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Autore: jeanny991    23/05/2014    1 recensioni
Selene ha conosciuto il significato della parola schizofrenia all’età di sette anni. Ovviamente non il significato clinico del termine, di quello ne è venuta a conoscenza al primo anno di liceo studiando psicologia. A sette anni, Selene ha potuto osservare i sintomi della malattia dal comportamento della zia materna. Donna che, a quel tempo poteva essere definita bella, corpo formoso, pelle chiara, occhi e capelli scuri. Proprio dagli occhi, Selene ha imparato a riconoscere che la sua adorata zia era schizofrenica. Occhi persi, nel mondo fittizio dove Diana, così si chiamava sua zia, era una principessa.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Selene ha conosciuto il significato della parola schizofrenia all’età di sette anni. Ovviamente non il significato clinico del termine, di quello ne è venuta a conoscenza al primo anno di liceo studiando psicologia. A sette anni, Selene ha potuto osservare i sintomi della malattia dal comportamento della zia materna. Donna che, a quel tempo poteva essere definita bella, corpo formoso, pelle chiara, occhi e capelli scuri. Proprio dagli occhi, Selene ha imparato a riconoscere che la sua adorata zia era schizofrenica. Occhi persi, nel mondo fittizio dove Diana, così si chiamava sua zia, era una principessa.

 Inizialmente Selene, quando sentiva parlare la zia di quel mondo, pensava stesse giocando come lei faceva con le sue bambole. Quindi le piaceva ascoltare i racconti di Diana. Tra le due c’era un rapporto speciale, Diana si era sempre occupata di Selene, l’aveva sempre ricoperta di attenzioni e doni. Era una zia bonaria e pacioccona, Selene era solita chiamarla zia palla. Le voleva bene. Amava andare a casa di zia Diana e di nonna Luisa. Però poi era emersa la malattia. Selene non seppe con precisione quando cominciarono a manifestarsi le prime anomalie, forse quando morì il padre di Diana, padre-padrone, nei confronti del quale la donna non era mai riuscita a ribellarsi, forse quando iniziò ad avere problemi sul posto di lavoro, finendo per essere licenziata. Sta di fatto che la zia palla, oltre che raccontare quelle strane storie sull’essere una principessa, cominciò ad essere aggressiva nei confronti della madre e della sorella maggiore. Selene assistette ad una vera e propria metamorfosi che culminò con un litigio violento, nel quale la zia Diana, prima iniziò a picchiare sua sorella, la madre di Selene, allora il padre di Selene, intervenne per difendere la moglie e si ritrovò con le nocche sbucciate e la camicia strappata.

Selene non riuscì mai a dimenticare quella scena. Da quel momento l’amore che nutriva per la zia si trasformò in ostilità. Nonna Luisa e la madre di Selene si interessarono per mettere in cura Diana. Tuttavia Luisa non fu mai abbastanza forte da riconoscere la malattia della figlia e invece di obbligarla ad una terapia intensiva, accettò che Diana si limitasse a prendere delle pastiglie che per qualche anno riuscirono a sedare la situazione. A Selene, il peggio sembrava passato. Si sbagliava invece.
Durante la prima media Selene assistette nuovamente al ritorno della pazzia in zia Diana. In una forma molto più acuta e violenta. Oltre alle allucinazioni visive, Diana iniziò ad avvertire le voci. Essendo ancora piccola per provvedere a se stessa Selene passava molto tempo in compagnia di nonna Luisa e zia Diana. Nei momenti in cui quest’ultima era sola, Selene poteva avvertire chiaramente la sua voce. Chissà con chi parla si domandava la ragazzina, pensando ad una conversazione telefonica. Così si affacciava allo stipite della porta e si rendeva conto che la zia non stava telefonando. Parlava da sola. Per Selene, il periodo delle medie fu difficile, veniva presa in giro da compagni per i suoi voti scarsi e il suo aspetto fisico trascurato. Selene avrebbe tanto voluto gridare ai suoi compagni la sua situazione con la zia, urlare quanto stesse soffrendo, che almeno a scuola avesse un po’ di tregua ma la sua timidezza lo impediva. Dunque tornava a casa, in presenza di quella zia pazza che almeno un giorno alla settimana combinava guai fuori, insultando persone a caso, facendo debiti, sputando a chi le rivolgeva una semplice occhiata. Selene non si sentiva protetta né dalla nonna, né dai suoi genitori. Perché la costringevano a stare in presenza di Diana? Perché non c’è nessun altro che ti possa guardare, le rispondeva sua madre. Neanche per quest’ultima le cose erano semplici perché da sola cercava di far mettere in cura la sorella. Selene si sentiva in dovere di dare una mano, quindi subiva i deliri della zia. Perché soltanto con la nipote, Diana tendeva ad aprirsi e la madre di Selene si nascondeva dietro la porta per poter ascoltare e riferire ai medici. Ma quelle storie diventavano sempre peggiori, esprimevano odio e vendetta verso tutti. Selene, fingeva di ascoltare cercando, in realtà, di estraniarsi il più possibile dalla situazione.
Poi accadde di nuovo l’esplosione. All’epoca Selene faceva la seconda media e quel giorno stava facendo i compiti in camera sua. Sua madre, sua nonna e sua zia erano in salone. Nonna e zia se ne sarebbero andate a momenti però la madre di Selene si era messa a chiacchierare del più e del meno con nonna Luisa. Ad un certo punto, Selene avvertì chiaramente zia Diana alzare la voce in maniera spropositata e accusare le altre due donne di aver parlato male di suo padre, il suo adorato padre-padrone. Da quel momento scoppiò il finimondo. Diana aggredì la madre di Selene e le due iniziarono a picchiarsi. Nonna Luisa e Selene cercarono di fermarle. Niente. Diana sembrava irrefrenabile. Con molto sforzo, la madre di Selene riuscì a sbatterla fuori di casa, guadagnandosi due squarci sulla guancia e sul collo. L’apice della violenza di una persona schizofrenica era stato nuovamente raggiunto. Dopo quella sera la madre di Selene fu costretta a fare irruzione con lo psichiatra a casa di Diana e ad obbligarla ad una terapia intensiva di iniezioni mensili. I primi tempi era dura perché Diana non riconosceva il suo male e rifiutava qualsiasi tipo di aiuto. Selene, spesso doveva andare dalla vicina di casa, perché sua madre finalmente aveva capito che sua figlia non poteva stare a contatto con una persona schizofrenica. Selene, dal canto suo, si sentiva sollevata, allo stesso tempo aveva paura che quella zia, un tempo tanto amata, potesse riprodurre nuovamente quella violenza. Sviluppò una sorta di odio nei suoi confronti, sentendosi contemporaneamente in colpa poiché consapevole che zia Diana non era cattiva ma malata.
Poi la situazione si tranquillizzò nuovamente, la cura fece effetto e Diana tornò ad essere relativamente normale. Non riconosceva la propria infermità e odiava lo psichiatra che la curava. A parte quello non era più in grado di compiere azioni aggressive, anche perché il suo fisico era mutato. Le cure, avevano prodotto gonfiore e rallentato i suoi movimenti. Era innocua. Eppure Selene non riusciva a smettere di odiarla. Nei momenti, nei quali stavano insieme, la irritava averla nelle vicinanze, sentirla parlare, vedere come i suoi occhi si illuminavano quando la andava a trovare. Per questo Selene si sentiva sempre più colpevole. Che diritto aveva di maltrattare una donna già bistrattata da una vita piena di dolore?
Selene scelse la scuola di psicologia proprio perché voleva capire i meccanismi che erano alla base di malattie come la schizofrenia. Voleva diventare psicologa per aiutare persone come sua zia o i famigliari che, come lei, avevano assistito all’evoluzione della malattia. Per questo si impegnò anima e corpo nello studio. Pensava che solo così si sarebbe potuta liberare dei fantasmi che la perseguitavano e che avevano generato assurde fobie. Quando le cose per la ragazza sembravano finalmente aver preso il verso giusto, ecco che Diana ebbe nuovamente una ricaduta.
Selene era in terza superiore, voti alti e necessità di primeggiare nello studio per costruirsi quell’autostima che negli anni delle medie era andata in pezzi. In quel periodo la nonna Luisa, con la quale viveva zia Diana, era in un centro riabilitazione per anziani poiché si era rotta il femore. Diana viveva sola. Da qualche tempo, lo psichiatra aveva accordato alla donna di curarsi con le pastiglie fidandosi che le avrebbe assunte con regolarità. Con l’assenza della nonna Selene aveva notato che lo sguardo della zia si era fatto nuovamente cupo. Tuttavia, nessuno vi aveva dato peso.
Un week-end Selene fu costretta a dormire a casa della zia, perché vi erano degli ospiti a casa sua. Ed ecco che ricominciò l’incubo. Il sospetto divenne realtà. Selene vide l’inquietudine nel comportamento di Diana, il suo dormire poco, il suo chiamare in continuazione degli amici e raccontare cose spregevoli sulla sorella e sul cognato. Selene cercava di non darle peso, ripromettendosi che avrebbe riferito tutto a casa il giorno successivo. Ma nell'attimo in cui la cattiveria nelle parole di Diana raggiunse il massimo grado nei confronti del padre e della madre, Selene non riuscì più a trattenersi. Quell’odio che covava per tutta la violenza a cui aveva assistito nel passato, prese il sopravvento. Si scagliò contro quella che un tempo chiamava affettuosamente la zia palla. Le prese il telefono dalle mani e lo scaraventò lontano. La placcò e le urlò contro di smetterla di dire quelle cose altrimenti l’avrebbe ammazzata. E l’impulso c’era. Spesso si era immaginata come la sua vita e quella della sua famiglia sarebbe stata molto più lieta senza quel fardello di una donna disoccupata, affetta da schizofrenia paranoide non guaribile, semplicemente sedabile, che alla morte di nonna Luisa sarebbe gravato sulle spalle di tutti. Riuscì in qualche modo a ricacciare quell’impulso distruttivo e obbligò zia Diana ad assumere l’unica pillola della cura che da un mese a quella parte avrebbe dovuto attuare costantemente.
Dopo quell’episodio Selene si rese conto che il demone della schizofrenia non avrebbe mai smesso di perseguitarla neanche se fosse diventata la più brava psicologa del mondo. Diana ritornò ad essere curata con le iniezioni e controllata perché si presentasse alle visite.
Oggi Diana continua a seguire la terapia ed essendo ormai una donna vicina alla vecchiaia accusa anche qualche segno di demenza. Però la sua vita si può definire quasi normale. Inoltre con somma gioia dei suoi famigliari le è stata riconosciuta la pensione di invalidità che le consentirà di vivere senza pesare troppo sulla famiglia della sorella. Per quanto riguarda Selene, ha deciso di non intraprendere carriera di psicologa perché si è resa conto che era proprio questa sua volontà a tenerla legata al passato. Selene ha capito che il vero modo per liberarsi dai suoi fantasmi è compiere un proprio cammino dove le scelte sono dettate solo dai propri interessi e dalle proprie passioni. Dopotutto la vita va vissuta guardando al futuro e se proprio si vuole pensare al passato allora è meglio ricordare i bei momenti ed essere consapevoli che quelli brutti, per quanto dolorosi siano stati, ci possono aver rafforzato trasformandoci nelle persone che siamo e che saremo per gli altri.
  
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