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Autore: K u r a m a    26/05/2014    0 recensioni
Mi aveva anche insegnato che infondo l'amore è come una giostra, c'è chi scende e c'è chi sale, ma alla fine uno solo rimarrà eternamente su di essa, aspettando solo che tu ti accorga della sua presenza. [...] Ti avrei mai ritrovato? Sono tornato anche per questo.
Egoistico da parte mia rivolerti indietro vero? Infondo, forse, ti sei rifatto una vita e non posso biasimarti, ma ho fatto una promessa: ti avrei trovato su quella giostra.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Ti ritroverò?

Se perderai la voce sarà tutta colpa mia, delle lacrime che ti ho costretto a versare mentre ti voltavo le spalle e me ne andavo via, lasciandoti indietro rompendo così quella promessa che ti avevo fatto, abbandonandoti come tutti avevano fatto prima che arrivassi nella tua vita.
Ancora rivedo il tuo viso, così bello mentre sorride.
Chiudo gli occhi, sorrido mesto mentre mi immagino che tu sia al mio fianco, ma non ci sei perché sono stato così sciocco da voler lasciare la tua mano, così orgoglioso da aver taciuto perché credevo che la mia fosse la scelta più giusta, quando in realtà avevo danneggiato entrambi e ci avevo distrutti con la mia puerile ideologia.
Mi sono accorto che mi mancavi da morire quando mi sono ritrovato a passeggiare in riva al mare, il suono delle onde che cullava la quiete senza interromperla, ma rendendola peno pesante, più dolce, mentre la brezza marina trasportava quell'odore forte di salsedine.
In quel mare, tinto leggermente dei colori del tramonto ci rivedevo te e lì il mio cuore non ha retto, smettendo di battere, bloccando il mio respiro, facendomi versare lacrime amare che non avevo pianto prima, provando esattamente ciò che tu quel giorno in cui io ti abbandonai provasti per me; accorgendomi così che tu eri stato davvero troppo.
La cosa più strana è che dopo quell'episodio avevo iniziato a vederti ovunque; sei diventato la mia ossessione, il mio più effimero sogno e alla fine i miei piedi si sono mossi da soli e mi sono ritrovato davanti quella casa che ci aveva accolti, nelle nostre notti di passioni che mi sembravano ora così lontane e forse lo erano, perché dopotutto quanto tempo fa ti avevo lasciato da solo?
Settimane? Mesi? Anni? Non li avevo contati e al solo pensiero mi davo dello stupido, poiché avevo compreso quanto davvero sono stato superficiale, quanto in realtà non ti avevo per nulla amato come tu hai fatto con me e di questo mi vergogno, ma dopotutto è normale.

"Non ti accorgi mai di quanto tieni a una cosa fino a che non l'hai persa" e io l'ho imparato a mie spese, facendolo comprendere anche a te che non sei più lì, come è ovvio che sia, perché i ricordi che sono contenuti nelle tenebre stanno urlando i nostri nomi; vogliono riabbracciarci, farci provare quella stessa passione perduta, che io avevo deciso di troncare e poi per cosa? Nemmeno lo ricordo più.
Mi addentro in quella casa deserta, che è stata dimora e portatrice di quel "noi" che ho mandato a puttane. Perché? Perché me ne ero andato lasciandoti indietro?
Più avanzo per quella casa più sento le orecchie fischiare e insieme odo gli echi lontani delle nostre più intime conversazioni, le tue risa cristalline che ricordano le campanelle d'argento che suonano melodiose.
Ad ogni passo rimembro, inoltre, ogni più piccolo particolare di te, del tuo corpo che avevo posseduto così tante volte e che mai come in questo momento, quando ormai non posso più toccarti, ricordo perfettamente; proprio come se infine tu fossi qui e le mie mani ti stessero vezzeggiando e facendo mio per l'ennesima volta, ma alla fine il sapore amaro della verità mi riporta alla realtà e gli occhi pizzicano sempre di più.
Salgo le scale. Le pareti portano ancora appese le nostre foto. Perché non le hai tolte?
Le osservo una ad una, accarezzando il tuo viso in ognuna di loro, soffermandomi soprattutto su quella che ci ritrae la prima volta che varcammo la soglia di quella casa che avevamo comprato con così tanta fatica, con il sudore delle nostre forze mentre cercavamo di passare gli esami dell'università e diplomarci il più in fretta possibile per poter così infine andare a vivere insieme e passare l'eternità mano nella mano.
Desideri infantili, utopistici, troppo ottimisti.
Avevo distrutto tutto con un'unica scelta sbagliata, che mai avrei potuto cambiare tornando indietro; tuttavia la cosa più grave era che davvero non ricordavo il motivo del mio abbandono. Perché avevo infranto la mia promessa?
Entro in quella che era la nostra camera, ne apro le imposte per cambiare l'aria che in tutto quel tempo si è fatta pesante a causa della polvere e del puzzo di chiuso, quasi stagnante.
Quando la stanza si illumina quasi piansi nel vedere che è completamente spoglia a causa delle ante dell'armadio lasciate aperte, dentro al quale i tuoi vestiti non poggiano più, mentre osservo quel letto privo delle pieghe del tuo corpo che lo avevano occupato; rendendomi conto che infine anche il tuo profumo se ne è andato.
Mi sento vuoto, proprio come dovevi essere stato tu quando ti avevo voltato le spalle.
Lascio cadere quell'esiguo bagaglio che mi sono portato dietro, cado con un tonfo pesante, forse a causa di quell'album che infondo non sono mai riuscito a buttare via; l'album di quella figlia che ora non c'è più, portata via da quella malattia che l'aveva afflitta fin da quando aveva visto la luce.
Ecco. La consapevolezza mi avvolge, mentre le lacrime iniziano a essere tangibili sul mio viso, non più invisibili, celate dentro di me con quel peso proprio al centro della gola che non mi permetteva di parlare o respirare bene.
Era stata quell'unica figlia avuta per sbaglio, ma che avevo amato, a farmi prendere la decisione di andarmene, di lasciarti indietro raccontandoti solo bugie.
Non volevo farti sapere la verità, non dovevi saperla! Non volevo che pensassi che ti avessi tradito, ma se l'avessi fatto forse ora non avrei rimpianto il tuo dolce sorriso, la tua presenza e ti avrei avuto al mio fianco, mentre mi stringevi la mano e mi sussurravi dolci parole di conforto, come eri sempre solito fare.
Mi siedo ai piedi del letto, prendendomi la testa tra le mani e abbandonandomi a un pianto liberatorio, consapevole che non potevo più riaverti. Né te, né quella figlia che aveva abbracciato il cielo dopo tre anni di agonia, ma che mi aveva fatto comprendere quanto l'amore fosse puro e vero, quanto le difficoltà non fossero poi così grande cosa quando la morte ti stava chiamando a sé.
Mi aveva anche insegnato che infondo l'amore è come una giostra, c'è chi scende e c'è chi sale, ma alla fine uno solo rimarrà eternamente su di essa, aspettando solo che tu ti accorga della sua presenza.
Allora avevo riso, ma lei era molto più matura di me nonostante avesse solo sette anni; così pochi per andarsene, così pochi per avere in sé tutta quella coscienza così grande da far invidia anche al più saggio dei filosofi che aveva compreso tutto ciò in anni e anni di ricerca di quell'arché che alla fine poteva sembrare ovvio.
Ti avrei mai ritrovato? Sono tornato anche per questo.
Egoistico da parte mia rivolerti indietro vero? Infondo, forse, ti sei rifatto una vita e non posso biasimarti, ma ho fatto una promessa: ti avrei trovato su quella giostra.
Quindi dove sei amore mio? Voglio mantenere quella promessa, per quanto possa essere crudele da parte mia venirti a cercare e rincorrere quando forse tu ti sei arreso a ciò che ti ho fatto e forse mi hai dimenticato.
Riuscirò a raggiungere di nuovo la tua mano?
Spero di sì, perché altrimenti non credo di essere così forte da continuare a camminare.

Da solo alla fine non sono nulla, solo un frammento di materia che viene trasportato dal vento.

   
 
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