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Autore: Aryana_    22/05/2014    2 recensioni
No, era impossibile che tutto questo fosse reale, perché non erano nell'arena e perché Peeta stava bene, non era morto.
Stai calma.
Non pensarci.
Stai calma.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sotto il cielo blu cobalto.


Uscì di casa avviandosi verso il giardino, nascondendo il viso nella sciarpa dello stesso colore delle sue guance arrossate per via dell'aria gelida.
Alzò lo sguardo verso il cielo blu cobalto mentre si sedeva sull'ultimo scalino della veranda.
Per un breve e terribile momento gli parve di vedere nel cielo l'immagine del ragazzo che tanto amava, era nitido ed uguale nei minimi dettagli:
la determinazione mischiata alla paura nello sguardo, la bocca socchiusa, i capelli biondi pettinati all'indietro ed il numero dodici attaccato alla divisa.
Le pareva perfino di sentire l'inno di Capitol City, quella melodia straziante che era stata obbligata a sentire ogni dannatissima sera nell'arena, accompagnata dall'immagine dei tributi morti.
No, era impossibile che tutto questo fosse reale,
perché non erano nell'arena e perché Peeta stava bene, non era morto.
Stai calma.
Non pensarci.
Stai calma.
Per quanto si sforzasse era impossibile dimenticare, non ci sarebbe riuscita mai.
Rivedeva la morte degli altri tributi nei sui incubi insieme ai volti delle persone che lei stessa aveva ucciso.
Rivedeva Prim, Rue, Finnick in ogni cosa e non poteva dimenticare che è stata sempre e solo colpa di Capitol City.
L'avevano chiamata vincitrice, ma la verità è che non aveva vinto niente, se non la crudeltà dei giochi che sarebbe rimasta con lei per sempre e le sue mani macchiate di sangue altrui.
Un colpo di cannone e Katniss trasalì.
“Scusa, non volevo spaventarti. Forse ho chiuso la porta un po' troppo forte” Peeta si sedette vicino a lei, prendendole la mano e cominciando a tracciare dei piccoli cerchi nel suo palmo.
“Ero ancora lì Peeta...” sussurrò piano.
“Stai tranquilla, ci sono io con te”
“Vorrei solo poter dimenticare”
“Dimenticare non è così bello, anzi, non è proprio del tutto efficace” disse serio Peeta “a volte la sensazione torna ed ho solo voglia di urlare”
“Di che sensazione parli?” chiese Katniss guardandolo confuso.
“Di... impotenza. Non volevo cambiare e invece dopo i primi Hunger Games mi hanno messo una gamba finta, e già da lì un pezzo di me stesso è stato cambiato con un pezzo di Capitol City, vero o falso?”
“Vero.”
“Non volevo essere una pedina nelle loro mani, eppure guarda: non ricordo niente della mia vita prima dei giochi, non sono più io, vero o falso?”
Katniss ci pensò su, guardò seria il viso turbato di Peeta e poi la sua mano che stava ancora tracciando contorni invisibili nel suo palmo, quel tocco dolce e caldo la faceva sentire bene e al sicuro.
“Falso” disse infine stringendogli la mano“Sì, ti hanno cambiato, ci hanno cambiato. Ogni tanto credo pure di essere pazza” disse accompagnata da una risata triste “ma ora noi due siamo qui, insieme, e forse alla fine abbiamo anche noi una piccola vittoria. Non dobbiamo fare da mentori a dei ragazzini per poi vederli morire, non dobbiamo accompagnare i nostri figli alla mietitura... Tutto questo è finito.
Capitol City non c'è più, rimangono solamente i ricordi e le allucinazioni”
“Puoi sempre chiamarmi, quando ti capita, lo sai che io ti aiuterò.”
“Lo so” Katniss appoggiò la testa sulla spalla di Peeta “Credo che sia l'unica cosa che non mi fa andare fuori di testa definitivamente” aggiunse socchiudendo gli occhi.
“Perché è questo che facciamo noi, no? Ci proteggiamo a vicenda, lo abbiamo sempre fatto. Vero o Falso?”
Katniss alzò la testa dalla spalla di Peeta e per un momento gli parve di rivedere il ragazzo che le lanciò il pane così tanti anni fa, permettendo a lei e alla sua famiglia di non morire di fame.
“Assolutamente vero”.
Sentiva le lacrime che stavano per scendere e la gola bruciare, ma non si trattenne e lasciò che una piccola lacrima salata le accarezzasse la guancia.
Si protese verso Peeta poggiando le labbra sulle sue, portandola in una situazione di calma, di tranquillità, di casa, di calore, di famiglia.
Aveva bisogno di lui, e in quel momento ebbe la certezza che sarebbe stato con lui per sempre. Sempre.
“Mamma! Papà!” la porta si spalancò e ne uscì una bambina di quattro o cinque anni tutta affannata, la treccia di capelli scuri che le dondolava sulle spalle.
“Che succede tesoro?” le chiese Peeta dolcemente.
“C-c'è qualcosa” prese fiato “d-dentro l'armadio”
“Chi vuoi che ci sia dentro l'armadio?”
“Un lupo credo!” gli occhi azzurri della bambina erano spalancati in un'espressione di puro terrore.
“Un lupo?!” domandò Peeta fingendo preoccupazione e paura “andiamo a liberarci di questo lupo allora!” aggiunse poi prendendo per mano la figlia e accompagnandola dentro.
Katniss sorrise.
Sì, era vero, qualcosa avevano vinto sicuramente.
Sua figlia aveva paura di un lupo inesistente dentro l'armadio e non di un ibrido, non di diventare un'assassina, non di morire.
La bambina non avrebbe mai avuto paura di giocare.

 
  
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