Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Chico chan 95    23/05/2014    0 recensioni
John non ha più niente dopo Sherlock, vive solo perché gli viene impedito di togliersi la vita. Ad un appuntamento incontra una persona speciale, ma se la sua prima persona speciale non fosse d'accordo? É stata scritta prima della terza stagione quindi ignoratela, forse si troverà qualche riferimento nei capitoli successivi ma in generale si allontanerà. Buona lettura...
Genere: Angst, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il vento mi sferzava violentemente il volto, le lacrime mi impedivano di scrutare nitidamente in basso, un passo e tutto sarebbe finito, lo avrei raggiunto e il dolore si sarebbe finalmente placato, non lo avrei più lasciato. Eppure qualcuno dall’alto e non mi riferivo a Dio, ma a una persona con un potere più materiale e terreno non desiderava la mia prematura fine. Avevo appunto tentato molte volte il suicidio e al momento decisivo venivo sempre raggiunto, fermato e riportato nell’appartamento dove sopravvivevo dopo lui dagli agenti governativi . Quasi non mi arrabbiavo più per la sua intrusione, cercava di tenermi al sicuro ma non avevo bisogno di lui, il mio era solo un bisogno disperato di Sherlock e nessuno pareva comprendermi a pieno. Persino in quel momento tutto mi sembrava così distante e malgrado Mycroft mi stesse davanti non riuscivo ad inquadrarlo bene, il mio sguardo vagava perso nel vuoto e senza nemmeno rendermene conto sprofondai nel sonno.
Mi trovavo di nuovo sopra l’ospedale, Sherlock mi guardava, sembrava sorpreso di vedermi e io ero troppo scioccato, mai fantasia era stata più reale di quella a cui stavo assistendo in quel momento. << Sherlock perché? Perché mi hai lasciato? Perché mi hai fatto questo? Eri il mio migliore amico, ho ucciso per te e l’avrei rifatto altre mille volte non considerando le conseguenze nemmeno una volta sola. Perché mi hai volontariamente distrutto? Moriarty alla fine ci è riuscito solo con la persona sbagliata pero’, ha bruciato a me il cuore.» E piansi senza ritegno alla fine era solo un incubo terribile e lui si buttò, come se la mia vista in quello stato pietoso fosse insopportabile.
Il giorno dopo quando mi risvegliai in un bagno di urina non mi sorpresi molto, erano tre anni che puntualmente mi svegliavo in uno stato così pietoso e poco dignitoso per via degli incubi che diventavano sempre più frequenti e orribili. Anche se non li ricordavo mai molto bene, le poche immagini che mi rimanevano impresse erano più che sufficienti per farmi entrare in panico. Questa volta non mi ricordavo proprio nulla, ma dallo stato in cui mi trovavo doveva essere stato sulla caduta, quindi sospirando mi alzai zoppicante e con poche consuete mosse eliminai le prove del mio misfatto e cambiai il letto. Zoppicando e gemendo per il dolore persistente mi diressi verso il bagno, lasciando il pigiama e i boxer per terra e mi gettai sotto il getto dell’acqua all’inizio ghiacciata poi sempre più bollente. Se chiudevo gli occhi e mi concentravo riuscivo ancora a sentire i suoi passi concitati, la sua parlantina fluida e veloce mentre chiariva fatti e deduzioni incomprensibili per un essere umano dotato di intelligenza media, mi sembrava che la sua presenza infestasse l’abitazione anche se non era assolutamente Baker Street. Mi mancava casa, mi mancava lui, il calore, la gioia, l'adrenalina e la mia vita e mai sarebbe tornata.
Mi vestii con estrema lentezza dopo essermi lavato accuratamente, privo di qualsiasi voglia e vitalitá, e osservai l'appartamento dove sopravvivevo, vuoto di un mio oggetto personale che mi riportasse alla mente un ricordo, una speranza, vuoto come la mia vita. Lo lasciai, era ora della mia visita settimanale e il cimitero era dannatamente lontano. Presi la metro e non feci nemmeno in tempo ad accomodarmi, che la mia fermata era giunta. Con passo da condannato, scesi ed attraversi il lungo viale alberato che precedeva il camposanto. Era pieno di alberi in fiore, mille colori decoravano i rami e le foglie, ogni albero era vita pura, il profumo inebriante e intossicante dei fiori si infilava in ogni interstizio possibile, eppure tutto appariva grigio, monotono e inodore. Non mi resi nemeno conto di essere arrivato alla fine del mio percorso, a quel cancello cigolante che segnava la fine della terra per i vivi e l'entrata nel mondo dell'oltretomba, fino a quando non lo sentii, cigolare e vidi una figura scura ed agile entrare con un' eleganza inaudita. Mi dimenticai subito della sua presenza ed entrai zoppicando fino alla zona piú isolata e tranquilla dove era stato sepolto. Scelta di Mycroft che considerando il carattere di Sherlock gli calzava a pennello un'idea del genere. La lapide appariva pulita come se fosse stata di recente visitata e i fiori freschi la adornavano completamente, ornamenti inutili testimoni di un affetto che la persona in questione avrebbe certamente rifiutato. Nello spazio circostante era posata una teiera, la nostra teiera con alcune crepe che non la rendevano brutta solo con piú esperienza, un pacchetto di sigarette, il suo preferito ma soprattutto l'ultimo che gli sequestrai e il teschio, silenzioso testimone della nostra vita precedente. Meravigliosi doni di Mrs Hudson anche se la paternitá delle sigarette era attribuibile anche a Lestrade se pensavo alla loro passione comune.
Chiunque alla vista di quell'affetto si sarebbe leggermente commosso, ma io li osservai freddo poiché di certo quei doni non l'avrebbero riportato in vita, cosí come non mi avrebbero aiutato a vivere di nuovo, respirare, far scorrere adrenalina nelle vene per sentirmi vivo. Guardai la terra scura e dura ricoperta da appena uno strato sottile di erba, che emetteva giá un odore di fresco e intossicante. Mi avvicinai ancora di piú, ogni passo era una conquista e la resa si ebbe quando riuscí ad inginocchiarmi e scoccai un bacio rapido e leggero sulla lapide a livello delle lettere dorate, lasciando scivolare la sua bustina di thé preferito. Puntualmente questa spariva e passato lo sconcerto e la rabbia iniziale, mi faceva sentire sempre una sensazione di fugace benessere, forse era anche per questo che continuavo a farlo.
Non avevo voglia di rialzarmi piú, con la sua lapide vicino per quanto macabro il pensiero potesse essere mi sentivo piú leggero, avrei voluto parlare un po' con lui, o forse meglio di no, mi avrebbe riempito solo la testa di affermazioni e rimproveri per il mio eccessivo sentimentalismo, ma poco mi importava , avevo sempre saputo che il mio sincero attaccamento non gli aveva mai dato veramente fastidio, forse solo un po' di disagio e imbarazzo inizialmente ma con il tempo questo era sparito per lasciare spazio al piacere. Baciai nuovamente la lapide leggero, non avevo mai donato un contatto cosí fugace, breve ma estremamente significativo, come non era stata mai sin dall'inizio la sua presenza, costante e pressante, dal ruolo fondamentale. Lo ammettevo, lui mi aveva profondamente rivoluzionato e quel misero contatto ne era la prova.
Sentendomi quasi preparato ad affrontare le avversitá che mi aspettavo, mi alzai e con esso anche il mio sguardo e la vidi.Era minuta e il nero la assotigliava ancora di piú, unico punto luce della sua tetra figura i capelli splendidamente biondi in relativo ordine. Non riuscivo a fare a meno di fissarla, sembrava un angelo sceso dal paradiso venuto a salvarmi dalla perdizione del mio inferno personale. Ella accorgendosi del mio sguardo persistente si voltó e da allora fu solo meraviglia: il suo volto perfettamente ovale, la pelle pallida e malaticcia, le occhiaie marcate, le rughe che segnavano delicatamente i suoi tratti, le labbra piene ma secche, il naso delicata eppure tutto quello che riuscivo a vedere era una donna perfetta, i cui occhi esprimevano talmente tanta tristezza che persino uno come me poteva capire. Era una vedova, che andava alla cappella di famiglia del marito dove era stato seppellito, da poco piú di un anno, deducibile dai segni del dolore dell'incuranza ancora troppo chiari e marcati in una donna che avrebbe dovuto ricominciare a vivere.
Solo a quel punto mi accorsi di averla analizzata in ogni dettaglio e da come mi scrutó attentatamente riuscii a comprendere come si fosse sentita:sporca, colpevole di qualche cosa, distrutta nella dignitá per la pietá che alcune volte traspariva involontariamente altre no dagli occhi dell'interlocutore. Entrambi eravamo distrutti, pieni di sensi di colpa, chi per una motivazione chi per un'altra e forse sarebbe stato proprio questo ad unirci in maniera indissolubile e le sorrisi, stanco della vita.
   
 
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