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Autore: Mary Black    29/05/2014    9 recensioni
Per un attimo infinito, Harry ci pensa davvero a come sarebbe.
Scappare via, lontano, lontano dalla vita e dalla morte, lontano da una guerra che non vuole combattere. Vivere una vita di sogni e bugie, con un cuore di metallo e occhi come lividi che lo sezionano da un dormiveglia eterno. Lontano da tutto, su una scogliera a precipizio sul mare, e il respiro di Tom contro il collo, e i suoi capelli d'inchiostro tra le dita, e la sua voce sinuosa che sussurra verità che in fondo sono soltanto bugie - Buttati, ordina la voce con mortale dolcezza, e Harry lo farebbe, lo farebbe davvero se non fosse tanto sopraffatto.
La storia si è classificata prima al "Flash your slash! - contest rapidissimo per storie edite" indetto da rondini e giudicato da Queila.
Genere: Dark, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Questa storia è dedicata a Erodiade per il suo compleanno – che, per onor del vero, cadeva il 27. Sono un po’ in ritardo e questa storia è un totale disastro, ma auguri lo stesso, dolcezza.
La storia si è classificata prima al “Flash your slash! - contest rapidissimo per storie edite” indetto da rondini e giudicato da Queila.



“Ma voglio che tu... tu, piano piano, faccia strage di me...
In un incerto compromesso... tra la mia anima ed il suo riflesso...”


Il medaglione batte al ritmo del suo cuore.
Harry lo sente veramente soltanto la notte in cui Ron se ne va via.
Hermione ha smesso di piangere – da quanto non lo sa, potrebbero essere ore come secondi, il tempo appare così privo di valore nel dolore. La sente sussurrare il suo nome nel sonno, lame ardenti lo trafiggono e lo tormentano.
La rabbia è un’emozione febbrile, che lo tiene sveglio mentre le tenebre colano via in rivoli d’inchiostro.
Brandelli di una voce, che promette vendette e piaceri che non sono tradimenti, gli passano per la testa. Non riesce mai a catturare le parole precise, ma il significato stilla dentro di lui come veleno.
Harry si sorprende a guardare sempre più spesso il viso addormentato di Hermione – ogni volta che se ne rende conto è una scarica di allarme e possibilità.
Harry non riesce a dormire.
Harry ascolta tutta la notte il battito ipnotico del gioiello adagiato sul suo petto.

I sussurri che non hanno un senso si placano con il sorgere del sole. Tornano ogni notte.
Harry ne è assordato, ma non ne fa parola.
Harry è solo con se stesso – i sussurri biascicano bugie, tessono menzogne, alimentano i rancori, ma sono sempre meglio di quel silenzio.

Harry sta sognando di volare la prima volta che Tom lo ghermisce nel buio.
Si accorge che qualcosa sta cambiando perché tutto perde colore, tinteggiandosi di nero. Il lago cosparso di bagliori, la sua divisa rossa e oro, il sorriso di Ginny, Hogwarts sullo sfondo... tutto viene inghiottito da una tenebra famelica, che divora le sue urla e anestetizza i suoi sensi.
Harry precipita per così tanto tempo in quel vuoto ghiacciato che, quando atterra con uno schianto tremendo al suolo, non può che provare sollievo. Il dolore lo attraversa a ondate, il panico lo solletica con i suoi artigli di granito, ma Harry accoglie la roccia sotto la sua schiena con mutua rassegnazione.
Sa che i suoi sogni sono diventati incubi, ma persino un incubo è preferibile al limbo che lo ha inghiottito.
Allunga le dita a tastare il terreno irto di spigoli, duro e incredibilmente freddo. Un vago odore di salmastro gli punge l’olfatto, si aspetta di sentire il fragore delle onde contro gli scogli, ma si rende conto, con un brivido inquieto, che non ci sono rumori – eccetto il suo ansimare fioco.
“Harry Potter, ci incontriamo ancora.”
È il terrore a fargli spalancare le palpebre.
Scatta incredulo a sedere, cercando la bacchetta nelle tasche del pigiama, ma non la trova. Non sa come spiegarselo, ma è solo – ed indifeso.
La sua espressione è di ghiaccio, quando si volta a fronteggiarlo.
Tom è seduto al centro della caverna, la schiena dritta come un fuso e le gambe incrociate. Porta i capelli corvini lunghi fino alle spalle, ad incorniciare il volto scavato e dal pallore mortale. Le labbra sono bianche ed esangui, persino le unghie sono bluastre.
Tom non sembrerebbe nemmeno vivo, se non fosse per gli occhi: grandi, palpitanti, scuri e freddi come il vuoto in cui Harry è precipitato.
Occhi che ammaliano, ciglia che frusciano dietro sportellini d’oro istoriato, una tomba di velluto.
Dopo lunghi minuti di snervante silenzio, Harry scatta in piedi. Non riesce più a sopportare quel muto studiarsi reciproco, quella calma apparente sul suo volto, il volto inespressivo e perfetto della statua di un Dio.
Harry si sente in trappola, e a ragione.
Percorre a grandi passi il pavimento circolare, osservando la roccia nuda e umida in cerca di un modo per andarsene, ma scopre che non ve ne sono – non che si aspettasse di trovarne, non così facilmente.
Non ci sono finestre, il bagliore verdastro che illumina l’ambiente aleggia senza avere all’apparenza un’origine, l’aria è gelida ma non ci sono spifferi che indichino fessure o crepe nelle pareti. Il soffitto è una voragine di tenebra, Harry si sente male anche solo a guardarlo – perché è come guardare un animale che muore, una stella che esplode, gli occhi lividi e voraci di Tom.
Alla fine, si volta nuovamente a fissare il giovane spettrale seduto al centro della caverna.
Non si è mosso di un centimetro.
“Dove siamo?”
Il tono di Harry è brusco, anche se cerca di nascondere l’urgenza. Non vuole dare a Tom la soddisfazione di intuire il suo disagio, la sua claustrofobia, il suo terrore 
perché sa che lo divertirebbero, sa che prolungherebbero la sua tortura.
“In una grotta” Tom solleva gli occhi e lo fissa da sotto le ciglia con il candore di un bambino, “Nella grotta in cui sono stato ucciso.”
La frase è talmente criptica che Harry non può impedirsi di aggrottare la fronte, cercando di frenare l’impazienza.
Se quello non è un incubo, riflette, se non è un buffo scherzo del suo subconscio, si trova in contatto con un frammento dell’anima di Voldemort. L’Horcrux sta comunicando con lui, è evidente... ma il comportamento di Tom è così strano, così privo della solita arroganza e delle solite malie, che non riesce a convincersene, non del tutto.
A conti fatti, non è sicuro di niente.
“Perché mi hai portato qui?”
Un barlume indefinibile adombra per un attimo lo sguardo di Tom, ma scompare così in fretta che Harry teme di esserselo immaginato.
“Ah, ma per parlare, Harry Potter, è talmente chiaro...” una pausa significativa, una torsione del polso candido, “Siediti davanti a me.”
Harry vorrebbe rifiutare, ma c’è qualcosa dentro di lui – un’ombra dal sorriso aguzzo e dai mille fremiti – che artiglia il suo cuore e vi affonda le zanne, costringendolo a muovere qualche passo incerto prima di crollare dinanzi al suo carceriere con un’arrendevolezza che non gli è propria.
Il panico minaccia di nuovo di sopraffarlo, una risata stridula rimbomba tra le pareti, ma Tom ha le labbra serrate in una linea dritta, e Harry si rende conto con sgomento che proviene da lui, che è parte di lui.
Il terrore è così forte che gli sembra di sentire l’odore della pioggia e il suo ticchettio contro la tela della tenda in cui sta dormendo, il freddo del medaglione sul suo petto.
Fa’ che mi svegli, fa’ che mi svegli...
“È di tuo gradimento la mia cella?”
Harry lo fissa con sguardo vacuo, senza capire, per un minuto intero; poi la consapevolezza scava la sua scia bruciante nel suo petto, accompagnata dalla rabbia.
Scatta di nuovo in piedi, gli occhi verdi carichi d’odio.
“Ma non ci hai pensato, vero? Non mentre uccidevi la tua vittima! Cos’erano sei morti per la vita eterna?” sta quasi urlando, ma non riesce a calmarsi, “Allora non ti è importato!”
“Già, non gli è importato” conviene Tom, affabile.
Gli rivolge un’occhiata intensa, attendendo che si calmi e torni a sedersi davanti a lui.
Harry non lo fa.
“Voglio andarmene! Non puoi tenermi qui per sempre! Mi sveglierò, prima o poi.”
“Non finché non mi avrai ascoltato.”
Il tono di comando non spiazza Harry, gli dà piuttosto la curiosa sensazione di aver ritrovato un vecchio amico, un amico d’infanzia, dimenticato da tanto tempo eppure mai del tutto.
Si lascia cadere a terra con uno sbuffo ribelle.
“Voglio aiutarti. Posso aiutarti.”
Il suo silenzio è uno schiaffo in pieno viso, ma a Tom non importa.
“So i suoi segreti... posso rivelarteli. So come ragiona... posso guidarti. Con il mio aiuto, vincerai questa guerra prima dell’estate.”
Harry è talmente sbalordito che non riesce a fare altro se non guardarlo.
Si aspettava che l’Horcrux cercasse di sedurlo per evitare di essere distrutto, immaginava che sapesse delle ricerche che riguardavano gli altri artefatti, ma di tutte le tattiche e strategie e lusinghe che pensava Tom potesse usare, mai aveva preso in considerazione quella.
“Mi credi davvero così stupido, Horcrux?” soffia, con una punta di sconcerto.
Tom sfodera un sorriso acuminato.
“Al contrario, accetterai perché non sei uno stolto. Ho i miei motivi per volerti aiutare, Harry Potter. Tu...”
Tom si interrompe di scatto, in ascolto. I suoi occhi brucianti si schiudono, pieni di fastidio, due voragini brulicanti di follia e oscurità.
Sono il ritratto di un’anima dilaniata. Tom stesso è un frammento d’anima reciso tra le dita.
“Ti stai svegliando. Tornerò da te la prossima notte, Harry Potter... pensa alla mia proposta.”
Harry non riesce a rispondere, perché un buio denso come il vuoto gli si infila lungo la gola tranciandogli il respiro.

Harry si sveglia con la sensazione di stare per morire – e il ricordo di quello sguardo affilato conficcato tra i suoi pensieri.

La notte seguente tutto si ripete.
I sogni di Harry vengono dilaniati dalla tenebra palpitante in cui Tom vive – di cui Tom è fatto – e lui vi precipita dentro, senza potersi opporre. L’atterraggio è uno schianto violento contro la roccia, respiro strappato dalle radici della sua gola.
Tom è in piedi, appoggiato a una parete. I suoi occhi scintillano come braci, se è divertito per l’entrata sgraziata dell’altro non lo dà a vedere.
Aspetta che il Grifondoro si rialzi prima di parlare.
“Immagino tu abbia pensato alla mia proposta.”
Non è una domanda. L’Horcrux percepisce quasi sempre i suoi pensieri, soprattutto se si trasformano in ossessioni.
“So che non vuoi accettare, ma ieri non hai finito di ascoltarmi. Siediti, Harry.”
Harry lo ignora.
“Ti voglio aiutare perch-”
“Perché non vuoi morire, lo so già!”
Tom non sembra far caso all’interruzione.
“Perché voglio vendicarmi. E sì, perché non voglio morire.”
Nonostante Harry si sia ripromesso di non dargli corda e di ignorare le sue macchinazioni, non può fare a meno di lanciargli un’occhiata in tralice.
“Vendicarti? E di chi?”
Tom si lascia scivolare lungo la parete e, anche se dissimula piuttosto bene, è chiaro che è sfinito. In ogni caso, quando parla la sua voce sinuosa è ferma.
“Mi sembra evidente... Di Voldemort.”
La prospettiva è così assurda che Harry rimane zitto a riflettere, camminando in tondo, rasente ai muri della caverna.
Quello che Tom sostiene non ha nessun senso. Perché mai dovrebbe volersi vendicare del se stesso futuro? Di ciò che è, dopo tanti e tali sforzi, finalmente diventato?
Senza quasi rendersene conto, si siede davanti a lui – l’ombra che lo infesta sogghigna di compiacimento, ma Harry non se ne accorge.
“Perché?”
Tom gli punta contro quegli occhi bui, che hanno il colore indefinito dei lividi appena sbocciati.
Harry prova desiderio e repulsione in egual misura, e uno sconfinato orrore.
“Perché mi ha costretto a questa vita. E perché non voglio che tu mi distrugga.”
“Per eliminare lui vanno distrutti gli Horcrux” la risposta è lapidaria, ma non tagliente, “E comunque, se detesti questa vita, sacrificarti per la causa dovrebbe risultarti gradito.”
Il suo aperto sarcasmo sembra divertire Tom, che lo guarda da sotto le ciglia con lo spettro di un sorriso a fior di labbra.
“Non sono un tipo altruista, Harry Potter” le allusioni a lui sono molteplici e tutte insinuanti, “E mi aspetto che tu mi dia qualcosa in cambio, se ti aiuto.”
Il Grifondoro resta in silenzio, suo malgrado incuriosito. Non gli crede, ma sentirlo parlare lo affascina – la voce di Tom ha una cadenza così musicale, quasi ritmica, vibrante, come se stesse canticchiando un segreto a bassa voce.
“Lui può essere eliminato anche senza distruggere il medaglione. Tuttavi-”
“Non è vero. Silente l’avrebbe saputo.”
Un lampo infastidito spezza le iridi di Tom, le inselvatichisce tanto che Harry quasi si pente di aver parlato.
“Silente non si è mai sporcato troppo con le Arti Oscure, per cui non mi sorprende che non sapesse. Ti basti sapere che è possibile. Non ti dirò come finché non sarò sicuro che accetterai la mia proposta.”
Non gli dà il tempo di rispondere e continua a parlare.
“Se riusciamo nell’impresa, voglio un corpo.”
Silenzio.
Incredulo, sconcertato silenzio da parte di Harry.
Silenzio calcolatorio da parte di Tom.
“No” il tono è secco, ma man mano che va avanti si fa esagitato, spezzato e convulso, “No... non ucciderò lui per... per ritrovarmi a dover poi affrontare te! Non... non gli darò una seconda vita... Tu sei il suo passato!”
La conclusione accusatoria fa sorridere Tom.
“No, Harry. Io sono parte del suo passato. Dal momento in cui mi ha reciso da sé ho smesso di essere lui e mi sono evoluto in qualcun altro.”
L’ipotesi è così assurda che Harry si chiede confusamente come Tom possa davvero aspettarsi che lui creda a una cosa del genere.
Non che il ragionamento non abbia una sua logica, eppure sembra talmente improbabile...
Dopo qualche minuto di riflessione, si riscuote. Perché diavolo ci sta rimuginando sopra? Sta facendo esattamente il suo gioco!
Con un sospiro rabbioso, si riavvia all’indietro i capelli scompigliati.
“Gli Horcrux sono malvagi.”
“Il procedimento con cui veniamo creati è malvagio, intendi.”
La risposta di Tom, rapida e precisa, lo fa infuriare.
“Sono artefatti oscuri” si ostina Harry, risoluto, “Il diario ha posseduto Ginny per scatenare un mostro assetato di sangue a scuola! Il medaglione... tu, non fai altro che inasprire le tensioni e sfruttare le debolezze altrui, e adesso stai cercando di manipolarmi per non farti distruggere! Tu-”
“Diresti che gli squali sono cattivi, Harry?” lo interrompe, serafico, “O i ragni, magari... O certi grappoli di bellissimi e letali fiori tropicali... Diresti che sono malvagi?”
“È un paragone improprio!” ringhia il Grifondoro con rabbia, sbattendo la mano chiusa a pugno contro la roccia.
“È sopravvivenza. Il diario era il suo primo Horcrux, ma era stato stregato perché persuadesse e seducesse e possedesse le sue vittime. Era un caso particolare. Io... io sono un’anima, per quanto mutilata.”
“Un’anima mutilata e corrotta.”
“Credi che lo volessi, Harry?” lo sguardo risentito di Tom è così convincente da levargli il respiro, “Essere fatto a pezzi e poi imprigionato in un medaglione d’oro! Per sempre intrappolato, per sempre solo, per sempre recluso.”
L’amarezza nella sua voce è quasi dolorosa da ascoltare, Harry prova l’inspiegabile impulso di consolarlo e sfiorarlo e... e...
E la rabbia esplode dentro di lui, devastante come un incendio, arde con tutta la violenza di un tradimento.
Harry scatta in piedi per impedirsi di chiudere le mani intorno al collo candido di Tom.
“Sei un bugiardo!”
“Ogni verità in fondo è una bugia.”
Tom ha sempre la capacità di spiazzarlo e confonderlo, ma questa volta Harry non ha nessuna intenzione di farsi manovrare e sta per rispondergli a tono, quando si rende conto che il suo sonno sta sfumando in veglia.
Avverte il buio prima ancora di vederlo, e urla quando gli scivola giù per la gola, soffocandolo. L’ultima cosa che scorge è il sorriso sfaccettato di Tom, gli pare di sentirlo ridere.

Tom è solo una voce sinuosa e uno sguardo metallico, eppure Harry si sveglia tremante, cosparso di sudore freddo. Alle prime luci del mattino, gli occhi di Tom sono gli incubi che terrorizzano i bambini ogni notte.

Tutte le volte che Harry si addormenta con il medaglione al collo precipita nell’abisso che è Tom.
Tom gli fa vedere delle cose – ricordi di serate grigie d’inverno, fruscio di pergamene, braci che gridano nel camino -, a volte parla e altre no.
Harry sa che la sua è solo una tattica e che non deve fidarsi affatto, ma non può fare a meno di ascoltarlo con una punta di interesse, ben nascosta sotto una facciata scocciata.
Tom sembra davvero diverso. Non sa come sia possibile, non lo crede possibile, in verità.
Hermione si infurierebbe se sapesse che sta entrando in contatto, e così di frequente, con un Horcrux. D’altronde, Harry non immagina nemmeno come potrebbe sottrarsi: ogni volta che si addormenta, la tenebra famelica lo inghiotte e lo scaraventa nella caverna senza che lui possa farci niente.
E poi, Harry non ha alcuna intenzione di prendere in considerazione l’idea di Tom. Anche se dicesse il vero e Voldemort potesse essere sconfitto risparmiando il medaglione, non potrebbe mai aiutare l’Erede di Serpeverde a riprendersi un corpo, col rischio di veder nascere, un giorno, un altro Signore Oscuro.

Harry però non nota come Tom sia sempre più in forze, non dà peso al sorriso ferino che gli rivolge ogni notte, prima di vederlo morire.

“Non mi fido di te.”
Harry lo mormora di nuovo, anche se l’ha già ripetuto fino alla nausea.
È sempre lo stesso incubo, sempre la stessa storia: Tom lo tormenta, Tom lo coinvolge in dibattiti che sembrano durare all’infinito.
Tom seduce e Harry si rifiuta di essere sedotto.
Forse non finirà mai davvero. Forse reciteranno quella parte per sempre...
“Sei uno stupido.”
La voce di Riddle è bassa come un fruscio, ma esplode nella caverna con il fragore di una valanga.
È la prima volta che mostra apertamente la sua rabbia – tutto il suo disprezzo.
“Cos’hai che non va? Sei talmente prevenuto che non riconosceresti una proposta d’aiuto nemmeno se ti sbarrasse la strada!” il tono di Tom si abbassa ancora di più, morbido e minaccioso, “Devi fidarti di me, Harry.”
“Non posso!”
C’è un che di disperato nel modo in cui Harry gli grida contro – se ne accorgono entrambi.
Tom gli volta le spalle con ostentazione, indifferente al suo respiro affannato, ai suoi tormenti.
Harry lo guarda.
Fissa con insistenza la nuca corvina di Tom, l’intrico di vene sulle sue mani, il colletto rigido della tunica che indossa. Lo osserva, mentre la parte più oscura di lui – quella che ha occhi di brace e dita lunghe da assassino – spinge e graffia e lo aizza.
Tom si gira di nuovo, una domanda muta e sprezzante sulle labbra.
Il mal di testa aumenta, lo sguardo dell’altro si fa rovente.
È soltanto quando sfrega con un’occhiata disgustata la sua cicatrice che Harry perde il controllo.
Si fa avanti e artiglia Tom per le spalle. Lo scaraventa contro la parete dura e bacia quella sua bocca esangue e screpolata – la bocca più bella che un cadavere possa avere.
Non si rende neanche conto che Riddle lo osserva tra le ciglia senza ricambiare, l’espressione a metà tra fastidio e trionfo.
Poi Tom serra le palpebre e modella le labbra contro le sue, il suo respiro ghiacciato riempie Harry di brividi.
Quando si scostano, a Harry sembra di aver corso per miglia e miglia senza fermarsi mai – ma le occhiaie sono scomparse dal volto di Tom.
Vorrebbe dire qualcosa, ma gli occhi ardenti di lui glielo impediscono.
“Potresti portarmi con te.”
Ci vuole qualche momento perché Harry capisca il senso del mormorio.
Si allontana da lui, ma Tom gli affonda le dita tra i capelli e gli impone di guardarlo – il Grifondoro si scopre sollevato, quando realizza che il suo incarnato non è più cereo come un tempo, che persino le labbra hanno acquistato un filo di colore.
“Se non vuoi darmi un corpo... non subito, almeno... potresti portarmi con te.”
Tom gli accarezza le labbra con la punta di un dito.
“Non voglio restare solo un’altra volta.”
Quando Harry annuisce, Tom gli affonda le unghie nel collo fino a farlo sanguinare e lo trae a sé come se ne andasse della propria vita.

Tom non ha odore, ma il suo bacio ha il sapore del metallo, del sangue appena sgorgato.

Quando Harry chiede a Hermione di andare a Godric’s Hollow, lascia il medaglione appeso alla spalliera del letto perché Tom non senta.
Il gioiello ondeggia con rabbia, Harry si ripete che è soltanto un gioco di luci sulla lamina d’oro – tenta di convincersi che lo sta facendo perché è giusto, e non perché ha paura, non perché la sensazione delle labbra di Tom sulle sue lo perseguita.
Quella notte resta sveglio per non affrontarlo. Sa che Tom farebbe leva sul suo senso di colpa – o sulla sua debolezza? – per convincerlo a non andare, a non tentare di trovare la Spada.
Harry sa anche che cederebbe.
Cederebbe se Tom lo guardasse di nuovo in quel modo, con gli occhi crudeli e le palpebre pesanti di languore; cederebbe se Tom curvasse il capo verso il basso in quel modo che gli è così proprio; cederebbe se Tom sussurrasse ancora e ancora che non è altro che un prigioniero, una vita spezzata e intrappolata per sempre in un gioiello di smeraldi per il piacere di qualcun altro.
Cederebbe se Tom lo baciasse, cederebbe mille volte ancora se Tom solo glielo chiedesse.
E allora Harry non dorme – così Tom non può chiedere, così Tom non può vincere.

Quella notte, Harry si chiede se Tom non abbia forse fame della sua pazzia.

Godric’s Hollow si rivela un disastro. Era una trappola, come Hermione aveva sempre sostenuto.
Harry si salva, ma perde la bacchetta. Harry non trova la Spada, ma scopre chi è il ladro dalla faccia allegra.
Harry si ritrova a dover fare i conti con una quantità di segreti indecenti che lo avvelenano lentamente.
Venire a sapere quelle cose su Silente lo sconvolge.
Non è l’amicizia con Grindelwald a disturbarlo, perché chiunque può sbagliare e non vedere subito la realtà dei fatti. No, quello che lo indigna sono i loro progetti... e le bugie, e i segreti, e tutte quelle situazioni non condivise, tutto quel passato non svelato.
Il ladro dalla faccia allegra avrebbe saputo indovinare i pensieri di Silente con uno sguardo distratto, Harry non ha nemmeno scalfito la superficie di quegli occhi azzurri.
Non importa quello che dice Hermione, non importa la fiducia che lui stesso ha sempre riposto nel Preside: tutto è andato in frantumi.
Ogni verità in fondo è una bugia, Tom aveva ragione.
Tom fa sempre delle osservazioni intelligenti.
Tom non è uno stupido – Tom non è come lui.
Tom non si sarebbe mai lasciato fregare in una maniera tanto sciocca. Tom avrebbe preteso delle risposte, e Tom le avrebbe ottenute – perché Tom ottiene sempre quello che vuole.
Harry ha bisogno di Tom – così come Tom ha bisogno di lui.

Tom ha occhi bui come caverne, blu come sangue coagulato appena sotto pelle.
Harry conta le ore che lo separano dalla notte per poter scoprire se anche quegli occhi sono una bugia.

Quella notte, quando piomba sulla roccia nuda, Harry trova Tom in uno stato di evidente agitazione.
Lo inchioda con un’occhiata terribile.
“Dove sei stato? Cosa ti è successo? Spiegati, Harry Potter.”
Harry crolla a terra sfinito – si sente sempre debole quando Tom ha certi accessi di rabbia.
Inizia a raccontare con voce spenta tutto quello che gli è successo, e si rende conto che non aspettava altro. La tomba dei suoi genitori, Bathilda e Nagini, la trappola, il volto cereo di Voldemort alla finestra, la fuga, gli incubi in cui vede suo padre e sua madre morire, la sua bacchetta spezzata, i segreti di Silente, l’identità del ladro dalla faccia allegra... il racconto da monotono si fa frenetico, la sua voce si rompe in più punti e i suoi occhi si riempiono di spilli.
Alla fine, si interrompe, incapace di proseguire. Si sente come quando il buio lo sveglia, come se fosse sul punto di affogare.
“Ogni verità in fondo è una bugia.”
Solleva lo sguardo su Tom, seduto immobile davanti a sé, e annuisce lentamente.
“Avevi ragione...”
Quasi non finisce la frase che Tom gli si avvicina di scatto. Gli conficca le unghie nel polso e gli stringe i capelli tra le dita, immobilizzandolo.
“Certo che avevo ragione” sibila, pieno di veleno, scavando la sua pelle sempre più a fondo, “Avresti dovuto fidarti di me.”
Harry non cerca di sottrarsi a quella morsa sempre più dolorosa, ma fugge i suoi occhi scuri, carichi di disprezzo.
Tom ha ragione, ha sempre avuto ragione. Tom ha cercato di aiutarlo dal principio, ma lui era troppo orgoglioso per accorgersene.
Tom vuole solo il suo bene.
“Mi fido...”
È un’ammissione ed è un sospiro.
Tom resta in silenzio a lungo, poi solleva il suo polso graffiato a sangue all’altezza del proprio viso. Harry lo guarda e Tom bacia ogni singolo sfregio, ogni singola cicatrice.
Tom ha le labbra imbrattate di rosso, quando Harry gli scivola addosso.
Lo stringe a sé con forza, premendo le mani lungo la linea dritta delle spalle, e percorre la sua gola liscia con i denti, mentre Tom gli ride in un orecchio.
Non sa cosa gli sia preso, ma l’ombra che da sempre lo infesta lo spinge a cercare Tom con sempre più frenesia, con sempre più abbandono.
Sbottona la sua tunica con dita tremanti, sussulta quando avverte le sue carezze gelide sul retro della nuca, alla base della schiena.
Harry sta per precipitare ancora più a fondo nel baratro che è Tom, e non gli importa. Harry vuole soltanto smettere di pensare – Harry vuole soltanto dimenticare.
Tom ride di nuovo, mentre lo ribalta sul ventre e gli preme il volto contro la pietra.

Quando tutto finisce, Harry è così intorpidito dal piacere che non fa nemmeno caso al buio che lo soffoca – Tom ha gli occhi dello stesso blu dei lividi che al mattino gli ornano le scapole.

I giorni passano e le notti si susseguono, tutto cambia senza mai cambiare veramente.
A Harry sembra di vivere davvero soltanto nei propri sogni.
Tutto il resto è incolore, tutto il resto è vuoto.
L’unica cosa che conta è lo sguardo freddo di Tom, nient’altro.
È anche a causa dello sconcerto che la cerva d’argento riesce a suscitargli – quando non prova niente da troppo tempo – che decide di seguirla.
Getta all’aria ogni cautela e la rincorre nel boschetto, fino ad un lago ghiacciato.
Sul fondo c’è la spada di Godric Grifondoro.
Harry esita solo un attimo, poi sospira e comincia a svestirsi. D’altronde, ci sono molti altri Horcrux da distruggere, non può permettersi di lasciare l’arma avvelenata sul fondo di uno stagno.
Quando si tuffa, l’acqua gelida è peggio di una coltellata, di centinaia di coltellate.
Harry rabbrividisce e si immerge, seguendo il bagliore dei rubini tra le alghe ondeggianti.
Afferra l’elsa d’argento, ma non riesce più a riaffiorare – qualcosa lo sta trattenendo, il panico esplode.

Mentre l’aria gli viene a mancare e il freddo gli addormenta gli arti, Harry si rende conto che è il medaglione a tirarlo verso il basso, a impedirgli di risalire.
È Tom.

Tom ha cercato di annegarlo.
Harry non riesce a pensare ad altro mentre si tira in piedi, battendo i denti per il gelo che gli intorpidisce le membra. Persino lo shock di rivedere Ron è mitigato dalla sensazione, terribile, di essere stato tradito.
Harry non capisce. Harry si riveste con gli occhi fissi sul medaglione abbandonato nell’erba – ma in realtà vede le labbra di Tom sul suo polso, sente il suo respiro freddo sulla pelle.
Poi il suo sguardo cade sulla Spada avvelenata, e tutto acquista i contorni nebulosi di un incubo.
Harry sa cosa deve fare, sa cosa ci si aspetta che lui faccia. Non c’è più tempo per pensare, non ci sono più notti nere in cui rincorrere sogni e alternative seducenti come miraggi.
Harry si trova davanti ad una scelta cruciale, eppure non ha alternative, non davvero.
“Fallo tu. Devi farlo tu.”
La voce è arrochita, strozzata in gola – non vuole, non vuole, non vuole.
Raccoglie il medaglione da terra e si dirige verso un masso piatto. Sente Ron arrancare alle sue spalle, nella sua testa c’è un silenzio insolito, piatto, che gli dà i brividi – è il cipiglio muto di quando Tom non è affatto, affatto contento.
Si posiziona, bloccando la catena d’oro sulla pietra fredda. Gli tremano le mani se ripensa a quando, sulla roccia dura, era imprigionato lui – se ripensa a quanto gli piaceva.
Sa cosa deve dire perché l’Horcrux si apra – forse l’ha sempre saputo -, eppure esita.
Per un attimo infinito, Harry ci pensa davvero a come sarebbe.
Scappare via, lontano, lontano dalla vita e dalla morte, lontano da una guerra che non vuole combattere. Vivere una vita di sogni e bugie, con un cuore di metallo e occhi come lividi che lo sezionano da un dormiveglia eterno. Lontano da tutto, su una scogliera a precipizio sul mare, e il respiro di Tom contro il collo, e i suoi capelli d’inchiostro tra le dita, e la sua voce sinuosa che sussurra verità che in fondo sono soltanto bugie – Buttati, ordina la voce con mortale dolcezza, e Harry lo farebbe, lo farebbe davvero se non fosse tanto sopraffatto.
Per un momento che sembra eterno, Harry si convince che atterrerà Ron e se ne andrà con Tom, via, lontano, in qualche luogo solitario, in un mondo in cui il futuro di Tom non ha straziato il suo passato, un mondo in cui potrebbero essere felici.
Ma Harry non ha il coraggio di smettere d’essere se stesso.
Apriti.”
Gli sportellini d’oro lavorato si spalancano sui palpitanti, febbricitanti occhi blu di Tom. Le ciglia corvine sbattono un paio di volte, poi una voce fredda e sinuosa come una serpe esplode nella radura.
“Ho visto il tuo cuore, Ron Weasley, ed è mio...”
Tom non lo guarda nemmeno una volta mentre tormenta Ron, mentre ingigantisce ogni suo terrore, mentre rende reali le sue paure – Harry vede un suo riflesso baciare lo spettro di un’Hermione bella e crudele, sente il suo doppio di fumo bisbigliare bugie colme di veleno.
Harry attende inutilmente che Tom sgusci fuori dal medaglione per implorarlo di ragionare, di portarlo via con sé. Harry aspetta la voce di Tom che gli promette che saranno felici.
Tom non viene, e Harry capisce.
Con la chiarezza spietata di una rivelazione, ogni tassello torna al suo posto. La nebbia che infestava gli occhi stanchi – sempre così stanchi – di Harry se ne va via, e lui comprende tutto.
Ogni parola, ogni frase, ogni teoria e ogni progetto... era tutto una farsa. Tom non è mai cambiato, Tom non ha mai avuto intenzione di aiutarlo a eliminare Voldemort, Tom non ha mai pensato di vivere per sempre insieme a lui. Tom ha sempre saputo che gli Horcrux andavano distrutti e ha cercato di fargli credere il contrario soltanto per soggiogarlo. Tom era ogni notte più in forze, ogni notte più bello. Tom aspettava solo di potergli strappare l’anima dal corpo per insediarvisi lui stesso.
Tom ha mentito dal primo all’ultimo momento.
D’altronde, ogni verità non è in fondo una bugia? Harry forse riderebbe, se la desolazione non lo stesse ammazzando.
Harry urla a Ron di farlo fuori per cacciare via il dolore, Harry vuole soltanto che tutto finisca.

Quando il medaglione gli si spezza tra le dita, Harry avverte qualcosa lacerarsi dentro di sé. Sente Tom urlare e urla insieme a lui, il sangue di Tom sulla pelle è anche il suo.
Harry sperimenta per l’ultima volta cosa significhi morire ogni notte, ma stavolta non si sveglia.

Harry perde la vita e vince la guerra. Tutto ricomincia e niente va storto, la pace per cui ha tanto lottato è bella e noiosa come ha sempre immaginato.
Non dice a nessuno del medaglione e di quello che è stato per lui. Nemmeno a sua moglie, che pure lo potrebbe capire meglio di chiunque altro.
Dopo tanti anni, non ci pensa quasi più.
Eppure, qualche volta, Harry sogna ancora di essere in un futuro sbagliato, in piedi su una scogliera desolata, il sorriso sferzato dal vento e un medaglione d’oro e smeraldi intorno al collo – e gli abissi di Tom in cui precipitare ogni notte.


NdA: Allora... cosa dire? Come posso farmi perdonare per questa cosa?!
Ammetto che non avevo mai preso troppo sul serio questa coppia. Nel senso, mi piace leggerne e tutto, ma scriverne io stessa… diciamo pure che è stata un’impresa!
Comunque, tanto per chiarire qualche punto che magari può risultare oscuro:
- Tom non aveva ovviamente alcuna intenzione di aiutare Harry, lo fa solo perché ha bisogno della sua fiducia per possederlo.
- L’ “ombra” che infesta Harry è il settimo Horcrux, ed è anche il motivo per cui Harry si sente attratto da Tom: praticamente è una Tom/Tom.
- La citazione all’inizio è tratta dalla canzone “L’odore” dei Subsonica.
- Lo stile è un esperimento… perdonatemi, soprattutto per quei “Tom” e “Harry” ripetuti fino allo sfinimento!

Sinceramente non sono convinta del risultato, ma questo è il meglio che sono riuscita a fare senza stravolgere il Canon... Spero sia almeno leggibile (soprattutto spero che Erodiade mi parlerà ancora, dopo che le ho maciullato l’OTP)!
Un bacio,
Mary.


  
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