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Autore: Ipazia380    25/05/2014    0 recensioni
Il segreto principale per essere felici è sotto il naso di tutti...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sapete qual è la differenza tra la contentezza e la felicità?

La contentezza è un effimero momento di piacere. Un cioccolatino mentre si è a dieta. Mangiate il cioccolatino, godete fino in fondo di un piacevolissimo peccato di gola, ma è così breve che è trascurabile sia quantitativamente che qualitativamente. Infatti avete ceduto ad una tentazione e avete distrutto il regime alimentare che avevate faticato a mantenere. Magari ne volete un altro subito dopo… Non state facendo altro che barattare Contentezza con Felicità. Avete deciso di mettervi a dieta perché non vi piace il vostro corpo, non vi sentite bene e a vostro agio. Essere in forma vi renderebbe felici, a lungo termine. Finché rimarrete in forma sarete felici, ma avete barattato passi verso la felicità in cambio di un effimero, stupido, fugace, trascurabile momento di contentezza. Nel peggiore dei casi cedete alla tentazione di tanti cioccolatini ed è proprio così che la contentezza vi starà sempre più allontanando dalla felicità.

                                            

Come spesso ho detto, la felicità è il fine sommo dell’esistenza di ciascuno. Ognuno costruisce la felicità in base a se stesso, alle proprie priorità e alle peculiarità del proprio essere. C’è anche chi ci rinuncia in partenza. È la categoria di persone che si lamenta perché non c’è lavoro, si lamenta del proprio lavoro, del governo, del professore, del capo, ma nell’atto pratico subisce tutto a capo chino e aspetta di morire. Questa è la categoria di persone convinta che la felicità non esiste. La verità è che questa gente, quando dovrebbe impiegare il tempo che ci è dato in questa vita per costruirsi mattone dopo mattone la felicità, al contrario impegna le proprie risorse a imitare Brontolo, il più “simpatico” dei sette nani. Sono un po’ brusca, ma il mio intento non è criticare insensibilmente chi è così, bensì il mio è un sincero sprone che spero colpisca e aiuti chi si riconosce in questa descrizione.

Il segreto principale per essere felici è sotto il naso di tutti: apprezzare quanto si ha, che è tanto, tanto abbastanza da renderci felici. Chi sa gioire di quello che ha sa essere veramente felice. Il ricco può essere felice apprezzando quello che ha piuttosto che cercare infelicemente e ingratamente e disperatamente di accaparrare altra ricchezza. Il barbone può essere felice quando qualcuno gli da qualcosa da mangiare, essendo grato all’universo e apprezzando ciò che ha, qui e ora.

Un giorno, il magnifico mio gemello pronunciò uno dei suoi illuminanti discorsi, di cui la fine recitava: “E il barbone, deriso , si alzò e si rese conto di essere il re del mondo.”

Noi uomini nei secoli ci siamo allontanati sempre più dalla felicità, creando di propria mano delle vere e proprie prigioni, di cui le sbarre sono fatte di agglomerati di aspettative, pregiudizi, giudizi, cattiverie, vendette ed egoismi.

Perdonate la mia crudità nei prossimi esempi, ma mi piace andare nei bassifondi per risalire con la verità in mano. Ultimamente aspettando il verde del semaforo pedonale o nei vari autobus, mi è capitato di ascoltare diverse volte conversazioni di ragazzi al telefono che si lamentavano di gente con cui convivevano, sicuramente in appartamenti per universitari. In tutte queste conversazioni si parlava male di un coinquilino e di come si sarebbero dovuti vendicare. L’ultima bestialità: “Ha pulito e ha lasciato il mocio nel corridoio, io non lo sposto, assolutamente, finchè non lo capisce”. Credete voi che questo possa averlo detto una persona felice? Mentre ascolto queste conversazioni concitate che destano l’attenzione di tutti, mi capita di provare compassione. Compassione per chi si fa problemi e premedita di lasciare il mocio lì con rabbia nel cuore, con veleno emozionale da vendere. Una persona felice non l’avrebbe neanche notato o l’avrebbe preso e riposto. Non avrebbe covato rabbia, vendetta tanto da raccontarlo a qualcuno al telefono. Secondo voi i guidatori che insultano sul momento qualcuno che non ha rispettato il codice stradale al 100% e dopo mezzora continuano a pensarci e insultare, sono persone felici?

La cosa veramente grave sapete qual è? Noi allo stato brado non siamo così: siamo innocenti e puri da qualsiasi veleno, siamo come gli animali. Chi meglio degli animali sa cosa vuol dire “qui e ora”?

Loro dimenticano subito lo stato in cui si trovavano 5 minuti prima. Sono presenti qui e ora. Se hanno cibo, mangiano, sono felici. Trovano un riparo, sotto un albero, sono felici; o in una casa, sono felici e per di più amano INCONDIZIONATAMENTE il proprio padrone e lo ringraziano. Parlo di quella gratitudine che beatifica il cuore a chi la dà e chi la riceve. Noi allo stato naturale siamo così, se non veniamo educati siamo proprio così. Scarni da ogni foglio prestampato che ci dice come vedere la vita, le persone, come non amare gli altri e come avvelenarci l’animo.

La seguente è la mia scena preferita delle Baccanti di Euripide, delle donne invasate dallo spirito dionisiaco, che, al contrario di come si pensa, non è consiste nell’ebbrezza del vino e in volgari sfoghi sessuali, bensì si realizza in una totale immersione simbiotica nella natura, libera da qualsiasi vincolo mentale e inculcato dalla società. Uno stato di innocente, pura e spontanea felicità, come un germoglio di un bellissimo fiore genuino e chiaro, pulito da qualsiasi traccia di smog nell’aria e da qualsiasi artificio esterno…

“[…]Spingevo poco fa la mia mandria

al pascolo sul monte, nell’ora in cui il sole

manda i suoi primi raggi e comincia a scaldare la terra.

Ed ecco, vedo tre tiasi di donne:

il primo lo guidava Autònoe, il secondo

tua madre Agàve, il terzo coro Ino.

Tutte dormivano, col corpo in stato di abbandono:

alcune con la schiena appoggiata ai rami di un abete,

 altre gettate qua e là col capo poggiato sulla terra,

su foglie di quercia, dove capitava, ma composte.

Non erano le donne che tu dici, ubriache di vino e del suono del flauto,

appartate in solitudine nel bosco a caccia di Cipride.

Ma, all’improvviso, tua madre s’alzò in piedi e in mezzo alle Baccanti

 levò il grido per scuoterle dal sonno,

non appena sentì il muggito dei miei buoi dalle alte corna.

E quelle, allora, si scossero dagli occhi il torpore di un sonno ancora profondo,

balzarono su ritte, e fu, a vederle, un miracolo di grazia e di armonia:

giovani, vecchie, vergini inesperte del giogo delle nozze.

Prima sciolsero i loro capelli sulle spalle,

riannodarono le nebridi, che s’erano allentate,

e cinsero le pelli maculate

con serpenti che leccavano le guance.

Poi altre tenevano stretti tra le braccia un cerbiatto o cuccioli selvaggi di lupo

 e li nutrivano col loro bianco latte:

avevano da poco partorito, i loro seni erano ancora gonfi

e avevano lasciato a casa i loro neonati. Tutte s’incoronavano

con ghirlande di edera, di quercia e di smilace in fiore.

Una colpì una roccia con il tirso

 e da qui sgorgò uno zampillo d’acqua limpida come la rugiada;

un’altra piantò il nartece in terra

e da lì il dio fece scaturire una sorgente di vino;

chi aveva desiderio della bianca bevanda

con la punta delle dita raschiava la terra

e aveva latte in abbondanza. E dai tirsi stessi,

ornati d’edera, stillavano rivoli dolci di miele.

Ecco, se tu fossi stato lì presente, quel dio che ora tu disprezzi

l’avresti invocato nelle tue preghiere, se tu li avessi visti, questi prodigi.

[…]”

 

Allo stato naturale siamo così, vediamo un cerbiatto e gli diamo una tetta per nutrirlo.

Non sto dicendo assolutamente che dobbiamo essere Esseri non pensanti, guidati dall’istinto. La mia è un’iperbole per mostrarvi come siamo caduti nella situazione totalmente opposta. E siamo infelici. Sono circondata da infelici. I felici li conto sulle dita di una mano. Se solo la gente riuscisse ad alzarsi su un livello superiore e osservare tutto epistemicamente: apprezziamo quello che abbiamo, ringraziamo l’universo, noi stessi e la gente che ci circonda. Apprezziamo quello che abbiamo e siamone felici.

 

  
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