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Autore: FairyTaleTeller    26/05/2014    1 recensioni
Tutto inizia con una scintilla, goccia, granello o soffio.
Primo capitolo di un libro che ho intenzione di scrivere in questi tre mesi estivi che seguiranno.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Cronicles of the Black Dragon'
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Tutto inizia con una scintilla, goccia, granello o soffio 

Capitolo 1

 
Ahh la morte…cosi bella nelle sue varietà.
Se dovessi decidere come morire, preferirei morire affogata. Si, insomma, ti addormenti mentre i polmoni si riempiono di liquidi. Non riesci a respirare, ma almeno non è doloroso. Ti senti abbracciare dalla stretta dell'oscurità, che ti avvolge fino ad inabissarti sul fondo dell'oceano.
Quella potrebbe essere una morte accettabile.
Morire bruciata, invece. Quello si che sarebbe doloroso sul serio.
Ed ironia della sorte è quello che sta per accadere.
Quella scuola che avevo sempre odiato aveva preso fuoco. L'allarme scattò troppo in ritardo e io ed una mia compagna di classe rimanemmo bloccate a pochi metri dall'uscita.
Vedevo i volti dei professori e degli studenti dalla porta a vetri, ma non potevo muovermi.
Una trave e dei calcinacci mi avevano schiacciato una gamba fratturandola.
Guardavo di lato e vedevo lei, svenuta sul pavimento che tossiva ed ansimava.
Incominciavo a perdere il respiro, non riuscivo a tenere gli occhi aperti e il dolore alla gamba era insopportabile.
Rimpianti? Certo, non avevo mai visto l'alba, non avevo ancora chiesto al ragazzo che mi piaceva di uscire con me,  non ero riuscita ad incontrare quella rockstar che tanto mi piaceva.
Avevo 16 anni in fondo. Il mio più grande rimpianto era quello di non esser riuscita a trovare uno scopo. Qualcosa per continuare ad andare avanti.
Ma ormai era tutto inutile.
Non mi rimaneva che chiudere gli occhi, rilassarmi e morire soffocata dal fumo prima di provare il bruciore delle fiamme sulla mai pelle.
-Ti stai già arrendendo?-
Riaprii gli occhi girandoli nelle orbite per guardare intorno.
-Pensavo che fossi forte…ti vanti sempre della tua forza…-
Che voce flebile, debole.
-Chi parla?- Quasi sussurrai quelle parole per colpa della gola che pizzicava a causa del fumo.
-Non mi vedi? Sei cieca per caso?-
Lei. La ragazza che era svenuta si era svegliata, e mi stava anche rimproverando.
-Che senso avrebbe resistere? Siamo morte ormai, giusto?- Continuò rimanendo immobile, con una guancia poggiata sul pavimento.
Pensai un secondo prima di parlare.
-Tu…per cosa continueresti a vivere?- La guardai, poggiando una mano sotto il petto per cercare di contrastare il dolore ai polmoni.
-Non ne ho la più pallida idea…tu?- Alzò le spalle per poi provare a girare la testa per guardarmi.
-Non lo so…- Abbassai lo sguardo per evitare il suo.
Passò qualche secondo di silenzio in cui si sentiva soltanto lo strepitio delle fiamme farsi più violento.
-Che…ne pensi di cercare insieme quella ragione?-
La sua voce dolce e delicata ritornava a farsi sentire.
-Tu…non hai ancora capito che stiamo per morire?- Risposi leggermente rassegnata.
-Se stessimo per morire, non ti avrei neanche rivolto la parola…- Rispose sicura.
Guardai la porta a vetri e poi la mia mano ricoperta di fuliggine.
-Probabilmente hai ragione…tu mi odi…-               
Poggia la mano per terra, iniziando a spingere con tutta la forza che avevo.
-Trovi sempre un modo per demolire le mie aspettative…-
Con una spinta più forte ed uno strattone smossi la caviglia.
Gridai dal dolore sentendo i frammenti di osso spingere contro la pelle.
-Però non mi lasci mai in pace…non ti rassegni al fatto di vedermi triste o abbattuta, anche se sei tu la causa…- Iniziava a tremarmi la voce.
Liberai definitivamente la gamba mettendomi in piedi, mentre mi reggevo alla stessa trave che mi teneva bloccata.
-Io non ho uno scopo…se non dimostrarti che sono abbastanza forte da poter salvare il culo a tutte e due in questa situazione…-
Mi incamminai verso di lei zoppicando.
Era doloroso, terribilmente doloroso. Mi sentivo svenire per il dolore, ma c'ero quasi.
-Lasciami stare…vai via…-
Continuava a ripetere ansimando.
La presi in braccio, cercando di non farle male.
Era cosi difficile tenerla sollevata con la gamba che mi torturava.
-Sei un'idiota…- Disse quasi ringhiando.
Iniziai a camminare verso la porta a passo lento.
-Lo so…avrei dovuto lasciarti li, cosi mi sarei levata un problema di torno…- Risposi seria.
La ragazza abbassò la testa, quasi abbattuta dalla mia risposta.
-Ma se non lo avessi fatto, non avrei realizzato il mio scopo…- Ridacchiai leggermente iniziando a tossire.
Quasi caddi mentre barcollai per la tosse.
Mi bruciavano gli occhi e iniziavo a perdere le forze.
Una trave si staccò dal soffitto incastrandosi tra due rampe di scale.
-Sbrigati o ci ammazzi tutte e due!- Gridò la ragazza in preda al panico dopo aver visto la trave staccarsi.
-Non me lo faccio ripetere due volte…-
La strinsi a me e iniziai a correre il più veloce che potevo cercando di ignorare il dolore alla gamba.
-Waah!-
Con un grido di dolore cercai di darmi forza fino ad arrivare alla porta a vetri sfondandola con una spalla.
Cadetti nel cortile all'esterno della scuola di schiena, buttando qualche metro più in là la ragazza prima di caderle addosso.
La sentii mugugnare di dolore mentre io stessa quasi gridavo mentre allargavo le braccia riprendendo fiato.
Ce l'avevo fatta. Ero uscita da quell'inferno.
Vedevo la struttura in fiamme, il fumo nero salire verso il cielo mentre la cenere mi ricadeva sul volto.
-Aiutatele, presto!- Sentii la voce di un professore.
Dei passi si avvicinarono.
Girai la testa indietro osservando alcuni ragazzi che aiutavano la mia compagna.
Provai ad alzarmi.
Dopo qualche difficoltà mi alzai reggendomi su una gamba sola.
Sentivo caldo in tutto il corpo, avevo il labbro rotto e la gamba era ridotta talmente male che non avevo il coraggio di guardarla.
-Tu…- La ragazza parlò mentre la stavano sollevando.
Aprì gli occhi e mi guardò.
-Sei un'idiota…- Singhiozzò iniziando a lacrimare.
Lo sapevo. Sapevo che probabilmente avrei perso la gamba.
Sapevo che salvare lei equivaleva a vivere a metà.
Ma lo avevo fatto lo stesso.
Allungai un braccio in avanti.
Appena prima di pronunciare una parola iniziai a dissolvermi.
Dalla punta delle dita della mano che avevo allungato, iniziavo a diventare cenere incandescente. Come se fossi un foglio di carta stavo bruciando sotto quella leggera brezza.
Vedevo la cenere della mia mano trasportata via dal vento sotto gli occhi stupefatti dei ragazzi e dei professori.
Non era doloroso.
Mi sentivo leggera, svuotata, mentre quei sussurri che pronunciai si dissolsero insieme al mio corpo, trasportato via dalla brezza estiva.
 
 
 
 
 
 
  
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