Storie originali > Commedia
Segui la storia  |       
Autore: NiagaraFalls    28/05/2014    1 recensioni
«Non hai nient'altro da fare?» chiese, in un implicito invito ad andarsene.
«A quanto pare no. Sei un maniaco?»
«No.»
«Uno spacciatore?»
«No.»
«Un serial killer?»
«Non ancora» rispose velenoso.
«Bene. Allora starò qui ancora per un po'» concluse.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Parola di LL 2
2. DI CUGINI NON MOLTO SVEGLI E PICCOLI INDIZI


«Come è andata?» chiese Matt quella sera a casa Lawson.
Lily affondò nei cuscini del divano e borbottò contrita. «A meraviglia. Tra una ragazzina che mi accusa di essere grassa e una che sembra uscita dal film Deprimiamoci insieme, non potrebbe andare meglio.»
«Non l'ho mai visto. È bello?» chiese interessato.
«Matt, se non migliori un po' le ragazze ti schiacceranno come un purè.»
Matt sembrò illuminarsi tutto d'un tratto. Si alzò e cercò di stare calmo, nonostante fosse ovvio stesse tramando qualcosa. «Voglio uscire.»
Lily riafforò dai cuscini e sollevò le sopracciglia. «Non usciamo mai. È la cena famigliare, di solito giochiamo a carte con i nostri genitori e li facciamo contenti.»
L'adorato cugino assunse un'espressione da cane bastonato - o da purè schiacciato, a seconda dei casi.
«Andiamo a fare un giro. Mi annoio.»
Lily sbuffò. «Dobbiamo proprio? Fa freddo fuori.»
Matt annuì e si infilò la giacca. Lily sospirò e alzò gli occhi al cielo.
«Facciamo questo giro.»

L'opzione anti-noia di Matt altro non era che un giretto in macchina fino alla parte opposta della cittadina in cui vivevano. Matt parcheggiò e scese. Lily lo seguì confusa finché lui non si fermò di colpo e osservò delle abitazioni a cento metri da lì.
«Matt, ma sei scemo? Quasi mi spaccavo il naso a venirti addosso!» lo accusò Lily massagiandosi la parte lesa indolenzita dal freddo. Suo cugino neanche l'ascoltava e cominciò a parlare a macchinetta. «Una ragazza mi aveva invitato ad uscire stasera. Le ho detto che non potevo, tua madre mi ammazzava se saltavo la cena mensile. Quindi lei mi ha detto "passa da me se ce la fai".»
Lily cominciò a capire.
«Mi hai trascinata fino a qui per andare da lei?»
Lui annuì e fece un sorriso da casanova cominciando ad avviarsi verso la casa della sua presunta fiamma. Lily lo afferrò per un braccio.
«E mi abbandoni così? Cosa dovrei fare io?» chiese sconvolta. Lui estrasse un paio di banconote dalla tasca dei jeans e le mise nelle sue mani.
«Torno subito, te lo giuro. Un saluto, un bacetto e poi sono qui. Venti minuti al massimo. Vai a prenderti un gelato.»
Lily strinse i denti per evitare di gridargli contro e lo lasciò andare. «Un quarto d'ora» sibilò minacciosa. Matt annuì convinto e se ne andò prima che sua cugina lo prendesse a schiaffi. Sbuffò innervosita stringendosi la sciarpa al collo e lo guardò scomparire.
Il suono di un violino le arrivò alle orecchie congelate. Dall'altra parte della strada un musicista improvvisato stava trattenendo un paio di coppie con una melodia romantica, che fece fare una smorfia a Lily. Troppo romantica. Osservò gli innamorati che lo ascoltavano rapiti e si chiese cosa ci trovassero di tanto interessante in quella musica mielosa. La custodia aperta ai piedi del lampione conteneva un bel po' di banconote. Niente male, constatò Lily.
Un attimo.
Lei la conosceva. Era verde, con i bordi rossi. L'aveva già vista.
Alzò gli occhi al violinista e lo riconobbe. Lo sconosciuto! Avrebbe scommesso il suo piede destro che lo strumento che stava suonando l'aveva preso in una casa che lei stava cominciando a conoscere bene. Attraversò la strada velocemente, rischiando di farsi investire. Si fermò davanti a lui e fece finta di essere coinvolta nel brano che stava suonando, nonostante le stesse per venire il diabete.
Quando finì, lui alzò il capo e fece un mini sorriso. Una coppia lasciò delle monete nella custodia e se ne andò, l'altra si complimentò con lui e rimase lì accanto.
Lo sconosciuto spostò lo sguardo e quando vide Lily il sorriso lasciò il posto ad una smorfia ironica.
«Non è possibile.»
«Carino questo pezzo, mi ha davvero rubato il cuore» disse Lily assotigliando gli occhi. «Di chi è?»
Il ragazzo - o uomo - colse l'antifona e sollevò un sopracciglio.
«Mio. È stato un vero colpo di testa.»
Lily incassò la frecciatina e arricciò le labbra. La coppia se ne andò a braccetto e rimasero le uniche anime vive in vista.
«Non pensavo fossi un tale sdolcinato.»
Lo sconosciuto mise i soldi in tasca e ripose il violino nella custodia.
«È quello che piace alla gente» disse. La guardò tranquillo per qualche secondo e le fece una smorfia scocciata. «Non hai nient'altro da fare?» chiese, in un implicito invito ad andarsene.
«A quanto pare no. Sei un maniaco?» chiese.
«No.»
«Uno spacciatore?»
«No.»
«Un serial killer?»
«Non ancora» rispose velenoso.
«Bene. Allora starò qui ancora per un po'» concluse. Non che l'idea la compiacesse, ma era terrorizzata all'idea di rimanere sola.
«Fai come vuoi.» Lo sconosciuto prese la custodia e fece per andarsene.
«Te ne vai?» gridò Lily balbettando. «Non lasciarmi qui sola!»
Lui fece spallucce. «Non hai bisogno di qualcuno per tenerti compagnia. Parli per quattro persone.» disse. E se ne andò.

Lily infilò le mani nel cappotto e sbuffò creando una nuvoletta nel buio. Si guardò intorno e constatò che non c'erano bar né negozi aperti. Decise allora di tornare nel parcheggio, forse Matt aveva lasciato la macchina aperta. Non era da escludere, conoscendolo. Quando arrivò, però, della macchina di suo cugino non c'era traccia. Tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans e provò a chiamarlo. Era spento. Provò altre due volte, ma il risultato fu lo stesso.
«Matt, io ti uccido» sibilò al telefono. Aspettò un paio di minuti, ma quando si rese conto che il quarto d'ora era già passato da un po' e che forse suo cugino si era dimenticato di lei, si abbandonò all'idea di dover tornare a casa a piedi.
Mentre percorreva la strada verso casa velocemente, la sua mente cominciò a registrare ogni singolo rumore dietro di lei e a vederlo come una minaccia. Come previsto, si ritrovò a sobbalzare ad ogni singolo fruscìo. Arrivò su un marciapiede buio. Vide davanti a lei un bar affollato, con un gruppo di uomini al di fuori. Si strinse le braccia al petto e ripeté dentro la sua testa che sarebbe arrivata a casa in poco più di un quarto d'ora e che quelle persone non le avrebbero fatto alcun male. Aveva visto decisamente troppi film dell'orrore. Sentiva il proprio cuore battere nelle orecchie mentre li superava e quando pensò finalmente di essere passata inosservata una voce la chiamò.
«Ehi, tu!»
Lily schizzò via come una saponetta e girò l'angolo cominciando a correre come se stesse facendo la maratona. Si guardò indietro per assicurarsi di non essere seguita e inciampò contro un piccolo palo di ferro che spuntava dal lato della strada. Cadde a terra come un sacco di patate. Strinse gli occhi per l'improvviso dolore e si morse il labbro gemendo. Si sentiva osservata, mentre si metteva seduta sul marciapiede e appoggiava la schiena ad un muretto.
«Forse hai bisogno di me.»
Alzò la testa e vide lo sconosciuto che si avvicinava con un sorriso. Gemette stendendo la gamba dolorante e distolse lo sguardo per la vergogna.
«Derek!» Una voce profonda fece voltare lo sconosciuto.
Un omone stava venendo verso di loro. «La signorina ha perso la sciarpa! Volevo dirglielo, ma è scappata via!» disse.
Lo sconosciuto - anzi, Derek - lo raggiunse e prese la sciarpa che gli stava porgendo l'uomo. «Grazie.»
L'uomo notò Lily seduta per terra, ma prima che potesse dire qualcosa Derek sminuì il tutto con la mano. «Me ne occupo io, non preoccuparti.»
L'omone annuì, un po' alticcio, e li salutò. Lily abbassò gli occhi sulla sua gamba e vide del sangue imbrattarle i jeans. Derek si accoccolò accanto a lei e sorrise. Perché sorrideva? Non c'era niente di divertente.
«Ti ho vista cadere. Possibile che tu sia così goffa?» Allungò le mani verso la gamba di Lily, ma lei la ritrasse.
Derek alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Voglio solo controllare.»
Lily la ridistese con una smorfia. Arrotolò l'orlo dei jeans fino a che la ferita non fu completamente visibile.
«Ahia. Non è molto carino da vedere» disse lui. Un taglio lungo attraversava in diagonale la parte sotto al ginocchio. Non era molto profondo, ma il sangue continuava a sgorgare. Derek appoggiò la sciarpa accanto a loro e portò le sue dita fredde sulla pelle di Lily. Osservò con insistenza chirurgica.
«E così ti chiami Derek» disse infine Lily.
Lui alzò il capo e puntò gli occhi chiari in quelli di Lily. «Che perspicacia» commentò ironico.
Toccò un punto più delicato e Lily si lamentò. Derek sospirò. «Ce la fai ad alzarti?» chiese mettendosi in piedi e tendendole la mano che non stringeva la sua sciarpa.
«Certo che ce la faccio» protestò Lily. Cercò di farlo da sola, senza nessun aiuto, ma alla fine si vide costretta ad afferrare la mano di Derek. Quest'ultimo fece passare il braccio di Lily dietro il suo collo e cominciò a camminare.
«Dove vai? Lasciami, devo andare a casa» disse Lily stridula mentre lui la trascinava verso la parte opposta.
«Ci andrai. Ma prima devi pulire il taglio e metterci un cerotto.»
Camminarono fino ad una macchina blu. Derek lasciò Lily per aprire la portiera del passeggero. «Siediti e non muoverti di lì.» Sparì nel buio, lasciando Lily confusa. Lei, dal canto suo, non vide altra scelta che sedersi nell'abitacolo. Lasciò la gamba a penzolare fuori per evitare di sporcare i sedili e aspettò impaziente. Osservò quello che la circondava. Era un piccolo parcheggio per non più di cinque macchine, davanti a lei c'era il retro di una lunga e bassa costruzione, ma non riuscì a capire cosa fosse.
Un paio di minuti dopo Derek tornò. Diede a Lily dei fazzoletti così che lei pulisse il sangue che era sceso fino alla sua caviglia. Aveva la calza e la scarpa sporchi, oltre ai pantaloni.
«Si può sapere perché stavi correndo come una disgraziata?» le chiese Derek mentre bagnava un batuffolo di cotone con del disinfettante. Sembrava divertito.
Lily fece una smorfia imbarazzata e prese il batuffolo. «Autosuggestione... Niente di importante.»
Pulì la ferita e ci applicò due cerotti. Derek fece il giro dell'auto e salì nel posto del conducente. Lilì lo guardò preoccupata e a disagio.
«Che stai facendo?»
«Ti porto a casa.»
Si mosse agitata sul sedile e posò il piede sull'asfalto, pronta ad uscire. «Senti, grazie per il cerotto e tutto il resto, ma non accetto passaggi da persone che non conosco.»
«Ci metteresti il doppio a piedi. Me l'hai già chiesto: non sono un ricercato, né un maniaco, né uno spacciatore...»
«Ho capito» borbottò Lily, senza però mettere la gamba nella macchina.
Derek aveva un'espressione indecifrabile. «Conosco tuo cugino.»
Questo sorprese davvero Lily. «Lo conosci?» chiese incredula.
Lui fece cenno di sì. «Matt Lawson.»
«Come fai a conoscerlo?» domandò.
«Lunga storia. Alto, muscoloso, gentile ma non molto sveglio.»
Il perché fosse in quella situazione tornò in mente a Lily, che annuì furiosa. «Direi per niente sveglio» borbottò.
«Non ho tutta la notte, Lily. Accetti o no?» chiese impaziente Derek.
Lily spostò lo sguardo dalla gamba all'interno della macchina, indecisa.
«Va bene.» Infilò la gamba nell'abitacolo e Derek partì.
Il silenzio regnò sovrano fino a casa di Lily, ad esclusione delle sue indicazioni per arrivarci. Derek si fermò nel viale di fronte e spense il motore.
«Grazie di tutto» disse Lily aprendo la portiera. Uscì e si girò verso di lui. «E vedi di riportare quel violino. Immediatamente.»
«Ovviamente» rispose Derek con un sorriso falso.
Prima che lei riuscisse a chiudere completamente la portiera una sciarpa appallottolata le arrivò dritta in faccia e poi cadde ai suoi piedi. Guardò il ragazzo - o uomo - sconvolta, con un punto di domanda stampato dritto in faccia.
«Questo è per il libro dell'altra volta» spiegò Derek dopo aver abbassato il finestrino. E se ne andò.

«Cosa hai fatto?» le chiese Frederick quel pomeriggio, vedendo Lily zoppicare leggermente.
«Sono caduta» disse Lily sorridendo e cercando di nascondere il nervoso. La sera prima aveva, oltretutto, dovuto coprire quel fesso di Matt, dopo essere arrivata a casa. Aveva detto ai quattro genitori che lei aveva incontrato una vecchia compagna di classe e che lui era andato con un suo amico a bere qualcosa, quindi le loro strade si erano divise. Ovviamente Annabeth ebbe alcuni dubbi, ma non disse nulla e credette anche alla storia secondo la quale Lily era caduta a causa del cane della presunta compagna di classe. Matt aveva chiamato Lily, dopo un'ora, per dirle che era dovuto scappare perché i genitori di quella povera ragazza che aveva avuto il coraggio di uscire con lui stavano tornando a casa; quindi i due piccioncini si erano rifugiati in macchina ed erano scappati per andare in chissà quale pub.
«Dov'è finita Marley?» chiese Lily curiosa. «Era qui fino a due secondi fa.»
Frederick fece spallucce. «Forse è lì» disse indicando la cucina.
Lily si alzò per seguire il consiglio di Fred ma, sfortunatamente, trovò Nicole che frugava nel frigo.
«Non puoi mangiare, sono solo le tre» disse Lily, andando verso di lei e chiudendo il frigorifero forzatamente. Guardò Nicole severa.
«Posso. Non puoi dirmi quello che posso o non posso fare» rispose.
«No, ma tua madre mi ha incaricata di farlo per lei.»
Nicole improvvisamente diventò tutta rossa di rabbia. «Non puoi essere mia madre!» urlò furiosa e corse di sopra, sbattendo contro la spalla di Lily.
Lily si appoggiò al muro e sbuffò frustrata. Perché non riusciva mai a fare un passo avanti con lei?
Tralasciò quel piccolo incidente e decise di continuare a cercare la più piccola donna DeLight.
Bussò alla camera di Marley ed entrò sorridente. Marley era seduta alla sua piccola scrivania e stava disegnando con i pastelli.
«Eccoti qui» disse con un sorriso. Si inginocchiò accanto a lei e osservò quello che stava facendo.
«Cosa stai disegnando?»
Marley non rispose, ma continuò a colorare quella che sembrava essere un'auto. «Posso vedere questi altri disegni?» chiese Lily gentilmente, e quando Marley annuì prese una decina di fogli sparpagliati sopra il tavolino.
Il primo raffigurava un uomo - sembrava un uomo - che guidava un'auto. Il secondo raffigurava una donna con i capelli come il fuoco che versava lacrime enormi. Il terzo era uguale al primo, il quarto al secondo.
Era una successione di macchine e lacrime, senza nessun elemento nuovo.
Lily deglutì e ripose i fogli sulla scrivania. Guardò Marley con compassione.
«Chi sono queste persone, Marley?» chiese, cercando di mantenere lo stesso tono solare.
La piccola Marley non rispose e finì il suo disegno. Lily capì che non le avrebbe detto una parola a quel proposito.
Prese le piccole mani nelle sue e la guardò negli occhi. «Ti va di giocare a 'un, due, tre, stella!' con me e Fred?»
Marley fece un piccolo broncio. «Non so giocare» disse triste.
Lily scosse la testa. «Non importa, ti insegno. È molto divertente. Ci giocavo sempre con i miei cugini» disse accennando una risata. Marley annuì sorridendo.
Prima o poi avrebbe scoperto perché le piccole DeLight erano rotte e avrebbe cercato di aggiustarle, parola di Lily Lawson.


  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: NiagaraFalls