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Autore: paperback_writer    25/05/2014    4 recensioni
-Ciao! Io sono Paul.-
-So chi sei. – replica il bambino con una voce ed un’espressione troppo matura per gli anni che dimostra di avere.
- Tu chi sei?-
-Sono il bambino di nessuno.-
Paul e il suo incubo peggiore.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The worst nightmare

 

Un prato.
Panchine, tanti alberi.
Un parco giochi, sembrerebbe.
 
Cosa ci faccio in un parco giochi?
 
Qualche passo, lo sguardo vaga qua e là.
Mi sembra di ricordarlo, questo parco giochi.
Ma certo, è quello di Liverpool.
Quello pieno di bambini, di genitori apprensivi, di urla e schiamazzi.
 
Ma dove sono i bambini?
 
Un’ombra, esile ma agile si inerpica su di uno scivolo.
Eccolo, un bambino.
 
-Ciao! Io sono Paul.-
-So chi sei. – replica il bambino con una voce ed un’espressione troppo matura per gli anni che dimostra di avere.
- Tu chi sei?-
-Sono il bambino di nessuno.-
-Dove sono i tuoi genitori? E gli altri bambini? Quando venivo io qui era sempre pieno di bambini...-
Il piccolo lo guarda con aria assorta, scrollando poi semplicemente le spalle e scendendo dallo scivolo.
- Ti va di cercare i tuoi genitori? Saranno preoccupati per te.-
-Non ho dei genitori.-
-Con chi sei venuto? Ti riporto a casa.-
-Io non ho una casa.-
 
Le mani accarezzano quella piccola testolina ramata, le labbra gli sorridono rassicuranti.
-Allora che ne dici se ti porto a prendere un gelato, ometto?-
Un cenno di assenso e la mano grande e forte di Paul stringe quella piccola e delicata del suo nuovo compagno.
 
Chi lascerebbe mai un bambino in un parco deserto come questo?
 
-Lo sai, io ti conosco bene.- prova a dire il più piccolo, tranquillo.
-Ah si? Aiutami a ricordarmi chi sei, non sono più un giovanotto, io.-gli sorride l’uomo, dandogli un buffetto sul viso, la mano stretta nella sua.
-Tu sai chi sono. Solo non mi hai ancora riconosciuto, o semplicemente non hai guardato con questo. –mormora il più piccolo, premendo la minuta mano sul petto di Paul, lasciando quest’ultimo  sorpreso.
 
Che bambino bizzarro, cosi stranamente… uomo, nonostante le apparenze.
 
-Lì vendono del gelato! – gli occhi del bambino luccicano, animati dall’ inaspettata scoperta, e sfilando la mano da quella di Paul il piccolo corre verso il suo premio.
 
Paul sorride.
Non era anche lui cosi? Non sono forse cosi tutti i bambini?
 
Senza fretta raggiunge il suo piccolo compagno che già si è munito di un bel cono gelato e lo guarda, sorridendo raggiante.
 
- Non hai perso tempo, eh furfante?- gli sorride bonario Paul, pulendogli la guancia sporca di vaniglia con il pollice.
Il bambino ride, di quelle risate cristalline che fanno sorridere i cuori più solitari, cosi contagiose che per un attimo nessun problema è importante, niente è poi cosi impossibile.
 
Poi la mano del piccolo si aggrappa alla giacca di Paul, strattonandola ripetutamente verso il basso per attirare l’attenzione del più grande.
 
-E’ arrivato!- afferma sorridendo il bambino, che corre verso una figura in lontananza.
 
Chi?
Gli occhi cercano di mettere a fuoco.
Un altro bambino?
 
I due si incontrano, si osservano felici.
Il bambino con i capelli color del rame arruffa il ciuffo color ebano dell’altro.
 
Ed entrambi cominciano a crescere a vista d’occhio, davanti ad un Paul sbalordito.
 
In una risata sono ormai adolescenti, sulle spalle di entrambi si intravedono delle chitarre.
Il più piccolo cerca di mettersi a posto il ciuffo scombinato- quando, anni fa?- dal maggiore, che lo stuzzica tirandogli il naso verso di sè.
 
Paul li osserva, senza riuscire a staccare gli occhi dal prodigio che stà accadendo davanti ai suoi occhi.
 
Il ragazzo ormai uomo dagli occhi color nocciola si avvicina all’altro.
I loro sguardi si incontrano, penetranti.
 
Nulla è rimasto dei bambini che pochi attimi prima Paul ha visto arrivare, se non il legame che unisce le figure di fronte a lui.
Le labbra dell’uno sfiorano quelle dell’altro.
 
Paul si accarezza per un attimo le labbra, senza fiato, lo sguardo rivolto verso l’ormai non più bambino incontrato poco tempo prima su di un polveroso scivolo.
 
E cosi come è arrivato, l’uomo dai capelli ramati svanisce, rivolgendo un ultimo sguardo a Paul.
 
-No! No, ti prego, non andare!- prova a urlare Paul, allungando la mano verso il suo volto, cercando di afferrare l’aria che adesso ne ha preso il posto.
 
Il respiro è irregolare, affannato.
Il suo sguardo si sposta verso l’altro ragazzo, rimasto li, immobile.
 
-Perché l’hai lasciato andare cosi?- bisbiglia in un sussurro Paul, confuso, arrabbiato.
 
Nessuna risposta.
 
-Perché hai lasciato andare via John?- ripete con maggiore enfasi l’uomo, concentrando l’attenzione del ragazzo davanti a sé.
 
Cala il silenzio.
 
Perché quando Paul si rende finalmente conto di chi gli stà di fronte non ha più il coraggio di parlare.
 
Il giovane, ormai raggiunta l’età di Paul, lo guarda con il suo stesso sguardo, il suo stesso viso, le sue stesse sembianze.
 
E’ come guardare se stessi in uno specchio, uno stupido, sbagliato specchio.
 
Lui era li, davanti a te.
 
E tu l’hai lasciato andare.
 
 
 
-Paul! Paul, tesoro, svegliati, era solo un brutto sogno.-
 

E allora perché la certezza di averlo perso per sempre non va più via?
 
Perchè lui non è qui con me?


 
Perché alla fine l’incubo peggiore è svegliarsi senza averlo accanto, senza la certezza che sia qui ad aspettarmi, da qualche parte, in questo assurdo, ingiusto mondo.




Note dell'autrice: Ci vorrebbe una canzone macabra per annunciare il mio ritorno :')
Questo... beh, questo è venuto fuori non so come, senza che neanche me ne potessi rendere conto, quindi non siate troppo cattivi nelle recensioni e.e  La fanart di FionaFu, estrapolata dal contesto, mi sembra simbolica per la trama che ho cercato di dare alla storia.
Detto questo sparisco, buona settimana ed imminenti vacanze a tutti! 

 
  
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