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Autore: timeaftertime    23/05/2014    3 recensioni
Abbiamo lasciato Emma e Mr. Knightley il giorno del loro matrimonio. Ma cosa è successo dopo? Come avranno imparato a superare le piccole grandi difficoltà quotidiane e non? Cinque anni dopo la fine del libro comincia questa fanfiction che cercherà di essere assolutamente fedele a quanto scritto da Jane Austen e che spero vi piaccia. Leggete e recensite se vi va!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La trama di questa storia mi frulla in testa più o meno da quattro mesi, ovvero da quando ho finito di leggere Emma. Il libro è meraviglioso, esattamente come tutti quelli di Jane Austen, e spero tanto di riuscire a seguire scrupolosamente tutto quello che la mitica Austen ci ha detto sui personaggi. Vi ringrazio per essere qui e spero tanto che vi piaccia questo primo capitolo...se avete voglia potreste anche lasciare una recensione, cosa che mi farebbe molto molto molto piacere! A presto...-timeaftertime


I primi timidi raggi di un sole invernale penetrarono oltre i vetri delle finestre di Hartfield accarezzando il viso di un uomo addormentato. Aveva circa quarant’anni ma sembrava che il tempo lo sfiorasse senza lasciare eccessiva traccia di sé sul suo aspetto fisico. L’unica cosa che potesse rivelare la sua età erano i profondi occhi grigi, in grado di comunicare la saggezza propria di chi ha vissuto appieno la sua vita superando gli anni della giovinezza. L’uomo si chiamava George Knightley.
Disturbato dalla luce, Mr. Knightley aprì gli occhi e d’istinto si voltò verso sinistra. Ma il letto era vuoto. George sospirò tirandosi a sedere e massaggiandosi le palpebre assonnate con la mano destra, poi si tirò su e cominciò a prepararsi per scendere a colazione.


Nel frattempo Mrs. Emma Knightley stava leggendo seduta su di una poltrona in salotto. Non le era mai piaciuto particolarmente leggere: era un’attività che richiedeva una certa dose di pazienza e la sua indole mancava di questa qualità. Ma d’altra parte negli ultimi tempi faceva molte cose che non erano da lei. La lettura aveva il vantaggio di isolarla dal mondo, il che era il massimo che potesse chiedere in quel momento.


George aveva finito di prepararsi e scese con calma le scale dirigendosi verso la sala da pranzo. Giunto all’ultimo gradino il maggiordomo gli portò sul vassoio due lettere giunte da poco, che l’uomo prese per leggerle con calma al tavolo della colazione. Appena entrato nella stanza si rese conto che era vuota: un altro sospiro, poi si sedette facendo un cenno a una delle cameriere perché portassero pure la sua solita colazione.


Emma aveva sentito i passi di suo marito scendere le scale, ma non se l’era sentita di andare a dargli il buongiorno. Lui l’avrebbe sicuramente cercata prima di uscire e allora si sarebbero salutati senza che lei dovesse interrompere la lettura, o meglio rompere quella bolla di isolamento che si era creata con tanta fatica svegliandosi alle cinque e mezzo del mattino.


George Knightley controllò la prima busta e notò che era indirizzata a sua moglie da parte di Jane Churchill, quindi la mise da parte per darla direttamente a lei. La seconda era invece per lui: riconosceva la scrittura del fratello. Mr. John Knightley scriveva che lui, Isabella e i bambini stavano tutti benissimo, che sentivano moltissimo la loro mancanza e annunciavano una loro visita a breve. George sorrise all’idea: era proprio quello che serviva.
Proprio in quel momento suo suocero entrò nella stanza appoggiandosi al suo ormai inseparabile bastone (anche se chiunque lo avesse visto camminare senza sapeva che non ne aveva alcun bisogno).

“Oh, buongiorno!”

“Buongiorno, Mr. Woodhouse. Come vi sentite stamattina?”. Conosceva già la risposta.

“Terribilmente! Credo di avere qualche malattia molto strana, che non mi permette di dormire serenamente la notte! Ovviamente ho già mandato a chiamare il dottor Perry, e spero che sia qui a breve.” Rispose quello sedendosi al tavolo.

George nascose una risatina.

“Ma dov’è Emma?”

Ogni traccia di buonumore scomparve dal volto di George.

“Credo abbia già finito di fare colazione”

Fortunatamente il suocero non fece altre domande, preoccupato com’era di verificare se il suo malessere aumentasse stando seduto o no.


Prima di uscire George andò a controllare il salotto: come previsto Emma era lì, seduta nella poltrona più vicina al fuoco, intenta a leggere un libro. George rimase per un attimo a guardarla: i capelli biondi raccolti in una crocchia da cui qualche ricciolo sfuggiva ad incorniciarle il volto, gli occhi verdi intenti a leggere, le mani bianche dalle dita lunghe e affusolate che reggevano il libro con quell’eleganza che le era propria…sua moglie era la più bella donna che lui avesse mai visto. Quasi sorrise, ma poi si ricordò di tutto il resto e ancora una volta sospirò.


Emma sollevò lo sguardo dal libro, attirata dal suono.

“Buongiorno”

“Buongiorno, mia cara. Avete…dormito bene?”

“Oh…sì. State uscendo?”

“Sì, ho degli affari da sbrigare a Donwell. Avete bisogno di qualcosa?”

“No, nulla.”

“Bene.”

Quasi imbarazzato George fece un cenno con la testa e si diresse verso la porta. Era ridicolo, tutto questo era ridicolo. Mentre camminava lungo il viale d’ingresso riusciva a pensare solo questo. E anche per tutto il tragitto in carrozza i suoi pensieri ruotavano attorno a quell’aggettivo. La situazione sembrava quasi senza via di uscita.

 
Nel frattempo, a casa, Emma si era rimessa a leggere. Si era lasciata scappare un sospiro solo quando la porta d’ingresso era stata chiusa. A metà mattinata circa suo padre entrò nella stanza accompagnato dal dottor Perry. Lei salutò cordialmente e fece gli onori di casa nel suo solito modo impeccabile: poi con una scusa li lasciò a discutere salendo al piano di sopra e rifugiandosi nella libreria. Dopo pranzo si era rintanata nella sua stanza, accanto alla finestra, e si era messa a ricamare (un’altra delle nuove passioni che prima aveva sempre disdegnato).

Ma alle tre del pomeriggio qualcuno era venuto a farle visita.

“Emma!” la voce materna di Mrs Weston riecheggiò nell’ingresso di Hartfield, e Emma si concesse il primo vero sorriso della giornata correndo ad abbracciare la donna che l’aveva cresciuta.
In breve le due si ritrovarono in salotto a sorseggiare del tè e a discutere degli ultimi progressi della piccola Annie Weston.


“Vedo che sei riuscita a distrarmi ancora una volta con le mie chiacchiere da mamma! Ma non è per questo che sono venuta qui, Emma.”

“Ma a me fa sempre molto piacere parlare della bambina!” rispose Emma ridendo, anche se in maniera meno serena di quanto avesse fatto fino a quel momento.

“Emma…cosa c’è che non va?” disse Mrs. Weston con cautela.

“Nulla. Va tutto perfettamente.” Disse lei sfoderando uno dei suoi sorrisi irresistibili e impenetrabili. Ma l’altra la conosceva troppo bene per cadere nella trappola.

“E’ da un po’ di tempo che ti vedo giù di morale. Non riesco a capire perché…voglio dire, anche Mr. Knightley…sembra così cupo a volte! Dimmi Emma, ti ha fatto qualcosa?”

“No! No, per l’amor del cielo, assolutamente no. Non c’è niente che non vada, come ho già detto…è solo un periodo un po’ cupo, sarà questo cielo scuro che mi rende triste, che vuoi che dica!”

Mrs Weston non insistette oltre e il discorso si spostò sui piani natalizi. Ma quando Anne Weston risalì sulla sua carrozza non era affatto più tranquilla di quando era arrivata ad Hartfield. Anzi, semmai le sue preoccupazioni erano aumentate: non era da Emma nasconderle qualcosa.
 


George Knightley aveva passato tutta la giornata a Donwell, il che stava diventando ormai un’abitudine. D’altra parte la tenuta aveva bisogno di molto lavoro e di una gestione ineccepibile…

L’unica parte poco gradevole di essere un membro tanto attivo e importante della propria comunità erano le ore che doveva passare in compagnia di Mr Elton. Quell’uomo era insopportabile, untuoso con i suoi superiori quanto arrogante con i più deboli, e l’influenza di quella serpe della moglie non l’aveva certo migliorato, anzi. Mrs. Elton diventava sempre più acida con il passare degli anni, e la nascita del loro primo figlio, un maschio, non aveva fatto altro che aumentare la sua opinione di sé. Adesso la donna non aveva soltanto sé stessa da elogiare, o il suo magnifico Mr. E., ma anche il loro bambino, che secondo lei era in assoluto il più straordinario che fosse mai venuto alla luce. George Knightley sperava solo che il bambino, crescendo, acquistasse miracolosamente un po’ di buon senso al di fuori della cerchia familiare. Erano dunque almeno due ore che Mr. Elton blaterava a proposito di qualche cosa (santo Cielo non riusciva neanche a ricordarsi che cosa) quando improvvisamente la porta si spalancò lasciando entrare l’adorabile Mrs. Elton accompagnata da una emerita sconosciuta.

“Caro Mr. E. perdonami l’intrusione ma non potevo assolutamente aspettare! Eccoci qui, e guardate tutti chi è arrivata! Mia cugina Catherine Mavery!”

La ragazza fece un breve inchino. Era alta, bruna e con grandi occhi castani: una vera bellezza. Gli uomini si apprestarono a fare accomodare le due nuove arrivate.

“Vi fermerete molto qui, miss Mavery?” chiese educatamente Mr. Weston, sempre pronto a mostrarsi cortese a tutti i nuovi arrivati.

“Oh, non credo, Mr. Weston. In realtà la mia sarà una visita limitata al periodo natalizio.” Rispose lei con una voce bassa e delicata.

“Ma non poteva assolutamente evitare di venire a trovare la sua cuginetta preferita, vero? Ah, cara, sapessi quante cose ti farò vedere qui intorno! Non è certo come a Maple Grove, ma sono sicura che ti abituerai anche a questa vita di campagna! Sai, noi del posto abbiamo esperienza, e ti mostreremo tutto ciò che devi sapere per adattarti al meglio…”

Mr. Elton annuiva energicamente ad ogni parola della moglie, e Mr. Knightley rischiò di non riuscire a trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo. Era una scena rivoltante. Ad ogni modo cercò di intrattenere la nuova ospite, che gli sembrava una ragazza a modo. D’altra parte non era colpa sua se sua cugina era…beh, era a suo modo.
 
Quella sera, quando Mr. Knightley tornò a casa, trovò sua moglie già a letto. Era dovuto rimanere a cena dagli Elton e tutto sommato, grazie alla presenza di quella nuova arrivata tanto simpatica e intelligente, le ore erano trascorse piacevolmente. Emma era voltata verso l’esterno del letto, già addormentata. Lui esalò l’ultimo pesante sospiro della giornata e poi si voltò anche lui, stanchissimo, addormentandosi quasi immediatamente. Al buio non si era accorto delle lacrime che rigavano il volto della moglie, né sentì durante la notte i singhiozzi che la scuotevano mentre si andava a rifugiare in salotto, leggendo un libro, dove tutti l’avrebbero trovata la mattina seguente. Apparentemente tranquilla, serena. Fingendo ancora una volta che tutto andasse bene. 
  
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