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Autore: nagrafantasy    28/05/2014    1 recensioni
Racconto introspettivo in cui si vede il protagonista della one-shot riflettere sui vari aspetti della propria vita e sulle missioni da compiere in futuro, sulle rive del Mare del Nord.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sulle rive del mare ecco che una figura sedeva su un tronco di quercia. China, con le mani unite sulle ginocchia e con lo sguardo fisso a terra, sulla sabbia che di sabbioso aveva ben poco; sul confine tra acqua e terraferma, lì in bilico fra ciò che è vero e ciò che è falso.
Ragnar lo aveva incaricato di creare nuovamente delle barche in vista delle missioni estive. Stavolta dovevano essere perfette, senza neanche un elemento fuori posto.
Un lavoro che solo Floki poteva compiere.
Ma stavolta qualcosa lo frenava dal suo lavoro sopraffino; c'era un tarlo nella sua mente che rosicchiava i pensieri e lo spingeva a riflettere.
In fin dei conti, il viaggio verso l'Ovest non aveva fruttato chissà che. Certo, oro, e il titolo di Earl per Ragnar Lothbrok, ma che altro?
Si erano portati dietro degli schiavi che nemmeno erano sopravvissuti al viaggio di ritorno, eccetto Athelstan, che Floki non avrebbe mai smesso di chiamare "Priest". 
Non gli piaceva quell'elemento strano. Non era come la loro popolazione, era diverso, era maledetto. Lui e il suo dio strambo che tanto pregava la notte e nei momenti di pericolo, quando invece avrebbe dovuto solamente ringraziare il grande Odino per essere stato risparmiato dalla stessa ascia di Floki, o quella di Rollo.
Ma Ragnar voleva il contrario e lo aveva risparmiato.
Chissà perché, poi.
Floki non riusciva a capire cosa avessero tutti in mente, cosa spingesse ognuno dei suoi compagni a trovare interesse verso un omuncolo da quattro soldi, che non sapeva neanche reggere un'arma in mano.

Alt veit eg Odin
kvar du auge løynde
*

Floki stava ora intagliando il suo legno. Quel pezzo sarebbe diventato il talismano della nave che ancora doveva nascere dalle sue mani.
Si concentrò sempre di più nel suo lavoro per scacciare via i cattivi pensieri che lo affliggevano. Gli alberi, almeno, non lo avrebbero mai tradito. Gli alberi avevano uno spirito insito nel cuore dei loro tronchi che comunicava, in un certo senso, con Floki. 
Lo comprendevano, e lui comprendeva loro.
Era un legame che si era creato da tempo e Floki non aveva mai cercato di assopirlo. E perché avrebbe dovuto? Cosa c'era di più puro nel parlare con gli alberi, la natura, gli dèi stessi?
Nemmeno Ragnar o la sua amata Helga avrebbero potuto capire cosa provasse durante la scelta del legno.
Anche il solo camminare dentro la foresta era per Floki un rito, una preghiera, una processione in mezzo alle creazioni delle Divinità a cui offriva tutto se stesso.

Ragnar...
Era un buon capo. Floki non lo poteva negare, e con lui era riuscito ad arrivare laddove prima era solamente un sogno, un'utopia. Gli doveva molto, e forse era proprio per questo che non aveva rifiutato la sua richiesta di altre barche.
Non avrebbe tradito la volontà di Ragnar, nonostante tutto.


*Testo tratto dalla canzone "Helvengen" dei Wardruna
  
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