Quattro
alza la pistola, la tiene sollevata all'altezza della
mia fronte. Il suo dito indugia sul grilletto.
Non
chiederò perdono per quello che ho fatto.
Non ho sbagliato.
Prende
un respiro profondo, mentre io lo fisso
negli occhi. Voglio vederlo cedere. L'ultima cosa che vedrò.
«No,
no!»
Quasi
tutti gli Intrepidi si voltano per
controllare chi abbia gridato. C'è una ragazzina, pochi
metri più in là. Ha i
capelli chiari e gli occhi pieni di lacrime. È vestita
d'azzurro.
Mi
manca il fiato, non riesco a respirare.
Non
dovresti essere qui! Perché...?
«No,
ti prego, non farlo...» supplica la
ragazzina.
Un
Intrepido – Zeke – la prende per le braccia e
la trattiene, impedendole di raggiungermi. Fa anche in modo che gli
altri non
le si avvicinino, però, e di questo posso solo essergli
grato.
Quattro
sposta lo sguardo da me a lei, poi
guarda di nuovo me.
«È
tua sorella?» intuisce.
Stringo
i denti e non gli rispondo.
Volevo
vederlo crollare mentre mi uccideva, ma a
quanto pare sarò io a cedere.
«Ti
prego ti prego no...»
«Lucy,
va' via» riesco a dire, ricacciando
indietro le lacrime. Lacrime? Per cosa? Mio Dio, non posso davvero
piangere
per... sì invece, per Lucy posso piangere.
Lei
scuote la testa, il viso rigato dal pianto,
e soffoca l'ennesimo singhiozzo. Si aggrappa al braccio di Zeke per
tenersi in
piedi. Quattro la guarda di nuovo. Deglutisce.
Evidentemente
non aveva mai preso in
considerazione l'altra faccia della medaglia. L'idea che anch'io avessi
una
famiglia, qualcuno che amo e che voglio proteggere, a quanto pare non
lo aveva
mai sfiorato. Ingenuo.
Non
voglio rendermi ridicolo di fronte a quella
che una volta era la mia Fazione, la Fazione che comandavo con rabbia e
malignità. Ma il pianto di Lucy mi sta mandando fuori di
testa.
«Fallo
in fretta» dico, e le mie parole sono
quasi il rantolo dell'animale ferito a morte.
Fallo
in fretta, così non dovrò più sentirla
piangere.
Fallo
in fretta, così non dovrò più vederla
soffrire.
Non
potrò mai più sentire la sua voce.
Non
potrò mai più vedere il suo sorriso.
Lei
soffrirà, ma è solo una ragazzina. Prima o
poi andrà avanti.
Quattro
mi rivolge un lungo sguardo, e nei suoi
occhi turbina la consapevolezza di quello che sta per fare.
Strappare
un fratello maggiore alla propria
sorellina, privarla di ciò che resta della sua famiglia.
«Eric...»
Non
posso guardarla. Cadrei in pezzi. Ma lo
faccio comunque.
Zeke
si è inginocchiato di fronte a lei, la
tiene per le spalle ma la sua è una presa gentile. Lucy non
gli sta badando.
Fissa me, tendendo il braccio nella mia direzione il più
possibile, come se
sperasse di stringermi la mano un'ultima volta.
Quando
era bambina le leggevo favole sdolcinate
per farla addormentare. Mi tendeva le braccia allo stesso modo, quando
desiderava un abbraccio.
Scusa,
amore mio, non posso.
Non
posso.
Rimarrà
sola. La lascerò sola.
Mio
Dio, che cosa ho fatto?
«Sii
coraggioso, Eric»
Quattro
sta per premere il grilletto. Zeke se ne
rende conto, e la stringe a sé in modo da coprirle la
visuale.
Grazie.
Non
deve vedere quello che accadrà.
Il
mio corpo che cade esanime a terra, il sangue
che macchia i capelli e cola dalla fronte sugli occhi vitrei e
rovesciati,
sulle guance e poi sul collo. Forse si mischierà alle mie
lacrime, non lo so.
L'unica cosa di cui sono certo è che Lucy
piangerà, e nessuno sarà lì a
consolarla. Perché io sarò troppo lontano.
Dio,
perché dovrà essere lei a pagare le
conseguenze di quel che io ho fatto? Perché lei e non io
dovrà rimanere sola?
La
pena di morte è solo una scusa.
I
veri condannati sono coloro che sopravvivono.
Amore
mio, perdonami. È troppo tardi ormai.
Quel
che è stato fatto non si può cambiare. Ma a
cosa diavolo stavo pensando? Alla gloria, ecco a cosa. Alla fama, al
potere.
Ma
Lucy non era più importante? Lo era, sì, era
più importante.
È
sempre stata la cosa più importante della mia
misera vita.
Lei
chiama il mio nome un'ultima volta.
Poi
lo sparo.
E
prego che le teorie sulla percezione di ciò
che ci accade dopo la morte siano solo storie.
Perché
non è stata davvero la pallottola ad
uccidermi.
Quel
singolo grido disperato è bastato a
mandarmi in mille pezzi.
Ed ecco qua, tornata dopo
così tanti mesi con una storiella scritta abbastanza di
getto.
Ho voluto rendere
Eric più umano, sì, perché nel libro
viene raffigurato quasi come un automa, e meritava qualcuno che lo
amasse. Così è nata Lucy. Spero che qualcuno
voglia leggere questa cosetta, e magari lasciare anche un commento.
Keyla