Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: Chloe R Pendragon    26/05/2014    6 recensioni
In un futuro apocalittico, la lotta tra uomini e zombie imperversa, spingendo i superstiti ad uccidere senza pietà tanto le creature quanto i possibili infetti. A tutto questo si oppone Michael Connelly, padre di famiglia disgustato dalle carneficine che si susseguono giorno dopo giorno. Egli è convinto che le parole siano più efficaci delle armi, poiché anche quei mostri erano stati umani un tempo, per cui è possibile che parte della loro anima sia ancora presente. Sarà davvero così? E se un giorno un morto vivente mettesse a repentaglio la vita di sua figlia Evelyn, Michael riuscirebbe a tener fede ai suoi ideali, apparentemente tanto nobili?
Questa è la prima storia che scrivo su questo genere, per cui spero che vi piaccia: mi farebbe moltissimo piacere sapere cosa ne pensate, perciò incrocio le dita nella speranza di una vostra recensione! *^*
Nona classificata al "Contest Letterario Bookshelf - Solanum XXIV" indetto dalla Redazione di Bookshelf.
Genere: Drammatico, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Errare è umano

• Nickname dell'autore Chloe R Pendragon.
• Titolo Errare è umano.
• Lunghezza 1642 parole.
• Genere Drammatico, Horror, Introspettivo.
• Avvertimenti Contenuti forti.
• Rating Arancione.
• Credits Il testo non contiene citazioni.
• Note dell'autore Nessuna.
• Sinossi In un futuro apocalittico, la lotta tra uomini e zombie imperversa, spingendo i superstiti ad uccidere senza pietà tanto le creature quanto i possibili infetti. A tutto questo si oppone Michael Connelly, padre di famiglia disgustato dalle carneficine che si susseguono giorno dopo giorno. Egli è convinto che le parole siano più efficaci delle armi, poiché anche quei mostri erano stati umani un tempo, per cui è possibile che parte della loro anima sia ancora presente. Sarà davvero così? E se un giorno un morto vivente mettesse a repentaglio la vita di sua figlia Evelyn, Michael riuscirebbe a tener fede ai suoi ideali, apparentemente tanto nobili?

 

Errare è umano.

 

«Che cosa è successo, papà? Sei tutto sporco di sangue!», domandò Evelyn con la voce impastata dal sonno, l’esile corpo rannicchiato sul letto in preda ai singhiozzi.

Michael le sorrise mesto, imprecando tra sé: non era giusto che una bambina di soli cinque anni dovesse vivere in una realtà tanto spaventosa. Quale dio poteva permettere queste atrocità?

 

«Non è niente tesoro, papà ha cacciato altri zombie. Ora se ne sono andati, non c’è più alcun pericolo.».

Era vero, non si vedevano abomini nelle vicinanze, eppure gli parve una misera bugia.

Da quando era iniziato quell’incubo, non passava giorno senza che venissero attaccati; fino ad allora, Michael era sempre riuscito ad allontanarli senza doverli eliminare, circondando la casa con palizzate e fossati o sparando qualche colpo di fucile per rallentarli. In quell’occasione però fu costretto a sporcarsi le mani: in cuor suo sapeva di non aver avuto alternative, poiché doveva proteggere Evelyn, eppure non riusciva a darsi pace.

Era sempre stato convinto che persino quelle creature, nonostante il loro aspetto mostruoso, potessero avere un’anima, dato che un tempo anch’esse erano state umane. Quella sera comprese che si era sbagliato e che in loro non era rimasto più nulla delle persone che erano state in passato.

Per come la vedeva lui, non esisteva uomo degno di quel nome capace di attaccare una bambina: evidentemente quella “malattia” era in grado di trasformare gli infetti in morti viventi privi di umanità.

Il problema maggiore era che pure i superstiti stavano smarrendo se stessi, uccidendo senza scrupoli coloro che una volta erano fratelli, mogli, figli o amici: quel giorno, al di là delle motivazioni che lo avevano spinto, anche Michael era diventato un assassino!

Quella devastante consapevolezza rievocò incessantemente i ricordi di quella sera, amplificando la morsa che gli stringeva il cuore.

 

Rivedeva il cadaverico corpo muoversi barcollante verso di lui, gli occhi vitrei fissi sulla preda come quelli di una leonessa che si avvicina lentamente ad una gazzella; invano aveva cercato di instaurare un dialogo con quella creatura, la quale avanzava imperterrita verso di lui.

Forse per incoscienza o forse per eccesso di fiducia, questo egli non lo sapeva, tuttavia si era ostinato ad usare le parole invece delle pallottole, convinto di poter fermare quell’essere senza ricorrere alla violenza.

Era determinato a porre fine a tutto quel sangue versato, a tutto quell’odio, a tutta quella paura: pensava che gli altri sopravvissuti fossero ciechi, non accorgendosi di essere stato lui il primo a non voler guardare in faccia la realtà.

Fu solo l’arrivo della piccola Evelyn ad aprirgli gli occhi, poiché, nel sentire quella candida voce, lo zombie smise di prestare attenzione a Michael e si dedicò alla ricerca della bambina; in quell’attimo, egli fu pervaso dal terrore di perdere anche la figlia, dopo aver visto sua moglie perire davanti ai suoi occhi.

Allora era stato colto alla sprovvista e non poté fare altro che guardare, ma in quell’occasione non sarebbe rimasto con le mani in mano: senza neppure rendersene conto, imbracciò il fucile e sparò all’impazzata contro le gambe del mostro, in modo da farlo cadere.

Sapeva di non averlo eliminato, non poteva uccidere in quella maniera chi era già morto; tutto ciò che gli interessava era guadagnare tempo per barricare in casa la bimba, così da metterla al sicuro.

Ignorò le lamentele di Evelyn ed i versi rabbiosi della creatura, intento com’era a sprangare la porta. Terminata la procedura, si voltò, notando con una smorfia che il nemico era di nuovo in piedi e lo stava puntando.

Cominciò a correre verso il capanno degli attrezzi, l’unico luogo all’interno del suo terreno in cui avrebbe trovato l’arma giusta per finire il lavoro. Per il bene della sua bambina, doveva annientare lo zombie che invadeva la sua proprietà, le sue convinzioni ormai non contavano più.

Attraversò la porta spalancata e si lanciò verso il muro di fronte, dove si trovavano arnesi di diversa natura, dai rastrelli alle seghe, dai martelli ai picconi. Quando trovò ciò che stava cercando, Michael afferrò con fermezza l’impugnatura e voltandosi, sollevò l’ascia sopra la sua testa, pronto a colpire il nemico che arrancava per raggiungerlo.

Bastò che il mostro lo prendesse per le spalle e la lama calò inesorabile, recidendone il livido braccio: la creatura emise un grido disumano, ma lui non si fermò e, sollevando nuovamente l’arma, tagliò pure l’altro arto.

La sua mente era completamente ottenebrata, smarrita nella furia omicida e nei ricordi che lo legavano a quel luogo, mentre si avventava sul cadavere gemente, facendolo a pezzi senza pietà …

 

«Dov’è la mamma?»

 

La domanda di Evelyn lo riscosse da quel vortice di pensieri, colpendolo come un pugno nello stomaco; con un sorriso forzato, cercò di darsi un contegno e di rispondere con un tono dolce ma fermo.

 

«Mamma è andata a trovare i nonni, vedrai che appena potrà, tornerà qui con noi. Ora pensa a dormire, chiacchierona che non sei altro: papà si lava e ti raggiunge subito, va bene?».

Attese che la figlia annuisse, poi le augurò la buonanotte e, spegnendo la luce, uscì dalla camera per dirigersi spedito verso la doccia. Si tolse in fretta i sudici vestiti e si lasciò avvolgere dal tepore del getto d’acqua, sfregandosi energicamente la pelle sporca del sangue della creatura.

I pensieri non gli diedero tregua neppure in quel frangente, trascinandolo bruscamente in quel maledetto capanno, teatro della tragedia di cui era lo sciagurato protagonista.

 

Rivide sua moglie Lois, una volta serena e spensierata, che misurava la stanza a grandi passi, visibilmente agitata; ricordò come le si era avvicinato lentamente, cercando di afferrarla per le spalle per farla tornare in sé.

Lei continuava ad evitarlo, facendo piroettare ovunque quegli scintillanti occhi blu per i quali Michael aveva perso la testa anni prima. Si muoveva incessantemente, delirando sulla morte, sull’amore e sulle cose che andavano fatte; lui non riusciva a capire cosa stesse mormorando, credeva fosse semplicemente spaventata dall’epidemia che andava diffondendosi.

E mentre lui cercava di placarla con parole cariche di speranza e di fiducia nell’umanità, lei si girò improvvisamente, le lacrime che scorrevano copiose lungo il volto tirato e pallido. Lo fissava disperata , la palma sinistra puntata verso di lui, tenendo l’altra nascosta dietro la schiena.

Lo shock che provò quella volta fu quasi palpabile, come la mano di un gigante che lo stritolava, impedendogli di muovere un muscolo; cercò di dire qualcosa, qualunque cosa, ma dalla sua bocca non uscì nulla, era completamente paralizzato.

Se solo avesse parlato, se solo non l’avesse lasciata fare …

 

Sotto quell’acqua calda, Michael si morse il labbro inferiore e si massaggiò vigorosamente i corti capelli neri: voleva rimuovere dalla sua testa quei terribili ricordi insieme ai grumi di sangue, ma non ci riusciva.

Non poteva cancellare quel dolore, non poteva lavare via quelle colpe di cui si era macchiato: era stato debole, egoista, stolto, ed Evelyn aveva rischiato di morire per questo! Quei pensieri lo avrebbero condotto alla follia, ed in cuor suo sentiva di meritare quel destino …

 

Era stato il suo silenzio ad uccidere Lois, non il virus: lei era terrorizzata e lui non era riuscita a confortarla, per questo lei si era puntata la pistola alla tempia destra e si era sparata!

Era responsabile della morte di sua moglie, ma era stato troppo vigliacco per ammetterlo: si era persino rifiutato di seppellirne il cadavere, lasciandolo in quel capanno maledetto.

Peggio ancora: si era limitato a chiuderlo con un chiavistello, lasciando uno spiraglio aperto così da infilargli i generosi avanzi dei pasti. Perché lui continuava a preparare cibo per tre persone, dicendo ad Evelyn che si allenava in vista del ritorno di mamma: che persona meschina che era …

Quelle bugie, raccontate per non turbare la figlia, erano il suo modo per negare la realtà, senza pensare minimante alle conseguenze che ciò avrebbe avuto. Con tutti gli attrezzi che avevano, era evidente che prima o poi il chiavistello non sarebbe bastato a chiudere la porta, ma la sua mente era ottenebrata dal furore per pensarci.

Persisteva nel costruire palafitte e fossati, in modo da proteggersi dagli zombie all’esterno, dimentico della serpe che andava allevando in seno.

Era impazzito, quella era la verità: come si spiegava altrimenti la gioia provata nel vedere Lois uscire dal capanno, il sangue rappreso sulla testa e lungo i capelli un tempo biondi, lo sguardo vuoto ed il viso cadaverico? Come spiegare la sua ostinazione nel raccontarle aneddoti della loro vita coniugale, mentre lei gli andava incontro famelica?

Se la sua bambina non lo avesse chiamato in preda al panico, forse si sarebbe accorto troppo tardi dell’enorme sbaglio compiuto. Avrebbe dovuto farla a pezzi e seppellirla prima che diventasse uno zombie senz’anima, invece di negare a se stesso la vera natura dei segni che Lois aveva sulla mano sinistra. Era chiaro come il sole che fossero morsi, ma lui non poteva accettarlo: il valoroso Michael Connelly, che aveva realizzato tutte quelle barricate contro i mostri, non poteva aver fallito nella sua opera di protezione.

Era tardi per piangere sul latte versato, doveva assumersi le sue responsabilità ed andare avanti; doveva farlo per se stesso, per la sua amata Lois e per la loro meravigliosa bambina.

Se si fosse abbandonato allo sconforto, chi avrebbe protetto la sua piccola? No, non poteva perdere anche lei: alla fine era riuscito a fare ciò che andava fatto, per quanto doloroso fosse e nonostante tutti i suoi sbagli, questo era ciò che contava.

In fin dei conti, come poteva lui, che tanto difendeva l’umanità, andare contro la sua stessa natura; non si è sempre detto che “errare è umano”?

Con un gesto secco, chiuse i rubinetti ed uscì dalla doccia, asciugandosi blandamente ed indossando degli indumenti puliti, per poi raggiungere Evelyn. Entrando nella stanza, si soffermò a guardarla e comprese che era giusto così: dovevano sopravvivere a quell’inferno, in nome dei caduti, senza però smarrire se stessi.

  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Chloe R Pendragon