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Autore: tobbywolf    28/05/2014    3 recensioni
Un docile Kida Masaomi si ritrova improvvisamente trascinato via dallo scenario ordinario della sua ormai noiosa vita. Dopo aver sistemato alcune cose, il biondo si era semplicemente stanziato in un piccolo e tranquillo villaggio, lontano dai problemi che gli aveva causato Ikebukuro. Senza alcun apparente motivo, però, qualcuno decide di coinvolgerlo in un malsano gioco insieme ad altri incoscienti partecipanti..
Genere: Avventura, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Masaomi Kida, Mikado Ryūgamine, Shizuo Heiwajima, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Un esile corpo sfiancato giaceva in uno stato pietoso nel bel mezzo di un terreno alquanto informe che aveva formato una pozzanghera di acqua stagnante.
Il liquido fangoso sfiorò leggermente il viso spento e privo di emozioni, mentre qualche goccia cadente dall’alto colpì i ciuffi biondi, provocando al giovane un fastidioso prurito alle parti delicate del viso.
Stava per riaprire gli occhi dopo un lasso di tempo indeterminato trascorso in quel putrido marciume, infatti le pesanti palpebre stentavano a reagire di fronte a diversi colori oscuri e indefiniti.
Se lo avesse saputo prima, non avrebbe mai tentato di scorgere una realtà ancora più triste e malinconica di quell’oscurità che lo turbava tanto.

“Eh? Una pozza.. Ma che diavolo sta succedendo?”

La sua voce rauca rimbombò contro dei muri di cemento decadenti che cingevano una grossa stanza priva di pavimentazione. Le sue pupille, assetate di curiosità, vagavano ripetutamente e instancabilmente su ogni dettaglio dell’ambiente circostante.
Raggi di luce penetravano attraverso la vegetazione selvaggia che aveva ramificato senza cura un buco artificiale nella parete, che apparentemente sembrava essere una finestra.
Attirato dalla nuova scoperta, si alzò lentamente e decise di sgranchirsi le gambe con una silenziosa camminata fino alla fonte di curiosità. Scostando le foglie marroncine e secche, un’ambiente autunnale, ma alquanto tenebroso, si estendeva all’orizzonte: un venticello trasportava con leggerezza le ultime foglie strappate dagli alberi, che si scontravano contro i muri in rovina di alcuni edifici. Sembravano palazzi residenziali, alcuni piani sorreggevano ancora dei piccoli balconi, mentre sulla maggior parte dei tetti erano presenti delle strane antenne.
Un forte e improvviso dolore alla nuca lo scostò dai suoi pensieri, facendolo accasciare contro la parete in cerca di sostegno. Apparentemente non stava sanguinando, poiché non percepiva la presenza di alcun liquido, ma evidentemente qualcuno doveva averlo colpito così violentemente da avergli lasciato i dolori post-colpo. Dopo minuti di agonia passati ad emettere singhiozzi causati sia dall’ansia che dal dolore, il biondo si ricompose e tornò all’esplorazione.
Uscito da una strana incavatura e ritrovatosi all’esterno, riprese la cognizione del tempo: era il tramonto, parte del sole si intravedeva tra un condominio ed un altro, il cielo stava assumendo un colore più oscuro e nuvoloso, lasciando intendere che presto sarebbe anche piovuto.
Davanti a quella poca luce, iniziò ad osservare lo strano abbigliamento che stava indossando.. Un giacchino nero copriva una t-shirt del medesimo colore, leggerissima e consumata, quasi invisibile. I pantaloni erano larghi e parevano ancora più pesanti a causa dell’acqua inzuppata. Non erano di certo indumenti provenienti dal suo armadio, pensò. Però approvò lo stile e il colore dei mocassini, gli davano un’aria da don Giovanni.
Nel cercare indizi tra le tasche, trovò una strana collana di metallo con una piastrina rossa penzolante.

“Nove. Kida Masaomi” lesse con voce rauca il ragazzo sulla targhetta. Si sorprese dal fatto che sul retro vi era scritto il suo nome, soprattutto perché non aveva mai posseduto un oggetto del genere. E poi.. Perché quel numero? Inciso così com’era, non significava nulla.

O probabilmente aiutò il ragazzo a ricordare.

“Pretendo delle spiegazioni ora! Non potete legarmi, incatenarmi e portarmi a fare un giro turistico in mezzo al mare!” Le sue urla erano nascoste dallo sciabordio delle onde che si increspavano contro lo scafo. I due uomini alla guida forse non avevano nemmeno sentito, nessuno si era girato.

“.. Soprattutto se non mi offrite nemmeno una bella ragazza con la quale fare due chiacchiere!” Il ragazzo era terrorizzato e si nascondeva dietro ad una maschera d’ironia, mostrandosi come un coraggioso mentre nel profondo pregava per il fatto di essere legato. La paura lo avrebbe comunque paralizzato, ma non voleva mostrarsi debole.

Dopo alcuni minuti che parevano ore, il guidatore aveva attraccato di fianco ad un ponticello di legno apparentemente instabile, dove però erano ormeggiate altre imbarcazioni. Il giovane osservava le ambientazioni circostanti con un nodo in gola, incapace di urlare davanti a quell’orribile spettacolo di edifici decadenti e strade deserte. Era appena arrivato su un’isola disabitata, legato come un salame e controllato da due uomini in nero. Cosa poteva andare peggio?

“Eh, anche gli altri sono arrivati. Dobbiamo sbrigarci.” Uno dei due individui loschi aveva appena aperto bocca, rivelando una voce rauca e annoiata, quasi stesse facendo qualcosa di ordinario. Non sembrava un tipo particolarmente imponente, dalle maniche si potevano intravedere i piccoli polsi circondati da vene parecchio visibili. Per lo meno i vestiti larghi coprivano la maggior parte del suo corpo, così da non renderlo uno scheletro ambulante. Il corpo del compagno , però, raccontava tutto il contrario: era magro, ma le spalle larghe e i muscoli che facevano pressione attraverso la camicia aderente lo rendevano un vero bestione temibile.

“Non preoccuparti, sarà facile trascinare questo agnellino spaventato. Se penso a quali individui hanno trasportato gli altri, mi viene quasi pena per loro.” L’omaccione era rilassato, frugava lentamente in una borsa alla ricerca di chissà cosa. Dal discorso, Kida aveva ipotizzato che forse non era l’unico ad essere stato traportato senza motivo sull’isola. Ma ancora non ne capiva la ragione. Non aveva azzardato parola, neanche mentre i due uomini lo avevano trascinato bruscamente sul ponticello e poi lungo la strada principale. Non voleva far altro che tornare a casa e rilassarsi, ma la rassegnazione lo aveva costretto ad abbassare lo sguardo e fissare la terra mentre veniva condotto in un qualche luogo a lui ancora sconosciuto.

“Credo sia questo il posto, mettiamolo là dentro.” Uno dei due si era fermato e aveva indicato un edificio che sembrava ancora intatto rispetto agli altri. L’altro gli aveva infilato una strana targhetta rossa in tasca e aveva bisbigliato qualcosa di incomprensibile. Il biondino stava quasi per aprire bocca, ma la velocità con la quale l’uomo scarno lo aveva colpito con un qualche oggetto lo aveva nettamente anticipato. Il buio gli aveva annebbiato la vista e le gambe avevano smesso di sorreggerlo, mentre la sensazione di un pavimento umido e freddo lo accoglieva.

   
 
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