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Autore: melhopes    24/05/2014    0 recensioni
-SEQUEL DI "FOR A LITTLE WHILE"-
Sono passati due anni.
Melania è ormai all'ultimo anno di liceo.
Harry è sempre più incline al vagabondaggio grazie al successo riscosso dalla band.
Lei non l'ha dimenticato.
Hanno avuto il loro "Per un po' ", ma non è bastato.
Cosa accade quando si desidera il "Per sempre"?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(Aprile 2014)
Tornò all’evento di beneficienza dopo aver fatto una leggera colazione alla caffetteria della mattina precedente. Sul posto rincontrò gli Union J e passò del tempo con loro, in attesa uscissero gli accoppiamenti della mattina. Quando vide fosse nel secondo turno, quello destinato a giocare dopo pranzo, si decise a fare qualcosa che non avrebbe mai creduto possibile: parlare con Harry.
 
<< Possiamo parlare? >> nonostante apparisse sorpreso, annuì immediatamente.
 
La seguì in un luogo più appartato e attese parlasse.
 
<< Vorrei dirti solo che mi dispiace per come mi sono comportata in questo periodo. Sono stata cattiva nei tuoi confronti e ne sono dispiaciuta >>
 
Lui sorrise flebile. << Non…non ti preoccupare, anche io ho la mia parte di colpa >> rispose.
 
<< So che non è facile ed è alquanto assurdo ma…possiamo mettere tutto da parte? >>
 
Voleva solo un po’ di pace, un po’ di tregua. Solo per due giorni. Sarebbe bastato. Non riusciva a convivere con l’ansia che le causava averlo affianco.
 
<< Intendi essere amici? >>
Non capì, dalla sua espressione, se ne fosse felice o sorpreso.  << Anche solo una piccola tregua >> si affrettò a precisare.
 
Non pretendeva molto. Il suo viso si oscurò appena.
 
Tacque. << Oh, sì, va bene >> esclamò poi, rendendosi conto lei fosse ancora in attesa.
 
 Gli sorrise, riconoscente. Non aveva capito cosa avesse “accettato” ma ne era contenta ugualmente.
 
<< Grazie >> balbettò timidamente, abbassando lo sguardo.
 
Riusciva sempre a farle lo stesso effetto.
 
<< Oh, figurati >> e dal suo tono le parve fosse allegro.
 
<< Non è detto che dobbiamo essere…beh, amici e parlare ogni volta, ma… >>
 
<< Va tutto bene >>
 
Sorrise di nuovo, stavolta guardandolo.
 
<< Che ne dici di un abbraccio per siglare il tutto? >> propose, allargando le braccia e aspettando una sua reazione.
 
Nonostante il leggero disagio per essere mancata tra quelle braccia da troppo tempo, il suo sorriso la incoraggiò ad avvicinarsi e a stringerlo. Era un po’ tesa e si sentì molto goffa. Lui la strinse a sé, come se non ci fosse un domani. Si sentirono subito come se nulla fosse cambiato. Come se quei venti mesi non li avessero mai divisi. E lei si sentì come se non fosse mai stata stretta da altre braccia.
 
<< Mi sei mancato >> le parole uscirono fuori dalla sua bocca senza alcun controllo.
 
Strinse gli occhi, pentendosi di cosa avesse detto e sperando, inutilmente, non l’avesse sentita.
 
<< Oh, anche tu >> rispose, però, lui mentre affondava la testa nell’incavo della spalla di lei.
 
Trasalì, rilassando le palpebre. Sapeva fosse sincero. L’aveva sentito nella dolce inflessione della sua voce. Non poté trattenersi dal sorridere godendosi a pieno quell’abbraccio desiderando potesse non finire mai.
 
<< Prometti che non mi farai più sentire un mostro? >> scherzò.
 
<< Ti ho già detto che mi dispiace >> commentò, triste.
 
<< Stavo scherzando >> si affrettò a dire, spostandosi in modo tale da guardarla negli occhi.
 
Sapeva ci fosse un pizzico di verità: l’aveva fatto soffrire.
 
<< Sul serio, Mel >> aggiunse con un sorriso radioso, per rafforzare quanto detto in precedenza.
 
 Sussultò. Non solo per la sua bellezza, che riusciva ancora a toglierle il fiato, ma anche per come l’aveva chiamata. Mel. Non la chiamava in quel modo da…non lo ricordava nemmeno.
 
<< Cosa c’è? >> si doveva essere accorto della sua reazione.
 
E come aveva potuto non farlo? L’aveva fatto tra le sue braccia.
 
<< Pensavo all’ultima volta che mi hai chiamata così >>
 
 << Mel? >> si accertò.
 
Annuì rumorosamente.
 
Lui sembrò rifletterci. << E’ passato davvero tanto >> constatò. 
 
<< Sì, lo so >> si staccò del tutto.
 
<< Ti va di fare due passi? Magari mi racconti qualcosa >>
 
<< Dovremmo giocare >>
 
<< C’è tempo >>
 
<< E il pranzo? >>
 
<< Possiamo sempre prendere qualcosa da Nando’s o da qualsiasi altra parte >>
 
<< Come sapremo quando tocca a noi? >>
 
 << Chiederò a Cher di mandarmi un messaggio >> aveva la risposta pronta per tutto. << Altre domande? >> chiese poi sorridendole.
 
La disarmò. Scosse la testa.
 
<< Allora andiamo? >>
 
Esitò.
 
Prima di pranzo avrebbe dovuto sgattaiolare fuori con George per andare al salone e scegliere l’auto. Lui ci teneva tantissimo e lei ne era consapevole. Non voleva lasciarlo da solo quando sapeva la volesse al suo fianco.
 
<< Oh, ma se non vuoi… >> si affrettò.
 
Non riuscì a resistere. Non riuscì a pensare al dover rifiutare Harry.
 
<< No, no. Prendo le mie cose >> e gli lanciò un sorriso a trentadue denti nonostante sapesse a cosa stesse andando in contro.
 
<< Ti aspetto fuori o vuoi che venga con te? >>
 
 << Come preferisci. Devo solo avvertire George >> ammise a denti stretti, sentendosi già in colpa.
 
Avrebbe dovuto correre da lui, vederlo entusiasta e poi riferirgli di avere un impegno più importante; uno che anteponeva a lui e alla promessa fatta.
 
<< Dai, mandagli un messaggio ­>> fece con tono quasi lamentoso, come se non volesse perdere altro tempo.
 
Non riuscì a farsi valere. Sentiva di non poter rifiutare, qualsiasi cosa lui dicesse. Scrollò le spalle decisa a seguire il suo “consiglio”. Entrò nell’altra stanza, recuperò borsa e cappottino e, mentre lasciavano l’edificio, mandò un messaggio a George mentre lui faceva lo stesso con Cher. Sperò che potesse capire. In men che non si dica si ritrovarono nei pressi dell’Hyde Park e decisero di entrare ed attraversarlo per un breve tratto.
 
<< Cos’hai fatto in questi due anni? >>
 
<< Non hai sentito nulla? >> scherzò lei.
 
<< Solo cose che non avrei voluto sentire >> rispose con un sorriso talmente ampio da mostrare le sue fossette.
 
<< Oh, tipo? >> gli resse il gioco.
 
<< Tipo Axel >>
 
<< Era così brutto? >>
 
<< Oh, abbastanza >>
 
<< Come Taylor, Kendall e Rita, no? >>
 
<< Torniamo sempre sullo stesso punto, eh? >> pronunciò con un risolino amaro, guardando terra.
 
<< Hai iniziato tu >> rispose con naturalezza, prendendola alla leggera.
 
Alzò lo sguardo e, vedendo il suo sorriso, si lasciò contagiare. << Hai ragione >> e si strinse nelle spalle, infilando le mani nelle tasche del cappotto.
 
<< Allora? >>
 
<< Ti va un frullato? Ricordo vagamente un certo amore per Starbucks >> scherzò.
 
Si illuminò.
 
<< Da quanto non ne bevi uno? >> si informò.
 
<< Un mese >>
 
<< Una patita come te?! >> si stupì.
 
<< E’ la prima volta che rimetto piede fuori dall’Italia >>
 
<< Quale onore >> la prese in giro portandosi una mano sul cuore.
 
<< Oh, ti prego >> sorrise, dandogli una lieve spinta.
 
<< Racconta, dai >> la incitò.
 
<< Cosa? >> e uscirono dall’altra parte del parco.
 
<< Cos’hai fatto? >>
 
<< Non so che dirti >>
 
<< La prima cosa che ti viene in mente >>
 
<< Mi era mancata l’aria di Londra >> e respirò a pieni polmoni.
 
<< Ed io che pensavo potessi aver sentito la mia mancanza >> scherzò, lanciandole un’occhiata divertita.
 
<< Quante volte vuoi sentirtelo dire? >> e gli lanciò un’occhiatina maliziosa alquanto involontaria.
 
<< Okay, la smetto >> si arrese con un altro sorrisino.
 
 Camminarono in silenzio per un po’ finché lui non si decise a prendere la parola.
 
<< Sai, sono contento di aver preso parte a quest’evento >>
 
<< E’ una buona causa >>
 
<< Non solo >>
 
<< E cos’altro? >>
 
 << Tu sei qui >>
 
<< Beh, sì >> rispose guardandolo un po’ stranita.
 
<< No, dicevo…ho avuto la possibilità di parlare con te anche se hai voluto fosse solo una tregua >> sussultò.
 
<< Ti dispiace? >>
 
Annuì.
 
<< Ma io ho chiesto una breve tregua perché ero convinta non volessi darmi nemmeno quella! >> esclamò.
 
<< Io l’ho accettata senza proporre altro perché credevo non volessi avere molto a che fare con me >> rispose, bloccandosi nel bel mezzo della strada e guardandola con un’espressione stupita.
 
 << Ma, allora… >> iniziò, stupita quanto lui nel capire volessero entrambi tornare amici.
 
Si erano fatti frenare da quello che credevano pensasse o provasse l’altro. Scoppiarono a ridere e lei si fiondò ad abbracciarlo quando lui allargò le braccia per invitarla con la sua espressione dolce.
 
<< La prossima volta, parla >> la rimproverò.
 
<< Ah, io? Ma se sono stata l’unica con il coraggio di chiedere almeno una tregua! >> gli rinfacciò, per scherzo.
 
<< Se non l’ho fatto è perché non volevo sentirmi dire un altro “Va a farti fottere, Styles” >> e il suo tono perse quella vena divertita.
 
Lei si staccò per accertarsi di non essersi sbagliata. Lui aveva gli occhi lucidi.
 
<< Dai, non te l’avrei mai detto! Non uso le stesse battute due volte >> sdrammatizzò, cercando di contagiarlo col suo sorriso.
 
Lui la guardò un solo istante negli occhi, poi ricambiò.
 
<< Non hai detto che volevi andare da Starbucks? >> cambiò discorso lei, più che altro per evitare che lui potesse intristirsi una seconda volta.
 
Sorrise, mostrando le fossette e annuì. << Andiamo, non ti lascerei mai in astinenza >>
 
<< Non vuoi raccontarmi nulla? >> cercò di incitarlo lei, a sua volta.
 
<< Cosa? >>
 
<< Dimmi un po’…cos’è cambiato dall’ultima volta che ci siamo visti? >>
 
 << A parte che ora sono più tatuato, non molto >>
 
 << Hai ancora i…? >> la frase le morì in gola.
 
<< Sì >> rispose lui, serio, guardando davanti a sé.
 
Lei sorrise e gli lanciò un’occhiata mentre lui passava a fissarla di sottecchi. Non erano servite molte parole affinché si comprendessero. Questo la rese felice. Questo non lo sorprese.
 
<< Tu? >> chiese lui, poi.
 
<< Anche >> la guardò e si sorrisero, consapevoli.
 
Una volta davanti al più vicino Starbucks, lui le aprì la porta, come sempre. Lei entrò, ringraziandolo e si fermò a qualche passo di distanza, attendendo che la raggiungesse per poter decidere insieme cosa ordinare.
 
<< Ordino io? >> chiese lui.
 
<< Credi di sapere cosa voglia? >> lo stuzzicò lei.
 
Era semplicemente curiosa di sapere se lui si ricordasse i suoi gusti.
 
<< Mettimi alla prova >> rispose facendole l’occhiolino e avvicinandosi al bancone, lasciandola a debita distanza.
 
Quando ritornò reggeva esattamente la sua bevanda preferita. << Grazie >> esclamò lei, entusiasta si fosse ricordato.
 
Lui lanciò un sorriso a trentadue denti.
 
<< Quanto ti devo? >> chiese poi, mentre ammirava, quasi a bocca aperta, quel ragazzo brillare di luce propria.
 
<< Ma sei scema? Non ti farei mai pagare >> quasi la rimproverò.
 
<< Ma dai! Quanto? >> protestò e, vedendo non volesse parlare, si allungò per leggere il prezzo sul listino.
 
Lui, comprendendolo, si spostò in modo da impedirglielo. Lei si sporse e lui si spostò ancora e ancora. Scoppiarono a ridere.
 
<< La prossima volta offro io >> concluse lei, rassegnata.
 
<< Non potrei esserne più felice >> e sorrise.
 
 Lo guardò con aria interrogativa.
 
<< Vuol dire che ci sarà una prossima volta >> spiegò.
 
Lei si sciolse e non poté far altro che sorridergli, arrossendo. Per l’imbarazzo si affrettò verso la porta ed uscì. Non ne era certa ma gli parve di sentirlo sorridere alle sue spalle. Usciti, lui l’affiancò e decisero di ritornare nel parco, per restarci.
 
<< Sono felice di notare che parecchie cose non siano cambiate >> iniziò lui.
 
<< A cosa ti riferisci? >>
 
<< Continui ad arrossire >>
 
Abbassò lo sguardo, nuovamente in imbarazzo.
 
<< Per l’appunto >> continuò lui e lo sentì sorridere.
 
<< Tra le tante cose, vorrei dirti che non riesco a togliermi la tua canzone dalla testa >>
 
<< Quale? >> si sorprese lei, scattando a guardarlo.
 
<< “Under the rain” >>
 
 << Oh >>
 
<< Cosa? >>
 
<< Nulla, solo che, se devo essere onesta…prima di inciderla mi era venuto in mente di chiederti di cantarla con me >> ammise, abbassando lo sguardo.
 
Lui si bloccò. << Cavolo! Perché non l’hai più fatto? >>
 
<< Non so se ti ricordi in che rapporti fossimo fino all’altro giorno. Pensavo avresti rifiutato >> sussurrò per tutta risposta.
 
<< Rifiutato? Io amo quella canzone! Ti avrei detto immediatamente di sì >>
 
<< Non potevo saperlo >>
 
<< Uff…perché non hai chiesto? >> cominciò a lamentarsi.
 
<< Te l’ho detto! >> replicò lei, iniziando a scherzarci su. << Ci sei rimasto male? >> chiese poi, notando la sua espressione.
 
<< Beh…cosa dici? >>
 
<< Possiamo sempre rimediare >>
 
<< Come? >>
 
<< Mi chiedevo…ti andrebbe di scrivere una canzone insieme? >>
 
<< Insieme, io e te? >>
 
<< No, tu e un fenicottero rosa >> rispose, in vena di sarcasmo.
 
<< Sono carini i fenicotteri rosa >> replicò, trattenendo una risatina.
 
<< Ora non puoi dirmi di no >>
 
 << Perché? >> chiese, ritrovando il suo sorrisino malizioso.
 
<< Perché te l’ho chiesto invece di dare per scontato la tua risposta >>
 
<< No >>
 
 << No? >>
 
<< No >> ripeté.
 
<< Okay >> e lo sorpassò appena.
 
<< Stavo scherzando. Mi piacerebbe tantissimo! >> esclamò, piazzandosi davanti a lei, all’improvviso, facendola sobbalzare.
 
<< Sei sicuro? >>
 
<< Sicuro, sicuro >> le assicurò e allungò il mignolino.
 
Lei capì e glielo strinse. << Ora che so che sei sincero, possiamo iniziare >> scherzò.
 
Lui annuì e tornò al suo fianco. << Anche oggi >>
 
<< Anche oggi >> fece eco lei, come a metabolizzare quanto avesse sentito e ripresero a camminare per un breve tratto, prima che lui si accomodasse sull’erbetta.
 
<< Dove le hai trovate quelle parole? >> chiese lui, quasi assorto, sdraiandosi e poggiando il bicchiere accanto alla sua testa.
 
<< Quali? >> chiese, portandosi le ginocchia al petto.
 
<< Quelle della canzone >>
 
<< Dalla tua mancanza. Niente più, niente meno >> ammise.
 
<< Ti sono mancato? >>
 
 << Hey, ti ricordo di averti amato >> e cercò di sorriderne, nonostante lui non stesse facendo caso alla sua espressione bensì al suo tono.
 
<< E ora? >>
 
 << Cosa vuoi che ti dica? >>
 
 << Sai cosa provi per me? >> la loro chiacchierata era sincera ma molto rilassata.
 
Erano stati capaci di dirsi in meno di un’ora tutto quello che si erano taciuti per mesi, per venti lunghi mesi. Ed era questo quello che li rendeva così speciali.
 
<< Non proprio >>
 
 << Mhm… >>
 
Lo guardò dall’alto e rimase a fissarlo, magari in attesa dicesse qualcosa, ma non lo fece. Per un po’.
 
<< Ci tengo a te, lo sai? >> e ruotò il capo, come se lei fosse alla sua altezza.
 
Annuì, appena. << Non mi aspettavo di trovarti qui >> aggiunse.
 
Erano in vena di confessioni e decise di essere onesta, in tutto e per tutto.
 
<< Io lo sapevo >>
 
<< Come? >>
 
<< Sasha. E’ una mia amica >>
 
<< Oh, avrei dovuto scommetterci >> e si sentì quasi assalire dalla gelosia, proprio come la prima volta che aveva visto Kate.
 
<< Cosa? >> chiese lui, come se l’avesse intuito.
 
<< Conosci tutte o tutte conoscono te >> tornò a fissare il cielo, intrecciando le mani dietro la nuca.
 
Sorrise, appena. << Sono piacente >>
 
 << Sei un idiota >> e gli diede una lieve spinta.
 
<< Gelosa? >>
 
Scosse la testa mentre lui le lanciava sguardi di sottecchi.
 
<< Non ti credo >>
 
 << Fatto sta che tu sapevi di trovarmi ed io no >>
 
<< Te l’ho detto. Io ho le mie conoscenze >> continuò a scherzare.
 
<< Perché sei andato via ieri sera? Cher non ha voluto dirmelo >>
 
La domanda lo spiazzò e lei se ne accorse.
 
<< Ero stanco >> mentì.
 
Lei non era certa stesse dicendo la verità ma si accontentò di ciò che aveva detto. Sperava che la sua “fuga” la riguardasse, ma lui non ne aveva fatto parola quindi non era così importante. Non quanto avrebbe voluto essere.
 
<< Tu e George siete diventati molto amici >> e il suo tono suonò diverso, come triste.
 
<< Non è carino? >> si entusiasmò.
 
 << Lui ti piace? >> questa volta fu lei a rimanere spiazzata.
 
<< N-no >> balbettò.
 
<< A lui piaci >>
 
<< No >>
 
<< Non era una domanda >>
 
<< Cos’hai? >> cambiò discorso.
 
<< A cosa ti riferisci? >>
 
 << Mi sembri strano >>
 
<< Sarà ancora la stanchezza >>
 
 << Sei stanco ogni volta si tratti di George >> lo punzecchiò lei, non curante della sfacciataggine che aveva usato.
 
La guardò, sorrise flebile e si strinse nelle spalle. Lui sapeva avesse ragione ma non voleva dirglielo. Lui era geloso. Geloso del fatto che George potesse passare del tempo con lei, che lui fosse suo amico, che lei non avesse risentimenti. Immaginò quante giornate avevano passato insieme, quante chiamate fino a notte fonda e lui…lui non aveva più potuto stringerla; non come aveva fatto sotto la pioggia.
 
Passarono un’oretta in quel modo, conversando con leggerezza, in sussurri. Si dissero tutto, tranne quello che entrambi volevano sentire ma avevano timore di pronunciare per primi. Quel “ti sto ancora aspettando” non uscì mai dalle loro bocche. Andarono a pranzo e non smisero di parlare degli anni precedenti, lanciandosi frecciatine evidenti. Poi, la chiamata di Cher, impedì loro di continuare. Tornarono in fretta e furia all’edificio per giocare. Appena entrati, lei intravide George.
 
<< Ti va di conoscerlo? >> gli chiese.
 
<< Lo conosco già >> e il ragazzo, in lontananza, si voltò, quasi per evitarli.
 
<< Siete amici? >> scosse la testa.
 
<< Dai, vieni >> lo invitò.
 
<< Devo fare una chiamata. Ti raggiungo tra cinque minuti >>
 
Lo guardò un po’ male, come se facesse fatica a credergli.
 
<< Promesso. Cinque minuti >> sorrise e lei non poté far a meno di lasciarlo andare.
 
Lo vide allontanarsi, poi si avvicinò a George. << Scusa per non essere venuta, andremo domani >> disse trovandosi ancora alle sue spalle.
 
Lui non rispose e non sembrava di buon umore. “Ho combinato un guaio” pensò, consapevole ce l’avesse a morte con lei.
 
<< George… >> pronunciò lieve, sperando di poter evitare qualcosa di tragico, sperando in una risposta.
 
Si voltò. << No, non esiste. Ti sembra carino quello che hai fatto? >> le urlò contro.
 
<< Scusa, mi dispiace >>
 
 << E’ una settimana che pianifico di sfruttare questo giorno per andare al salone con te. Ci tenevo tanto a scegliere la mia futura auto in tua compagnia ma tu mi hai abbandonato! >>
 
 << Mi dispiace! >>
 
 << E non hai nemmeno avuto il coraggio, se così si può dire, di venirmelo a dire. Mi hai mandato uno stupido messaggio e sei sparita! >>
 
 << Scusa, George >> non riusciva a pensare o parlare in modo razionale con lui che gli urlava contro.
 
<< E questo per stare con Harry?! >> buttò all’aria i fogli che aveva tra le mani, di cui lei non si era accorta prima, e uscì fuori.
 
Lei lo guardò, incredula. Raccolse i fogli e sbirciò. Erano foto di auto. Probabilmente quelle che gli sarebbe piaciuto maggiormente acquistare. Le sistemò e, cercando di non stropicciarle, le infilò sotto il braccio. Decise di andare a parlargli. Nonostante avesse paura lui potesse strepitare ancora, volle correre il rischio. Stava per mettere piede fuori quando venne bloccata dall’uomo che, il giorno prima, l’aveva prelevata per la partita. Fu costretta, a malincuore, a rimandare.
 
<< Ci rincontriamo >> scherzò Harry, affiancandola.
 
<< Quale evento inaspettato >> gli resse il gioco.
 
<< Si è arrabbiato? >>
 
Lei annuì rumorosamente mentre, tra le urla degli spettatori, raggiungevano i tavolini da ping pong in cortile insieme alle altre tre squadre.
 
<< Perché? >>
 
<< Saremmo dovuti andare a scegliere la sua auto insieme, gliel’avevo promesso >>
 
<< Non ricordavo fossi la tipa da infrangere le promesse >> rispose, serio.
 
<< Infatti non lo sono. Sei arrivato tu, di nuovo >> commentò lei in un sussurro, come in un flusso di coscienza.
 
Lui non udì altro che la prima parte della frase, che lei aveva pronunciato a voce più alta. Lasciarono perdere, per concentrarsi sulla partita. Lei si voltò verso gli spalti, tra un set e un altro. Non trovò George. Si sentì un po’ triste al riguardo ma sapeva avrebbe dovuto aspettarselo.   
 
<< Non sei venuto >> disse lei, poggiandosi allo stipite della porta, alle sue spalle.
 
<< No >> rispose, nient’affatto sorpreso della sua presenza.
 
<< Mi sarebbe piaciuto vederti tra la folla >>
 
<< C’erano i fans, no? >> il suo tono monocorde la irritò così tanto che fu tentata di mandarlo a quel paese e tornarsene in qualche sala da sola o con Harry.
 
Stranamente le cose con lui erano diventate più semplici della situazione in cui si trovava con George.
 
<< Sai cosa? Non mi importa >> e andò via, seguendo l’impulso.
 
<< Aspetta >> le urlò dietro, afferrandola.
 
<< Ah, ora ti va di parlare? >>
 
Lui sbuffò. << Non fare così >> le disse.
 
<< Così come? >>
 
<< Come se fossi la vittima. Non lo sei >>
 
<< Nemmeno tu, George. Non è morto nessuno >> la lasciò e temette lei volesse andare via, ma non lo fece.
 
<< E’ solo che…tu sapevi quanto ci tenessi >>
 
 << Ti ho detto che mi dispiace. Non ho saputo dirgli di no >>
 
 << Non sapresti farlo. Non gli diresti mai di no! >>
 
 << Sì che lo farei >>
 
 << No, non lo faresti. Quella di oggi ne è una prova. Siamo amici da un anno e so che lui sia stato importante ma mi sarei aspettato altro >> ammise, senza alterarsi.
 
<< Mi dispiace di non averti messo in cima alle mie priorità ma per me è importante poter chiarire con Harry >>
 
 << Harry, è sempre importante Harry >> urlò.
 
 La calma non era durata molto. Questa volta fu lei a sbuffare. << Perché non posso nominarlo senza che tu vada su tutte le furie? >> chiese lei, poi.
 
<< Secondo te, perché? >>
 
<< Ma cosa ne so! >>
 
Lui fece un mezzo giro su sé stesso e, dopo averle dato le spalle per una ventina di secondi cercando di sfogare la sua rabbia, si voltò nuovamente dalla sua parte.
 
<< Andiamo domani? >> chiese lei, vedendo la sua espressione tornare rilassata.
 
Lui sorrise. << Prometti che non esisteranno altri problemi? >>
 
 << Harry non è un problema >> ribatté, accennando un sorriso.
 
Lui le lanciò un’occhiata alquanto torva e lei scoppiò a ridere. << Scusa >> sussurrò con sguardo colpevole mentre tratteneva un risolino.
 
Lui non seppe tenerle il muso un istante di più e le sorrise. << Domani >> concluse.
 
<< Ora devo scappare >>
 
Lui sbuffò appena nel vederla indietreggiare.
 
<< Cosa? >> chiese lei, notandolo.
 
<< Nulla, nulla >> disse con un tono affatto adeguato a ciò che aveva appena riferito.
 
<< Non ti credo >>
 
Lui non rispose, fingendo di non averla sentita.
 
<< Geoorge >> lo esortò, cercando di stabilire un contatto visivo.
 
Quasi seccato, la guardò. << Vai con Harry? >>
 
 << No, c’è il meet and great >> rispose, con naturalezza, quasi disarmandolo.
 
<< Anch’io ho il meet and great. Perché tu devi scappare? >>
 
 << Devo andare in bagno e a recuperare una bottiglina d’acqua >>
 
 << Aaah! >> esclamò.
 
Lei sorrise. << Credevi andassi con Harry anche adesso? >> chiese.
 
Lui annuì, sincero.
 
<< Ah, quanto sei stupido! >> lo prese in giro, scompigliandogli i capelli. << Io scappo, dai. Ci vediamo tra poco >> aggiunse e, prima di andare, gli scoccò un bacio sulla guancia del quale lui fu felice.
 
*George’s POV*
Non sapeva se essere felice o triste per quanto accaduto. L’aveva abbandonato per Harry. Aveva messo quel ragazzo davanti ad una promessa; davanti ad un impegno preso in precedenza. Non doveva significare molto per lei, in confronto. Però, poi, si era scusata. Aveva rinunciato all’inizio, ma poi era rimasta. Avevano chiarito. Gli aveva fatto un’altra promessa. Questo lo consolò, lei doveva tenerci. Sperò solo che avrebbe mantenuto la seconda promessa.                   
 
  
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