La nostalgia è una seducente bugiarda.
Arthur continuava a fissare quella camera, lo
sguardo mesto di chi si perde nei ricordi. Quante volte aveva varcato quella
soglia in cerca di consigli, di conforto o semplicemente per fuggire alla noia.
Gli pareva quasi di udire il suono della sua
risata cristallina, una volta così spontanea, col passare del tempo sempre più
rara. Il principe osservava la stanza con intensità, pareva che volesse
imprimere nella memoria ogni minimo particolare.
Una mano si posò sulla sua spalla ed il giovane
Pendragon seppe di chi era senza neppure voltarsi: l’unica persona in grado di
capire il suo turbamento era Merlin.
Era al suo fianco negli istanti in cui la verità
si palesò ai suoi occhi, trafiggendogli il cuore con una forza tale da
lasciarlo senza fiato. Non avrebbe mai potuto aspettarsi una simile infamia,
tantomeno da una persona a lui così vicina.
«So
bene quel che state provando, Arthur …» mormorò il suo servitore, scegliendo
con cura le parole «È stato un duro colpo per tutti noi, ma dovete essere
forte: Camelot ora è nelle vostre mani, lo sapete!»
Il principe accennò un sorriso,
quel ragazzo sapeva sempre quali tasti toccare per spronarlo a reagire; ciò
nonostante, quella dolce risata continuava a riecheggiare tra le mura del
castello, come il fantasma di momenti felici, oramai perduti.
«Conosco
perfettamente il mio ruolo, solo che non riesco a dimenticare i giorni
spensierati, passati come una famiglia …» gli rispose sconfortato, incapace di
celare il suo dolore mentre continuava a guardare la camera deserta; alle sue
spalle, l’amico scosse la testa ed aumentò l’intensità della forza con cui
stringeva la sua camicia.
«Nessuno
si aspetta che voi dimentichiate, tuttavia non dovete cedere alla nostalgia: si
dice in giro che sia una gran bugiarda …» asserì l’altro, abbassando il tono
della voce nell’ultima parte del discorso, come a volergli raccontare un
pettegolezzo.
Quella
semplice affermazione riuscì a donargli un barlume d’ilarità, capace di dare al
suo tormento un attimo di tregua. Sapeva che il servo aveva ragione, eppure non
era facile per lui mettere a tacere quell’insistente risata che gli riempiva le
orecchie.
«Apprezzo
i tuoi sforzi per cercare di confortarmi, però al momento non mi sono d’aiuto:
ho bisogno di stare un po’ da solo per adesso, frattanto perché non vai a
lucidare la mia armatura?» ribatté con una punta di sarcasmo il principe,
cercando di apparire il più naturale possibile: anche Merlin doveva star
soffrendo, non voleva che si sobbarcasse pure il suo dolore.
Il
servitore aprì la bocca attonito, per poi andarsene imprecando tra sé col
sorriso sulle labbra. Per lo meno Arthur era riuscito a liberare il suo amico
da quell’agonia, sebbene lui non avesse avuto la medesima fortuna.
Quella
risata lo avrebbe perseguitato fino alla fine dei suoi giorni, ricordandogli i
tempi in cui lui e Morgana erano come fratelli e logorandolo tutte le volte che
avrebbe dovuto combattere contro di lei.