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Autore: Arain    27/05/2014    7 recensioni
Dal testo:
”Merlin era costretto ad assistere tutti i giorni al pestaggio dello sfigato di turno da parte della banda capeggiata da Arthur Pendragon. La fermata dell'autobus era davanti al parco dove quei teppisti si riunivano, e data la nota puntualità dei mezzi pubblici, specialmente in quella zona della città, non poteva fare a meno di sorbirsi la loro vista. “
Questa è la prima fanfiction AU che scrivo, perciò siate clementi. Ho messo OOC perché essendo una AU non sono sicura di essere riuscita a mantenere i personaggi con i loro caratteri. Slash, of course.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Merlin era costretto ad assistere tutti i giorni al pestaggio dello sfigato di turno da parte della banda capeggiata da Arthur Pendragon. La fermata dell'autobus era davanti al parco dove quei teppisti si riunivano, e data la nota puntualità dei mezzi pubblici, specialmente in quella zona della città, non poteva fare a meno di sorbirsi la loro vista.

A volte se ne stavano semplicemente seduti su un muretto a fumare (se fossero solo semplici sigarette o canne lui non lo sapeva e nemmeno gli importava. I cervelli ad andare in pappa erano i loro, mica il suo), ma la maggior parte del tempo lo passavano malmenando o minacciando un ragazzo che aveva osato sfidarli, che doveva loro dei soldi o anche solo per puro divertimento.

Fortunatamente lui non aveva mai avuto a che fare con quei soggetti, anche se frequentavano la stessa scuola: erano tutti più grandi di lui di un paio d'anni, quindi non avevano corsi in comune. E lui aveva pensato bene di starsene alla larga da loro durante il pranzo o in occasione di assemblee e ritrovi vari.

Conosceva il nome di un paio di loro, Gwaine, Leon, Elyan, Percival, ma sapeva che il capo indiscusso era Arthur: occhi azzurri, capelli biondi, fisico palestrato, papà ricco e tante donne intorno. A guardarlo si sarebbe detto un bravo ragazzo, con quell'aspetto angelico, ma Merlin sapeva che era il peggiore di tutti.

Sembrava vivere una doppia vita: a scuola faceva parte del comitato studentesco, era nella squadra di football (ovviamente), aveva buoni voti; ovviamente era il ragazzo più popolare, e altrettanto ovviamente era fidanzato con la ragazza più bella di tutta la scuola, Vivian Miles. Era sempre preso come esempio da seguire dai professori, sembrava riuscire in ogni cosa che faceva. Invece fuori dalla scuola era uno dei peggiori teppisti di uno dei quartieri più malfamati della città. Naturalmente lui non viveva lì, ci andava solo per non essere scoperto dal padre a compiere azioni illecite.

Insomma, ragazzo perfetto di giorno e criminale di notte: questo era Arthur Pendragon.

Spesso, quando lo osservava ciondolare nel parco, Merlin si chiedeva perché si comportasse così: sembrava uno di quei classici ragazzi che hanno sempre avuto tutto dalla vita.

Aveva sentito dire in giro che suo padre era molto severo, e che da quando era morta sua moglie, dando alla luce Arthur, non era quasi mai in casa, totalmente assorbito dal lavoro. Che cosa facesse di preciso, Merlin non lo sapeva, ma gli sembrava che la sua azienda fosse una potente multinazionale.

Invece lui, Merlin, era un ragazzo minuto, con una massa di capelli neri sempre arruffati e due vividi occhi azzurri. Secondo lui l'unica cosa degna di nota nel suo aspetto erano le orecchie, davvero grandi e a sventola, come se non bastasse.

Viveva con sua madre in un piccolo appartamento fuori città. Suo padre era morto quando era piccolo, e da allora la donna era costretta a fare due lavori per mantenere la casa ed il figlio, ma nonostante questo erano relativamente felici.

A scuola cercava sempre di non farsi notare troppo, anche se aveva degli ottimi voti: sentiva di doverlo a sua madre, che gli permetteva di frequentare quella scuola abbastanza elitaria; non aveva tanti amici, ma per lui non era un problema, visto che i pochi che aveva li poteva quasi considerare fratelli: Will, suo vicino di casa e amico d'infanzia, e Gwen, una dolce ragazza conosciuta a scuola, che sembrava molto timida a vedersi ma che nascondeva un cuore d'oro e un'incredibile forza interiore.

La sua più grande passione era la scrittura: sognava di diventare un autore famoso in tutto il mondo per i suoi libri. Sapeva che era un progetto quasi irrealizzabile, ma aveva il terribile difetto di essere un inguaribile sognatore idealista.

Quel giorno l'autobus era più in ritardo del solito mentre il gruppo di teppisti aveva deciso di pestare un ragazzino che probabilmente non aveva neanche quattordici anni; da quello che riusciva a capire dai frammenti di conversazione che gli arrivavano il suo crimine era stato quello di non aver abbassato lo sguardo mentre passava davanti a loro.

Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso: prima di poter pensare a cosa stesse facendo e in che razza di guaio si stesse andando a cacciare, Merlin si ritrovò a gridare:

-Ehi, brutte teste di cazzo, perché non ve la prendete con qualcuno della vostra taglia? Ah già, in realtà voi siete dei gran cagasotto che corrono dal paparino quando la maestra li sgrida!-

Per un attimo nessuno si mosse. Perfino i rumori della strada e dei bambini al parco sembravano essersi fermati. Per un attimo, un meraviglioso, fugace attimo, Merlin pensò, sperò, di aver solo immaginato di dire quello che aveva appena urlato.

Poi l'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio e di nuovo il suo corpo reagì prima della sua testa: si mise a correre in direzione opposta al parco, attraversando la strada e infilandosi in un vicolo.

Qualche istante dopo sentì Arthur gridare: -Prendiamolo!- e seppe di essere spacciato.

Continuò a correre finché non arrivò ad un bivio: destra o sinistra? Notò che a destra c'erano de bidoni che ostruivano parzialmente la strada; ne fece cadere alcuni e imboccò il vicolo a sinistra, sperando che cascassero nell'inganno e proseguissero nell'altra direzione.

Continuò a correre per diversi minuti, finché non arrivò in fondo ad una strada chiusa e si fermò a riprendere fiato.

Dietro di sé non sentiva più alcun rumore, sperava di averli seminati, per ora.

Stava già pensando a come camuffare il suo aspetto in modo da non essere riconosciuto a scuola quando sentì una mano che lo afferrava per un braccio e lo sbatteva contro il muro. Si girò verso il suo assalitore e un paio di occhi azzurri ricambiò il suo sguardo: Arthur era solo, probabilmente si erano divisi per cercarlo meglio. Che stupido a non averci pensato!

Si trovò così faccia a faccia con l'altro, entrambi ansanti, entrambi fermi in cerca di riprendere fiato.

Merlin si accorse che la stretta sul suo braccio non si allentava, anzi si faceva sempre più stretta. Chiuse gli occhi e trattenne il respiro, preparandosi psicologicamente al dolore: aveva già visto parecchie volte Arthur pestare qualcuno, sapeva che picchiava duro.

All'improvviso sentì un paio di labbra morbide premere sulle sue, e spalancò gli occhi, scioccato, ma li richiuse quando il ragazzo gli dischiuse la bocca e insinuò la sua lingua a cercare quella dell'altro.

Si baciarono per un tempo indefinito, e non fu un bacio casto, ma uno scontro irruento, pieno di passione, con le lingue che si assaggiavano, mai sazie del sapore dell'altro.

Merlin si accorse di ciò che stava facendo solo quando si accorse che la mano di Arthur stava cercando di slacciargli la cintura dei pantaloni.

Allora si staccò brusco e spinse via il ragazzo, rimanendo a fissarlo allucinato mentre lo guardava a sua volta dapprima confuso, poi sempre più consapevole.

-Se ti azzardi a raccontare quello che è successo sei un uomo morto.-

Il tono glaciale di Arthur contrastava sgradevolmente con la passione del bacio che si erano scambiati.

Merlin alzò un sopracciglio scettico:

-Ma con chi credi di parlare? Non sono mica il tuo servo! Poi, ti rendi conto, vero, che non ha senso minacciarmi? Se io vado a dire qualcosa a qualcuno, poi la tua vita sarà già finita, e non avrà senso uccidermi. Io invece non avrei nulla da perdere se qualcuno scoprisse questa storia.-

Sapeva che il suo ragionamento non aveva senso, ma sperava di confondere Arthur, almeno per avere il tempo di arrivare a casa incolume.

Con sua immensa gioa vide gli occhi dell'altro incupirsi.

-Che cosa vuoi? Denaro? Non hai che da chiedere.-

Gli aveva messo addosso una fifa blu, altro che confonderlo!

-Voglio che mi giuri che mi lascerete in pace per quello che ho detto.-

Vide Arthur concedersi un lieve sorriso, probabilmente si aspettava qualcosa di molto più umiliante.

-E voglio che la smettiate di picchiare la gente.-

Vide la fronte dell'altro corrugarsi.

-Io... non di pende da me. È la banda che decide.-

-Non raccontarmi cazzate, sei tu il capo.-

Il pugno di Arthur si contrasse, ma annuì riluttante.

-Tenterò... ma non ti prometto nulla.-

Merlin pensò che doveva accontentarsi, meglio non tirare troppo la corda.

-Ah, voglio anche che mi giuri che non mi accadrà nulla di spiacevole a scuola, nei giorni a venire. Forse non lo sai, ma frequentiamo lo stesso...-

Merlin non riuscì a finire la frase perché Arthur sfuffò spazientito e disse:

-Lo so che frequentiamo la stessa scuola, ok? E so anche che ti chiami Merlin.-

Il ragazzo rimase basito. Arthur Pendragon sapeva il suo nome? Da quando?

Solo in quel momento si accorse di non aver metabolizzato bene ciò che era appena accaduto. Arthur Pendragon lo aveva baciato. Invece di picchiarlo. Aveva baciato lui, Merlin Emrys, una persona qualunque nel mondo.

-Perché mi hai baciato?-

Si accorse di quanto stupida fosse questa domanda non appena l'ultima parola lasciò le sue labbra. Ma che problema aveva oggi? Aveva per sbaglio disabilitato la connessione al cervello?

Arthur si passò una mano sul viso e questo gesto lo fece sembrare a Merlin indifeso e sperduto come non lo aveva mai visto. Che la sua vita non fosse tutta rose e fiori come sembrava?

-Non lo so... fai finta che non sia mai successo, ti prego, e io farò altrettanto e impedirò ai miei di pestarti.-

Dopo aver parlato Arthur si voltò e si mise a camminare a passo spedito verso l'uscita del vicolo, o per meglio dire scappò.

Da quel momento in poi a Merlin sembrò di vivere in un sogno, muovendosi come un automa per tornare alla fermata ad aspettare un altro autobus, o forse sempre quello di prima in pauroso ritardo.

Solo quando fu salito si riscosse e permise alla sua mente di indugiare su quel bacio. Gli era piaciuto, e tanto anche.

Già, perché quello che si rifiutava di ammettere a se stesso, era che ultimamente si era sentito tanto, troppo interessato ad Arthur. Si sorprendeva a fissarlo, a chiedersi perché facesse quello che faceva, perché si comportasse così, ad ammirare i suoi lineamenti perfetti, i suoi muscoli scolpiti, la curva del suo...

Ok, basta fantasticare.

Quel bacio non significa nulla, probabilmente voleva solo umiliarti.

Ma allora perché era così confuso e quasi terrorizzato?

Merlin sospirò.

Non avrebbe mai saputo la risposta a quella domanda.

Decise che avrebbe dimenticato l'accaduto, tornando alla vita di sempre.

Decise di smettere di pensare a quel bacio, senza ammettere che lo aveva smosso nel profondo, senza ammettere che probabilmente ora la vita di sempre non avrebbe avuto più senso, non potendo più avere lui dopo averlo assaporato, anche se solo per quel breve istante.

 

 

 

 

NOTE DELL'AUTRICE

Ok, ehm, wow. Questa storia non so da dove sbuca fuori, anche se probabilmente è stata ispirata da alcune scene di una serie, Shameless, che ho scoperto da poco e che già adoro.

Non ho altro da aggiungere, se non augurarmi di non aver fatto casini e sperare che a qualcuno piaccia.

Ringrazio tutti quelli che leggeranno e commenteranno.

Un bacio :).

P.S. Sono stanca e non ho voglia di rileggere per la centesima volta, se trovate errori ed orrori di grammatica ditemelo pure, ve ne sono grata!

 

   
 
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