The rise of the Queen
-Capitolo 1-
Dopo la tempesta che aveva scosso il pianeta era finalmente
giunto il tempo della pace.
Gli anni erano trascorsi, lentamente in alcuni casi, in altri, al contrario,
molto più rapidi del vento che scuoteva le cime degli alberi quel giorno.
Lei stava lì.
Lunghi capelli argentei e occhi azzurri come il cielo senza nuvole, questi
ultimi erano però spenti, privi di vita ma la realtà era che non potevano
percepire più la bellezza nelle piccole cose che la circondavano.
Facendo leva con le braccia si rialzò dal soffice manto erboso sul quale si
trovava stesa, una mano l’aiutava, solo successivamente, a liberarsi di parte
dello sporco che si era depositato sul lungo vestito bianco con finiture in
oro. Oro come la mezzaluna sulla fronte.
« Molto bene … Sembra che sia arrivata. »
Finalmente si rialzava e anche se non poteva vedere sentiva su di se diversi
sguardi, passanti che la scrutavano con curiosità e sospetto nello stesso tempo
e dalle sue labbra rosee sfuggì chiaramente un sospiro.
Era per evitare situazioni del genere che aveva scelto di tornare in un parco.
Una mano era salita alla nuca nel frattempo, il palmo sfregava leggero contro i
lunghi capelli sciolti mentre un’espressione dubbiosa e perplessa si stampava
sul volto disturbandone i lineamenti delicati.
« Dove diavolo è il mio bastone? Ma soprattutto … Dov’è finita la mia guardia
del corpo? »
La situazione era alquanto imbarazzante.
Era partita per quel viaggio con un obbiettivo ben specifico nella mente: la
sua missione. Non poteva farsi rallentare da queste piccole inezie.
Il suo problema? Senza bastone non era in grado di “vedere”. Sebbene la sua
vista fosse compromessa da tempo, quell’oggetto speciale rappresentava la sola
finestra che aveva per interagire come una persona normale.
“Devo sbrigarmi … Non ho tanto tempo a disposizione.”
Stare ferma impalata in mezzo al prato attirando l’attenzione dei passanti non
era un buon modo per cominciare, un passo avanti all’altro e cercava di
concentrarsi sulle sensazioni attorno a se per evitare il piccolo rialzo dal
terreno alla strada che fungeva da passeggiata.
La mattina era splendida e sentiva i caldi raggi del sole carezzare la sua
pelle mentre deboli sprazzi di vento scompigliavano la lunga chioma argentea.
L’atmosfera sulla Terra sembrava così gradevole e capiva come facevano molti
esseri umani a vivere senza preoccupazioni, ignorando i pericoli in cui si
trovavano e andare avanti ancora per superare gli ostacoli ricostruendo su di
essi. Ma lei sapeva che gli esseri umani erano l’antitesi del pacifismo.
Ogni volta non facevano che ripetere lo stesso errore: creavano distruzione e
alimentavano il loro stesso odio reciproco.
Non li capiva.
Stava passeggiando costeggiando un lago, almeno dall’odore di acqua un poco
stagnata e dal rumore della superficie increspata dal vento, seguiva la riva
costeggiando la balaustra che separava la terra dall’acqua mentre faceva mente
locale su dove potesse trovarsi e come arrivare alla sua destinazione.
“Non posso aver sbagliato così malamente le coordinate” pensò con una punta di
preoccupazione, “non è da me. Sono sicura di non essere troppo lontana”.
A quel punto si fermò riflettendo ancora su quanto accaduto, quando qualcuno la
urtò alle spalle spingendola in avanti con il corpo e rischiando di fare una
brutta caduta. Sarebbe stato così, se non avesse avuto la prontezza di
aggrapparsi alla balaustra con le mani e girare il busto in direzione del lago,
ma questa fortuna, purtroppo, non toccò alla persona che era arrivata come un
fulmine contro di lei. Un tonfo a terra e un lamento di dolore seguirono quella
scena buffa sotto certi aspetti, si girò in direzione della voce mentre una
giovane donna, lunghi capelli biondi raccolti in due codini sopra la nuca, si
metteva seduta trattenendo il ginocchio contro il petto e guardando la zona
ferita farsi più scura.
« Si è fatta molto male signorina? »
« Sì e no … Mi sono solo sbucciata un poco il ginocchio. »
Aggiunse la bionda cercando di mascherare come poteva il fastidio causato dal
bruciore della ferita, alzando un poco lo sguardo verso la donna dai capelli
argentei si accorse, finalmente, del fatto che quest’ultima non poteva vederla.
Il braccio di quest’ultima si era teso un po’ troppo in alto rispetto a lei ma
comunque, apprezzando il gesto, la bionda strinse la presa e si rimise in piedi
avvertendo un forte bruciore in prossimità della ferita.
« C’è forse una panchina vicino? » domandò la donna dai capelli argentei mentre
la bionda annuiva con un cenno di assenso, accompagnandola e facendosi
accompagnare verso di essa per potersi sedere.
« Mi dispiace » esordì la bionda con un tono sinceramente rammaricato nella
voce, « ho un appuntamento con il mio fidanzato ed ero in ritardo, per questo
stavo correndo senza guardare davvero dove mettevo i piedi. Sono proprio una pasticciona.
»
Una volta che la bionda si fu accomodata sulla panchina, sospirando di
sollievo, si accorse che l’altra stava sfiorando con le mani i lineamenti del
suo volto.
Sobbalzò imbarazzata da tanta vicinanza, colpita dai lineamenti così delicati e
affascinanti dell’altra spostava costantemente lo sguardo.
« Ehm … Ecco … Che sta facendo? » chiese a quel punto.
« Cerco di capire che aspetto hai … »
Si limitò a rispondere prima di spostarsi completamente sulla ferita della
bionda accennando un sorriso e poggiando il palmo della mano destra sopra, le
palpebre si abbassavano e una luce dalle sfumature d’oro e d’argento fuoriuscì
dagli spazi fra le dita.
Quando ritrasse la mano la ferita non era scomparsa, cosa strana agli occhi
della giovane ancora sconcertata per quanto aveva visto, si era semplicemente
cicatrizzata e sarebbe guarita completamente da sola nel giro di qualche
giorno.
« Qual è il tuo nome? »
Ormai erano arrivate a quel punto e un minimo di conoscenza era d’obbligo.
Questo, almeno, era il pensiero della misteriosa ragazza a riguardo.
« U-Usagi Tsukino … » rispose la biondina senza nascondere un po’ di sorpresa
nella voce. Tutto era accaduto troppo in fretta perché la sua mente potesse
elaborarlo e guardando il viso sorridente della sua misteriosa benefattrice non
sapeva cosa pensare, poteva essere un nemico oppure, forse più probabile,
qualcuno venuto dal futuro come lo era stato tempo prima per la sua futura figlia.
Una cosa la sapeva: non era un nemico. Lo sentiva.
« “Coniglio della luna”, eh? Un nome davvero particolare e suggestivo. »
Avrebbe volentieri riso pensando a quella felice coincidenza. Ma non era una
coincidenza, dopotutto: le coincidenze non esistevano sulla Terra come da
nessun’altra parte della galassia.
« Io sono … »
Usagi la guardava con crescente curiosità studiando con lo sguardo più attento
ogni parte dei suoi lineamenti quando un rumore lontano, come un’esplosione,
colse entrambe di sorpresa spostando lo sguardo verso l’entrata del parco.
Qualcuno gridava aiuto, Usagi avvertì chiaramente una forte energia oscura
arrivare nella sua direzione e se aguzzava un po’ la vista poteva chiaramente
scorgere una sfera scura, carica di malignità.
Avanzava con velocità nella loro direzione e il suo pensiero fu rapido: Mamoru
avrebbe aspettato, doveva prima occuparsi di quella faccenda.
Una mano si chiuse attorno al suo polso trattenendola, erano dita affusolate e
molto delicate eppure molto forti.
I suoi occhi celesti incontrarono delle iridi gemelle, la donna scosse il capo
e si rialzò in piedi sistemandosi nel centro della strada.
« Non occorre che sia tu a farlo, Usagi Tsukino. »
Le sorprese quel giorno sembravano non finire. Avrebbe voluto chiederle come
faceva a sapere le sue intenzioni, come poteva lei, un’estranea, essere al
corrente di chi era lei in realtà.
Il braccio era teso e due dita della mano, l’indice e il medio, perfettamente
allineate tra di loro mentre cominciava ad alzarsi il vento.
L’aria attorno a loro sembrava farsi sempre più “elettrica” man mano che la
sfera oscura avanzava verso di loro, un ghigno deformò gli angoli delle labbra
della donna misteriosa deturpando i lineamenti delicati, fu allora che il vento
attorno a loro scostò le ciocche argentee sulla nuca rivelando il simbolo degli
abitanti del regno della Luna.
Usagi non poteva essere più sorpresa di così, anche più di prima.
« Ma quello è … ! »
Dalla punta delle dita della donna si formò una piccola sfera argentea avvolta
da quelle che sembravano scariche elettriche.
« Catena della luna … »
La piccola sfera esplose in un lampo di luce che costrinse anche Usagi a
coprirsi gli occhi, quando tornò a guardare davanti ai suoi occhi, sospesa in
aria e volteggiando attorno alla mano della donna c’era davvero una catena
luminosa.
« Avvolgi e purifica! »
Il braccio si piegava all’indietro mentre eseguiva il gesto di lanciare
qualcosa, ricordandole moltissimo la sua tiara (o diadema), la catena
accompagnava il suo movimento e quando il braccio si stendeva nuovamente in
avanti con uno scatto la catena si allontanò da lei per andare ad avvolgere,
muovendosi come un serpente, la sfera oscura al cui contatto emise dei versi
simili ad unghie contro la lavagna delle aule.
Uno stridio che perforava l’aria e faceva accapponare la pelle. Non aveva mai
sentito un suono simile, pensò Usagi mentre si copriva le orecchie per cercare
di attutire quel rumore fastidioso, la coda dell’occhio osservava ancora una
volta la donna misteriosa chiedendosi chi fosse in realtà e per quale motivo
aveva sulla fronte il segno della famiglia reale.
« Usako! »
La voce profonda e preoccupata di un uomo si aggiunse a quella delle due
ragazze, le uniche rimaste nella zona dopo l’attacco dato che tutti, ormai, si
erano allontanati impauriti o spaventati. La donna ignorò completamente la voce
dell’uomo, al momento non era un suo interesse ma lo stesso non poteva dirsi
per Usagi che, soltanto sentendola, avvertì il proprio cuore mancare un battito
correndo nella direzione dove trovò lui. Il suo fidanzato e compagno per la
vita.
« Stai bene? Non sei ferita? » domandò il ragazzo con evidente preoccupazione,
lo sguardo passava dalla sconosciuta e quella sfera oscura, la cosa che aveva
fatto accelerare la sua corsa, e la sua
fidanzata ora al sicuro nel suo abbraccio. Usagi sfoggiò un sorriso delicato,
dolce e si alzò sulle punte per scoccare un bacio sulla guancia del ragazzo.
« Nulla di grave, sono solo caduta a terra e quella ragazza mi ha aiuto e … »
e cosa?
Non sapeva niente di quella persona. Nulla. Eccezion fatta per …
« Mamo – chan, quella donna possiede il simbolo della famiglia reale del regno
della Luna. »
« Che cosa?! »
Era completamente inutile cercare di nascondere lo sconcerto che quella
rivelazione gli provocava. I suoi occhi profondi occhi blu si fissarono a
guardare colei che aveva protetto la sua fidanzata, soffermandosi sui capelli
argenti che ricadevano delicati lungo la schiena.
L’aveva già incontrata? Non sapeva spiegarlo, ma non era estraneo a quella sensazione
di familiarità e sentiva che poteva fidarsi di lei.
La stessa cosa che provava anche Usagi.
Nel frattempo la donna si era mossa in avanti seguendo gli spasmi rumorosi di
quella creatura, gli occhi ciechi fissi su di un punto non definito e la voce
chiara e cristallina che si perdeva nell’aria, ora più quieta.
« Hai qualcosa da dire prima che la fine sopraggiunga? »
Il tono della sua voce aveva un qualcosa di regale e di autoritario, qualcosa
molto simile ad una risata provenì dalla creatura prima che la catena ultimasse
di purificarlo restringendolo sempre di più, sempre di più fino a che non
sarebbe scomparso del tutto.
“Impediremo alla Regina di ascendere al
suo trono. Non potete fermarci … Preparatevi a soffrire”.
Era una voce metallica e graffiante come quel monito appena pronunciato,
l’espressione sul viso di lei si fece immediatamente più dura e severa mentre
la sfera oscura, quella misteriosa creatura, svaniva completamente lasciando
solo il silenzio interrotto solo dal rumore del vento.
Fu Mamoru il primo ad avvicinarsi alla donna, accompagnato da Usagi che
rimaneva qualche passo dietro a lui osservandola anch’ella, sempre più curiosa
di sapere la verità su quello che era accaduto poco fa.
Cos’era quella creatura? Per quale motivo era apparsa ora?
Dopo la lunga ed estenuante battaglia contro Galaxia, la più potente guerriera
Sailor, era convinta non ci sarebbero più state altre battaglie di grande
rilievo che richiedessero l’intervento di Sailor Moon. Gli anni erano trascorsi
nella quiete più totale e nella pace conquistata con fatica.
« Non tergiverserò molto: chi sei tu in realtà? » domandò diretto Mamoru mentre
Usagi lo prendeva sottobraccio una mano si posava su quella piccola di lei,
stringendo la presa e preparandosi a qualsiasi tipo di reazione da parte della
misteriosa figura.
La donna si voltò senza guardare loro direttamente, come aveva fatto con quella
strana creatura infernale, fissandosi solo di un punto nel quale avvertiva le
loro voci.
« Questa voce … Ora ne sono davvero sicura purtroppo i secoli non sono stati
clementi con me, vorrete perdonarmi, principe Endymion, se ancora non mi sono
presentata davanti alla principessa ma non c’è stato tempo di farlo. »
La mano destra da un lato e la sinistra dall’altro si rilassarono sui fianchi
mentre le dita afferravano un lembo di vestito bianco a testa, alzandolo un
poco, quanto bastava, accompagnando il movimento piegandosi appena con il busto
per un inchino piuttosto formale e vecchio stile.
« Non possiedo un vero nome che posso comunicarvi, alcuni, tuttavia, tendono a
chiamarmi Argenta e se lo desiderate potete chiamarmi in questo modo. »
Argenta.
Un nome perfetto, pensò Usagi osservando i lunghi capelli di lei del colore
della luna, sebbene quello che sapevano ora non rappresentava che una piccola
parte della montagna di spiegazioni che desideravano sia lei che Mamoru.
Le sue labbra si mossero per poter porre la sua prossima domanda, ma …
« Argenta! Finalmente vi ho trovato! »
Una voce mascolina ma dal timbro chiaramente femminile interruppe nuovamente
quel momento. Usagi spostò nuovamente la sua attenzione oltre la spalla di Argenta,
giratasi anche lei con un’espressione scontenta in viso e rabbia che
fiammeggiava negli occhi azzurri.
« Che guardia del corpo inutile … ! » commentò stizzita mentre la figura si
avvicinava.
Lunghi capelli scuri trattenuti in una coda bassa, vestiti semplici e occhiali
scuri e un fisico piuttosto androgino nonostante le fattezze femminili.
Gli occhi di Usagi si spalancarono ancora in quel pomeriggio pieno di sorprese,
sentiva quasi le lacrime pizzicare ai bordi degli occhi questa volta, felice
come poche volte, riconoscendo senza problemi la seconda figura che si era
avvicinata.
« Seiya! » esclamò entusiasta mentre lasciava la presa da Mamoru per correre da
lei.
Seiya. Seiya era tornata.
Salve a tutti!
Non ci conosciamo, vero, ma ammetto che questa non è la prima storia che
scrivo: è la prima dopo tanti, tanti anni.
Sembro vecchia, vero? Ahahaha!
Sappiate che è normale che abbia un ritmo incalzante (non mi piace dilungarmi
dove non serve) e spero che l’idea, seppure non ancora chiara, possa stuzzicare
la vostra fantasia.
Attendo il vostro parere ~