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Autore: Strega_Mogana    23/05/2014    2 recensioni
Tra l'odore di fish and chips, ragazzi molesti e con l'alito che avrebbe potuto far girare la testa anche agli ubriaconi che si presentavano puntuali ogni sera alla Testa di Porco, si ritrovò davanti ad uno dei tanti pub con la vetrina opacizzata dal calore, la musica alta e le grida di giovani ragazzi che arrivavano sulla strada anche con le porte chiuse.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Storia scritta per la Severus House Cup - mese di Maggio, indetta dal Calderone di Severus.
AVVISO: la storia ha una trama particolare. Nulla di volgare o cose del genere, ma il rapporto tra i protagonisti è... insolito... quindi, visto che oggi proprio non é il massimo come giornata, se la storia non vi piace evitate ogni commento. Se vi rispondo male siete state avviste. Grazie.



Uova fritte e prosciutto

Le uova sbattute sfrigolarono nello stesso momento in cui furono versate nella padella calda.
Il mago le mescolò con una spatola lasciando che si rapprendessero, aggiunse un pizzico di sale, poi abbassò il fuoco e coprì la padella con un coperchio di vetro così da poterle controllare senza alzarlo ogni volta e perdere tutto il calore.
Mentre le uova cuocevano accese la macchina del caffè e iniziò a cercare nelle credenze le tazze e i piatti.
Aveva mal di schiena per colpa dello scomodo divano su cui aveva passato la notte.
Vide il suo riflesso sulla superficie di un cucchiaino e sospirò. Non aveva un bell'aspetto. Aveva la barba di un giorno, i capelli spettinati e due profonde occhiaie.
Non si era mai reputato un bel uomo, ma quella mattina si sentiva vecchio come Olivander e aveva l'aspetto di Hagrid di ritorno dalle montagne dei giganti.
Tutto questo per colpa di quell'irritante donna.
Si passò una mano sul volto cercando di scacciare la stanchezza. Aprì un basso mobiletto e prese del pane in cassetta.
Lo aprì, prese un paio di fette riponendole poi nel tostapane.
Per fortuna era un uomo che sapeva cucinare, altrimenti l'irritante donna avrebbe mangiato una mensola della cucina per colazione.
Mentre fissava il pane che si tostava ripensò con irritazione alla serata precedente e a quell'enorme barbagianni che era entrato dalla finestra aperta del suo salotto posandosi con mala grazia sul divano stinto.
Sentì un leggero rigonfiamento nella tasca dei pantaloni, mise la mano in tasca ed estrasse il foglio di pergamena appallottolato di quella stessa sera. Lo aprì e lo lisciò sul ripiano da lavoro di quella cucina non sua e lesse ancora una volta il messaggio.

Hermione non sta bene.
Ti prego di venire subito a quest'indirizzo.
Ginny Potter
P.s: siamo in un quartiere Babbano



Non c'era stato veramente bisogno di leggere la firma per capire che l'uccello arrivava dalla famiglia Potter. Il maldestro volatile planava nella sua casa o nell'ufficio circolare di Hogwarts, almeno una volta al mese con legato alla zampa giallognola l'invito ad una cena.
Stranamente dopo la sconfitta di Voldemort, la sua guarigione e la scoperta da parte del mondo magico della sua reale posizione nella guerra – in entrambe le guerre – i suoi rapporti con Potter erano migliorati.
Non erano propriamente amici, ma riuscivano a portare a termine una conversazione civile, a volte anche utile; Potter gli chiedeva consiglio quando aveva dei dubbi sull'addestramento Auror o si sfogava con lui quando Ginny lo faceva impazzire con gli sbalzi ormonali dovuti alla gravidanza.
Non gli piaceva essere la valvola di sfogo del Ragazzino che era Sopravvissuto più volte – così il mondo magico l'aveva ribattezzato con inutili titoli di giornali -, ma a volte la solitudine della sua vita era così insopportabile che anche il figlio di Lily e James andava bene per colmare il vuoto che sentiva in petto.
Alla fine aveva scoperto che Potter, con l'ultima guerra, era maturato, era quasi sopportabile. Decisamente molto più maturo di suo padre, ma questo si vedeva bene dal dirlo.
Così si sorbiva cene interminabili e fin troppo caloriche a casa Weasley; era stato invitato al matrimonio di Potter e poi a quello della Granger con Weasley. Aveva tenuto in braccio il neonato Potter dall'orrido nome, minacciandolo, quando nessuno lo stava ascoltando, di non essere indisciplinato come suo padre o come suo nonno o le conseguenze sarebbero state disastrose.
Tutto questo nell'arco di sette anni dalla fine della guerra.
Per quel motivo quando aveva ricevuto quello strano messaggio la sera prima, interrompendo una piacevole lettura sugli incantesimi oscuri nati nel sud Africa accompagnata da un bicchiere di vino rosso di ottima annata, aveva indossato abiti Babbani e si era smaterializzato non molto lontano da dove Ginny gli aveva scritto trovandosi poi in un quartiere Babbano, poco distante da Diagon Alley, invaso da giovani sulla strada della sbronza serale, con in mano bottiglie di birra coperte da sacchetti di carta e pub con musica assordante e oscenamente senza senso.
Tra l'odore di fish and chips, ragazzi molesti e con l'alito che avrebbe potuto far girare la testa anche agli ubriaconi che si presentavano puntuali ogni sera alla Testa di Porco, si ritrovò davanti ad uno dei tanti pub con la vetrina opacizzata dal calore, la musica alta e le grida dei giovani ragazzi arrivavano sulla strada anche con le porte chiuse.
Era quasi indeciso se entrare o meno, quando Ginny uscì di fretta; sembrava agitata, continuava a torturasi le mani.
- Sei qui! - quasi aveva urlato e sul suo volto lentigginoso il sollievo aveva preso il sopravvento sulla preoccupazioni – Per fortuna, non so più cosa fare!
Il rumore secco del pane che scattava nel tostapane lo destò dai suoi ricordi. Prese le due fette e le ripose in un piatto, poi prese altro pane e lo rimise a tostare. Nel frattempo il profumo delle uova gli fece capire che erano pronte. Sollevò il coperchio, il calore e il profumo lo investirono in pieno; diede un'ulteriore mescolata, ne assaggiò un piccolo boccone e spense il fuoco.
Tenne il coperchio socchiuso e aprì il frigorifero cercando qualcosa con cui accompagnare le uova.
La luce dell'elettrodomestico era quasi fastidiosa; si affrettò a prendere la scatola degli affettati, chiuse lo sportello e la appoggiò sul ripiano, vicino al foglietto spiegazzato.
Lesse ancora il messaggio e scosse la testa mentre l'immagine di quello che aveva trovato dentro quel pub gli tornò in mente.
Dentro il locale il caldo era soffocante, così come l'odore di cibo fritto e sudore; in un angolo erano stati spostati dei tavoli. Un gruppo di uomini, decisamente poco lucidi, ridevano sguaiatamente e si muovevano in modo ambiguo, probabilmente in quello che loro definivano ballo.
Ma non fu quello a fargli sgranare gli occhi, incredulo.
In mezzo a quel gruppo di uomini che, di certo, non era lì solo per bere e ballare c'era Hermione Granger in Weasley. Decisamente poco vestita e molto ubriaca.
Ballava senza tenere il ritmo, con in mano una bottiglia di birra; sul tavolo accanto c'erano diversi bicchieri vuoti e rovesciati, con il ghiaccio che lentamente si scioglieva, bagnando il tavolo di legno ammaccato e scuro.
Senza il minimo ritegno si strusciava addosso agli uomini ridendo, cercando di essere provocante.
Si era voltato verso la Weasley-Potter in cerca di una spiegazione plausibile, ma era bastato vedere la sua espressione per capire l'origine del problema.
Avrebbe dovuto prevederlo.
- Cos'ha combinato tuo fratello questa volta?
La strega aveva abbassato lo sguardo e Severus aveva capito che il testa vuota Ron Weasley l'aveva combinata veramente grossa.
- Avevano dei problemi... beh Ron aveva dei problemi. - mormorò la rossa a capo chino - Da quando Hermione ha iniziato il tirocinio come medimaga ad Hogwarts, Ron si é sempre lamentato del poco tempo che avevano a disposizione, del fatto che lui tornava a casa e non c'era mai nessuno, che doveva fare tutto da solo, mentre lei era a scuola servita dagli elfi.
- Questo lo so già! - sbottò lui – Hermione non è capace di celare le sue emozioni e i pianti isterici in Sala Professori con Minerva sono famosi in tutta la scuola. Ma cos'ha fatto quell'impiastro di suo marito per ridurla in quello stato?
- Ha presentato domanda di divorzio.
Severus sbatté le palpebre in quell'appartamento che non gli apparteneva. Preparò la tavola con piatti e tazze, poi andò nel salotto dove aveva dormito sullo scomodo divano e si guardò attorno.
Non ci aveva fatto caso quella notte quando l'aveva riportata a casa, tutte le fotografie incorniciate erano state abbassate sui mobili. Era quasi certo che ognuna di quelle foto raffigurasse un momento felice del matrimonio, quando il fresco amore di due persone da poco adulte sembrava superare tutte le diversità caratteriali.
Enormi diversità caratteriali.
Le carte del divorzio erano state abbandonate su una consolle vicino alla porta d'entrata, accanto alla ciotola che conteneva le chiavi di casa.
Percorse il breve corridoio e si affacciò alla porta della camera da letto per assicurarsi che Hermione stesse ancora dormendo, ma il letto era vuoto.
Il lenzuolo era stato appallottolato ai piedi del letto, a terra erano stati abbandonati i succinti vestiti della sera prima.
- Sev! - aveva urlato la strega quando l'aveva visto nel locale; si stava sbracciando nella sua direzione, alcune gocce di birra uscirono dal collo della bottiglia sporcandole i vestiti, aveva le guance rosse per il caldo e gli occhi lucidi per l’alcool – Sei qui anche tu per festeggiare?
Si era avvicinato sotto gli sguardi offuscati di quegli uomini.
- E' tuo padre? - aveva domandato con un ghigno un ragazzino di appena vent'anni, ricevendo come unica risposta un'occhiataccia che lo fece zittire all'istante.
- Ragazzi. - biascicò lei cercando di tirarlo per una manica della giacca Babbana che aveva indossato – Questo è il mio capo. - poi ridacchiò e si portò un dito alla lebbra – E' un eroe di guerra! Ma non ditelo a nessuno, sarà il nostro piccolo segreto. Lui ha aspettato una stupida donna per anni e lei cos'ha fatto? Ha preferito un altro! L'ha lasciato con una stupida scusa. - Severus aveva sollevato un sopracciglio indeciso se offendersi o meno – Ora so cos'ha provato. - finì lei bevendo un sorso di birra.
- Ora basta. - fece lui prendendole la bottiglia dalle mani – La serata è finita.
- Oh non fare il professore bacchettone! Non questa sera! Io sto festeggiando la mia libertà! – enfatizzò le ultime parole alzando le braccia.
Tutti i ragazzi esultarono con lei sollevando i rispettivi bicchieri. Hermione iniziò a ridere in modo esagerato.
Il mago si voltò verso Ginny che gli rispose con un lieve cenno del capo.
- Ginny ha pagato, Hermione. Dobbiamo andare. Ora.
- No! - rispose lei cercando di essere risoluta, ma ottenendo come unico risultato quello di sembrare una bambina piccola che faceva i capricci per un giocattolo.
- Come preferisci. - disse Severus avvicinandosi – L'hai voluto tu.
E con un movimento rapido se la caricò in spalla come se fosse un sacco di patate.
Hermione si ribellò, cercò di resistere battendo i pugni sulla sua schiena, insultandolo, ma senza ottenere risultati.
Quando si smaterializzarono nel suo appartamento aveva smesso di ribellarsi, ma aveva iniziato a piangere silenziosamente.
Ginny l’aveva portata in camera, spogliata e messa a letto.
- Non può restare sola. – gli aveva detto passandosi una mano tra i capelli rossi – Nessuno della mia famiglia sa del divorzio e non credo che i genitori di Hermione vogliano vederla in quello stato. - sbuffò lanciando un'occhiata veloce al corridoio - E io che pensavo volesse solo passare una serata ad insultare mio fratello e piangere. Quando non ha smesso di bere mi sono sentita come un portiere con in mano la mazza del battitore.
Aveva sollevato gli occhi al cielo, in una situazione normale le avrebbe detto di evitare le metafore sul Quiddicth, ma quella sera non ne aveva le forze e lasciò perdere.
- Resto io.
- Ma Severus…
- Harry è solo con James?
La giovane strega annuì.
- Allora vai a casa Ginny. Non credo che tuo marito possa prendersi cura di un neonato per più di un paio d’ore.
Lo scroscio dell’acqua della doccia catturò la sua attenzione.
Si voltò verso la porta che dava al bagno e tornò alla cucina.
Aprì qualche armadietto a prese alcuni ingredienti.
Con un colpo di bacchetta farina, zucchero e lievito si mescolarono in una ciotola blu mentre le uova si rompevano e separavano in altre due ciotole diverse. Un altro colpo di bacchetta e un frusta da cucina iniziò a montare gli albumi in una densa e candida schiuma morbida.
Il mago prese una padella e ci fece sciogliere del burro mentre il latte volteggiava fino ai tuorli e si aggiungeva poco alla volta mentre una forchetta girava il tutto.
Il primo pancake fu pronto quando Hermione uscì dal bagno.
- Oh no… - mormorò con un filo di voce la strega alle sue spalle – non ti ho sognato.
Un sopracciglio sottile saettò verso l’alto mentre girava il secondo pancake.
- No. – rispose con voce più dura di quanto avesse desiderato – Non hai sognato.
La sentì trascinare i piedi fino al tavolo e sedersi pesantemente sulla sedia.
- Quindi l’immagine di te che mi tiene la testa mentre vomito…
- Anche quello non l’hai sognato.
Hermione sospirò alle sue spalle.
- Credo di doverti delle scuse.
- Non è necessario.
- Ginny ti ha detto tutto?
Con un movimento deciso del polso, il mago voltò la frittella direttamente nella padella.
- Quanto basta per giustificare il tuo comportamento di ieri sera.
Il silenzio tra di loro era riempito dallo sfrigolare del pancake e dal gorgoglio della caffettiera.
Il piatto di Hermione volteggiò fino a lui. Severus lasciò cuocere ancora un poco il pancake poi lo rivoltò nel piatto insieme agli altri. Prese il piatto che gli volteggiava accanto e lo riempì con una buona dose di uova, poi lo posizionò davanti alla strega che, quella mattina, sfoggiava un colorito più pallido del suo e due profonde occhiaie violacee.
- Ti consiglio di accompagnare le uova con del prosciutto. Ho preso la scatola dal frigorifero, ma non ho controllato se ce l'hai.
- Credo che darò di stomaco di nuovo. - disse lei con una smorfia allontanando il piatto.
- Mangia. Ti farà bene. - ribatté lui spingendoglielo fin quasi sotto il mento, una forchetta saltò direttamente nella mano di Hermione – Ti prendo una tazza di caffè. Te lo consiglio nero e amaro. Aiuta contro il mal di testa.
- Perché non c'é una pozione antisbornia?
- Per fare in modo che quello che provi ora ti serva da monito per non farlo più.
- Ho imparato la lezione, Severus.
Severus la osservò attentamente mentre si portava una forchettata di uova in bocca. Hermione chiuse gli occhi portandosi una mano alle labbra nel tentativo di non rimettere sul tavolo della cucina. La vide restare immobile come se fosse indecisa sul da farsi, poi la bocca si mosse lentamente iniziando a masticare.
Quando ingoiò il primo boccone aprì gli occhi e si ritrovò a fissare i suoi lucidi occhi nocciola.
- Sono molto buone. – sussurrò lei con un delicato sorriso – Dove hai imparato a cucinare?
- Non ho elfi domestici a Spinner’s End. In estate cucino, non è poi molto diverso che dal distillare pozioni.
- Io so distillare le pozioni, ma in cucina sono una frana. – abbassò il capo e iniziò a giocare col cibo – Ron non l’hai mai sopportato. Mi diceva sempre che dovevo studiare cucina con la stessa passione con cui studiavo un manuale di erbologia. - sospirò pesantemente e asciugò in fretta una lacrima che era sfuggita dal suo rigido autocontrollo - E’ tutta colpa mia… sono stata una pessima moglie.
Il mago incrociò le braccia al petto, ma senza la consueta casacca nera con tutti i bottoncini allineati chiusi quasi ermeticamente e il mantello la posizione risultava molto meno minacciosa del solito.
- Weasley è un idiota, Hermione. E se credeva che sposando te avrebbe avuto una seconda madre è ancora più idiota di quello che pensavo.
La strega ridacchiò per poi fare una smorfia di dolore prendendosi la testa tra le mani.
- Non farmi ridere... - gemette.
Il mago rispose con un ghigno e si riempì a sua volta il piatto e la tazza.
Si sedete davanti a lei e ripresero a mangiare in silenzio.
Mentre finivano le uova e il caffè il noto gufo di casa Potter picchettò sul vetro della finestra della cucina. Severus l'aprì con un deciso colpo di bacchetta lasciando che l'uccello planasse sul tavolo vicino ad Hermione.
- Grazie.- disse lei prendendo la missiva legata alla zampa che l'animale teneva con fierezza dritta davanti a lei – E' Ginny. - spiegò mentre leggeva il messaggio – Credo che dovrò scusarmi anche con lei.
- Era preoccupata. - spigò Severus finendo il caffè – La basterà sapere che stai bene.
- Grazie a te.
- Io sono stato chiamato. E' lei che devi ringraziare. Io non ho fatto nulla.
- Hai dormito sul mio scomodissimo divano. Mi hai tenuto la testa mentre vomitavo. E mi hai preparato la colazione. E devo dire che mi sento un pochino meglio. Dove hai imparato a preparare questa colazione post-sbornia?
Il mago restò in silenzio lanciandole un'occhiata eloquente. La vide aprire la bocca per poi richiuderla subito dopo colta da un'improvvisa illuminazione.
- Scusami. – disse subito dopo punzecchiando le uova con la forchetta – E’ stata una domanda indelicata e inopportuna.
- Avete tutti l’idea che la mia famiglia sia stata un disastro su tutti i fronti.
La strega alzò la testa piano per evitare una lancinante fitta di dolore e lo guardò stupita.
- Ma… ma… ho visto i tuoi ricordi… e Harry mi ha raccontato i frammenti delle tua infanzia che aveva visto durante le lezioni di Occlumanzia.
- Potter ha la capacità di trarre le conclusioni senza prima vedere l’insieme.
- Ma tu…
- Non mi è mai interessato il parere di Potter. Quindi non avevo motivo di frenare le sue fantasie sulla mia famiglia e sulla mia infanzia.
- Quindi tuo padre…
- Era un tipo difficile. – ammise lui senza smettere di fissarla negli occhi – Il lavoro alla fabbrica era alienante e massacrante. Tornava a casa la sera stanco e mia madre non era quella che si poteva definire una perfetta donna di casa. Cercava di fare tutto senza l’aiuto della magia, ma quando nasci da una famiglia purosangue non fai nulla senza la bacchetta o senza un elfo che lo fa al posto tuo. Litigavano spesso e la maggior parte delle volte per cose futili. A lui non piaceva la magia solo perché mia madre non gli ha mai spiegato cosa significasse per lei. Da bambino queste cose non le capisci e da adolescente sei così arrabbiato con il mondo che non le vuoi vedere. Inizi a capire certi atteggiamenti solo quando sei più vecchio e decisamente meno incline a fermarti alle apparenze. Si volevano bene, a modo loro, ma si volevano bene. Mio padre non era un ubriacone, ma è anche vero che era un maschio inglese che passava qualche sera al pub con i colleghi di lavoro e quando tornava a casa era già tanto se arrivava al letto senza svenire in corridoio. Quando succedeva mia madre gli preparava le uova con il prosciutto, l’unico piatto commestibile e che riusciva a preparare velocemente. Mi ricordo che quando le mangiava era di buon umore per qualche ora. Una volta ha anche cercato di insegnarmi a giocare a pallone, - fece un piccolo sorriso – ovviamente con scarsi risultati.
Hermione gli sorrise e tornò a mangiare in silenzio riflettendo su quello che le aveva detto.
- Grazie per avermi raccontato qualcosa di te.- mormorò senza alzare gli occhi dal piatto – Non lo dirò a nessuno.
- Se provi a farlo negherò ogni parola e poi ti lancerò un incantesimo della memoria.
La donna sorrise di nuovo e bevve un sorso di caffè.
- E i pancake? - domandò dopo qualche minuto – Hai una storia anche per quelli?
- Quella è una ricetta di Silente.
- Cosa?- domandò Hermione mandando giù un boccone troppo grande di uova.
Severus si limitò ad annuire finendo la sua parte di colazione.
- Non credo di voler sapere in quale occasione Silente ti abbia dato la sua ricetta dei pancake.
- Non te lo dirò comunque.
Hermione tornò a mangiare scuotendo mestamente il capo. Finite le uova con il prosciutto si ritrovò a fissare il piatto sporco, lui si era alzato, con un colpo di bacchetta iniziò a sistemare la cucina, i piatti e le pentole si stavano lavando da sole nel lavello.
Si voltò guardando il salotto della casa che aveva sperato di dividere con Ron per il resto della vita. Le fotografie erano ancora tutte rovesciate sui mobili, come le aveva lasciate lei dopo aver letto le carte che le aveva spedito l'avvocato. Il divano era sfatto, il mantello e la casacca neri di Severus erano piegati con cura sulla poltrona accanto al sofà.
Aveva un senso di vuoto alla bocca dello stomaco, desiderava piangere, ma non sapeva se aveva ancora delle lacrime da versare per quell'uomo che le aveva spezzato il cuore, di nuovo, dopo anni ad aspettare che si accorgesse di lei.
Finì il caffè e tornò a fissare Severus.
- Come posso ringraziarti, Severus? - gli domandò.
- Non devi.
- Ma voglio ringraziarti.
Il mago sollevò gli occhi verso il soffitto perfettamente tinteggiato di bianco.
- Una cosa ci sarebbe in effetti.
- Davvero? - disse lei con un sorriso – Cosa?
Severus abbassò lo sguardo e le sorrise un poco.
- Non chiamarmi mai più Sev.

FINE
   
 
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