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Autore: Ossidiana_    26/05/2014    3 recensioni
Robin era stata abituata a vedere la sua vita in nero, Luke ormai combatteva e basta.
Ma a volte il nero può trasformarsi in grigio, a volte il nero può diventare azzurro.
Quando si hanno gli stessi demoni, quando si hanno le stesse cicatrici entrare in relazione risulta subito facile. Ma si può ricominciare una vita con l'ombra delle tenebre sempre pronta ad oscurare il sole?
*****************
-Se hai paura di essere toccata da anima vita come farai?-
-Mi hai difeso, te lo devo- la mia mano trema nel posarsi sul suo labbro e lui sussulta per il dolore.
-Non devi aver paura di me, so che sta sera non sono stato proprio il massimo della gentilezza e di questo ti chiedo scusa, ma io non sono cattivo, volevo solo proteggerti-
-Da cosa?-
-Da me-
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mi stiracchio leggermente guardando dal finestrino il paesaggio australiano che si va sempre più nitido. Tolgo le cuffie arrotolandole cautamente attorno alla mia piccola mano per poi metterle nella tasca davanti del mio zainetto fucsia pieno di spille e ormai logoro.
Ripenso a come è cambiata la mia vita nel giro di pochi mesi: quando finalmente io e mamma c’eravamo liberate di Bruce che per anni ci aveva picchiate, ecco che si è affacciato un male che nessuna delle due ha potuto sconfiggere. Il tumore hai polmoni se l’è portata via in poco tempo ed ora io mi ritrovavo su un aereo diretta per Sidney per andare a vivere da una sua vecchia amica che aveva conosciuto durante l’Erasmus.
-Tesoro ti serve qualcosa?- scuoto la testa sorridendo all’hostess che per tutta la durata del volto, venti lunghissime ore, mi ha riservato un occhio di riguardo, dopotutto sono sempre una ragazzina di 15 anni che viaggia dall’Inghilterra a Sidney tutta sola.
L’aereo inizia la manovra di atterraggio ed io allaccio le cinture di sicurezza controllando l’orario dall’iPhone, sono le sette del mattino.
Quando le porte dell’aereo si aprono un vento freddo mi investe, mi sono dimenticata che a giugno in Australia fa freddo. Apro lo zaino prendendo la mia ormai vecchia felpa delle Oxford e indossandola per poi dirigermi dove il nastro trasportatore porta le valige, appena adocchio le mie, rigorosamente viola, le prendo uscendo da quella zona.
Quell’aeroporto è immenso, quasi più grande dell’Heatrow di Londra, e tutta quella confusione provoca in me i soliti tic nervosi, come quello di arricciarmi le punte azzurre dei miei capelli ramati, non sono mai stata una ragazza facile.
-Robin!- sento il mio nome, era da tanto che nessuno mi chiamava così. Mi volto in diverse direzioni vedendo una donna bionda e dagli occhi azzurri che sventola in alto la mano per attirare la tua attenzione. –Ciao tesoro, è bello conoscerti- mi abbraccia come se mi conoscesse da sempre ed io ricambio un po’tentennante.
-Ehm, salve, lei dovrebbe essere Elizabeth, è un piacere conoscerla, mia madre mi ha parlato tanto di lei- mi fa una carezza sulla guancia sorridendo, mi sta già simpaticza.
-Dammi del tu e chiamami Liz tesoro-
-Oh va bene allora lei…ehm tu chiamami pure Brin, mi chiamano tutti così- le parole per poco non mi muoiono in gola, mia madre ha coniato quel soprannome per me quando ero ancora in fasce.
-Va bene Brin, ora se mio figlio si va vivo ti porto a casa- cado dalle nuvole, nessuno mi aveva detto che avesse un figlio, io non sono proprio brava a socializzare, sto sempre zitta a scrivere storie che mai nessuno leggerà sul mio diario, a citare frasi di canzoni sul banco, o semplicemente a stare attenta alla lezione.
-Ecco ma’, scusa per il ritardo ma non trovavo parcheggio- un ragazzo alto, dai capelli biondi e gli occhi azzurri compare davanti a noi, se non avessi totalmente paura della razza maschile da nove anni a questa parte direi che è proprio un bel ragazzo.
-Tranquillo Luke, ora aiuta Brin con le sue valige- per una frazione di secondo i nostri occhi si incastrano gli uni negli altri e una strana sensazione mi invade.
-Che figata ma tu hai gli occhi viola!-
-Luke!-
-Scusami non volevo essere così esplicito, ora ti porto le valige-
-No lascia faccio da sola- nel chinarci entrambi le nostre dita si sfiorano ed io mi ritraggo spaventata, non mi faccio toccare da nessun rappresentante della razza maschile.
Per tutto il viaggio non proferisco parola, mi limito ad osservare il paesaggio nuovo che mi si dipinge per la prima volta davanti agli occhi e a schivare le occhiate fugaci che Luke mi riserva dallo specchietto laterale.
-Devi essere molto stanca Brin, magari vorresti riposare…quante ore di volo sono state?-
-Un bel po’-
-Ci sono tante ore di differenza tra qui e Londra?- è la prima volta che Luke apre bocca da quando siamo in macchina.
-Solo 9- il silenzio torna a regnare in quell’abitacolo ma fortunatamente la destinazione ormai è vicina. Arriviamo  ad una villetta bianca con un giardino enorme e tanti fiori, alla mamma sarebbe piaciuta tantissimo.
-Ma che ci hai messo in queste valige?- il borbottio di Luke mi fa abbassare lo sguardo mentre lui prende tutti i miei bagagli.
-Tutte le mie cose…va be’ dai aspetta ci penso io- mi sottrae la valige davanti agli occhi fulminandomi.
-Ho detto che faccio io…mamma le porto in camera mia?- quando entro dentro quella casa un senso di tranquillità mi infeste. Un odore di gelsomino mi penetra nel naso e la vista di tutto quell’ordine mi stupisce, a casa mia non c’è mai stato.
-Si Lukey…Brin per un po’dovrai stare in camera di mio figlio, ancora dobbiamo sistemare la tua camera…so del tuo problema e ti assicuro che lui dormirà sul divano-
-Oh ma potrei dormirci io, non mi sembra giusto…-
-A me va bene così, tranquilla, ora se vuoi andarti a riposare o a sistemare le cose fallo, ma sta attenta a non spostare la mia roba o sei finita- deglutisco a fatica e devo aver assunta un’espressione terribile in volto perché Luke strabuzza gli occhi passandosi nervosamente le mani nei capelli. –Ehi Brin scherzavo, non intendevo davvero…-
-I-io a-andrei a r-riposare-
-Seconda porta a destra- la camera di Luke è dipinta di tutte le colorazioni del blu e non è come me l’aspettavo. Ci sono molte cose in disordine, vestiti sparsi qua e là e poi, sul muro che sta proprio di fronte al letto, tantissime foto: paesaggi, Luke da solo o con i suoi amici e con quella che dovrebbe essere la sua ragazza, sembra essere più grande di lui di qualche anno. Ha pure il bagno in camera, perfetto.
Inizio a disfare le valige cercando di non alterare troppo l’habitat del ragazzo fin quando non trovo quella cosa che attira sempre la mia attenzione. Non so da quanto tempo sono autolesionista, sinceramente ho perso pure il conto, sta di fatto che nemmeno sta volta riesco a resistere e nuovi tagli solcano la mia pelle bianca. Doveva essere una nuova vita ma fin ora il nero che l’ha avvolta sembra solo aver assunto una colorazione grigiastra. Mi getto sul letto sospirando e poco dopo mi addormento, colpa del jet leg.
-Ehi Brin, svegliati dai- apro piano piano gli occhi, Luke mi sta scuotendo ed io sussulto spaventata per quel contatto. –Vedi che non ti mangio mica-
-Scusa, è che…è una storia lunga-
-Mi piacerebbe conoscerla- questa è la prima volta che mi sorride da quando siamo arrivati ma non basta per farmi aprire totalmente con lui, il guscio è troppo duro.
-Che ore sono?-
-L’una-
-Cavolo ho dormito tanto-
-Senti mia madre ha detto di farti fare una breve visita della città, o almeno dei posti che frequento io, ci stai?- rigiro uno dei miei tanti bracciali senza guardarlo in faccia, quegli occhi azzurri mi mettono soggezione, quegli occhi azzurri nascondono una storia.
-Non devi farlo solo perché te lo ha chiesto tua madre, per me va bene lo stesso-
-Io voglio, cioè vivremo sullo stesso tetto per parecchio tempo quindi tanto vale andare d’accordo no?- si alza di scatto tendendomi la mano che però non afferro. –Ovviamente non posso ancora guidare, non ho ancora sedici anni- mi rannicchio nella mia felpa della Oxford, fa davvero freddo.
-E quando fai il compleanno?-
-Tra sedici giorni-
-Allora non sei tanto più grande di me-
-A quanto pare…- il silenzio cala, chissà cosa sa lui di me, se sa davvero tutta la mia storia, se prova pena, che è a cosa che odio di più al mondo.
-Hai una bella camera, soprattutto la parte con le foto- lo vedo irrigidirsi e subito mi pento di quel che ho detto.
-Le hai viste?-
-Si sono molto belle…-
-Non ti azzardare a fare cenno a quelle con una ragazza dai capelli scuri, devo ancora toglierle- abbasso lo sguardo, sembra veramente arrabbiato.
-Scusa- lo guardo sottecchi passarsi nervosamente le mani fra i capelli, evidentemente quella ragazza gli deve aver fatto qualcosa di brutto, lo deve aver ferito. –Sai mia madre aveva la fissazione delle foto, quando ero piccola me le scattava in continuazione, anche col volto pieno di lividi, cercava di farmi apparire felice nonostante Bruce-
-Il compagno di tua madre vi picchiava?-
-Si- deglutisco a fatica, non è mai facile ricordare certe cose.
-Mia madre mi aveva detto che avevamo una storia simile…e questo spiega perché ti spaventi ogni volta che provo a sfiorarti-
-Esattamente…Che vuoi dire che abbiamo una storia simile?- lo vedo mordersi il labbro, non deve essere un argomento facile.
-Mio padre quando era stressato dal suo lavoro picchiava me e mia madre, ma una volta ho avuto il coraggio rispondere alle sue botte, avevo 13 anni e da allora la mia vita è cambiata per sempre. Posso dire che questo forse mi ha rovinato, ma sono contento di essere riuscito a difendere mia madre- non avrei mai potuto immaginare che avesse una storia tanto simile alla mia, ora forse ho capito perché mia madre nel testamento ha voluto che andassi a vivere da loro.
-Io tre anni fa ho denunciato Bruce alla polizia- la sua bocca si apre in un sorriso mesto che non mostra nemmeno i denti.
-Siamo più simili di quel che sembra, abbiamo gli stessi demoni- non avevo mai trovato qualcuno che avesse le mie stesse cicatrici, che capisse quello che ho passato. Nella vecchia scuola ero parecchio sola, non avevo una migliore amica, troppo complicato per me entrare in rapporto con le altre persone, troppo complicato capire perché per tutte le altre ragazze fosse importante piacere ad un ragazzo o vestire bene, io indossavo quel che mi colpiva di più al primo sguardo, mi truccavo poco alla fine, solo gli occhi, mi piaceva metterli in evidenza, ma dopo un po’mi scocciavo stare davanti allo specchio e lasciavo perdere, e soprattutto stavo alla larga dai ragazzi e loro facevano lo stesso con me, non ero una di quelle ragazze che potesse piacere, con la mia 44 di pantaloni e un libro sempre sotto braccio. –Hai fame?- la sua voce, sta volta più dolce e quasi divertita mi riporta alla realtà.
-Da morire- alza un sopracciglio curioso prima di scoppiare a ridere.
-Quindi non sei una di quelle ragazze che campa di insalate?-
-Beh guardami bene, sono enorme, non è proprio il caso-
-Non sei grassa, non iniziare a pensarlo che poi diventerà il tuo punto debole- quello che all’apparenza mi era sembrato un ragazzo strafottente ora dava sempre più l’idea di una persona matura, anche troppo per la sua età. –Questa cara mia è uno dei miei posti preferiti, ci vengo a mangiare spesso- guardo spaesata quell’enorme Hard Rock che pullula di gente e di musica rock in sottofondo.
-Non ci credo quello è un vinile dei Nirvana originale?- mi avvicino curiosa all’oggetto guardandolo con un mezzo sorriso.
-Ti piacciono i Nirvana?-
-Diciamo che mi piace spaziare come musica: passo dai Nirvana agli One Direction, dagli Arctic Monkeys a Justin Bieber, dagli AC/DC a Demi Lovato, dai Mayday Parade a Taylor Swift e così via- Luke non parla, si limita a fissarmi sorridendo con le mani cacciate negli skinny jeans. –Senza dimenticare i Paramore, i Green Day e i Metallica-
-Dove sei stata tutto questo tempo?-
-Kingstood Wood, numero 13, Londra, Inghilterra- si passa la lingua sulle labbra senza smettere di ridere.
-Davvero fin ora ho conosciuto soltanto ragazze che, beh è difficile trovare una ragazza che ne capisca di musica- addenta il panino facendo cadere tutto il ketchup sulla maglietta nera dei Nirvana. –Merda-
-Tranquillo non si nota…e poi a me non piace di parlare di ‘buona musica’ o cose del genere, per me esiste solo un tipo di musica ed è quella che ti fa sentire bene-
-Fai questo discorso al mio amico Michael e vedrai che ti chiederà di sposarlo- rido notando Luke destreggiarsi con qualcosa dentro le tasche dei suoi jeans per poi estrarne finalmente il portafoglio da dove prende due banconote da dieci dollari australiani.
-Ehi che hai intenzione di fare? Facciamo a metà- mi fulmina con lo sguardo lasciando i soldi sul tavolo dentro il menù nero.
-Brin sappi che quando sarai con me non pagherai mai, nessuna ragazza lo fa- incrocio le braccia al petto scatenando le sua risate, una risata che però non mi sembra totalmente libera e felice, ha un qualcosa di triste in sé, ha una sfaccettatura oscura.
 
-E questo Brin è la Norwest Christian College, la tua nuova scuola- guardo la struttura in tutta la sua imponenza e non trovo molte differenze con la scuola in cui andavo prima, tranne per il fatto che qui, iniziando l’anno scolastico a marzo, sono ancora al primo anno, mentre in Inghilterra l’ho già finito. –Si sarai una matricola- scuoto la testa, è come se avesse letto nella mia mente.
-Beh meglio, posso ricominciare tranquillamente- Luke si limita a sorridere e in quel momento la sua attenzione viene catturata da un vociare di ragazzi che chiama il suo nome.
-Ehi Luke si può sapere dove sei finito? E’tutta la giornata che ti cerco- un ragazzo dai capelli biondi seguito da un altro con i capelli del medesimo colore e uno dalla chioma scura si avvicinano a lui.
-Si ehm ho avuto da fare- indica con la testa me e sento tre paia di occhi su di me. Arrossisco, non sono abituata a stare al centro dell’attenzione, l’ultima volta che è successo è stato quando l’avvocato mi ha chiamato a testimoniare contro di Bruce al processo, e non è stato facile raccontare gli ultimi nove anni davanti a tutta quella gente che mi guardava con occhi pieni di pena. Pena, è la cosa che odio di più al mondo.
-Così tu sei Robin-
-Brin- lo corregge Luke, forse ha capito che io sarei rimasta zitta con le guance rosse troppo imbarazzata e troppo timida.
-Beh è un piacere conoscerti, io sono Michael e loro sono Ashton e Calum- la sua mano si tende verso la mia accompagnata da un sorriso caloroso e da un paio di occhi color verde acqua molto accesi e vivaci. Luke gli fa segno di no e lui si ritira continuando a sorridere.
-Comunque ero venuto a dirti che sta sera era stato tutto spostato alle nove e mezza- Luke si passa una mano fra i capelli sbuffando mentre il suo sguardo passa frettolosamente da me al suo amico.
-Non avevo contato che venisse Brin, non so se dovrò portarla con me sta sera e sinceramente non penso che sia una buona idea farla venire lì- non era la prima volta che mi capitava che la mia presenza non fosse gradita, ormai ci avevo fatto l’abitudine. Ricorda che quando ero alle medie una mia compagna aveva pagato l’altra per tenermi il più possibile lontano da lei e dalle sue amiche, a volte le ragazze sono proprio stronze.
-Per me non c’è nessun problema Luke, se sono d’intralcio posso anche rimanere a casa, non c’è bisogno che mi scorrazzi in giro- i suoi occhi si puntano su di me accompagnati da un sospiro.
-Ma tu hai gli occhi viola!- in un minuto anche gli atri due i avvicinano a me per vedere quello stupidissimo colore che mi porto dietro da quindici anni.
-Che figata ma sono veri o lentine?-
-Veri- quello che deve essere Calum mi guarda con la bocca aperta, ho sempre odiato questa cosa. –Vi prego non mi fissate così, mi ha sempre dato fastidio- porto una mano a coprire gli occhi, appena si potrà farò un intervento per cambiarne il colore.
-Bravi ragazzi, sono dieci minuti che la conoscete e già l’avete spaventata…comunque non è che non ti voglio tra i piedi è che…è complicato- porto lo sguardo su Luke che sembra in conflitto con se stesso, mi chiedo cosa debba succedere sta sera.
-Puoi anche non andarci, per noi sarebbe una buona cosa-
-Taci Ashton, sai che non posso- il biondo biascica un ‘sono due anni più grande di te, dovresti portare rispetto’ incrociando le braccia al petto. –Ci penserò più tardi, ora dobbiamo andare, ci vediamo sta sera ragazzi-
-Okay a dopo, ciao Brin- scuoto la mano facendo ridere Michael, mi sta simpatico quel ragazzo.
-Davvero Luke per sta sera se c’è qualche problema…-
-Brin per favore finiscila con questo vittimismo devo pensare- torturo le mie mani con lo sguardo basso.
-Non è vittimismo, lo dico davvero- sospira rumorosamente e poi cala il silenzio, è strano come riesca a cambiare umore così rapidamente, ma forse questa cosa è così importante per lui che non riesce a gestirla, in fondo non mi va di giudicarlo, e poi fin ora è l’unico che si avvicina ad una specie di amico e non mi va di complicare le cose.
-Ciao ragazzi vi siete divertiti?- Liz è impegnatissima a cucinare però ci regala lo stesso un sorriso.
-Ehm si…io, ecco…potrei andare a fare un bagno?-
-Certo tesoro, questa ora è casa tua, non devi chiedere il permesso- la sua mano si posa sulla mia spalla e poi sulla mia guancia, quella donna mi infonde tranquillità.
Salgo in camera di Luke aprendo l’acqua della vasca e selezionando la modalità casuale dal telefonino. Le note di Teenage dirtbage riempiono il bagno mentre io mi lascio andare nell’acqua bollente e piena di schiuma. Ricordo che quando ero piccola mia madre mi diceva che le mie gambe le ricordavano una mappa geografica per la quantità di lividi che vi stava sopra, in parte per le botte di Bruce in parte per la danza, mi facevo sempre male. Qualche volta mi piacerebbe riprenderla, mi divertivo.
-Brin tutto okay? E’mezz’ora che stai chiusa qua dentro!- la voce di Luke riesce a superare il suono delle chitarre dei Green Day in Oh Love. Esco dalla vasca scivolando sul pavimento e trascinando con me il telefonino che interrompe la musica, credo di averlo distrutto totalmente. –Brin?!-
-E’tutto okay Luke, sto uscendo- mi asciugo velocemente vestendomi e prendendo l’iPhone che non dà più segni di vita. Quando apro la porta mi scontro contro il petto di Luke che ha un braccio appoggiato allo stipite e la gamba destra accavallata su quella sinistra.
-Si è rotto?-
-Penso di si- lo agito freneticamente come se potessi risolvere la faccenda così, ma ottengo solo un leggero bagliore e quando lo schermo finalmente compare una linea blu lo costeggia da sopra a sotto. –Perfetto, i cristalli liquidi se ne sono andati a fanculo- lo prende tra le sue grandi mani rigirandoselo pensieroso.
-Domani lo portiamo ad aggiustare, ora scendi, la cena è pronta- lo seguo giù prendendo poi posto al tavolo dove Liz ha messo un ben di dio ci cibo.
-Wow-
-Devi sapere che Lukey mangia tanto- gli scompiglia i capelli biondi e lui le sorride teneramente, per quanto possa sembrare un duro con sua madre si scioglie e diventa dolcissimo. –Era da tanto che non eravamo tre a tavola-
-Ma’io e Brin usciamo dopo cena-
-Dove andate?- Luke mi blocca con i suoi occhi azzurri come ad intimidirmi di non dire niente di quel che è successo oggi.
-Un giro con Mike, Ash e Cal-
-Luke non vorrai mica andare di nuovo in quel postaccio vero?- giocherella spostando le verdure nel suo piatto e Liz sospira rumorosamente, io continuo a non capire. –Luke ti prego…-
-Non ci vado, secondo te porterei Brin con me? L’ultima volta che ho portato una ragazza non è finita per niente bene-
-Ti chiedo solo di stare attento, so che è il tuo modo di sfogarti e di fare giustizia ma…-
-Non ne voglio più parlare- si alza lasciando tutto il cibo sul piatto e dirigendosi in camera sua. La porta sbatte violentemente, Liz sospira.
-Mi dispiace che la tua prima cena qui sia stata così movimentata-
-Non ti preoccupare…la calma non è mai stata una qualità presente nella mia vita- sorride mestamente passandomi una mano tra i capelli.
-Sei una brava ragazza Brin, mi ricordi tanto tua madre, avete lo stesso sguardo, la stessa voglia di capire, l’ho notato nel momento in cui ti ho vista varcare la soglia dall’aeroporto-
-Nessuno me lo aveva mai detto- si alza prendendo i piatti ed io la aiuto sotto il suo sguardo contento. –Che posto è quello in cui andremo sta sera?-
-Sulla ventiquattresima strada c’è un quartiere, il North Shore, che è come il Bronx a New York. Qui un gruppo di ragazzi ha creato un luogo, il Centro, in cui fanno sfidare gli studenti di tutte le scuole della città in incontri di boxe e chi vince riceve una somma in denaro. Luke all’inizio vi partecipava per far fronte alle nostre ristrettezze economiche, ma ora continua, e anche dopo quel fatto…- rimango a bocca aperta davanti a quella confessione e gli occhi pieni di lacrime di Liz mi stringono il cuore in una morsa.
-Non c’era bisogno di raccontare tutta la storia- Luke davanti a noi, le mani strette a pugno, gli occhi color del ghiaccio quasi chiusi a due fessure. Indossa una felpa blu scuro, un paio di pantaloncini rossi e tiene in mano un borsone. –Andiamo Brin, mamma non ci aspettare svegli-
-Devo prendere la felp…-
-Ho detto andiamo Brin- quel suo tuono, quasi un urlo, mi fa accapponare la pelle, mi ricorda quando Bruce ci gridava contro. Mi stringo nelle braccia camminando dietro di lui che procede a passo svelto. –Aumenta il passo, non è raccomandabile camminare per queste strade a quest’ora- le dita della sua mano si intrecciano delicatamente con le mie per sospingermi in avanti al suo fianco.
-Luke…- tremo per quel contatto attirando la sua attenzione, i suoi occhi mi guardano dispiaciuti, il suo pollice accarezza il dorso della mia mano per tranquillizzarmi.
-Non ti farò del male Brin, te lo prometto, ma devo tenerti il più possibile vicino a me- deglutisco a fatica mentre lui continua ad accarezzare la mia mano per infondermi sicurezza.
-Allora sei qui- Michael scende da un bidone di benzina dirigendosi verso di noi a passo svelto. Guarda le nostre mani unite curioso e insospettito.
-Evita di fare battute, comunque rimani tu con lei?- posiamo entrambi lo sguardo su di lui mentre il vento mi fa rabbrividire, perché ho messo le maniche corte?
-Sai che hai bisogno di almeno un testimone quando combatti- si passa le mani sul volto per poi spettinarsi i capelli nervoso. Tortura il suo labbro mordendolo in continuazione.
-Luke perché non posso venire dentro con te?-
-Già non saresti dovuta venire fin qui, là dentro tu non ci entri- cala la zip della felpa togliendosela e rimanendo a petto nudo. La appoggia sulle mie spalle incoraggiandomi a cacciarci le mani dentro senza schiodare gli occhi da me. –Tu ora rimani qui bella bellina, non parli con nessuno e non ti azzardi ad entrare dentro il centro capito?- tira su la cerniera della felpa tirandomi su il cappuccio. Mi sta lunga, lui è molto più alto di me ed è intrisa del suo profumo, quante cose in un giorno.
-Ma Luke…-
-Per favore Brin non complicare le cose, te lo sto chiedendo in ginocchio- abbasso lo sguardo sospirando e giocando con le maniche lunghe della felpa.
-Va bene, non ti creerò più problemi- lo sento sospirare e alzo lo sguardo quando le due figure iniziano a scomparire dal mio campo visivo.
Non so per quanto tempo rimango lì cercando di passare inosservata all’orda di ragazzi che passa davanti all’ingresso del centro. Posso sentire le urla di incitamento, le urla che incitano Luke e una parte di me vorrebbe correre dentro a vedere che succede, perché è strano lo so, ma è come se fossimo entrati subito in sintonia, abbiamo gli stessi demoni, le stesse cicatrici.
Cerco di sedermi sul bidone della benzina dove prima stava Michael e con molta fatica ci riesco, non sono mai stata il top dell’agilità.
Guardo le mie Converse dondolare senza toccare il terreno, il mio scarso metro e sessanta di altezza.
-E quindi tu saresti la nuova ragazza di Hemmings?- alzo lo sguardo vedendo un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi blu fissarmi con un sorrisetto furbo stampato sul volto.
-Hemmings?- quel nome non mi è nuovo, dove l’ho già sentito? –Ah vuoi dire Luke- si lascia scappare un risolino che mi fa accapponare la pelle nonostante la felpa di Luke mi tenga abbastanza al caldo.
-Si Luke…allora sei la sua nuova bambolina-
-No, sono solo- cosa sono io per Luke? Ci conosciamo da nemmeno un giorno quindi non possiamo definirci amici. –Diciamo che ci conosciamo-
-Hai un bel paio di occhi viola- lui si avvicina a me e il fiato inizia a farsi corto. Indietreggio cadendo rovinosamente a terra sbattendo la schiena, un dolore lancinante parte dalla spina dorsale e sale su. –Hai paura?- mi rialza a fatica, ho le spalle al muro, dannata me e quando mi faccio coinvolgere negli affari di Luke.
-Josh allontanati da lei ora- le parole sputate dal biondo, arrivato improvvisamente insieme a Michael, non fanno altro che farlo ridere di più.
-Perché? Hai paura che finisca come l’ultima volta Luke?- il ragazzo si getta su di lui caricandolo di pugni, sembra che abbia perso il lume della ragione. Josh però non è il tipo che si fa sottomettere e ribalta la situazione prendendolo a pugni a sua volta.
-Luke ti prego basta, Luke!- si rialzano bruciandosi con lo sguardo pronti per accapigliarsi di nuovo ed io chiudo gli occhi tremando per il gesto che sto per fare. Allungo la mano toccando il braccio di Luke che si gira verso di me stupito. –Ti prego basta, non sopporto la violenza- il muscolo del suo braccio si rilassa chiudendo gli occhi per poi riportarli su Josh.
-Stalle alla larga- la sua voce è più vicina ad un sibilo e mi trascina via posando un braccio sulle mie spalle.
-Chi era quello? E tu…oddio guarda come ti sei conciato- il suo labbro è spaccato, la sua guancia rossa e uno dei suoi occhioni azzurri e contornato da un’enorme macchia nera.
-Non è il momento di fare domande- mi divincolo dalla sua presa togliendo la felpa e lanciandola a Michael che ci guarda senza sapere cosa fare. Luke la prende e la indossa. –Morirai di freddo così-
-Pazienza- sospira rumorosamente prima di fermarsi davanti ad un pick-up nero. Apre la portiera abbassando il sedile mentre Michael prende il posto del guidatore.
-Sali- sbuffo prendendo posto dietro con le braccia incrociate e la testa appoggiata al finestrino.
-Devi medicarti quelle ferite-
-Ti ci metti pure tu Michael?- porto le mani sulle orecchie, odio le urla, mi ricordano quelle di Bruce, mi ricordano quei giorni bui.
-Sono tuo amico da anni Luke, sono solo preoccupato-
-Beh non devi esserlo- tira un pugno alla portiera cacciando un urlo quasi animalesco, il mio cuore inizia a battere freneticamente.
-Ti prego Luke non gridare- guarda la mia figura rannicchiata in un angolo, non so se riesce a vedere i miei occhi lucidi, ma sta di fatto che sembra calmarsi, dischiude i pugni, rilassa le spalle e flette la testa sul palmo sinistro della mano.
A casa Hemmings solo una luce è accesa, quella del soggiorno. Luke caccia le mani nella tasca della fredda estraendo un mazzo di chiavi argentate che riflette il chiarore della luna. Il silenzio regna sovrano in quella casa, non si sente volare nemmeno una mosca, non si sentono i nostri respiri, gli organi del nostro corpo sembrano essersi fermati in concomitanza con l’ambiente.
Luke si sdraia piano piano sul divano gemendo per il dolore, respira a tratti e il labbro deve fargli parecchio male.
-Dove tenete la cassetta per il pronto soccorso?-
-Che hai intenzione di fare?-
-Se non ti medichi quelle ferite si infettano- sbuffa guardandomi con un sopracciglio alzato. –Guarda che non mi muovo da qui finché non mi dici dov’è-
-Nel bagno di mia madre, è accanto a camera mia- salgo le scale velocemente cercando di non svegliare Liz e aprendo tutti gli sportelli. –E’quello in alto- caccio un urlo, la figura di Luke appare davanti a me, non l’ho sentito arrivare. Porto istintivamente una mano sul cuore come se in qualche modo potessi calmare il battito.
-Perché mi devi far morire?- guardo la cassetta posta in alto e allungo il braccio ma non ci arrivo. Luke ride e la prende al posto mio posandola tra le mie mani. –Siediti che non ci arrivo- abbassa la tavoloccia del water e vi ci siete sopra osservando ogni mio minimo movimento.
-Se hai paura di essere toccata da anima vita come farai?-
-Mi hai difeso, te lo devo- la mia mano trema nel posarsi sul suo labbro e lui sussulta per il dolore.
-Non devi aver paura di me, so che sta sera non sono stato proprio il massimo della gentilezza e di questo ti chiedo scusa, ma io non sono cattivo, volevo solo proteggerti-
-Da cosa?-
-Da me-
 

Sbam!

Si lo so cosa state pensando, non è passata nemmeno una settimana dalla fine di Beside you e già io me ne spunto con una nuova ff, e bene sappiate che ne ho in mente pure un'altra muahaahahaha (?).
Anyway che ve ne pare dell'inizio di questa storia? Vi avverto che i ragazzi non saranno famosi (ma che trasgry che sono lol) ma quattro comuni adolscenti. Detto questo mi dileguo che devo andare in palestra e mia nonna mi lincia, un bacio, Ossidiana xx
   
 
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