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Autore: shirupandasarunekotenshi    21/05/2014    3 recensioni
Una notte di orrori ed inganni dà il via ad una serie di incomprensioni tra due persone un tempo legate da affetto profondo. Malintesi che verranno trascinati oltre la morte e che, forse, una nuova vita potrebbe sanare.
[Fanfic partecipante al contest "Angst a tutto spiano]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Capricorn Shura, Leo Aiolia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il peccatore e il prigioniero

 

Siamo sempre noi gli stessi, che non miglioriamo mai,

quante maschere, quante bugie, nascoste in fondo all'anima.

 

 

 

Il profumo dei fiori di sala aleggia come un fantasma nell'aria, leggero, mescolandosi con l'odore greve della polvere del marmo, sbriciolatosi sotto colpi di mani un tempo amiche. No, non sarebbero mai dovuti giungere.

Niente sarebbe dovuto giungere, nemmeno loro.

Erano morti. E i morti non tornano tra i vivi.

Non tornano, morendo con la veritá negli occhi e rinascendo con il tradimento che riempie tutta la superficie delle loro iridi.

Rabbia, rancore, incredulità.

Ricordi, troppi, troppo profondi, troppo dolorosi.

E vengono a galla, incapaci di rimanere lá dove devono restare.

Non è stato abbastanza saperlo morto, sapere la veritá, non aver modo di aver spiegazioni, scuse, preghiere?

Non è abbastanza vederlo ora? Vederlo, peggior nemico di quello che fu un tempo. Peggior amico di quello che non era riuscito ad essere.

Peggiore di tutto, peggiore del piú funesto pensiero.

Perchè, Shura?

Cosa vuole?

Sono i ricordi che tornano a bussare alla sua mente?

Aiolia non li desidera. Sono fastidiosi, distolgono la mente da ció che davvero importa, ora.

Athena, la sua salvezza. La salvezza della terra. E Hades.

Questo importa, è sempre stata la cosa più importante. Questo e nient'altro.

Athena... per lei essi sono nati, cresciuti, divenuti ciò che sono. Per lei combattono, per lei farebbero qualunque cosa.

Non oserebbero opporsi a lei, non diventeranno mai ciechi, incapaci di vedere la veritá nei suoi occhi cerulei.

Nessun vero Santo di Athena volterebbe le spalle alla verità, ad un amico, un fratello.

Nessuno.

Ma Shura, lui, ha commesso ogni delitto, perpetrato più volte, sulle persone che meno meritavano. Sulle persone che, fino a quel giorno maledetto, egli aveva chiamato famiglia.

 

 

***

 

Plic. Plic. Plic.

Una goccia, gelida, che cade.

É lì, da qualche parte, nella penombra.

E cade, ripetutamente.

Aiolia non riesce a vederla, lo sguardo è velato dalle lacrime, dal dolore e da quella confusione che il solo negare porta con sè. É steso con la schiena a terra, dove è stato gettato dalle guardie, dopo che sono venuti a prenderlo.

No, sono venuti a cercare lui. A cercare Aiolos.

"Fratello...".

Ma lui non c'era.

Con lui era scomparsa la sua cloth.

Con lui è scomparso tutto.

É fredda quella stanza. Gelida, umida. Ogni cosa duole. E il suo cuore di bambino duole, come se l'avessero strizzato, estraendone ogni linfa, ogni forza, ogni speranza.

Ha smesso di piangere solo quando la forza è venuta meno e le voci dei soldati hanno messo a tacere la sua.

Pizzicano i tagli sulle braccia, bruciano appena sotto il tanfo violento che vibra in quella celletta: stretta e lunga, reca i segni di altri che sono passati da lí, lasciando rabbia e disperazione sulle mura grigie e lorde.

Aiolia si rialza, vecchie lacrime scendono sulle sue guance pallide e fredde, un singhiozzo muore in un sospiro. Le guardie non sono piú passate, dopo che hanno tentato, ancora, di estorcergli informazioni su di lui. Non hanno risparmiato i mezzi piú rozzi, anche se è solo un bambino.

"Fratello di uno sporco traditore!".

Cosa si puó rispondere a tanto? Non rimane nemmeno la forza per rispondere, nemmeno quella di difendersi con la forza che gli è propria, che potrebbe risparmiargli ogni dolore fisico, ogni umiliazione. Avrebbe potuto sistemarli.

Ma poi... poi...

Lui è il fratello di un traditore. E il fratello di un traditore che cosa si puó meritare?

Deve incassare, prendere e stare zitto. Non gli è permesso nulla.

E se all'inizio sono stati shock, terrore, dolore a renderlo pietra, burattino dai fili ingarbugliati, in balia del destino... ora é la consapevolezza. E la colpa. Quella pesa, cosí tanto da renderlo imbelle.

Agli insulti, al disprezzo, alle botte, ai sogni infranti.

Non ha piú nulla. É stato un attimo e poi... piú nulla.

Se n'è andato, nel peggiore dei modi. Quello che non immaginava, quello che mai avrebbe potuto accettare. Eppure é lì, gettato in faccia, con violenza, senza giri di parole, senza pietá.

Impietoso il modo, inimmaginabile il perchè.

Suo fratello... traditore.

Un omicida.

Un fuggiasco.

Il bastardo innominabile. Cosí l'ha chiamato una guardia, sbattendolo in cella.

Il morto che cammina, ha sghignazzato un altro, mentre gli lasciava un tozzo di pane, il suo misero pasto da prigioniero.

Traditore. Traditore. Traditore.

É una parola maledetta, é schifosa come le labbra che la pronunciano.

Ma fa male perchè è... vera?

Aiolos non c'è piú. Athena, bambina, è scomparsa. Il Sacerdote é testimone, suo fratello ha attentato alla sua vita, prima di fuggire.

Traditore.

Ma è suo fratello... poteva davvero essere cosí?

Lui non è così. Non è mai stato così.

Ma non puó negare quello che dicono. Lui non puó.

Non mentono, non possono. Loro sono la legge, la bocca di ogni veritá, per quanto crudele. Ma incontestabile.

E poi... e poi...

Aiolia non puó negare a se stesso che c'era qualcosa di strano in lui ultimamente. Era inquieto, dormiva male - forse un senso di colpa per ció che avrebbe compiuto? - era nervoso... lo scopriva spesso a guardare il mare senza vederlo davvero. E i silenzi, così rari con quel fratello sempre pieno di risate e buone parole, erano diventati improvvisi e scomodi ospiti delle loro ultime serate assieme.

Che stesse meditando quel delitto?

É l'unica spiegazione, l'unica che ora abbia senso.

Altrimenti perchè il suo mondo intero è crollato? Non è enorme quel mondo, certo... ma è il suo, piccolo, prezioso, perfetto.

Ora non piú.

Ora non esiste più un 'suo' mondo.

Ora non sa più cosa esista veramente.

Quella prigione è troppo fredda, troppo umida, troppo solitaria. E il suo piccolo cuore, lo sente, è gelido.

 

"Clang".

Un rumore, improvviso e poco lontano.

Aiolia sobbalza, si rialza appena, strisciando fino ad avere la schiena incollata al muro; sul viso l'espressione di un animale intrappolato ma fiero, sebbene, sotto sotto, stia tremando.

Poi, quando il rumore si ripete nel silenzio, vede la porta della sua cella socchiudersi, un respiro, poi un volto noto presentarsi a lui.

"S...Shura...?".

È pallido e ha lo sguardo sfuggente quando entra.

Qualcuno richiude la porta alle sue spalle e si ritrovano soli, nella tenue luce che filtra dall'esterno.

Shura stringe con una mano l'avambraccio destro, è immobile davanti ad Aiolia.

Il bambino sta per chiamarlo, ancora, ma chiude la bocca, lo guarda con lo stomaco stretto in uno strano nodo.

Si muove ancora, scivolando un poco contro il muro, le gambe strette al petto.

"Mangi abbastanza?".

La voce di Shura è stranamente roca, bassa... sembra più simile a quella di un uomo che a quella del ragazzino di undici anni qual è.

"Sì...".

Anche se sono solo pezzi di pane e dell'acqua, Aiolia sente che é ció che si merita. In qualche modo, si sente parte di qualcosa di terribilmente grande in cui si è ritrovato, suo malgrado. Fratello di un traditore. In poco tempo, semplici parole possono imprimersi a fuoco nella mente, nel cuore, nell'anima stessa.

La cattiveria puó fare questo a uno spirito puro e innocente: lo segna per sempre, in maniera piú indelebile perchè la pelle su cui si intaglia é giovane, tenera. Le ferite dalla superficie penetrano a fondo e lasciano cicatrici che rimarranno per sempre: violacee, violente, incancellabili. Lo sguardo di Aiolia cerca e poi rifugge quello di Shura, ma questi rimane assente. Il suo viso sembra ancora piú pallido.

"S-Shura...". Lo chiama. É come se lo cercasse, ma la sicurezza è fin troppo fragile. E, infatti, questi gli gira le spalle, bussa alla porta, per richiamare la guardia. "Shura...?!".

"Ciao...". Ed egli esce, scappando, scivolando via come un ladro. Lui che é un amico, il suo migliore amico.

Torna altre volte, la scena si ripete, le domande son le medesime. Aiolia, dapprima, pensa che Shura venga solo perchè si sente obbligato: solo perchè sono amici, sente di doverlo andare a trovare, per sentirsi a posto con la coscienza. Ma lui ora è il fratello di un traditore. Aiolia non farebbe di certo una colpa a Shura se non volesse piú vederlo... anche se lui non ha colpa alcuna.

Anche quando l'ha spiegato, piú volte, alle guardie, al Sacerdote.

Lui non sa nulla, davvero. Lui non immaginava. Lui... lui credeva in qualcuno che ha tradito tutti. Anche il suo stesso sangue.

 

É un mattino freddo quando Shura torna da lui, per la quinta volta. Ma stavolta sembra diverso. Entra e ha una bacinella in una mano, un panno in un'altra. Si avvicina a lui, si inginocchia al suo fianco e, come se fosse la cosa più normale, più semplice... come se non fosse passato nemmeno un giorno da quell'ultimo di normalitá, comincia a passare il panno sulle ferite rimarginate, sì, ma ancora doloranti che imbrattano la sua pelle di bambino.

Gli allenamenti con suo fratello non hanno mai osato tanto, mai.

Aiolia non fiata, Shura fa altrettanto. Quando il ragazzino spagnolo finisce con il suo lavoro, l'acqua nella bacinella è scura: sangue e sporco sono scesi dalla sua pelle con facilitá, lo stesso viso sembra avere un'altra luce. Shura lo guarda solo di striscio, arrossendo e impallidendo subito dopo.

Poi torna con lo sguardo a terra.

"Shura...".

Aiolia non sa cosa dire. Non gli ha mai parlato, ogni volta che in quei sette lunghi giorni è passato dalla prigione non ha mai aperto bocca. Perchè allora è passato? Perché viene da lui? Non è per schernirlo o sputargli addosso veleno. Shura è al di sopra di cose come quelle. Ma allora perché? "Perchè sei qui...?". Finalmente riesce a dirlo, anche se la voce esce rotta dalle labbra.

Sente il respiro del ragazzino tremare, lo vede ritrarsi su se stesso, stringendo il panno sporco in un un pugno.

"Perchè nessuno si prende cura di te...". Se non fosse abbastanza duro, ora scoppierebbe a piangere, gettandosi tra le braccia dell'amico, forse l'unica persona rimasta sulla terra che ancora pensi a lui. Ma Aiolia in quei pochi giorni è diventato duro.

Se non si diventa duri, quando il destino è troppo grande, si rischia di perdersi, di morire anzitempo.

Lui giá è morto, dentro. Ma deve continuare a vivere, anche se fosse solo per ripulire l'onore, per essere ciò che suo fratello non ha più voluto essere.

"É normale...".

É fratello di un traditore.

Qualcosa sembra ribollire dentro Shura.

"Non... non sei... tu sei solo un... bambino...".

Tutti lo sono. Anche lui.

Eppure fin da bambini, ancora più piccoli di adesso, hanno imparato ad essere adulti. Perchè Athena sceglie bambini, certo... ma solo gli adulti possono essere abbastanza forti da poterla proteggere. I Santi di Athena sono sempre adulti, sempre grandi, sempre abbastanza... per lei.

"Non parlare da adulto... non sei molto più grande di me...".

Sembra di tornare indietro, a solo qualche giorno prima, quando Shura lo prendeva bonariamente in giro, scompigliandogli poi i capelli e calmando subito il piccolo ruggito da leone che usciva dalla bocca di Aiolia.

Ma non c'è più nulla di quella spensieratezza. Shura si irrigidisce, alzandosi all'improvviso, lontano dal bambino.

Afferra la bacinella e si precipita verso l'uscita.

Quando la porta viene sbattuta dietro le spalle del fuggitivo, Aiolia ha la sensazione che non lo rivedrà più. Deve aver osato troppo con le proprie parole. Anche se lui non ha colpe.

Eppure passa un solo giorno e Shura torna. E dentro il cuore di Aiolia il calore torna a serpeggiare, incerto: forse è solo illusione, ma nel momento piú oscuro, anche un'illusione appare come una luce insperata.

"Shura!".

La sua voce si fa alta, si scioglie in un sospiro.

Eppure la reazione di Shura è ancora più strana, ambigua. Per un istante, troppo lungo, Aiolia pensa che Shura sia venuto da lui, tutti quei giorni, solo per metterlo alla prova. Per estrapolare da lui cose che solo a lui avrebbe detto. Qualcosa che alle guardie non ha detto.

Ma cosa puó rivelargli se lui stesso non sa nulla?

Quel dubbio passa, cosí com'è venuto, ma lascia dietro di sè un'incertezza che si manifesta negli occhi verdi del bambino come un lampo.

"Io... non so niente... lo sai, vero? A me non ha detto niente... io... non so... non so... non so niente...".

Dal nulla quelle parole cominciano a riversarsi fuori dalla sua bocca, la voce si strappa, gli occhi si riempiono di lacrime di paura, tormento, solitudine. "N-non posso dirti... quello... quello che... non so....".

"Lo so". Shura risponde. E con la sua risposta, un sorriso bagnato illumina un poco il visetto di Aiolia.

"M-mi... c-credi?". Shura abbassa lo sguardo, si passa una mano sulla fronte. É un sussurro quello che viene fuori. "Io a te credo". Gli crede... Shura gli crede. É l'unico, ma gli crede.

Pare un miracolo. Praticamente impossibile. C'erano stati dei momenti in quei giorni in cui lui stesso aveva creduto alla propria colpevolezza. "Perchè?".

E allora quella domanda é solo una normale conseguenza di tutto ció.

Ma la reazione di Shura è ancora piú spiazzante, una risposta bagnata e silenziosa che può solo creare altre domande. Eppure lui, il grande Shura, non riesce a rispondere, ma continua a guardare il nulla e a piangere lacrime, grigie come la luce che ormai prevale in quella gabbia lurida chiamata prigione.

L'ha mai visto piangere? No, Aiolia non l'ha mai visto piangere. Per lui è sempre stato piú grande, piú forte. É Shura. É stato sempre il suo esempio, assieme ad Aiolos. Era un appiglio, era una roccia. Lui seguiva sempre la sua ombra, con lui discuteva, con lui faceva pace. Con lui rideva e tra le sue braccia, sì, aveva anche pianto una volta. É Shura. E tanto basta a spiegare quanto egli rappresenti.

"Shura...". Alza una mano, è sporca, ma non importa: vuole toccare quel viso, vuole cercare di calmare quelle lacrime, vuole ritrovare quello sguardo, vuole che si punti nel suo, che risponda, davvero, a quella domanda. Che sia suo amico. Almeno in quello. "Shura...".

"L'ho... visto...". É un roco sussurro quello di Shura, Aiolia lo sente a malapena.

"Cosa...?".

"Io... l'ho visto... e so... che tu non sei... un traditore...". Lui... aveva visto... cosa... chi?!

"Shura... cosa dici...?".

"L'HO VISTO IO!".

Un urlo straziante, disperato, quasi isterico esce dalle labbra del ragazzino, sembra una liberazione, l'inizio di una confessione che teme e brama al contempo. Aiolia si pietrifica, incollando la schiena al muro, allontanandosi da quel Shura che gli pare stravolto, quasi trasfigurato dal dolore.

"Sono stato io..." riprende Shura, un pugno sulla bocca, gli occhi spalancati dal terrore guardano solo il pavimento. Sta piangendo, ma non vi sono sospiri nè singhiozzi nella sua voce. "Sono stato io... l'ho visto io... per l'ultima volta... io l'ho visto... ed era diverso da te...".

"Hai..." la voce di Aiolia si strozza, troppo incredula per riuscire a pronunciare i suoi pensieri.

"L'ho visto... ho visto Aiolos...".

Gli occhi di Aiolia, già grandi e verdi, si spalancano enormi su quella veritá. "Ma... lui...". No, c'è qualcosa che non va. Non torna nulla. Come puó averlo visto?! Lui è scappato, fuggito... ed é morto. Glielo hanno detto. Qualcuno l'ha ucciso. Il Sacerdote sa ogni cosa. Non ha senso che Shura l'abbia visto! "No... non puoi... lui é morto... è scappato... ed è morto...".

"L'ho visto... quella notte io l'ho visto".

Aiolia scuote la testa, ripete, a bassa voce, tanti 'no'. Lui è incredulo. Ogni cosa insensata.

A quel punto, peró, le mani di Shura gli afferrano le spalle, si stringono tanto da fargli male. Mai quanto le parole che seguono.

"Sono stato io. L'ho ucciso io".

Plic. Plic. Plic.

La goccia cade, ripetutamente. Aiolia sa che è lá, da qualche parte. Sa che fa freddo. Sa di aver fame, sa di aver bisogno di un abbraccio e di sapere che va tutto bene. Ma niente va bene. Niente è a posto. Niente, ora, sará piú a posto.

"Co... sa?".

L'ha sentito, cosí bene che nelle sue orecchie continuano a risuonare quelle tre parole. Solo tre. E tutto é cambiato. Aiolia si sente ritrarre, percepisce le mani di Shura che scivolano via, lontano da lui. Ode la propria voce urlargli contro rabbia, dolore. Non ricorda nemmeno che parole.

Shura si ritira, senza una parola e lo lascia da solo. E Aiolia piange, ruggisce, si scaglia contro il muro che l'ha sorretto, calpesta l'acqua che aveva solo udito ricadere. Per la prima volta si sente in gabbia. Percepisce l'invisibile tocco delle fredde sbarre, annusa l'odore che gli si è attaccato addosso e la rabbia si moltiplica.

Non è colpa sua. Non è colpa sua. NON É COLPA SUA!

E di chi è, allora?!

Aiolos è morto e Shura... il suo amico, il suo inseparabile amico... lui l'ha ucciso.

Di chi è la colpa di tutto questo? Aiolia non riesce a rispondere a questa domanda. Fatica a dare colpe, nonostante la veritá sia incontrovertibile.

Sa chi ha sbagliato.

Sa chi ha agito in giustizia.

Ma è troppo. Ed è insopportabile per un bambino di soli sette anni. Colpe, giustizia, vendetta, amicizia, amore, fratello...

Non c'è piú nulla. E quando non c'è più nulla, rimane il vuoto. Solo.

Non c'è piú nessuno in quella prigione. Non c'é piú nessuno là fuori.

 

 

***

 

 

"Aiolia, senti... tuo fratello...".

"Taci!".

Non vuole parlare, e come dargli torto? Shura non ha neanche il coraggio di insistere, non ne ha la forza e non si tratta della stanchezza del corpo, no, quel corpo ormai prossimo ad un nuovo disfacimento, non lo percepisce neanche più; forse non lo ha mai percepito davvero, da quando ha mosso i primi passi in quella falsa seconda vita. Forse, in realtà, aveva perso la percezione di sé anche prima, durante quella vecchia esistenza lontana, quando aveva alzato Excalibur per commettere l'atroce ingiustizia, Shura il santo, già allora, aveva cessato del tutto di esistere.

Eppure, fin da quel momento, l'anima e il cuore non avevano mai smesso di fargli male; persino nel sonno della morte avevano fatto male, un sonno che non era riposo, ma eterno tormento.

E la stanchezza è tutta lì, in quell'anima che non ha mai trovato pace, in quel cuore che, di lì a poco, cesserà i propri battiti, questa volta per sempre. Se solo anche l'anima si annullasse per sempre, se davvero il vuoto, l'inesistenza perfetta si impadronissero di lui...

Dopotutto è giusto così, imperdonabile è stato il suo errore nella precedente esistenza, imperdonabile, agli occhi di Aiolia, quel nuovo, necessario tradimento .

I suoi passi si fanno pesanti; che finisca... che finisca presto... che la morte lo prenda ancora con sé perché, seppur non giungerà l'agognato conforto, almeno non gli sarà più chiesto di fingere.

E Shura non è abituato a fingere, almeno non volontariamente; ha vissuto un'esistenza di menzogne, è morto nella menzogna e rinato in una menzogna, ma mentendo in primo luogo a se stesso. Lui, proprio lui, che ha anelato fin dalla nascita alla verità, che ha desiderato la purezza del cuore a guidare il suo braccio, in nome di Athena, il suo primo, vero colpo mortale l' ha sferrato accecato da un inganno che non è stato in grado di scorgere .

Perché?

Non abbastanza limpido era il suo cuore, non abbastanza salde le sue convinzioni?

Neanche per un momento riesce a giustificarsi, ad attribuire ad altri le colpe delle proprie azioni, per quanto siano stati terribili ed ambigui gli eventi che hanno minato alle fondamenta il santuario di Athena.

E il fatto di essere ancora un bambino?

No, neanche questo puó addurre a propria scusante, i suoi undici anni di allora in alcun modo costituivano una scusante, un santo di Athena non ha infanzia, non gli è concessa e Shura non avrebbe mai supplicato nessuno di concedergliela.

Lui è nato per Athena e non ha mai chiesto altro.

Una vita... una possibilità... e l'ha sprecata, con il più ignominioso dei fallimenti.

Un solo, colpevole errore di valutazione, un gesto estremo che non meritava perdono e tutto era finito.

Una sola colpa e aveva perso tutto: amicizia, purezza, ideali... e se stesso.

Era caduto in errore nonostante i suoi intenti, da sempre, fossero volti a perseguire il giusto e un solo motivo poteva spiegare la cecità che aveva dimostrato: il suo spirito era corrotto, quella purezza che credeva di avere non era, in realtà, mai esistita . Era nato corrotto, in lui, fin dalla nascita, aveva attecchito il germe della presunzione, ciò che l' aveva perduto per sempre.

Aiolia ormai lo trascina, i passi di Shura sono sempre più stentati.

Lancia un'ultima occhiata al giovane che lo sostiene: l' atteggiamento è freddo, ma il suo corpo è caldo, non percepisce ferocia alcuna dalle sue braccia, anzi sono persino gentili. Ma Shura non si fa illusioni, Aiolia è un autentico, nobile sacro guerriero e non infierirebbe mai sul nemico ormai allo stremo, di chiunque si trattasse.

In quel momento gli ricorda tanto il bambino di qualche anno prima, lo sguardo fisso, infiammato, risoluto e ardente, con quella testardaggine che lo faceva andare dritto allo scopo, fin da quando era uno scricciolo di pochi centimetri e si comportava già come un ruggente leoncino dagli artigli snudati.

A un certo punto quell' incendio tinto di verde si era velato di un sentimento prima a lui estraneo: rabbia, delusione, nei confronti di tutto quel mondo che prima aveva costituito una certezza. D'altronde, almeno quello era sempre stato un particolare che li rendeva simili e che ha continuato a legarli anche dopo la loro rottura.

Lo fissa per qualche istante; tutti i suoi sensi stanno, passo dopo passo, diventando nebbia e, al contempo, le membra si fanno leggere. Il momento in cui si dissolveranno in polvere è sempre più vicino; ma prima rivedrà Athena, prima, lui e i suoi due compagni di sventura, dovranno tentare di compiere il loro ultimo dovere.

Resta così poco tempo, troppo poco...

Eppure non ha fretta che tutto quello finisca, quell' istante, se solo si potesse dilatare in eterno, se quel calore potesse non spegnersi mai...

E invece finisce, insieme alla gentilezza.

Una spinta e si sente cadere, finché le parti del suo corpo lasciate spoglie da quella cloth tanto odiata entrano a contatto con una gelida superficie di marmo.

Davanti a lui c'è Athena, non osa alzare lo sguardo su di lei, ma percepisce i suoi occhi, percepisce il suo amore, percepisce... la sua comprensione.

Lei sa... Athena sa... e il suo cuore è colmo di gratitudine e pena, la sua mente di Dea comunica con le loro menti, e le sue sono emozioni di madre che desidererebbe unicamente avvolgere i suoi figli in un abbraccio d'amore.

Ma i loro compagni di un tempo, loro no, non capiscono e un muro di disprezzo li separa; solo negli occhi di Mu un tormentato tentativo di andare oltre la superficie.

Milo accecato dalla disperazione, Aiolia chiuso nel limbo di delusione... e ricordi che bruciano il cuore e l'anima.

Gli stessi ricordi che incendiano quel che resta delle pulsazioni del cuore di Shura, memorie di un'altra vita, ma mai sopite in colui che, in nessun modo, riesce a perdonarsi.

 

 

***

 

 

Non è più un ragazzo con lo spirito nutrito di ideali quello che torna a casa quella notte, dopo aver eseguito gli ordini di colui che credeva il legittimo sacerdote di Athena, quella notte in cui l'inganno e la morte calano come un sudario su quel luogo dove la luce dovrebbe splendere eterna.

Non è più il ragazzo pieno di entusiasmo che non aspettava altro se non la sua prima, vera missione al servizio di Athena.

L'ha avuta la sua missione... e con essa il ragazzo è morto per sempre, per lasciare spazio ad una creatura ferita, un guscio di nulla, involucro oscuro che non si sente in grado di provare più alcuna emozione.

Si è semplicemente trascinato, lo sguardo fisso davanti a sé, fino alla sua casa, quasi sulla cima del colle e, dopo essersi liberato, con mosse simili a quelle di un automa, delle componenti della cloth, si lascia cadere così, a faccia in giù sul suo letto, sporco e sudato, la mente e il cuore sigillati, testardamente autoesclusi da ogni sollecitazione esterna.

E così avrebbe continuato, nonostante i tentativi invadenti, a volte maldestri nella loro irruenza, che Death Mask e Aphrodite mettono in scena per coinvolgerlo e attirarlo nella loro goliardia un po' infantile.

Li ha sempre tollerati, accettati, considerati amici, ma sente improvvisamente il bisogno di tenerli a distanza, lo terrorizza la loro accettazione dei fatti, lo terrorizza la consapevolezza... di essere come loro...

Poi alle sue orecchie giunge la prima notizia che lo sottrae, almeno un poco, da quel pozzo di apatia: arrestato il fratello del traditore, accusato di complicità, bisogno di estorcergli informazioni.

Aiolia?

Ma Aiolia è puro, lo è davvero, Aiolia è uno dei pochi che avrebbero ancora possibilità di mantenersi integri.

Però Shura ha avuto tanta fiducia in Aiolos, Aiolos era l'ultimo di cui avrebbe mai potuto dubitare, eppure si è rivelato l'emblema del crollo di tutti i suoi sogni .

E allora perché non Aiolia?

Aiolia è un bambino, è impulsivo... potrebbe essere stato influenzato da un fratello astuto, in grado di trarre così facilmente in inganno chi in lui aveva riposto fiducia.

Anche lui, Shura, dopotutto, è stato abbindolato da quegli occhi luminosi, da quel sorriso, da quelle parole volte alla dedizione, alla lealtà, all'amore.

Per la prima volta da quando il suo braccio è calato su Aiolos, dentro Shura qualcosa fa crack, un dolore immenso nel petto, che lo costringe ad appoggiare la schiena ad una colonna per non cadere.

Appoggia i palmi delle mani dietro di sé e si lascia scivolare fino a ritrovarsi seduto, gli occhi sbarrati davanti a sé; in quel momento l'orrore di tutta la situazione lo colpisce al cuore come una pugnalata, vede l'incubo nel quale è precipitato in tutta la sua cruda realtà e teme di non poter sopportare lo shock.

Si porta le mani al volto, quasi in quel modo si illudesse di poter non vedere più, ma sa che quegli eventi sconvolgenti rimarranno impressi nel suo spirito come un marchio di fuoco, fino alla fine dei suoi giorni e forse anche oltre.

Le mani scivolano giù dal volto, le braccia avvolgono le ginocchia e le conducono contro il petto, poi il viso ricade tra esse e il ragazzo rimane così, immobile, per un arco di tempo indefinibile. Teme che, se si muoverà, perderà definitivamente il controllo, che si infrangerà in mille pezzi o scatenerà il proprio cosmo, lasciandolo libero e senza controllo, finché gli altri saint presenti al Santuario non interverranno per fermarlo e, lui vorrebbe sperarlo, ucciderlo.

Quando risolleva il viso, gli occhi spenti e opachi, sulle labbra e nei pensieri pulsa, insistente, un nome: Aiolia...

Aiolia, fratello del traditore, Aiolia, l'amico al quale ha ucciso il fratello... fratello traditore...

Aiolia, più piccolo di lui e solo, in una cella fredda e buia, sicuramente maltrattato, forse così spaventato da non riuscire a nascondere la paura dietro ai suoi ruggiti di leoncino, come è solito fare...

Aiolia... forse traditore egli stesso o forse quanto lui deluso, sconvolto, in preda ad una confusione che rischia di condurlo alla follia.

Aiolia è suo amico, ma può lui credere di avere ancora amici, a quel punto? Lui che non si sente più neanche vivo?

E può davvero fidarsi di qualcuno?

Aiolos ha spezzato per sempre la sua fiducia in qualunque cosa, il suo tradimento lo ha ucciso interiormente e, forse, era già morto quando aveva sollevato Excalibur per cancellare dal mondo colui che aveva amato come amico, ideale e maestro. O forse dopotutto no, non del tutto, un briciolo di umanità doveva aver fatto breccia nel momento in cui aveva risparmiato la bambina, la falsa Athena ... o sono stati quei due occhi grandi e limpidi, che sembravano scrutarli nell ' intimo.

Occhi che improvvisamente si sovrappongono a due altre paia di occhi, gli occhi di Aiolos ... quelli di Aiolia...

Negli occhi della bambina aveva scorto quella purezza che sempre aveva colto nei loro sguardi, com'è possibile? Come possono, i volti del tradimento, camuffarsi dietro quella sincerità senza ombre?

Il mondo, anzi l'universo, sembra impazzito... e anche lui si sente pazzo, precipitato in una dimensione parallela nella quale ogni regola è distorta, ogni principio di ragione stravolto.

Le mani salgono di nuovo al volto, per la prima volta da un tempo che sembrano secoli, alle sue labbra fino a quel momento come congelate sfuggono suoni:

"Che cosa faccio? Che cosa devo fare... Athena... almeno sostienimi... un suggerimento, un consiglio..." .

Non sa dire se per un suggerimento effettivamente giunto, ma di lì a poco è davanti ai soldati di guardia alle prigioni del Santuario, uomini grandi e grossi che, dopo averlo riconosciuto come gold saint benvoluto dal sacerdote, si mostrano deferenti e sottomessi come agnellini.

I sentimenti di Shura rasentano il disprezzo, addirittura il disgusto quando quei patetici esseri si complimentano con lui per aver liberato il santuario dal traditore, ma che non si preoccupi, perché al fratello del traditore stanno riservando il trattamento che merita, che se ne renderà conto lui stesso non appena lo vedrà.

Shura è sommerso dal suo limbo di nulla, altrimenti probabilmente reagirebbe e quei viscidi indegni di venire chiamati esseri umani se la vedrebbero brutta. Invece il suo sguardo gelido li oltrepassa, come se neanche esistessero, fissando con molto più interesse la sudicia porta che gli stanno indicando.

Almeno non fanno troppe storie quando lui pretende di vedere il prigioniero; Shura non può fare a meno di pensare che il sacerdote dovrebbe liberarsi di simili inetti, è chiaro che non dovrebbero svolgere il loro dovere con tanta leggerezza. Il tradimento può celarsi sotto le vesti dei più insospettabili... e chi meglio di lui può saperlo, ormai?

Non dice una parola mentre entra nella cella ed il suo silenzio si trasforma in altrettanto muto, doloroso stupore quando vede il mucchietto rannicchiato in un angolo come un rifiuto di cui liberarsi. Cosa gli hanno fatto per ridurlo così?

Aiolia lo guarda con stupore, attende... una qualunque mossa da lui, una qualunque parola. E' Shura a sentirsi il più debole, il più fragile... e il più in colpa.

Gli è sufficiente guardare quegli occhi per capire che Aiolia non sa quel che egli ha fatto e, non solo, Aiolia è totalmente estraneo alla faccenda: se Aiolos ha tradito, non lo stesso può dirsi di suo fratello. Aiolia resta un bambino ignaro ed innocente, trovatosi suo malgrado in una situazione che non avrebbe mai voluto e che lo sta mettendo a dura prova... troppo dura, Aiolia non lo merita, non lo ha mai meritato; non meritava un fratello che ha infranto i suoi sogni, non merita un amico che gli ha ucciso il fratello e non merita il trattamento che esseri volgari e indegni ora gli riservano.

E allora perché tutto quello non riesce a dirglielo? Perché nessuna parola di conforto esce dalle sue labbra? Perché non cammina verso di lui, per stringerlo tra le proprie braccia e promettergli che farà di tutto per sottrarlo a quel tormento?

Quel “mangi abbastanza” è una preoccupazione effettiva, ma, certo, non l'unica e si vergogna. Almeno gli danno da mangiare, certo, ma il resto? Gli garantiscono benessere?

E' evidente che no.

Dovrei essere io” pensa Shura tra sé, “gli sono rimasto solo io...”.

Già, lui che gli ha ucciso il fratello.

Non appena ascolta la sua risposta, la sua voce che non può nascondere un angoscioso smarrimento infantile, Shura riesce solo a scappare, il più veloce possibile; nello sguardo, nella voce, nella condizione di Aiolia, rispecchia la sua colpa e non è certo di poterlo tollerare di fronte a lui.

Così fugge via e, dopo essersi tormentato ancora per ore, prende una decisione: parlerà con il gran sacerdote, intercederà per Aiolia presso di lui, lo rassicurerà: Aiolia non sa nulla, non è un traditore, non è a conoscenza delle intenzioni di Aiolos.

Non gli importa neanche non avere le prove, ne è certo, non è mai stato così certo di niente, se non nella propria fede ad Athena... e nel valore di Aiolos.

Caccia via quell'ultimo pensiero, concentrandosi solo sull'innocenza di Aiolia e chiede un'udienza.

Il sacerdote sta meditando, gli viene detto, non può ricevere nessuno. Shura si rassegna ad attendere, prova altre volte, ma sempre, per un motivo o per l'altro, la sua richiesta di un'udienza viene declinata.

Nel frattempo non resiste senza sapere nulla di Aiolia e torna a fargli visita più volte, ma mai per più di pochi minuti e sempre incapace di stabilire veramente un contatto.

Lo trova sempre ferito, pieno di graffi ed ematomi, ma un giorno gli sembra peggio che mai; pensare che, se volesse, potrebbe, lui così piccolo, difendersi da quegli uomini senza cosmo, potrebbe spazzarli via con un gesto, perché non si difende?

Non è in grado di chiederglielo, neanche quando torna, la volta successiva, per medicare quelle brutte ferite; quel contatto fisico sembra sciogliere qualcosa anche a livello emotivo, per quanto balbettanti ed insicure, alle sue labbra sfugge qualche parola in più.

La risposta di Aiolia suscita ricordi di momenti colmi di speranze, ideali e fiducia, di qualcosa che non sarebbe più tornato, di qualcuno che non avrebbe più assistito alle loro piccole scaramucce e ai loro scambi affettuosi. Lo sguardo di Shura si focalizza sulle proprie mani posate sul corpo di Aiolia, vede il sangue sfuggito alle ferite ancora aperte, il sangue che macchia le sue stesse mani...

Che diritto ha, lui, di pulire quel sangue, di sfiorarlo ancora? E' il medesimo sangue che ha versato, è il sangue di Aiolos. Il sangue di Aiolos sulle sue mani.

Si trattiene a stento dall'urlare e può solo scappare via, un'altra volta, forse l'ultima, perché non sa se riuscirà a tornare ancora, quella visione è stata terribile, è stato come commettere il medesimo delitto, ancora una volta.

Non può continuare a stare insieme ad Aiolia che nulla sa, non resisterebbe senza perdere del tutto il senno.

Quella notte è colma di tormenti, di dormiveglia movimentati da allucinazioni alternate ad incubi, così reali da spingerlo ad urlare ogni volta che riapre gli occhi nelle tenebre della sua stanza, fredda, quasi gelida in quel passaggio di stagione tra autunno ed inverno.

Le sue urla restano, tuttavia, inascoltate, non udite pur nel silenzio assoluto: Camus, gold saint della casa al livello sopra il suo, è assente e la casa più in basso... quella del Sagittario ... la casa di ...

"Aiolos...".

Il sussurro si spegne nelle mani che salgono al volto; si stupsce nel ritrovarsi i palmi fradici, non può essere pianto, lui non piange per un traditore, lui ha agito in nome di Giustizia.

Eppure piange, eppure Aiolos gli manca... ma gli manca l'Aiolos costruito e illusorio, Aiolos che é stato maestro dei suoi sogni e dei suoi ideali ormai infranti e odia ancora di più l' Aiolos reale che ha rovinato tutto.

E piange per Aiolia, vittima lui stesso di un atroce tradimento.

O forse continua ad illudersi e anche in quel bambino dall'apparenza innocente si nasconde l'inganno?

Il pianto silenzioso si trasforma in un singhiozzo che non riesce a trattenere; nonostante tutto resta troppo ingenuo, un illuso a voler credere ancora nell'unica persona che rimane come specchio di un incorrotto ideale? Death Mask e Aphrodite sosterrebbero quella tesi, ma non se la sente di rivolgersi a loro. Da quella faccenda devono restare fuori.

Si tratta di lui e Aiolia, solo loro due... e Aiolos... loro malgrado.

Ma forse, soprattutto, Shura piange per se stesso, per i suoi sogni perduti, perché la realtà gli è stata sbattuta in faccia nel più crudele dei modi... per quello che é stato costretto a fare e che gli ha dimostrato come non ci sia niente di poetico nel combattere per un ideale che ti impone di versare sangue... il sangue di Aiolos...

Non prova neanche a trattenere i successivi singhiozzi; fino a quel momento il suo cuore e la sua anima sono stati di pietra, ma finalmente nella rigida scorza si forma una crepa e, insieme al lancinante dolore al petto, tutta la sofferenza morale repressa sgorga in un pianto disperato, ma liberatorio.

Ringrazia il fatto che nessuno possa udirlo, non potrebbe accettare di apparire, agli occhi altrui, come un bambino piagnucoloso, anziché come un guerriero che ha compiuto il proprio dovere in nome di Athena.

Detesta piangere così, ma si rende conto che, in quel momento, è necessario; le lacrime sembrano lavare via, almeno un poco, la sensazione di sporcizia che si porta dentro e tinteggiare di frammenti un po' più luminosi la tenebra nella quale vaga da giorni e che ammanta di onirica, inquietante irrealtà tutto ciò che lo circonda.

Quando, dopo un tempo che gli pare interminabile, riesce a calmarsi, gli sembra, in effetti, di aver ritrovato la lucidità sufficiente per poter, quanto meno, ragionare . Non ha fugato la confusione, ma, almeno, è tornato in sé e, per la prima volta, da quando ha... ucciso Aiolos, è in grado di riflettere.

A patto che non si soffermi su quel particolare... ucciso Aiolos...

Scuote il capo. Ha... compiuto il proprio dovere... soffermarsi su quell'idea è la strada giusta... giusta per... accettare ...

Nessuno gli ha mai fatto credere che un sacro guerriero debba avere vita facile, se si è costruito tante illusioni, unicamente a se stesso deve attribuire una tale responsabilità; unicamente a se stesso e alla propria immaturità.

Vuole pensare... e sperare... che almeno quell'esperienza sarà utile a temprarlo; dopo una tale prova diventerà talmente forte da non cadere mai più in fallo e da non mostrare più alcuna debolezza.

Aiolia deve sapere... e avere la possibilità di decidere quale strada prendere, guardando all'interno del proprio cuore e, soprattutto, dritto negli occhi di Athena.

"E anche io devo guardare verso Athena ", pensa mentre scende dal letto, ignorando il gelo della pietra contro i piedi nudi e cercando a tentoni, nel buio, la propria tunica.

Non ha idea dell'ora, ma l'oscurità totale lascia presagire che l'alba sia ancora lontana. Non importa, comunque non riuscirebbe più a dormire: l'analisi interiore l'ha reso risoluto e deve approfittare di quella rinascita, non scorge alcuna utilità nel rimettersi a dormire, molto meglio immergersi nell'aria frizzante della notte che spazzerà via i residui d'angoscia e ingiustificato rimorso.

Stringe le labbra e cerca di non ascoltare quella vocina dal fondo del suo cuore.

"Menti a te stesso...".

I denti affondano nel labbro inferiore che si tinge di goccioline rosse e i suoi occhi si accendono nelle tenebre, ma le gocce di lacrime, al contrario di quelle di sangue, vengono testardamente relegate dietro le palpebre.

Una mano di Shura si leva in alto, ricade sulla sedia davanti a lui; un lampo, una piccola esplosione di cosmo e il potere di Excalibur taglia il legno in due, la bacinella che era posata sul sedile precipita al suolo e l'acqua al suo interno spruzza tutto intorno, allargandosi in una pozzanghera sul pavimento.

Shura rimane a fissare il liquido trasparente che dilaga per la stanza, uno tsunami che, nella sua immaginazione distorta, travolge ogni sua certezza.

Scuote il capo con veemenza, affondando di più i denti nelle ferite già aperte sul labbro: non dovrebbe pensare così, è acqua pulita, che lava via ogni dubbio e rende tutto più nitido e cristallino.

Si risiede sul letto, ma solo il tempo necessario per allacciare i sandali, quindi si dirige, con passo deciso, verso la porta e dopo pochi istanti raggiunge la soglia del decimo tempio.

L'aria è gelida e il cielo scuro e senza stelle non aiuta a rasserenare l'animo; non quello di Shura, che nelle stelle ha, da sempre, un punto di riferimento essenziale e quella mancanza fa risorgere in lui l'oppressione.

Ma appena muove un ulteriore passo verso le scale che scendono lungo il colle, da qualche ignoto anfratto sbuca un candido battito d'ali, che, di lì a poco, si staglia nella notte e vola rapido verso di lui.

Rimane immobile, suo malgrado l'ala bianca che lo sfiora prima di scomparire nuovamente nel nulla lo lascia sgomento; la civetta, sacro simbolo di Athena, un messaggero rassicurante... o il presagio di un monito che la dea ha inteso rivolgergli?

Rimane rigido per qualche istante, a fissare il vuoto con occhi sgranati, poi poggia la schiena a una colonna e si lascia scivolare a terra, stringe le ginocchia contro il petto e resta così, a contemplare la notte fitta e scura: in quel momento, per quel che ne sa, il sole potrebbe non sorgere mai.

Da qualche parte, sopra di lui, la civetta lancia il suo acuto richiamo.

 

E invece il sole sorge, trovandolo così, nella medesima posizione, con il medesimo sguardo, sempre fisso davanti a sé, le membra irrigidite dal gelo notturno, che lui non sente, ma che gli è penetrato nelle nelle ossa.

Eppure al suo corpo non sfugge un tremito, appare del tutto indifferente alle condizioni atmosferiche... a qualunque condizione esterna, in realtà.

Dopo un po', alle sue labbra sfugge un sussurro:

"Devo dirlo... è giusto che Aiolia sappia...".

Mentre si alza si sente pesante; la risoluzione presa non lo fa sentire meglio, ma in qualche modo scolla i piedi da terra e muove i passi verso quella prigione ormai così familiare.

 

Aiolia sembra stupito di vederlo ed è così facile accorgersi quando qualcosa si agita nella sua testolina bionda.

Aiolia lo precede in ogni parola e Shura comprende ogni cosa.

Aiolia teme che lui, come gli altri, lo creda complice di Aiolos.

Shura vorrebbe pregarlo di non fare così, che non è lui a doversi giustificare per qualcosa, eppure non può negare a se stesso di averlo pensato, una parte del suo animo ha sospettato di Aiolia, anche se per poco.

Altri tormenti si sono fatti, in lui, più preponderanti, ogni giorno di più.

Ed è col cuore, con sincerità che lo rassicura, lo crede davvero, lui ha visto Aiolos, ed era diverso, lo... ha visto...

Certo che lo ha visto, per ultimo, lo ha...

Non va bene, così finirà per perdere nuovamente la lucidità e non deve assolutamente perderla.

Ma come riprenderla se sta già piangendo? Se legge lo sgomento sul viso di Aiolia davanti alle sue lacrime?

E' andato lì per fare una confessione ed è stato Aiolia a sopraffarlo con sensi di colpa che non merita di provare. E cosa può fare adesso? Come rivelargli ciò per cui non trova le parole adatte nemmeno per ammetterlo a se stesso?

Perde il controllo, lui che del controllo ha sempre fatto uno dei suoi punti fermi, e il pianto fluisce, copioso, impossibile da trattenere e da gestire.

E tra tutte le parole che pronuncia, confuse, spezzate dal pianto e dalla paura che, per la prima volta, lo travolge e lo fa sentire quel bambino che non aveva mai accettato di essere, non arrivano quelle decisive, quelle che realmente confesserebbero ciò che ha fatto.

Ma tornare indietro non si può, negli occhi di Aiolia già è presente la muta domanda, la pretesa di sapere, di capire fino in fondo... una giusta pretesa, certo. Aiolia non ha colpe, lui è diverso da Aiolos... e anche da Shura...

Lui è rimasto incorrotto, ma per quanto? Anche a lui sarà chiesto, prima o poi, di uccidere in nome di Athena e Shura prega con tutto se stesso la Dea che non toccherà in sorte anche a lui di doversi confrontare con una persona tanto amata e di dover scegliere tra quella persona e il proprio dovere di santo.

Deve interrompere quel susseguirsi di insensatezze, di lacrime piante da due bambini che avrebbero bisogno di aggrapparsi l' un l'altro per trovare la forza di accettare e sopportare ciò che l'esistenza ha già preteso da loro.

Eppure non potranno farlo, perché di lì a poco giungerà l'ennesimo crollo, probabilmente quello definitivo. Shura non si illude neanche per un attimo che tutto andrà bene, che la sua confessione verrà accolta razionalmente, non si illude che Aiolia farà appello alla fiducia in Athena per perdonare Shura, con la scusante che egli ha agito proprio in nome della dea.

Non si illude, no, neanche quando afferra saldamente le spalle del bambino, non sa neanche lui se per comunicargli forza e sostegno o se per cercare lui stesso quel sostegno. Tuttavia, nel momento in cui compie quel gesto, sa che andrà fino in fondo e la confessione esce, mentre il ragazzo tenta di non guardare quegli occhi, di non concentrarsi su quel l'espressione.

Non prova a frenare la spropositata reazione di Aiolia, non tenta di controllare il turbinio di emozioni che crepitano nell'aria: non c'è più un bambino davanti a lui, ma il leone che fino a quel momento ha dormito e che, furioso, si risveglia, lasciando che la sua rabbia divampi in quella piccola cella.

Aiolia non se ne rende probabilmente conto, ma sarebbe in grado di fare a pezzi qualunque cosa e scappare via lontano, eppure si scaglia solo contro di lui, vede solo lui e Shura può solo indietreggiare; come si può affrontare un leone inferocito? Un leone inferocito non ragiona, attacca, affonda gli artigli e l'unica cosa da fare è tenersi il più lontano possibile da quegli artigli.

Così Shura si ritrova fuori, nelle orecchie grida e ruggiti, le richieste di spiegazioni da parte delle guardie che non capiscono cosa sta accadendo, chiaramente inquiete, perché scontrarsi con un gold saint non è una prospettiva rassicurante, neanche se questi é piccolo come Aiolia.

Shura non risponde a nessuno, perché Shura non è lì, si trova in un limbo in cui quei rumori sono le voci di un incubo, cosi come ciò che è accaduto, come è diventata la sua vita da quella maledetta notte.

L'ultimo ricordo che ha di quel giorno è il richiamo lontano della civetta, che non riesce ad abbandonarsi al sonno sereno: alle orecchie di Shura, questa volta, sembra un alto lamento di dolore pianto da una madre sul destino dei figli perduti.

 

 

 

***

 

 

É buio ...

Questo ciò che Shura riesce a cogliere prima di ogni altra cosa.

Ma è sicuro di non essere solo, una voce lo ha chiamato, lo ha svegliato da quel sonno che avrebbe dovuto essere eterno. Una voce... o un suono... forse entrambe le cose, forse non ha senso chiederselo, perché in effetti non vi è nulla che richiami alla materia, o al mondo dei sensi: quel suono giunge dritto al suo cuore, gli riscuote lo spirito, la sua anima grida, urla per ciò che é dolore, ma anche desiderio.

É Capricorn che chiama e non é sola; Capricorn lo vuole, le altre gold cloth lo vogliono, é la risonanza che richiede la simbiosi perfetta e completa di dodici anime che si fondono in una. Dodici anime che possono catturare la luce del sole per farla risplendere dove le tenebre regnano eterne.

Dodici anime e cuori, forse per la prima volta tutti uniti a tal punto per una sacra missione finalmente condivisa. Prima volta, unica e ultima, perché un'eredità venga raccolta e cancelli ogni colpa e rimpianto.

 

 

Il respiro si fonde col silenzio che fascia le pareti di quell'enorme stanza. Dodici respiri, dodici come dodici mai erano stati: eppure non pare la prima volta, sebbene ogni sguardo nasconda una sorpresa, ogni bocca taccia parole ora inutili.

Non v'è tempo per le parole. Quasi non c'è per la loro ultima prova.

Aiolia ruba appena un ultimo sguardo verso il fratello, poi abbraccia con gli occhi ogni altra presenza, ognuna simile a un fantasma brillante, a un'anima non piú persa.

Aiolia chiude gli occhi, respira a fondo.

Quando torna a guardare, ogni cosa attorno a sè è fatta del colore del sole, quasi ne percepisce il calore sulle guance.

Sorride.

E poi tutto si fa luce.

E infine viene il riposo.

 

 

***

 

 

Una pioggia lenta e lieve cade sui gradini e sulle case del Santuario, raccogliendosi in piccole pozzanghere che riflettono un cielo plumbeo, decisamente autunnale. All'ombra del tetto di marmo, l'aria è tiepida e appena umida; un leggero profumo di menta circonda Aiolia, sguardo offuscato, perso su un rametto di menta piperita tra le mani.

E' ormai un'ora che se ne sta in quella posizione e le foglie della piantina puntano inerti e molli verso il pavimento.

Un ticchettio alle sue spalle si confonde con il tamburellare della pioggia, ma è un rumore più solido, che si fa sempre più vicino e si fa riconoscere come il passo di sandali indossati da un essere umano.

"Perso nei tuoi pensieri?".

Un brivido scorre per tutto l'essere di Aiolia, la piantina di menta cade a terra, mentre il volto del giovane uomo si muove verso il nuovo arrivato. Uno sguardo ancora piú confuso dipinge le sue iridi.

"Shu...ra?".

Il custode della Decima Casa lo osserva, studia le sue reazioni, si chiede fin dove può spingere il proprio approccio, senza suscitare un rabbioso rifiuto. Ma sono i suoi occhi ad attirare la sua attenzione, quelle iridi verdi nelle quali un po' di quel bambino pieno di sogni é rimasto. É a quel bambino che Shura riesce a sorridere.

"Ti stai bagnando".

Uno scrollare di capo, un sospiro e un tremolio sono la risposta del corpo di Aiolia.

"Non... non mi dispiace".

Per Aiolia non è mai stato un problema affrontare i capricci del tempo. Shura lo vede ancora, con gli occhi della memoria, il piccolo monello che rientra, fradicio, da una scorribanda sotto le intemperie.

Il sorriso di Shura si accentua.

"Una parte di te non è cambiata, nonostante tutto”.

A cosa pensa Shura? Cosa gira nella sua testa?

Ma nemmeno Aiolia sa a cosa deve pensare.

É tutto strano, confuso, troppo intenso per un essere umano.

E ora come ora, la sua umanitá si sente ancora piú della sua natura di Saint.

"Credo...".

Gira di nuovo il volto di fronte a sè, su quella pozzanghera dove le gocce cadono a suonare una melodia muta e malinconica.

Si sente malinconico? Triste?

Confuso, fin troppo.

E Shura continua a sorridere , perché qualcosa è così simile a un tempo: lui il bambino grande, Aiolia il fratellino piccolo del suo mentore, tornato insieme a tutti loro. Ogni cosa sembra tornata al proprio posto, ma non è facile rimettere insieme i tasselli di un'esistenza come la loro, che sanno cosa significa morire e poi rinascere, al solo scopo di morire di nuovo.

Questa nuova vita è invece un dono, forse un'occasione concessa, una vita per la vita, pur con tutte le sue incertezze.

"Aiolia, tu cosa ne dici... possiamo parlare, adesso?".

"Parlare?".

Quella richiesta, cosí spiazzante e improvvisa, lo scuote, lo sguardo si schiarisce, Aiolia si alza in piedi, lo guarda dal basso, solo qualche gradino li tiene distanti.

Forse è quella confusione a rendere Aiolia domabile, forse è il sorriso di Shura che, nonostante tutto, strega il ragazzo.

Forse è che quel giorno, quel ritorno pare un foglio bianco, puro, su cui è possibile tratteggiare qualunque parola, come ogni sentimento piú intimo.

Il capo di Aiolia si muove in assenso.

"Abbiamo tante cose da dirci...".

 

 

 

“E un giorno, tra cento o mille anni, quando non ci ammazzeremo più,

tutti insieme, ci volteremo indietro, guardando i nostri sbagli."

(da Il mondo che verrà)

 
  
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