PROLOGO
ARANCIO ARANCIA?
Remus se ne stava tranquillamente seduto
su una poltrona, davanti al caminetto di Grimmauld Place, sul tavolo vi era la scacchiera pronta per una nuova
partita tra due vecchi amici; Sirius, al momento, era
impegnato a dare la sua reazione quotidiana di cibo a Fierobecco,
al suo ritorno avrebbero giocato nuovamente.
Nella stanza vi era una terza persona, la cugina di Sirius Black, Ninfadora
Tonks, ma chiamatela solo per cognome; se ne stava
tranquillamente seduta al tavolo, intenta a scrivere su un foglio di pergamena.
La ragazza aveva attirato l’attenzione di Remus, che
non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, molto sorpreso dal suo
abbigliamento: era così… così…
così tanto arancione!
Mentre beveva una Burrobirra e
aspettava il suo amico, il Licantropo si chiese il perché di quella scelta così
inusuale. In più lei odiava l’arancione!
Indossava una gonna a balze arancione scuro, una felpa
arancione chiaro, il mantello era una via di mezzo e le calze erano color
evidenziatore, le scarpe ve lo risparmio. Anche i capelli erano arancioni.
“He-Hem…” Si schiarì la voce
sperando di attirare l’attenzione della ragazza. “He-Hem…”
Tentò una seconda volta.
“Remus, vuoi dirmi qualcosa?”
chiese Tonks noncurante, senza alzare lo sguardo
dalla pergamena.
“In effetti sì.” Il Licantropo esitò qualche istante, giusto
il tempo per formulare la domanda senza sembrare offensivo, “Mi chiedevo il
motivo di tutto quell’arancione.”
“Oh, questo…” finalmente Ninfadora posò la sua piuma e lo guardò. “Questo è tutta
colpa tua.”
“Colpa mia?”
“Sì, ma non posso dirti perché.” I lunghi capelli della
ragazza le coprirono il ghigno comparso sul suo volto: quasi faticava a
trattenersi dalle risate.
“Quindi… se ho capito bene…” Remus tentò di dare un
senso a quello che aveva appena sentito ma era come tentare di unire i pezzi di
tre puzzles diversi: impossibile. “Tu sei arancione
per colpa mia, io non so perché e tu non me lo vuoi dire. Direi che fila…”
Tonks scoppiò a ridere, “Beh… potrei dirtelo, ma in cambio voglio una cosa da te. Ma
credo preferirai non saperlo.” Chiuse una carpetta rimettendo a posto i fogli
di pergamena sui quali aveva scritto fino a poco prima, aspettando un cenno di
assenso da parte del Licantropo. Quando arrivò, si girò verso di lui
appoggiandosi allo schienale e accavallando le gambe e guardandolo sorniona,
vestiti a parte, sembrava avesse in mente qualcosa di diabolico.
“Bene, Remus. Quando entra tuo cugino, dovrai
farmi una dichiarazione d’amore, e che sia spontanea e credibie.
Questo è quanto. Vedi tu…”
Remus rimase allibito dalla richiesta di
Tonks; tornò a sedersi giusto poco prima che un Sirius gongolante facesse il suo ingresso da primadonna.
“Allora, Moony, pronto per un’altra
partita?” Remus annuì.
Dopo qualche minuto che stavano giocando, Sirius
guardò Tonks, “Sai, ti dona l’Arancione…
sembri un’arancia.” Scoppiò a ridere senza ritegno, disturbando i pensieri di
Lupin sulla prossima mossa da fare che fece un’espressione poco divertita.
“Eddai Moony! Non fare
quella faccia. Guarda la nostra Ninfadora com’è
solare vestita così!”
Remus, scocciato, colse la palla al
balzo. “Sirius, per favore, non parlare così a Tonks, in fondo è tua cugina!”
“Moony?” Fu solo capace di dire Sirius, spiazzato.
Tonks si alzò e li raggiunse vicino al
tavolo da gioco.
“E comunque, arancione o no, la trovo una bellissima
ragazza.”
A Sirius per poco non cadde la
mascella. Remus si alzò dalla sua poltrona e andò
davanti a Tonks. “Non posso farci niente, tu mi
piaci!” Tutto ciò era palesemente finto.
Ninfadora non se lo fece ripetere due
volte e lo attirò a sé, baciandolo con passione; Remus parve gradire, e rimase al gioco. Ma non era ancora finita. Come se la situazione non fosse
abbastanza surreale, Tonks, ancora indaffarata, stese
una mano in direzione di Sirius, come se lui dovesse
metterle sopra qualche pezzo della scacchiera. L’Animago
era inebetito, non riusciva nemmeno a parlare.
In quel momento, come se non fosse
già abbastanza, Molly fece il suo ingresso nella stanza e, vista la scena,
richiuse immediatamente la porta alle sue spalle, sconvolta dalla sorpresa. Poi, però, dopo averci pensato un istante, la
riaprì violentemente, entrando come un ciclone.