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Autore: VeroDowney    28/05/2014    6 recensioni
Robert è cresciuto in un quartiere povero e malfamato della NY degli anni 60', l'unica sua aspirazione nella vita è quella di avere la sua dose giornaliera e sopratutto combattere, queste sono le uniche due cose che lo tengono legato allo schifo di vita in cui è costretto a vivere. Ma le sue prospettive cambieranno radicalmente quando troverà una vera ragione per cui combattere.
Dal testo:
Solo il dolore lo teneva a contatto con la realtà e sapeva che quei combattimenti avrebbero portato dei soldi, in caso di vittoria, e quel denaro sarebbe servito a comprare la droga che gli avrebbe fatto provare un piacere intenso, quello che gli suscitava l'eroina ogni volta che entrava in circolo.
Genere: Dark, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 3 – Situation reversed


Frugò nelle tasche dell'uomo per cercare la chiave della casa, dopo qualche minuto riuscì a trovarle e senza esitazione corse ad aprire quell'enorme porta rugosa, la spalancò e come se conoscesse da molto tempo quell'abitazione si diresse nella cucina, se così si poteva chiamare quell'angusto spazio che non vedeva la preparazione di un piatto caldo da mesi, se non anni.

Uscì, quell'uomo era ancora accasciato al suolo dove l'aveva lasciato, non accennava a riprendere i sensi, e da sola non sarebbe mai riuscita a sollevarlo per portarlo in casa. Tentò l'unica cosa che le era venuta in mente, gli sollevò la testa e posizionò il bicchiere appena sotto le narici, l'odore forte dell'alcol avrebbe dovuto risvegliarlo anche se solo per qualche minuto.

L'effetto fu quello sperato.

Robert aprì gli occhi, le immagini erano sfuocate e il volto gli pulsava in modo incredibile.

-Cerca di alzarti, appoggiati a me. Ti porto in casa, non puoi rimanere qui- gli disse gentilmente Becky.

Robert annuì, ma non rispose, doveva conservare quelle poche forze che gli erano rimaste per fare quei 50 metri che lo separavano dalla sua abitazione.
Tese i muscoli già doloranti e gli chiese un ultimo sforzo, dopo tutte le fatiche che avevano già dovuto sopportare quella sera.
Becky gli tese la mano, facendo perno sui piedi cercò di tirare a sè quell'uomo possente per aiutarlo a reggersi sulle proprie gambe.
Con un ultimo sforzo che gli sembrò sovrumano, Robert riuscì ad alzarsi e Becky fece passare il suo braccio attorno al suo collo mentre lei gli cingeva il fianco, così da caricarsi la maggior parte del peso.
A piccoli passi riuscirono finalmente ad oltrepassare la porta dell'abitazione.

Robert lasciò Becky e si diresse verso la sua camera, era troppo orgoglioso per ammetere che aveva avuto bisogno dell'aiuto di quella donna.
Si buttò sul letto e perse nuovamente i sensi.

Becky chiuse dietro di sé la porta e seguì con lo sguardo quell'uomo, dopo qualche secondo prese coraggio e si diresse verso la camera da letto, avrebbe potuto anche respingerla per quanto ne sapeva ma il suo senso del dovere le imponeva di non abbandonare una persona che in quel momento aveva bisogno di aiuto.

Era il momento di ricambiare il favore.


Gli strappò la canottiera che aveva in dosso, il sangue aveva ormai macchiato tutto l'indumento.
Il torace era costellato da tagli ed ematomi che iniziavano a virare dal rosso al violaceo, segno che qualche ossa si era rotta.
Avrebbe potuto chiamare un medico ma avrebbe dovuto spiegare chi fosse quell'uomo e il perché si trovasse in quello stato, due cose a cui lei non avrebbe saputo rispondere.
Decise così di far ricorso a quelle poche conoscenze che sua madre, infermiera, le aveva impartito fin da quando era bambina, piccole nozioni di pronto soccorso.

Appoggiò delicatamente le dita sul costato dell'uomo dove il gonfiore era più evidente. Premette un po' là dove sapeva che erano posizionate le costole percorrendo per l'intera lunghezza tutte le ossa. Fortunatamente non erano uscite dalla loro sede, ciò voleva dire che erano incrinate e non avrebbe rischiato la vita.

Passò poi ad ispezionare tutte le ferite, fortunatamente non erano tagli profondi ma solo superficiali, questo era facilmente intuibile dal fatto che attorno al taglio si espandeva una nuvola violacea, segno che la ferita era frutto di  una colluttazione e non era stata provocata da un'arma contundente.

Prese l'alcol ed un batuffolo di cotone, due cose che probabilmente gli servivano prima di iniettarsi la sua dose dato che si trovavano sul tavolino insieme al laccio emostatico e alla siringa, disinfettò ogni ferita, poi iniziò a ricucire quelle che sembravano più gravi e che non accennavano a smettere di sanguinare.

Infine prese la canottiera e la divise in tre pezzi, uno più grande e due più piccoli, si diresse di nuovo verso la cucina e aprì il rudere che una volta doveva essere stato un frigo, trovò quello che le serviva, il ghiaccio.
Riempì i pezzi di stoffa con i cubetti e li richiuse per poi tornare nella stanza da letto e posizionarli dove più serviva.

Uno sul volto, dove lo zigomo era orribilmente tumefatto, una sulla mano destra che era terribilmente gonfia, doveva essere destrorso ed infine premette il pezzo di stoffa più grande sul costano, il freddo avrebbe aiutato a ridurre il gonfiore e avrebbe accelerato la guarigione delle costole che sarebbero lentamente ritornate alla loro posizione originale.

Rimase così per un paio d'ore, cambiando il ghiaccio per un paio di volte quando i cubetti si erano completamente sciolti.
Il corpo era molto caldo e la febbre sopraggiunta iniziava a scuotere con dei brividi sempre più ravvicinati l'uomo.

Era un buon segno il corpo stava reagendo.

Si svegliò di soprassalto, non sapeva che ore fossero, non c'erano orologi in quella casa, o forse non ci aveva mai fatto caso. Corse in strada lasciando la porta spalancata e capì subito che dovevano essere circa le dieci e mezza del mattino, il campanile di una piccola chiesetta cattolica, situata nel quartiere, suonava il richiamo per la consueta messa domenicale.

Chiuse la porta dietro di sé, e si diresse senza pensarci al mercato della domenica dove si potevano trovare le merci della settimana invendute a prezzi ribassati.
Doveva comprare della carne, ali e cosce di pollo erano tutto quello che si poteva permettere, sarebbe bastato.

Tornò quasi correndo verso l'abitazione dalla quale qualche giorno prima era scappata, aprì la porta e si diresse verso il fornelletto, voleva cucinare.
Non era abbastanza per lei stare vicino a quell'uomo, lui l'aveva salvata due volte e lei avrebbe dovuto ricambiare in maniera adeguata poi avrebbe ripreso la sua normale vita di tutti i giorni.

Spalancò la finestra che dava su un cortile interno, la situazione era peggiore di quello che si aspettava, la penombra in cui era calata quella casa aveva celato le condizioni pietose in cui si trovava l'abitazione.
Becky iniziò a pulire la cucina, dopo di che iniziò a tagliare le verdure e pulì la carne sviscerandola.
Mise tutto in una pentola, la coprì con un coperchio mettendola poi sul fornelletto a gas a fuoco lento.
Ci sarebbe voluta qualche ora prima che la sua ricetta fosse pronta.

Nel frattempo diede una pulita anche al resto della casa, nel salotto notò delle fotografie su un piccolo mobile, ritraevano quell'uomo con una donna più anziana di lui, la abbracciava e sembrava davvero felice. “Chissà come si è ridotto ad essere così, comunque non sono affari miei, faccio tutto questo per ricambiare il favore altrimenti sarei già tornata a casa mia, in fondo mi sto prendendo un bel rischio, se si dovesse svegliare e non apprezzasse quello che sto facendo per lui, potrebbe anche farmi del male, ma correrò il rischio, non ho mai abbandonato nessuno in difficoltà e questa non sarà di certo la prima volta” si ritrovò a pensare Becky, questo lato da "crocerossina" lo aveva ereditato sicuramente dalla madre che l'aveva cresciuta, portandola negli ospedali dell'esercito ai quali arrivavano i soldati reduci dalla guerra contro i nazisti, lì aveva imparato che anche se un uomo è in condizioni disperate vale la pena tentare di salvarlo.
La speranza non l'aveva mai abbandonata.

Tre ore dopo la casa risplendeva, finalmente quello che bolliva sul fornello era pronto.




Robert, iniziò a svegliarsi lentamente, c'era un profumo che gli arrivava alle narici e aveva risvegliato il suo stomaco che iniziava a reclamare cibo, essendo a digiuno da quasi due giorni.

Aprì gli occhi lentamente, non si ricordava come fosse arrivato a casa sua, ma dopotutto gli capitava spesso, l'ultimo suo ricordo risaliva al combattimento contro un grande energumeno francese, che si teneva all'industria tessile del suo quartiere, gli avrebbe fruttato molti soldi un'eventuale vincita peccato che il francese aveva iniziato a giocare sporco fin dall'inizio, i colpi sotto alla cintura erano stati innumerevoli e dall'altra parte nessuno lo aveva fermato, l'arbitro nei combattimenti clandestini non era previsto.

Dopotutto era quello il bello, spesso si trovava faccia a faccia con persone della peggiore specie, diseredati e drogati, come lui del resto, troppo deboli per contrastarlo.
Non fu così quella sera, quel francese era davvero ben piazzato e preparato e boxava come si boxa in Inghilterra, una volta che riesce a colpirti non ti lascia spazio neanche per respirare ed inizia a scaricarti addosso una serie di calci e pugni senza lasciarti via di campo. Questo è lo stile della boxe inglese.

L'ultima cosa che ricordava era un destro potente al volto seguito da un sinistro al torace poi più nulla.
Poco male, adesso era a casa sua, sano e salvo, anche se di sano aveva ben poco a giudicare dal dolore lancinante che gli pervadeva tutto il corpo.

Ad un tratto una figura entrò nella sua visuale di campo.
-Ti sei svegliato finalmente, ti ho preparato del brodo di carne, è un ottimo tonico nei momenti di debilitazione fisica, adesso ti aiuto a sollevarti un po' così ti do una mano a berlo-

Robert ancora una volta non rispose, non capiva perché fosse ancora lì quella donna, chi l'aveva fatta entrare? E perché era tornata dopo essere scappata senza neanche ringraziarlo? Tutte domande che affollavano la mente di Robert, ma a cui in aveva ancora voglia di dar voce.

Obbedì e quella donna che gli mise un cuscino dietro la schiena.
-Io sono Becky, scusami se sono scappata via senza ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me, non so perché tu l'abbia fatto ma la cosa importante è che sono riuscita a ricambiare-
-Perché sei qui?- chiese freddo, dopotutto non era abituato ad essere meno rude del solito in presenza di una donna. -Sono tornata per lasciarti qualche verdura e un biglietto per ringraziarti e proprio mentre stavo per tornare a casa tu sei comparso dietro di me e ti sei accasciato al suolo, non so cosa ti sia successo ma ti ho ricucito le ferite più gravi e ho applicato il ghiaccio sul volto, sulla tua mano e sulle costole né hai un paio inclinate a proposito, ma nulla di rotto sei stato fortunato-
-Grazie- era sincero, anche continuava a pensare che tutto quello che aveva fatto per lui non fosse necessario, avrebbe potuto benissimo cavarsela da solo.
-Ora mangia, ti aiuto io, è meglio che tu non ti muova troppo-

Becky prese un generoso cucchiaio di brodo e lo portò alla bocca di Robert, e continuò così finché nel piatto rimase solo qualche goccia del liquido ristoratore.
Durante quei minuti Becky non distolse lo sguardo da Robert e viceversa, si osservavano come se uno volessero accedere ai pensieri dell'altro, ma non osassero aprire bocca, non volevano rovinare quel momento così surreale.

-Adesso devo tornare a casa mia, di là c'è una pentola intera di brodo e quando sarai abbastanza in forze potrai mangiare anche il bollito-
-Io sono Robert- disse quasi meccanicamente interrompendola. Non si era ancora presentato da quando si erano incontrati, non ne aveva avuto l'occasione.
-Beh Robert, riprenditi, spero che non ti dispiaccia ma ho dato una pulita alla casa, ne aveva bisogno- disse accennando un sorriso.

Sentendo quella frase, lo sguardo di Robert corse subito al mobiletto, dove c'era tutto il necessario per farsi la sua dose quotidiana.
Era tutto intatto, come lui lo aveva lasciato.
Tirò un sospiro di sollievo.

Becky, senza aspettare una risposta, si alzò portando con sé il cucchiaio e il piatto, lo posò in cucina e prese la sua borsa, era giunto il momento di lasciare quella casa.

Si fermò con la mano appoggiata sulla maniglia della porta d'ingresso, la strinse e ne saggiò la consistenza, assaporando mentalmente la sensazione di freddezza che le trasmetteva.
Fece scivolare le dita come indecisa su cosa fare e poi la lasciò per poi dirigersi verso la camera da letto.
Si affacciò sull'uscio della porta della stanza
-Grazie Robert-

Adesso poteva dirsi soddisfatta e poteva chiudere questo capitolo, se pur breve e senza dubbio strano, della sua vita.





Note dell'autrice:
Capitolo strano, lo ammetto! E' un pò un capitolo di transizione questo, ma il perchè lo sia lo capirete solo leggendo il capitolo 4! Diciamo che Becky si sbaglia, questo 'capitolo della sua vita' non è del tutto chiuso, ma non posso spoilerare altro:p! Ci saranno risvolti interessanti (oddio ho spoilerato ancora :p?)!
Grazie come sempre a tutti quelli che mi seguono e che recensiscono con tanta passione (esagero? No siete fantastiche:))!
Ci vediamo/leggiamo/scriviamo Lunedì con il capitolo della mia nuova fanfic e Mercoledì con il nuovo capitolo di questa storia:)!
Grazie a tutti:)
A presto:)
   
 
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