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Autore: Axelle_    21/05/2014    5 recensioni
Come reagireste se vi dicessi che tutto quello che sapete su Peter Pan è solo la bella versione di una triste storia, raccontatavi dai vostri genitori solo per farvi dormire tranquilli?
E se Peter fosse solo un bambino con un problema, l'Isola che non c'è un orfanotrofio e i Bimbi Sperduti una banda di bulletti?
Come reagireste?
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COMPLETAMENTE AU.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Peter Pan, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La vera storia di Peter Pan.
 
 
Tutto era cominciato una mattina di maggio.
Preoccupati per la situazione del loro figliolo, Julia e Marcus Pan si erano diretti dall’ennesimo e costoso dottore privato per capire cosa affliggeva il povero Peter.
L’uomo in bianco aveva sottoposto a svariati esami il bambino e lo aveva studiato da cima a fondo, prima di arrivare all’inevitabile conclusione:
“Vostro figlio soffre di un deficit di ormone della crescita” aveva annunciato il Dottore, passandosi svogliatamente una mano sotto gli occhi e aggiustandosi con le vecchie mani grinzose il camice medico.
Infondo uno con un mestiere come quello, di malattie ne vedeva tutti i giorni, quindi la sua tranquillità poteva essere giustificata, in un certo senso.
Ora, per chi non lo sapesse, il deficit di ormone della crescita ( o GHD) è una condizione clinica di causata dalla mancanza patologica dell’ormone della crescita e caratterizzata da un ridotto accrescimento staturale dei bambini, e quindi anche mentale.
Più di una volta il piccolo Peter si era chiesto come mai, nonostante i suoi otto anni e tre quarti, fosse molto più basso dei suoi amici del parco.
E più di una volta era corso nelle braccia della sua mamma, in lacrime e ferito dalle loro parole crudeli.
“Certo, esistono delle cure” aveva iniziato il Dottore, ma sia Marcus sia Julia erano esauriti dall’impegno e dai soldi che Peter succhiava via loro.
Così il giorno stesso che ebbero la diagnosi, montarono Peter in macchina, gli comperarono un gelato e lo lasciarono davanti all’ “Isola che non c’è”, un orfanotrofio.
Julia lo aveva accompagnato con la mano stretta nella sua piccolina fino al cancello, gli aveva pulito una macchia di cioccolato dalla guancia e lo aveva lasciato andare con un:
“La mamma e il papà hanno un impegno, ma queste persone si prenderanno cura di te mentre saremo via. Mi raccomando, fai il bravo”.
Marcus invece gli aveva semplicemente carezzato i riccioli scuri con una mossa veloce, prima di girarsi dall’altra parte e ritornare silenziosamente in macchina. Ed entrambi se ne erano andati.
Peter si era allora seduto sul marciapiede, aveva finito con calma il suo gelato. Aveva attraversato tutta la strada che separava il cancello dell’edificio e aveva bussato.
Gli aveva aperto una signora alta, con una frangetta bionda che le cadeva sugli occhi chiari, e un braccialetto di campanellini che tintinnavano rumorosamente ad ogni suo gesto.
Peter, che poi avrebbe cominciato a vivere con lei, non era mai riuscito a ricordarsi il suo nome. E troppo imbarazzato per chiederglielo ogni volta, aveva semplicemente deciso di chiamarla Campanellino.
“Hai bisogno di aiuto?” gli aveva chiesto la signora Campanellino sorridendogli gentilmente.
Peter si era tirato nervosamente i polsini della camicia a quadri che indossava e aveva risposto: “La mamma ha detto di aspettare qui finchè lei e papà non tornano.”
A quelle parole, la signora Campanellino aveva smesso di sorridere, conscia della situazione.
Ora, una persona normale avrebbe senza dubbio chiamato la polizia per spiegare loro l’accaduto e avrebbe indotto il bambino a dire tutto ciò che sapeva sui genitori per fare in modo di ritrovarli e farli ricongiungere.
Ma la signora Campanellino aveva fin troppa esperienza per non sapere che i piccoli che giungevano alla sua porta non erano ben voluti. Così se ne prendeva cura lei.
“Come ti chiami, piccolo?” aveva chiesto poi a Peter, una volta averlo fatto entrare.
“James Matthew Peter Pan” aveva risposto lui orgogliosamente.
“Ma i miei amici mi chiamano Peter” aveva continuato.
“E a te piace questo nome, Peter?”
Confuso e un reso un po’ insicuro da quella domanda, Peter aveva semplicemente annuito.
La signora Campanellino poi aveva sospirato e gli aveva mostrato il posto.
Alla fin fine, l’edificio non era poi così grande: c’erano poche e grandi stanze e lunghi corridoi che sembravano labirinti, per un bambino di otto anni e tre quarti.
Fuori c’era un piccolo spiazzo di prato,  coperto di arbusti e di fiori, schiacciati però da alcune tende da indiani giocattolo montate alle meno peggio e un laghetto inquinato da numerose navi di carta affondate.
Ma il luogo che più aveva colpito Peter era la stanza da letto, dove si riunivano i bambini per dormire. C’erano quindici letti di legno, molti dei quali vuoti, sistemati in cerchi e addossati a delle pareti verde foresta che a loro volta erano ornate da numerosi quadri. Uno che rappresentava un oceano sconfinato, un altro una vecchia e grande nave rossa in mezzo a una tempesta, uno con delle sirene che cantavano alla luna e molti altri che stuzzicavano la fantasia del bambino e gli permettevano di immaginare scenari fantastici. E quello era solo l’inizio.
-
 
Peter ci aveva messo poco ad adattarsi. In fondo L’Isola che non c’è era piccolo e oltre a lui c’erano un’altra decina di bambini al massimo, quelli che Wendy chiamava “I Bimbi Sperduti”.
Wendy era la figlia minore della signora Campanellino, aveva undici anni  e fin dall’inizio aveva sviluppato un certo interesse nei confronti di Peter.
Lei e le sue sorelle più grandi venivano all’Isola che non c’è per aiutare la signora Campanellino, ma la maggior parte del tempo Wendy lo passava a giocare.
Ed era stata proprio lei la prima con cui Peter aveva stretto amicizia.
Poi Wendy stessa le aveva presentato i suoi due migliori amici John e Michael, e da allora erano diventati inseparabili.
Ogni giorno s’inventavano un’avventura diversa: a volte si rifugiavano nelle tende in giardino e fingevano di essere dei pellerossa, altre dipingevano sui piatti riciclabili dei musi di animali e scorrazzavano per tutta L’isola che non c’è e rincorrendosi come matti.
Ma il loro gioco preferito era quello dei pirati.
John si legava un fazzoletto in testa, Michael s’infilava un cappello a cui avevano legato una piuma e rapivano Wendy, che puntualmente veniva salvata da Peter, armato del suo bastoncino di legno preferito, cioè la sua spada.
Questo gioco aveva incominciato a stancarlo, fino a che non aveva trovato un nuovo nemico con cui confrontarsi.
A furia di scorrazzare, sudare e gracchiare Peter era finalmente riuscito ad ammalarsi, così la signora Campanellino si era ritrovata a chiamare un medico per venire a visitarlo.
L’uomo, con i suoi occhi penetranti e la barba nera aveva fatto divenire Peter irrequieto fin dall’inizio. Poi quando aveva tirato fuori quella, quella…Peter non riusciva a ricordarsi come si chiamava quell’affare che gli aveva infilzato il braccio. Comunque era lungo e appuntito proprio come un uncino, questo se lo ricordava bene.
E gli aveva anche fatto molto male. Ed era diventata guerra aperta per lui.
Così ogni giorno da quello della visita, Peter agiva sempre più sconsideratamente, per far tornare il Capitan Uncino e scontrarsi nuovamente con lui, questa volta uscendone vincitore.
Ma non era più riuscito a vederlo.
Le aveva provate tutte: si era sbucciato le ginocchia, tagliato le dita con la carta, preso qualche piccola cicatrice, ma niente.
Fino a quando non gli era saltato in mente di salire sul tetto.
“Scendi giù, stupido! Ti farai male veramente!” gli aveva urlato Wendy cercando di mascherare il tono preoccupato.
Ma Peter era tranquillo.
Intanto le grida della giovane avevano attirato l’attenzione di qualche Bimbo Sperduto, che aveva ora il naso puntato curiosamente contro Peter.
“Non preoccuparti” aveva risposto lui di rimando.
“Per quanto ne so, non ti sono ancora cresciute le ali!” insistette Wendy, facendo venire un’idea a Peter.
E se invece lui ci fosse riuscito veramente, a prendere il volo? Oh, quello sì che avrebbe preso alla sprovvista il Capitan Uncino e tutti gli altri Bimbi Sperduti si sarebbero inchinati a lui e avrebbero smesso di prendersi gioco di lui proprio come facevano i suoi vecchi compagni del parco.
E inoltre, la signora Campanellino aveva raccontato loro una sera che solo  i veri sognatori  possono volare. Peter, nel profondo, sapeva che quella cosa riguardava una semplice favola, ma decise di ignorare quel pensiero. Al momento era troppo sopraffatto dall’eccitazione.
Così col sorriso sulle labbra sbottonò la camicia, si scompigliò i capelli, prese la rincorsa e si buttò giù a braccia aperte.


 








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Aloha.
Lo so, probabilmente ora mi odiate per avervi rovinato l'infanzia.
Il fatto è che mi sono trovata a girovagare su un po' di siti che trattavano delle storie originali rispetto a quelle della Disney, o quelle dei libri rispetto a quelle dei film, così ho preso un po' di informazioni qua e là e questo è il risultato :D
Mi scuso per eventuali errori e spero che comunque vi sia piaciuta almeno un po'.
Ringrazio Aspasia Efp per avermi dato un parere prima di tutti e avermi spinto a pubblicare :)
Adios,
Flake.

Ask: TheFredek
Facebook: Flake efp. 

 
  
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