lei non era una di compagnia, deludendo le sue speranze. Che disdetta per la piccola, entusiasta Karin, essere capitata in stanza con una sola persona, anziché con altre tre come accadeva di solito.
Tuttavia, non aveva espresso mai il desiderio di essere trasferita, pareva già fin troppo tra le nuvole per meditare ripicche e, inutile dirlo, a Flamme la cosa non faceva né caldo né freddo.
Nel salire le scale fino alla Sala Grande, si rese conto che non sarebbe stata cosa facile scansare l’asfissiante aria di apprensione che si sarebbe respirata per i corridoi durante i successivi mesi.
Quando varcò la soglia si imbatté, nonostante tutto, nel classico chiacchiericcio che di prima mattina affollava la Sala, già stipata di studenti che si apprestavano a fare colazione.
Flamme si sedette comodamente al tavolo, ravviandosi una lunga ciocca chiarissima dal volto e fissando gli occhi oltremare su ciò che aveva da offrire il banchetto mattutino.
Inevitabilmente, fu travolta dai discorsi dei compagni.
- Sarà un guaio il Quidditch, quest’anno.- sbuffò un ragazzo dai capelli scuri e piuttosto ribelli alla sua sinistra.
- Non ci voglio neanche pensare!- esclamò di rimando il suo interlocutore, sistemandosi la casacca e versandosi un gran bicchiere di succo di mirtillo.
Flamme non trattenne una smorfia. Odiava il succo di mirtillo.
Quando si decise ad allungare le dita sul pane tostato, dall’altra parte del tavolo un’altra ragazza ebbe la stessa idea, tanto che si ritrovarono entrambe a infilzare con la forchetta la medesima fetta.
Gli occhi della bionda, fino ad allora concentrati sulla pietanza, si riflessero in quelli scuri e cisposi dell’improvvisata antagonista, il cui volto era contornato da una miriade di boccoli perfetti, evidentemente appena laccati e acconciati.
Al solo trovarsi di fronte a lei, quest’ultima dilatò esageratamente le palpebre e mollò il pane su due piedi, poi tornò a fissare allarmata il proprio piatto colmo solo di marmellata.
Di contro, Flamme alzò un sopracciglio e si servì.
Per tutta la durata della colazione non si preoccupò di scostarsi, mentre un numero sempre crescente di persone si aggiungeva al tavolo. Si alzò soltanto quando ritenne che il suo stomaco fosse pieno e che forse era ancora in tempo per evitarsi il trambusto che sollevavano i gufi al loro arrivo.
Riprese la borsa di cuoio e si diresse verso l’uscita, suo malgrado cogliendo le ultime parole della ragazza che fino ad allora era stata seduta di fronte a lei, certamente convinta di non essere udita.
- Che sfortuna essere incappate in Vipera già dal primo giorno!- fu il mugolio che le giunse.
- Già, sarà difficile evitarla, stando nella stessa Casa.- un’altra voce fece da spalla, così spocchiosamente dispiaciuta.
- A me fa paura, non ci voglio stare seduta vicino a lei!- una terza si unì al coro.
- Da domani cambieremo posto: colazione, pranzo e cena dall’altra parte della tavolata!- asserì infine la capoclan, battendosi un pugno sulla mano da Troll che si ritrovava.
Nell’allontanarsi dalla Sala Grande, Flamme si lasciò alle spalle un ‘Reducto’ a fior di labbra, che valse sonore risate quando le sedie delle ragazze saltarono in aria una dopo l’altra. Addio, tanto sudata piega!
 

Percorse il corridoio per raggiungere l’aula di Storia della Magia. La attendevano dal principio due noiosissime ore di ampollosi discorsi sulle più note Associazioni di Fattucchiere e le loro celebri fondazioni.
Il suo sospiro fu bruscamente interrotto da uno spallato ragazzo dall’aria sportiva, che la urtò fino a farle rovesciare la borsa a terra.
- Ehi, Fred! George!- aveva urlato, ma evidentemente gli oggetti del suo interesse si erano allontanati troppo in fretta. Fortunatamente però, non tardò ad accorgersi che il contenuto della tracolla di Flamme stava lungo e disteso sul pavimento di pietre levigate.
- Oh, accidenti! Mi dispiace!- si precipitò a raccogliere più cose possibili per renderle alla legittima proprietaria e domandarle debitamente scusa.
Flamme non aprì bocca, si limitò ad accovacciarsi ed a radunare i suoi effetti personali.
- Scusa, certe volte non mi rendo conto di non essere sul campo di Quidditch.- il ragazzo si portò una mano dietro la nuca, lasciandole intendere d’essere sinceramente dispiaciuto.
La bionda riprese i libri che lui le tendeva con un sorriso amichevole e li ripose.
- Segui Storia della Magia?- le domandò poi, alzandosi. Lei si chiese per un attimo se fosse uno stucchevole tentativo di stabilire un’amnistia assolutamente non necessaria, oppure che altro.
- Già.- rispose, ben conscia che quella che le era stata appena posta era una domanda di circostanza: erano compagni di Storia della Magia da almeno due anni e ben consci della reciproca presenza a lezione.
Una volta varcata la soglia, Flamme prese posto in una delle ultime file, pronta a sorbirsi un nuovo, noioso soliloquio del professor Rüf, fin troppo baldanzoso quella mattina.
Un insolito scricchiolare alla sua destra la fece voltare incuriosita: raramente qualcuno si era seduto accanto a lei di propria iniziativa.
- Tieni, l’ho preso per sbaglio.- fece di nuovo il ragazzo di poco prima, restituendole la doppia copia del libro di testo - E’ tuo.-
- Oh.- Flamme lo accolse tra le dita bianche, poi alzò lo sguardo verso il sorriso incoraggiante del compagno. Una disordinata frangia di capelli castano scuro gli scendeva sulla fronte, pur non coprendo quelli che erano due grandi occhi dello stesso colore, forse di una tonalità un po’ più tenue.
- Grazie.- mormorò, poggiando silenziosamente il volume sul banco.
Dopo l’entrata in scena dell’insegnante, Oliver Baston, Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro, tuffò il volto mascolino e squadrato tra i due avambracci, appoggiandosi svogliatamente sul banco con tutto il suo peso e rassegnandosi a trascorrere due ore non troppo leggere.
 

- E immagino tu non sappia niente di alcune sedie saltate in aria in Sala Grande. E’ scoppiato il caos, c’è voluta un’ora intera per rimettere a posto tutto quanto e calmare i nervi delle sue vittime.- Severus Piton la guardava dall’alto con il suo caratteristico piglio severo, incombente.
- Nulla.- Flamme scosse il capo, seduta sulla piccola poltrona scura nell’ufficio del direttore di Serpeverde.
- Signorina Dunkel.- la riprese quello - Lo sappiamo quanto le piaccia l’Incantesimo Reducto e la sua mania di far saltare in aria le cose.-
- Non faccio saltare in aria niente.- che strana accusa.
- No, d’ora in poi le sarà difficile, immagino, perché controllerò la sua bacchetta.- l’insegnante alzò un sopracciglio e ripeté per due volte - Prior Incantatem.-
Spalle al muro.
- Ma bene, due Reducto nel giro della prima giornata di scuola. E’ sorprendente, e non ha ancora partecipato ad una lezione che richiedesse tale fattura.- soddisfatto del proprio lavoro, Piton si appoggiò con il bacino alla scrivania. 
Flamme si trovò a considerare il fatto che, nonostante tutto, non si sentiva coinvolta in alcun modo.
- Lei lo sa quando le mento, quindi è indifferente ch’io dica la verità.-
Severus alzò anche l’altro sopracciglio, decisamente contrariato, eppure placidamente freddo come solo lui sapeva essere.
- E’ questione di principio. Deleterius.- l’effetto dell’incanto precedente scomparve all’istante.
- Già. Immagino lo sia.- fu la risposta che gli arrivò, silenziosa e conforme, quasi indifferente.
- Bene, come dicevo, si dia una regolata, altrimenti dovrò realmente sottoporre la sua bacchetta ad un controllo periodico ed inaspettato. Le regole sono regole, soprattutto nella mia Casa.- le candele appese al muro creavano un insolito riverbero sul volto dell’uomo, deciso ed intransigente dinnanzi a lei. Decisamente poco incline ad essere pietoso.
- Sissignore.- detto questo la ragazza si alzò e ripose nella borsa la bacchetta che lui le tendeva, appuntandosi un promemoria mentale: “cambiare incantesimo e farsi un alibi” .
Quando finalmente poté uscire nei corridoi si trovò dinnanzi una Karin Candace piuttosto incuriosita, in punta di piedi sulle sue basse scarpine lucide.
- Che voleva da te?- le mani dietro la schiena, dondolante.
- Niente.- Flamme alzò i tacchi e si apprestò a lasciare l’ambiente chiuso, in favore di una salutare boccata d’aria.
- Oh, e... non ha tolto punti a Serpeverde, vero?- ravviandosi i corti capelli scuri, la compagna la inseguì giusto in tempo per guadagnarsi un’occhiata agghiacciante.
- Non l’ha fatto.- rispose la bionda, sibilando.
Karin rimase scossa per un attimo, guardandosi alle spalle in cerca dell’appoggio delle amiche che, in uno slancio di vigliaccheria, l’avevano mandata avanti.
- E... emh.- si sporse di nuovo, stavolta temendo sul serio che Flamme potesse lanciarle la maledizione Cruciatus per farla tacere - E’ perché Sandy Davenport sta poco bene, dopo l’incidente di questa mattina, ha diversi lividi... e...-
Al ricordo di Sandy Davenport ed i suoi boccoli scarmigliati, Flamme non trattenne un soddisfatto sorrisetto interiore.
- Vuoi domandarmi qualcosa?- si fermò e si ravviò la lunga chioma bionda. Karin fu colta alla sprovvista e prese a guardarsi le scarpe.
- No... no, cioè io...-
- Bene, perché nessuno vuole farsi altro male, vero?- un bagliore repentino balenò negli occhi della compagna, che ora stava fissando il gruppo di mandatarie all’incrocio del corridoio.
In tutta risposta quelle sbatterono le palpebre e non ci pensarono due volte ad alzare i tacchi di gran lena, tra spintoni e gridolini d’esortazione, abbandonando la loro cavia a sé stessa.
Flamme, ottenuto il risultato sperato, si voltò e prese a discendere i gradini. Scese silenziosa e quasi aleggiante nei giardini, lasciandosi alle spalle Karin e la prima mattinata di scuola.
Ci volle poco perché dall’altra parte della scalinata non scorgesse arrivare il nuovo, raggiante Caposcuola Percy Weasley e la sua oramai inseparabile Penelope Light, prefetto di Corvonero. Coppia rivoltante, senza dubbio.
Scartò a destra appena in tempo, prima che il signor ‘La legge sono io’ potesse rimproverarle il fatto di star gironzolando senza badare ai Dissennatori di guardia.
Imboccò la prima scorciatoia che le capitò dinnanzi, scuotendo il capo e tenendosi ben lontana dall’incappare in una ramanzina del tutto inutile. Ogni studente che Weasley avrebbe incontrato di lì a poco si sarebbe preso la sua.
Il sole era ancora alto, mezzogiorno stava appressandosi e la vera e propria ronda non l’aveva ancora vista nessuno.
Flamme si diresse verso il campo di Quidditch, deserto. Perlomeno nessuno l’avrebbe disturbata con chiacchiere e tediosi monologhi, né tantomeno si sarebbe sentita fissata come un’assassina da ogni singolo moccioso.
Si accomodò su uno degli spalti bassi, davanti a lei il suggestivo scenario del campo verdeggiante totalmente vuoto. Le bandiere in alto torreggiavano aleggianti al vento dei primi di settembre, in contrasto con il cielo plumbeo.
Appoggiò il dorso allo schienale in un sospiro, considerando che non doveva far altro che tenere duro un altro anno, superare i M.A.G.O e lasciarsi ogni cosa alle spalle.
Già... e poi? Cos’avrebbe fatto della sua vita? Da quando la McGranitt l’aveva ricoperta di gioiose aspettative sul fatto che sarebbe potuta diventare un ottimo Auror - non senza un’occhiataccia da parte di Piton - si era scelta l’unico piano scolastico disponibile. Più che per vocazione, l’aveva fatto per mancanza di ispirazione e voglia di cercarsene o crearsene un altro. Ed ora si chiedeva se il suo futuro sarebbe stato davvero quello che qualcuno aveva designato, oppure avrebbe fatto meglio a spezzare ogni catena e scomparire, come certe volte le balenava in testa.
Certo era che Adalrich Ingram Dunkel la pensava in un modo tutto suo. Quando aveva avuto modo di discorrere l’ultima volta con i professori - ai lontani tempi del quinto anno - suo padre si era comportato come se ogni eventuale carriera gli venisse proposta dagli insegnanti fosse una sciocchezza senza alcuna importanza: Flamme poteva benissimo scegliere di diventare un’allevatrice di Basilischi, ma a lui poco sarebbe importato. Si era altresì congedato lasciando trasparire d’avere in mente qualcosa di imperscrutabile nei confronti della figlia.
Figlia che, tra l’altro, non vedeva giusto da quei due lunghi anni.
La ragazza fece per voltarsi e sistemare la tracolla sul palco vuoto accanto a lei, che si vide arrivare addosso una palla di cannone a tutta velocità.
- Reducto!- fece presto ad esclamare, estraendo la bacchetta prima che le si schiantasse dritta in faccia.
Il Bolide si frantumò all’istante ed i resti piovvero in mille pezzi a pochi centimetri dal suo volto.
Intenta a riprendersi ed a guardarsi intorno per far saltare in aria ulteriori siluri, il suo sguardo s’imbatté all’istante in una velocissima figura in sella ad un manico di scopa.
Chiunque fosse, un bell’Avada Kedavra se l’era proprio guadagnato!
- Oh, accidenti!- un accigliato ragazzo dalle spalle larghe saltò giù dalla sua Tornado Sette, planando dall’alto con un movimento impeccabile ed atterrando a pochi passi da Flamme.
- Ti hanno assoldato per farmi fuori?- fece lei, riconoscendo lo stesso Grifondoro che le si era seduto accanto quella mattina a Storia della Magia.
- Perdonami!- lui si era avvicinato, accorgendosi che l’inevitabile incidente aveva coinvolto di nuovo quella taciturna ragazza dall’aria scocciata - Ho incantato un paio di Bolidi e una Pluffa, volevo... oh, ma tu stai bene? Scusami, pare che oggi sia una continua, sfortunata coincidenza!-
- Sto meglio del tuo Bolide.- Flamme era passata a spolverarsi la casacca, puntellata dei resti polverizzati dell’oggetto dell’attentato.
- Non... importa.- valutò lui, incerto se in realtà avesse effettivamente peso o meno. Prima che la bionda, contrariata, potesse fare dietro front e lasciarlo lì con i residui del Bolide, le si avvicinò e le sbarrò la strada.
- Tu sei... Vipera, giusto?- ottimo approccio davvero. La ragazza alzò il volto e si specchiò nelle iridi castane del suo interlocutore, che si stagliava alto sopra di lei.
- Flamme.- sibilò a denti stretti, con l’aria di una che avrebbe polverizzato all’istante anche lui, se solo avesse insistito. Ma, ahimé, il ragazzo o l’intese troppo tardi, o davvero era un tipo impavido.
- Flamme? Oh, io pensavo Flamme fosse il tuo secondo nome, o...-
- Vipera è solo uno sciocco soprannome. Sai, di quelli che ti appioppano per i corridoi.- tagliò corto la bionda, facendo per scansare il robusto torace del Grifondoro - impresa piuttosto difficoltosa da portare a termine, tra degli scranni così minuscoli.
- Oh... oh! Scusami, io-io non intendevo, non sapevo...- due su due, Oliver, complimenti.
- Fa niente.- lei alzò le spalle.
- Sul serio, non...- insistette lui, prima di venire di nuovo interrotto dalla voce senza tono dell’altra.
- Non fa niente.- ripeté, scandendo le parole una per una.
I capelli biondi ed un poco mossi le incorniciavano le gote pallide, mentre la sua bocca rosea era semichiusa, come pronta a rispondere ad una nuova infelice uscita.
- Io sono Oliver.- era piuttosto rammaricato e, per un qualche strano motivo, desideroso di mostrarsi un gentiluomo.
- Ciao, Oliver.- si chiese se il tono della ragazza fosse ironico o che altro, soprattutto forte del fatto che tutti a scuola sapessero chi fosse Oliver Baston.
- Beh, emh, che fai qui? Ti piace il Quidditch?- azzardò, portandosi una mano ad un fianco.
- Per niente.- Flamme gli smorzò ogni speranza sul nascere.
- Oh.-
- Già.-
- E allora...?-
- E’ l’unico posto libero nel giro di cento metri, niente ragazzini, niente scocciature.- alzò un sopracciglio e non trattenne un sorrisetto lieve - A parte te.-
Baston fu quasi sicuro di perdere la cognizione dei propri pensieri, come se qualcuno gli avesse lanciato un Incantesimo Confundus in piena fronte.
- Io mi allenavo.- fece poi, la pura verità.
- Senza la squadra?- Flamme era scettica per natura, ma in questo caso doveva ammettere che la cosa aveva dell’insolito proprio perché reale.
- A volte faccio anche da solo.- lui si strinse nelle spalle, un pozzo di bonaria sincerità.
- Devi essere uno psicopatico fanatico.-
- Più o meno.-
Si scambiarono uno strano sguardo, incuriosito e diffidente, interessato e silenzioso.
- Senti, devo andare.- fu Flamme a rompere quel ghiaccio che pareva non doversi incrinare mai.
- Ci vediamo a lezione.- furono le ultime parole che udì dal compagno, mentre la lasciava passare e si chinava a raccogliere la scopa.
Strano ragazzo: non aveva mai incontrato nessuno di così genuino e bendisposto. D’altro canto, nessuno si era mai spinto così in là, insomma, se una non parla per niente, a che pro insistere? E invece dovette ammettere che quella discussione fatta di poche, eccentriche battute era stata... carina.
Già, carina, e intanto si era lasciata sfuggire un altro Reducto, accidenti!
   
 
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