NDA: Sono pazza lo so. Ma da quando guardo Chicago Fire e Chicago PD mi sono innamorata della coppia formata da Kelly Severide ed Erin Lindsay. Sono una Linseride (per chi non lo sapesse, è così che li chiamano) al 1000x1000 sempre pronta a trovare e contagiare nuova gente con la Linseridite che mi ha colpita, e ne vado fiera. La mia socia StillAnotherBrokenDream ne sa qualcosa xD. Il mio amore per questa coppia mi ha spinto a scrivere questa breve one shot. Non so ancora se prima o poi scriverò una storia lunga su di loro... potrei anche farlo. Fatemi sapere cosa ne pensate :D Grazie, Roby.
Macerie.
Macerie ovunque.
Il
comandante Boden era
ancora accasciato a terra, un
lento rivolo di sangue scendeva dalla sua fronte lungo la sua guancia.
Il suo
vestito elegante sporco di polvere. Migliaia di pezzetti di vetro erano
sparsi
sull'asfalto, se ne stavano lì immobili quasi a farsi beffa
di lui.
"Oh
no..." sussurrò alzandosi in piedi. "Severide
rispondi!" urlò alla radio muta, "Casey!
Chiunque mi sente risponda."
Silenzio.
Il terreno sembrò tremargli sotto i piedi, ebbe la sensazione di non avere più aria nei polmoni, di non essere capace di respirare. Si avvicinò la radio alla bocca; "Centrale, c'è stata un'esplosione. Mayday mayday!" gridò con quanto fiato aveva in corpo. Poi si fermò a guardare l'edificio davanti ai suoi occhi. Un'intensa coltre di fumo veniva fuori dalle finestre e dalle porte esplose. Quasi tutta la sua intera famiglia si trovava in quell'edificio. Quelli erano i suoi uomini e lui era come pietrificato lì, di fronte a quel covo di macerie sotto cui era sepolta la sua caserma.
****
Erin Lindsay sentiva un fastidioso
fischio tormentarle le
orecchie. Lo sentiva sin quando il sergente Platt aveva comunicato loro
che un
intero edificio era esploso e con esso l'intera caserma 51. Lei e
Antonio si
erano guardati, la stessa paura dentro i loro occhi.. Kelly era
lì dentro, e
anche Gabby.
Fece un
grosso respiro e si passò la mano sul viso lanciando una
rapida occhiata al
detective Dawson. Era teso, le sue mani stringevano il volante
dell'auto
talmente forte che le sue nocche erano diventate bianche. Era pallido
ed Erin capiva fino in
fondo come si sentiva.
Il suo
pensiero volò a Kelly. Era come ritornare alla notte dopo
l'esplosione al
Chicago Med, solo che
lui non avrebbe bussato alla
sua porta di sera per stringersi a lei e stringerla.
Non così, pensò. Quella storia
appena
iniziata non poteva finire così. Non si erano neppure detti "Ti
amo". I fatti lo avevano dimostrato e loro lo sapevano in
fondo ai
loro cuori, ma l'idea che non avrebbe mai sentito quelle parole venir
fuori
dalle belle labbra del tenente le faceva venire i brividi.
"Antonio..."
sussurrò. " E se"
"Non
dirlo Erin!"
esclamò l'altro, "Sono sicuro
che stanno tutti bene."
Erin annuì ingoiando la
paura. Antonio aveva ragione, la
caserma 51 era forte; sicuramente stavano tutti bene.
Raggiunto il
luogo dell'esplosione, il detective Dawson fermò l'auto poco
distante da quella
del comandante Boden e
strinse la mano di Erin
prima di scendere. Altre due caserme erano già sul
posto; decine di pompieri se ne stavano lì, divisi tra
l'interno e l'esterno
dell'edificio. I paramedici erano pronti a prendersi cura dei feriti.
Antonio si
avvicinò a Boden,
seguito da Erin.
"Comandante!" esclamò, "cos'è successo?"
L'uomo
scosse il capo "Non lo so. Siamo stati chiamati, sono entrati per
ispezionare il posto e poi di colpo c'è stata un'esplosione.
Nessuno risponde
alla radio."
"Come
possiamo aiutare?" chiese Erin
senza distogliere
lo sguardo da tutte le macerie lì di fronte.
"Non
c'è niente che possiamo fare purtroppo. Gli altri vigili del
fuoco stanno
facendo del loro meglio. Possiamo solo aspettare e pregare."
Erin diede le spalle a tutto e tutti,
nascose il viso tra
le mani tremanti e cercò inutilmente di trattenere le
lacrime. "Ti
prego..." sussurrò con gli occhi rivolti al cielo.
Antonio le
accarezzò un braccio con fare fraterno, se la strinse
delicatamente al petto e
si schiarì la voce. "Sono certo che andrà tutto
bene. Mia sorella e gli
altri sono dei tipi tosti. Ce la faranno." la sua voce però
tradiva paura.
Erin Lindsay riprese il controllo, ma
non si allontanò da
Antonio. Aveva bisogno di quell'abbraccio, di sentirsi dire che tutto
sarebbe
andato per il meglio.
Dalla radio
del comandante, fino ad allora muta, uscì un fruscio
confuso. Boden se la
avvicinò velocemente alla bocca "Qualcuno
mi sente?"
Silenzio.
"Qualcuno
mi sente?" ripetè.
Dopo qualche
secondo che sembrò lungo un'eternità la voce di
Kelly Severide
si fece largo tra il frastuono "Capo!" chiamò.
Erin, Antonio e Boden
tirarono
un sospiro di sollievo; era solo uno di loro ma era già
qualcosa.
"Kelly."
rispose il comandate, "è bello sentire la tua voce figliolo."
"Anche
per me capo." rispose il tenente "Vedo Mills,
Capp, Tony e Newhouse. Sono
un po' ammaccati ma sembra che stiano tutti bene. Andiamo a cercare Casey e gli altri."
"Kelly,
fate attenzione. I ragazzi delle altre caserme stanno lavorando per
aprire un
varco tra le macerie. Trovate gli altri e rimanete tutti insieme.
Stanno
venendo a tirarvi fuori." gli ordinò Boden.
"Ricevuto!"
Boden fece un mezzo sorriso. La speranza
si riaccese nel
suo sguardo. Guardò Erin
che lo guardava con gli
occhi pieni di lacrime e le fece segno di avvicinarsi. "Kelly," disse
al tenente "C'è qualcuno che vuole parlare con te."
Erin Lindsay prese la radio, la mano le
tremava e la sua
voce faticava ad uscire. "Severide."
chiamò.
Kelly
accennò una risata. "Ciao splendore."
"Kelly Severide,"
gli disse lei avvicinando la bocca alla
radio ancora un po' "farai meglio ad uscire da lì dentro
tutto intero. Non
mi hai neppure portata fuori per un vero e proprio appuntamento ancora.
Non ti
è permesso morire, mi hai capita?". Scoppiò in
lacrime e un singhiozzo le
spezzò la voce.
"Erin,"
le disse Kelly. Anche la sua voce era triste.
"Soltanto sentire la tua voce è un motivo in più
per uscire da qui. Sii
paziente, sarò da te più in fretta che posso."
Lei annuì, le lacrime le bagnarono le labbra. "Okay. Ti aspetto qui."
****
Due ore più
tardi quasi ogni componente della caserma era stato tirato fuori dalle
macerie.
Antonio aveva seguito Gabby
in ospedale e Shay e la
squadra del tenente Casey
sembravano fuori pericolo.
Uno alla
volta gli uomini di Kelly si fecero spazio tra la polvere, ammaccati,
ma vivi.
Kelly uscì
dall'edificio per ultimo. Erin
avanzò di qualche
passo verso di lui, i detriti facevano rumore sotto le sue scarpe. Si
fermò a
metà strada, le lacrime presero di nuovo il controllo dei
suoi occhi. Voleva
correre tra le sue braccia e stringerlo, ma era come bloccata. La
tensione le
mordeva ancora lo stomaco.
Kelly le
sorrise pensando a quanto fosse bella. Lasciò cadere
l'elmetto e accelerò il
passo. "Ho fatto più in fretta che potevo." le disse. Sul
suo viso
c'era quel solito ghigno furbo, il suo marchio distintivo, ma i suoi
occhi
erano rossi di lacrime e spavento. Forse anche un po' di sollievo.
La donna
roteò gli occhi e scosse poco il capo; il solito
Kelly, pensò. "Non
farlo mai più." gli disse "Ti prego." aggiunse iniziando di
nuovo a piangere.
Alcune
lacrime caddero leggere dagli occhi azzurri del tenente, scivolando
lungo le
guance. Le si avvicinò e la baciò, rilassandosi
all'istante, come tutte le
volte che si trovava tra le sue braccia, che anche solo la guardava.
Lei gli
passò le mani tra i capelli e dopo qualche secondo
indietreggiò un po'. Gli
asciugò il viso e lo baciò di nuovo prima di
parlare "Ti amo Kelly Severide."
sussurrò.
Lui abbozzò
un sorriso, la strinse più forte e le baciò la
bocca. Sperò che il tempo si
fermasse, perchè
quella bocca... oh se fosse morto su
quelle labbra sarebbe stato un bel modo di morire. Ruppe il bacio ma
rimase
comunque ad un soffio dal suo viso "Ti amo anche io." rispose. "Ti
amo da morire."
Erin sorrise "Mi devi comunque una
cena."
"No.
Ti
devo molto di più Erin
Lindsay."