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Autore: Queila    23/05/2014    3 recensioni
La mancanza che porta a gesti estremi.
Cosa mancherà nella vita di Carla, o meglio cosa non mancherà ?
La storia partecipa al contest "Angst a tutto spiano" di AoKise92
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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- Nick (forum e sito):  S.Elric_ -sito- e Queila –EFP-
- Titolo:  Si riparte dalla fine
- Fandom: //// (storia originale)
- Personaggi: Carla 
- Introduzione: 
- rating:  Arancione
- genere: Introspettivo, Angst
- NdA: (se ce ne sono)  Rileggendo ho pensato che alla fine non è così triste come volevo che in realtà fosse… xD l’avrei voluta più macabra, ma ho ancora tanta strada da fare, quindi per ora mi accontento. Ti dico da subito che mi ci sono già scontrata con questo genere e ha vinto lui… alcuni punti non mi soddisfano pienamente, ma spero che almeno non ti faccia schifo ^^”.
Buona lettura ^^ 

 
 
 
SI RIPARTE DALLA FINE
 
Uscì dal negozio con la busta della spesa in mano, aveva deciso che quello sarebbe stato il giorno adatto: stava progettando la cosa da giorni, forse anni, ma ora era arrivato il momento giusto.
La pioggia la sorprese.
Grossi nuvoloni presero possesso del cielo rendendolo grigio e ostile, Carla sentiva freddo, ma non riusciva a capire se quei brividi fossero provocati dal tempo o venissero da dentro: dopo vent’anni ancora non aveva svelato il mistero del gelo che la sorprendeva alcune volte, anche se era sicura fosse il suo cuore che pian piano congelava.
Le prime gocce caddero sulla strada rendendo l’asfalto scuro e bagnandole il volto, si sentì bene e sorrise senza pensarci, almeno aveva avuto la sensazione di essere stata viva subito prima di chiudere gli occhi per sempre.
In pochi anni d’esistenza aveva capito come sentirsi viva e ciò accadeva in poche occasioni: quando provava piacere e quando provava dolore.
Tutto è nulla senza il suo opposto.
Carla traeva piacere facendo sesso occasionale con chiunque avesse il bisogno impellente di sentire qualcosa, proprio come ne aveva bisogno lei, e traeva lo stesso piacere, ma sotto forma di dolore, tagliandosi.
Non scopriva mai i polsi e se lo faceva era sempre sola e con un qualcosa di affilato in mano, non andava in profondità, questo è ovvio, ma tagliava quel tanto che bastava per farle dimenticare chi fosse e per farle sentire solo che lei c’era, che era lì e respirava e poteva provare qualcosa, come tutti gli esseri umani.
Raggiunse casa zuppa dalla testa ai piedi; ad attenderla, ovviamente, non c’era nessuno, solo il vuoto dettato da anni di solitudine.
Dall’età di sedici anni, da quando era scappata dalla casa famiglia, aveva vissuto sola in quell’appartamento che nessuno avrebbe chiamato mai casa perché formato da un soffitto, un pavimento e poco altro.
A Carla mancava praticamente tutto: non aveva mai avuto una famiglia, l’avevano abbandonata chissà dove appena dopo il parto, niente amici, niente fratelli, niente amore, l’unica cosa che aveva era un vuoto dentro che era cresciuto negli anni fino a diventare un enorme mostro che la stava risucchiando, privandola di gioie e accrescendo i suoi dolori.
Le mancanze erano le uniche cose presenti nella vita della ragazza.
Buttò la busta ai piedi del letto prendendo un bel respiro e, riscoprendo il coraggio degli ultimi giorni, prese la lama che aveva riposto nel cassetto settimane prima, quella stessa lama che aveva deciso di usare per porre fine alla sua vita.
Si lanciò sul letto con uno sbuffo mentre nella mano girava e rigirava lo strumento, come per conoscerlo meglio e capirne e sviscerarne i più oscuri segreti.
Un piccolo oggetto di metallo poteva donare la fine.
Carla rimase affascinata dalla lama che teneva in mano, la guardava ipnotizzata, sempre più convinta a usarla come strumento di morte; sorrise al pensiero della liberazione delle sue pene.
Finalmente il grande mostro che aveva avuto nel petto per anni, nutrito dai vuoti e dalle mancanze che avevano caratterizzato la vita della ragazza, sarebbe morto, e con esso anche i dolori, le lacrime e la disperazione di una vita passata a sognarne una diversa, una vita diversa mai arrivata.
Carla non aveva perso le speranze, però, lei ancora pregava per una vita migliore dopo la morte.
Non era religiosa, era solo disperata: dopo tante sofferenze, dopo gli stupri, le siringhe e le bottiglie vuote, voleva solo credere che una volta chiuso gli occhi al buio eterno avrebbe visto la luce.
Incrociò le gambe e cominciò a premere la lama sul polso del braccio sinistro.
Una prima goccia di sangue cominciò a scorrerle sul braccio, cadendo poi sul letto e sporcandolo di rosso.
Carla si guardò intorno e le poche cose che possedeva le ricordarono la vita di stenti e soprusi di cui era stata vittima.
La lama affondò di più nella carne, più andava in profondità, più il dolore si attenuava.
La sentì attraversare i muscoli, spinse più forte.
Il liquido rosso usciva copioso e la ragazza ne fu attratta, dopo un primo taglio ne cominciò un secondo: stesso braccio, stessa liberazione.
Più scavava nella carne, più il sangue scorreva, più lei era libera, libera da una vita insignificante, libera da un’esistenza misera, libera da un corpo anoressico e da una mente debole.
La testa le girava e prima di perdere i sensi passò al braccio sinistro.
Affondò con energia la lama nel profondo del polso per sprigionare il mostro che dimorava in lei da anni.
Il letto era completamento tinto di rosso.
Un odore ferroso cominciò a diffondersi nell’angusto appartamento e, per la prima volta nella sua vita, guardando fuori dalla finestra, Carla vide un colore diverso dal nero: la speranza colorava il cielo di azzurro e la ragazza si spense pensando che, finalmente, stava per volare libera immersa nel blu del cielo.
 
 
  
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