Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: Ambros    29/05/2014    1 recensioni
Nerdish!Blaine, Badboyish(?)!Kurt
-“Per caso ti andrebbe di venire da me?”
Kurt gli rivolse un’occhiata stralunata e si poggiò agli armadietti con una spalla, inarcando un sopracciglio. “Come, scusa?”
“Ho chiesto” Ripeté Blaine, lentamente. “Se per caso ti andrebbe di venire da me. Possiamo studiare insieme.”
Kurt incrociò le caviglie e si strinse le braccia sul petto. “Perché mai?”
Blaine guardò di lato per un attimo. “Non lo so.” Si strinse nelle spalle. “È da un po’ che non parliamo.”
“Già.” Fece l’altro con tono sarcastico. “Te ne sei accorto, alla fine.”
L’espressione di Blaine si irrigidì per un attimo. “Me ne sono accorto immediatamente, se ben ricordi. Ti ho cercato un milione di volte, ho provato a parlarti … Ho perso il conto delle volte in cui ho provato a parlarti!” Dovette interrompersi un attimo prima di ritrovare la calma. “Sei stato tu ad allontanarti. E ora sto provando a dirti che mi manca … Il mio migliore amico. Mi dispiace se la cosa ti disturba.”
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Fifteen Minutes - and a couple of seconds.

Curioso che questa storia sia stata ispirata da te.
Che non la leggerai mai.



 
Il rumore metallico dell’armadietto che si chiudeva lo fece trasalire solo per un attimo: dovette respirare profondamente solo una volta prima di ricordarsi che nessuno osava più toccarlo, nessuno lo spingeva più, provocandogli dei lividi che sparivano solo dopo settimane, perché la sua pelle candida era inadatta alla violenza.
Si aggiustò meglio la tracolla di pelle consumata sulla spalla, simulando indifferenza nonostante nessuno lo stesse guardando; i suoi stivali neri, borchiati, fecero rumore sul pavimento liscio – doveva essere stato anche bianco, un tempo – del corridoio, e Kurt si trascinò di malavoglia fino a calcolo; trigonometria gli sembrava fin troppo facile, e cominciava ad annoiarlo. Senza contare quanto detestasse il fatto che la signora Thompson continuava a riservargli quelle occhiate sorprese e deliziate ogni volta che dava una risposta esatta, con la testa abbandonata sul banco e un’aria indicibilmente annoiata.
Non degnò nemmeno di un’occhiata i suoi compagni di classe, e si diresse a passo svelto verso il suo banco: terza fila, vicino alla finestra. Così, se si fosse annoiato troppo, si sarebbe almeno potuto godere il paesaggio grigiastro del parcheggio del liceo, punteggiato di macchine di seconda o terza mano.
Estrasse un blocco da disegno piuttosto consunto dalla tracolla di pelle marrone – decisamente consumata, soprattutto negli angoli, che avevano assunto un color crema poco rassicurante – e lo aprì ad una pagina a casaccio, muovendo un lapis sul foglio con aria distratta; avrebbe cominciato ad impegnarsi quando la lezione fosse cominciata davvero.
Qualcuno si lasciò cadere pesantemente nella sedia accanto alla sua, ma non ci fece caso; i suoi occhi rimasero incollati al disegno appena abbozzato di un profilo maschile. Ridisegnò il naso e modificò le labbra perché fossero leggermente più piene. La sua espressione si fece insoddisfatta, e la sua mano corse alla tracolla per recuperare una gomma; fece per avvicinarla al foglio, quando una voce lo bloccò.
“Perché lo cancelli? Non è così male.”
L’occhiata che Kurt riservò al ragazzo che aveva appena parlato, quello che si era seduto accanto a lui, era allucinata.
Nessuno gli rivolgeva la parola. Men che meno quel ragazzo.
Kurt sapeva esattamente come si chiamava. Anzi, per essere esatti, Kurt sapeva quasi ogni cosa di quel ragazzo. O almeno, di chi era stato quel ragazzo poco più di un anno prima.
Quello era Blaine Anderson, il primo ragazzo per cui avesse mai preso una cotta. Una cotta vera. Per un po’ di tempo, era stato convinto di essere stato innamorato di lui. Gliel’aveva persino detto.
A ripensarci aveva voglia di sorridere, perché la persona che era adesso non avrebbe mai fatto una cosa del genere; era stato uno sciocco ed era stato un ingenuo, e in un certo senso aveva pagato per questo.
Blaine gli aveva detto di non volerlo; certo, non era stato così diretto e conciso. – Blaine non sarebbe mai stato così sgarbato, non quel ragazzo dai cardigan a quadri, i papillon, i pantaloni stretti, i mocassini, il gel sui capelli e gli occhiali perennemente calati sul naso. Non quel ragazzo che aveva conosciuto al secondo anno di liceo, che si era trasferito da una scuola privata e che non si era mai vergognato di essere se stesso. – No, Blaine gli aveva detto che non voleva rovinare la loro amicizia.
Kurt aveva provato a credergli, ci aveva provato davvero, ma era una scusa così banale, così scontata, che nella sua testa risuonava soltanto come un rumoroso non ti voglio, so di poter trovare di meglio.
Era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso: il bullismo, la salute cagionevole di suo padre, Blaine, non l’aveva sopportato più.
Aveva chiuso con tutti, si era allontanato da tutti.
Una scelta da codardi, avrebbe detto qualcuno. In fondo era solo un rifiuto, non era il primo e non sarebbe stato l’ultimo. Ma Kurt era stanco dei rifiuti, era stanco di essere il ragazzino debole.
Era stanco di sentirsi patetico agli occhi di Blaine.
Non sapeva come un pacchetto di sigarette, dei vestiti diversi e un ciuffo azzurro tra i suoi capelli potessero aiutarlo, e forse non lo fecero. Ma si sentì meglio, e tanto bastava.
Non avere più rapporti così stretti come quello che si era sviluppato con Blaine, non essere più spinto contro gli armadietti del corridoio, non doversi più sentir chiamare frocio o checca, non poteva fare a meno di pensare che ne fosse valsa la pena. Perché si sentiva più forte.
Si sforzò di concentrarsi sul presente, di focalizzare l’attenzione sul Blaine di adesso, che lo osservava ancora con curiosità; non era cambiato molto dal ragazzo che aveva conosciuto Kurt, in realtà. Era un po’ più alto, forse, e le sue spalle si erano fatte più rotonde, ma era difficile dirlo quando il suo busto era avvolto in quei cardigan a quadri.
Riportò lo sguardo sul disegno, distogliendolo da quei dannati occhi dorati. “Te lo scoperesti uno così?” Chiese, col tono di voce più tranquillo che riuscì a simulare, cancellando il naso.
Blaine non si scompose, e la sua voce era altrettanto tranquilla quando rispose – e la cosa sorprese Kurt non poco. Lo faceva più puritano. “Ha delle belle labbra.” Commentò con una scrollata di spalle. “E dagli occhi sembrerebbe un tipo interessante.”
Kurt scrutò le labbra piene del disegno, piegate in una smorfia concentrata, e l’occhio chiaro che sembrava osservare un punto in lontananza. Cancellò le labbra e le assottigliò un po’.
Blaine non commentò; si sedette meglio sulla sedia e si chinò per estrarre libri e quaderni dallo zaino.
Kurt lo osservò quasi in trance per qualche secondo, ma non riuscì a formulare una frase adatta da rivolgergli; aprì la bocca per parlare, ma la signora Thompson – quando diamine era entrata in classe? – gli si rivolse col suo solito tono zuccheroso, a metà tra l’apprensivo e il gongolante. “Hummel?”
“Sì?”
“La risposta?”
Kurt sbuffò mentalmente, e lanciò un’occhiata di sbieco alla lavagna. “Bisogna raccogliere seno di x e dividere per coseno al quadrato di x. Otterremo un’equazione di secondo grado in tangente di x, che si risolve per …” Fece un rapido calcolo a mente. “X uguale a pi greco sesti più la periodicità.”
La signora Thompson sorrise con soddisfazione, rivolgendogli una di quelle occhiate, e Kurt si trattenne a stento dallo sbuffare; riabbassò subito lo sguardo sul blocco da disegno, e riprese a disegnare nervosamente.
Blaine lo stava guardando con un sorriso insistente, e si voltò verso di lui con un’espressione esasperata. “Che c’è?!” Soffiò, dimenticandosi per qualche secondo di mantenere un atteggiamento freddo.
“Calcolo è l’unica materia in cui qualcuno mi supera.” Sussurrò Blaine con un sorriso che non aveva nulla di malizioso, nessun autocompiacimento.
Kurt alzò gli occhi al cielo e ricominciò a disegnare.



*



“Mi stavo chiedendo …”
Kurt chiuse lo sportello dell’armadietto con un movimento secco, un’espressione esasperata già dipinta sul viso.
La seconda volta che Blaine Anderson gli rivolgeva la parola in due giorni. Avrebbe potuto farci l’abitudine.
Oppure no. No, era meglio che non ci facesse l’abitudine.
“Per caso ti andrebbe di venire da me?”
Kurt gli rivolse un’occhiata stralunata e si poggiò agli armadietti con una spalla, inarcando un sopracciglio. “Come, scusa?”
“Ho chiesto” Ripeté Blaine, lentamente. “Se per caso ti andrebbe di venire da me. Possiamo studiare insieme.”
Kurt incrociò le caviglie e si strinse le braccia sul petto. “Perché mai?”
Blaine guardò di lato per un attimo. “Non lo so.” Si strinse nelle spalle. “È da un po’ che non parliamo.”
“Già.” Fece l’altro con tono sarcastico. “Te ne sei accorto, alla fine.”
L’espressione di Blaine si irrigidì per un attimo. “Me ne sono accorto immediatamente, se ben ricordi. Ti ho cercato un milione di volte, ho provato a parlarti … Ho perso il conto delle volte in cui ho provato a parlarti!” Dovette interrompersi un attimo prima di ritrovare la calma. “Sei stato tu ad allontanarti. E ora sto provando a dirti che mi manca … Il mio migliore amico. Mi dispiace se la cosa ti disturba.”
Kurt deglutì, ma provò a non mostrarsi toccato da quelle parole. “Perché me lo staresti dicendo adesso?” I suoi occhi azzurri evitarono quelli dorati.
“Io …” Blaine si passò nervosamente una mano sul collo. “Voglio parlarti. Per favore?”
Kurt sbuffò, e giocherellò nervosamente con l’orlo della camicia scura, aperta sul davanti a rivelare una maglia grigia estremamente semplice. “Ti concedo un quarto d’ora da quando entriamo dalla porta di casa tua. Chiaro?”
Blaine annuì concitatamente e gli rivolse un piccolo sorriso sollevato.



*



Casa Anderson era esattamente come la ricordava.
Enorme, lussuosa, ordinata e pulita in maniera quasi maniacale.
“Quattordici minuti e cinquantanove secondi.” Commentò Kurt, cercando di reprimere il flusso di ricordi che persino i mobili di quella casa portavano con sé.
Blaine alzò gli occhi al cielo, appese il proprio cappotto all’attaccapanni e fece lo stesso con quello di Kurt; attraversò il salotto con passo svelto e salì le scale che portavano alle camere da letto.
“Quattordici minuti e trenta secondi. Hai intenzione di rimanere in silenzio tutto il tempo?”
Blaine gli rivolse un gesto nervoso con la mano, e aprì la porta di camera sua; Kurt esitò prima di seguirlo, e dovette prendere un respiro profondo. Aveva voglia di una sigaretta. Giocherellò col pacchetto, aprendolo e piegando il cartone sottile, e la maledetta camera era esattamente uguale a come la ricordava.
La parte più disordinata della casa, per quanto fosse comunque una camera estremamente ordinata, ed era anche quella con un tocco più personale.
C’erano CD, la libreria era colma di libri e oggetti inutili che avrebbero dovuto rappresentare dei ricordi, la scrivania era piena di cose di cui non avrebbe mai capito completamente l’utilizzo.
Mosse qualche passo in avanti, i suoi stivali non fecero rumore sulla moquette che ricopriva il pavimento, e sfiorò con la punta delle dita il legno chiaro della scrivania su cui aveva studiato un’infinità di volte. Si lasciò sfuggire un sospiro.
“Quella non toccarla!”
Kurt sobbalzò al tono improvvisamente agitato di Blaine, e si rese conto di star per sfiorare un oggetto decisamente strano, alla cui sommità si trovava una ciambella d’alluminio.
“Perché?” Chiese, inarcando un sopracciglio.
“È una sorta di … Bobina di Tesla, di dimensioni ridotte. Sai, un trasformatore risonante ad alta tensione che –”
Kurt sollevò una mano con un sorriso sofferente. “Dio, non sei cambiato di una virgola.” Mormorò. “Sai che non ci capisco niente di fisica.”
Blaine rispose con un sorriso consapevole.
Le dita di Kurt continuarono a vagare sulla scrivania, incontrarono la figura familiare di una clessidra in cui i granelli di sabbia erano sostituiti da dei minuscoli pallini rossi, che invece di giacere sul fondo si trovavano in cima. “Ce l’hai ancora.” Commentò sottovoce, con un leggero sorriso.
Sulle labbra di Blaine si disegnò un sorriso dolce. “Certo. Me la regalasti tu.”
Kurt se lo ricordava. Era il primo Natale che avrebbe passato dopo aver conosciuto Blaine, e si era davvero impegnato a trovargli un regalo originale; alla fine si era imbattuto in quella clessidra, e l’altro ragazzo ne era stato davvero entusiasta. Certo, aveva smorzato il divertimento quando aveva immediatamente commentato, con una luce felice negli occhi, che le palline hanno una densità minore rispetto all’acqua in cui sono immerse, ecco perché tendono ad andare verso l’alto!, ma Kurt si era comunque sentito molto fiero di sé.
“Undici minuti e dieci secondi.”
Blaine sospirò e si sedette sul proprio letto. “Puoi venire qui, per favore? Devo farti vedere una cosa.”
Kurt si avvicinò dopo qualche secondo, e si sedette con la schiena dritta, le mani sulle ginocchia, senza guardare l’altro ragazzo.
Non sapeva esattamente cosa ci facesse lì.
Forse il problema era che non sarebbe mai riuscito ad allontanarsi completamente da quel ragazzo; sospirò, e si morse il labbro. La sua mano corse automaticamente al ciuffo azzurro, ci giocherellò per qualche secondo come aveva cominciato a fare quando era nervoso.
“È carino il ciuffo.” Commentò Blaine, scivolando un po’ più vicino a lui sulle coperte. “Risalta il colore dei tuoi occhi.”
Kurt abbassò istintivamente la mano, e ridacchiò nervosamente per non arrossire. “Spiegalo a mio padre. Non sai che faccia ha fatto quando l’ha visto.”
Blaine sorrise con quella sua solita spontaneità. “Posso immaginarlo.” Annuì; esitò un attimo prima di parlare di nuovo. “Sa che fumi?” Gli chiese, più piano.
Kurt guardò di lato, sentendosi giudicato. “Certo che no.” Biascicò. “Mi ucciderebbe, se lo scoprisse.”
Blaine annuì lentamente. “Forse dovresti smettere.” Suggerì.
Kurt si alzò con uno scatto dal letto, e si sentì improvvisamente in trappola; se c’era qualcuno che avrebbe ascoltato, quello era proprio Blaine, e lo sapeva maledettamente bene. “Cosa vuoi da me?” Chiese di getto, quasi con rabbia. “Perché mi hai fatto venire qui?”
L’altro esitò un attimo prima di rispondere, guardandosi le mani. “Ho bisogno di parlarti.” Ribadì, apparendo nervoso per la prima volta.
“Allora parla.” Ribatté Kurt, secco.
“Non se fai così.” Rispose Blaine, storcendo il naso.
“Così come?!”
“Se te ne stai sulla difensiva! L’hai sempre fatto, fin da quando ci siamo conosciuti! Non mi hai mai … Lasciato entrare davvero. Ma ora ho bisogno che mi ascolti, per favore. Che mi ascolti davvero.
Kurt si morse il labbro e aspettò qualche secondo; mosse un paio di passi esitanti verso il letto, si fermò, e alla fine si sedette di nuovo, le mani incastrate tra il materasso e le gambe sottili. “Sto ascoltando.” Disse, la voce pacata.
Blaine annuì e si torse dolorosamente le dita. Si alzò dal letto e si mosse nervosamente verso la finestra; abbassò la serranda e spense la luce sulla scrivania, in modo che la camera fosse quasi completamente al buio; si avvicinò al comodino e Kurt stava per chiedergli cosa stesse facendo quando le parole gli furono letteralmente sottratte dalla gola.
Blaine aveva premuto un pulsante su una curiosa sfera color grigio scuro, e il soffitto della stanza si era popolato di stelle. Si spostavano placidamente, imitando perfettamente la volta celeste, e Kurt poté distinguere la Costellazione dell’Orsa Maggiore. Le sue labbra si separarono leggermente, e i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa e la meraviglia.
“Me l’ha regalato Cooper qualche giorno fa.” Sussurrò Blaine, sedendosi di nuovo accanto a lui. “Ha avuto un ingaggio per non so quale pubblicità, e ha festeggiato così.” Si strinse nelle spalle con l’espressione di chi la sa lunga.
“Tipico.” Mormorò Kurt, senza allontanare gli occhi dal soffitto; stava tenendo d’occhio la Stella Polare.
“Appena l’ho visto ho pensato a quanto ti sarebbe piaciuto.” Continuò Blaine, seguendo il suo sguardo. “È stato solo dopo che ho pensato … Sai, che non ci parlavamo più.” Si passò nervosamente una mano sulla nuca, e Kurt abbassò lo sguardo. “Per questo ho provato a parlarti … Di nuovo. Volevo tanto che lo vedessi.”
Kurt inarcò un sopracciglio e gli rivolse un’occhiata scettica. “Sei persino più nerd di quanto non pensassi.” Commentò, nascondendo il leggero brivido che gli corse lungo la schiena.
Blaine ridacchiò, sciogliendo un po’ la tensione che gli si era accumulata sulle spalle, e scrollò il capo. “Non era solo per questo, in realtà.” Prese un respiro profondo, prima di girarsi e poggiare un ginocchio sul materasso per essere voltato con le spalle verso di lui. Kurt si ritrasse solo un po’.
“A San Valentino dell’anno scorso” Iniziò Blaine, deglutendo. “Tu … Tu hai fatto una cosa molto coraggiosa. Qualcosa che io non avrei mai saputo fare.” Si guardò attorno, ma alla fine riuscì a sostenere lo sguardo degli occhi azzurri di Kurt. “Mi hai detto che ti piacevo.” Sussurrò. “Che ti piacevo tanto. E io ti ho risposto che non volevo rovinare la nostra amicizia.”
Kurt deglutì, e un rossore insistente gli invase le guance. Se lo ricordava.
“Sono stato un codardo.” Continuò Blaine in un sussurro, tormentandosi le mani. “A dirti quella cavolata. Non che … Insomma, non che non fosse vero. Io avevo – ho, ho paura di rovinare la nostra amicizia. Perché tu eri – sei la cosa più importante che io – che io abbia mai avuto. E quando ci siamo … allontanati è stato … brutto.” Ridacchiò nervosamente. “Per usare un eufemismo. Ma io non sono coraggioso quanto te. E non sono mai riuscito a dirti che la mia vita mi sembrava troppo incasinata per una relazione. Insomma, mio padre è riuscito ad accettare il fatto che sono gay solo un mese fa, e io non sapevo … Non sapevo come fare.” Si passò una mano sul viso. “Non che questa sia una giustificazione, ma … È tutto quello che posso dire.”
Kurt aveva gli occhi spalancati e il respiro bloccato in gola. Era abbastanza sicuro che niente di tutto quello fosse vero. “Cosa … Cosa vuoi dire?” Mormorò.
Blaine gli rivolse un mezzo sorriso che voleva dire come se non lo sapessi. So benissimo che vuoi soltanto che lo dica ad alta voce. Prese un respiro profondo e poi parlò. “Credo che tu mi piaccia, Kurt.” Disse d’un fiato. “Anzi, credo che tu mi piaccia … tanto. Parecchio. Esponenzialmente. Come l’affinità chimica tra gli elementi!”
Kurt inarcò un sopracciglio, ma non chiese nulla. Era troppo impegnato a cercare di respirare in maniera adeguata.
Blaine ridacchiò nervosamente. “Sarebbe carino se tu dicessi qualcosa, adesso.” Si aggiustò gli occhiali sul naso e si tirò le maniche del cardigan.
Kurt cercò di balbettare qualcosa, qualsiasi cosa, e alla fine rantolò un misero “Mi dispiace. Per essermi comportato da codardo e per essermi allontanato, sono stato un tale idiota, io … Mi dispiace e –”
“Ehi.” Blaine gli poggiò delicatamente due dita sulle labbra. “Non importa, okay? Anche a me dispiace. Volevo solo ricordarti che tu sei la persona più coraggiosa che io conosca e che tutto questo” Indicò la sua figura, i suoi vestiti. “Non è necessario. A meno che non ti piaccia, ovviamente.”
Kurt inarcò un sopracciglio e sorrise. “Perché, a te non piace?”
“No, certo che mi piace. Stai benissimo con qualsiasi cosa, lo sai.” Blaine parlò quasi senza pensare, ma non arrossì.
Kurt sorrise, e abbassò lo sguardo. “A volte credo solo che sia difficile essere coraggioso senza di te.”
Blaine si avvicinò a lui lentamente, e le dita che gli pose sotto il mento per fargli alzare il capo stavano tremando, ma la sua voce era dolce e sicura. “Stronzate.” Disse, e un leggero sorriso si disegnò sulle labbra di Kurt: Blaine non era mai volgare. “Sei la persona più coraggiosa che io abbia mai conosciuto. Anche senza di me. A volte hai solo bisogno che qualcuno te lo ricordi.” Lanciò un’occhiata al comodino. “I quindici minuti sono passati da tre secondi.”
Kurt sorrise. “Forse potrei darti un altro po’ di tempo. Qualche anno, magari.”
Gli occhi di Blaine si illuminarono come solo degli occhi dorati potevano fare, e furono l’ultima cosa che Kurt vide prima di sentire la dolcezza delle labbra dell’altro sulle proprie.  







***
Note:
Ovviamente grazie a Locked per s(u)opportarmi.

Non credo l'avrei pubblicata, se non fosse stato per lei.
E niente ... Eccovi un'altra delle mie FF senza senso.
Terribile?

Un bacione, e grazie comunque per aver letto. :)

 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Ambros