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Autore: Lelaiah    30/05/2014    2 recensioni
Da diversi anni il genere umano è entrato in contatto con il mondo soprannaturale e la convivenza, nonostante alcuni alti e bassi, sembra essere tranquilla. L'arrivo del branco MacGregor a New York ha creato un grande scompiglio tra gli altri gruppi di licantropi e stuzzicato la curiosità della stampa.
Tutto quello che vuole Evan, figlio dell'Alfa del clan appena arrivato da oltreoceano, è poter vivere la propria vita in pace. Possibilmente evitando la maggior parte dei contatti col padre e ignorando le richieste egoiste della bella ed algida Crystal, sua moglie.
Nella stessa città vive anche Amanda, giovane assistente che condivide l'appartamento con la sorella Frances e il fidanzato di lei, Andrew. La loro vita scorre tranquilla, lontana da qualsiasi coinvolgimento col soprannaturale... almeno fino a quando tutti loro non si ritroveranno nel bel mezzo di un attacco perpetuato da alcuni licantropi di un clan locale.
L'inaspettata trasformazione di Drew porterà questi due mondi ad entrare in collisione. Far collimare stili di vita dissimili sembrerà ancora più difficile quando la città verrà sconvolta da una serie di omicidi, questa volta ai danni della comunità soprannaturale.
Umani e licantropi riusciranno a collaborare? E magari anche ad innamorarsi?
Buona lettura!
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 13 Un nuovo cambiamento
Perdonate l'attesa, ma ho avuto sempre impegni legati all'università e, nonostante scrivessi un po' tutti i giorni, il capitolo ha avuto una gestazione lunghissima :(
Comunque, tornando a noi, eravamo rimasti alla sconvolgente rivelazione di Emily... c'è aria di tempesta, in giro!
Vi lascio ai personaggi, buona lettura! :)



Cap. 13 Un nuovo cambiamento


-Tuo figlio?- ripetè Evan, scandendo bene le parole. La situazione si stava complicando ed iniziava a temere di non sapere più quale fosse la verità.
Emily annuì mesta. Poi si frugò nella tasca posteriore dei jeans ed estrasse il portafogli. Visibilmente agitata, le mani che le tremavano, tirò fuori una piccola fotografia leggermente rovinata agli angoli.
  Esitò un attimo, poi la porse allo scozzese.
Lui la prese ed osservò il viso del bambino, i suoi occhi così simili a quelli della giovane. Il suo broncio rivolto al fotografo.
-D’accordo. Questo è indubbiamente tuo figlio.- concesse, passando l’oggetto a David affinché potesse verificare lui stesso. –Perché non ce ne hai parlato?
-E cos’avreste fatto?- domandò, scettica.
-Avremo potuto elaborare un piano! Pensi che non avremmo potuto difendervi?- scattò Dave, guardandola con occhi accesi.
Emily lo fissò, poi scosse la testa. –Non metto a repentaglio la vita degli altri. Mi basta esser responsabile della mia e di quella di Blake.- rispose.
-Oh, quale prova di valor morale!- esclamò il moro, chiaramente con l’intento di essere ironico. –Sai perché lo stanno facendo?- Andrew s’inserì nella conversazione.
L’americana si morse il labbro inferiore. –Non esattamente. Non mi hanno messa al corrente dei dettagli.- ammise.
-Di’ quello che sai, così puoi provare a rimediare.- le suggerì Amanda. Aveva seguito la conversazione nel più completo silenzio, almeno fino a quel momento. Non sapeva quale fosse il compito affidato ad Emily, ma sapere che l’avevano usata tenendo sotto scacco suo figlio era riprovevole.
Doveva essersi sentita male ad ogni singola ora del giorno, terrorizzata al pensiero che potessero ferire il suo bambino.
Forse era solo solidarietà femminile, ma lei era pronta a darle una chance. Non poteva parlare a nome degli altri, però.
-Be’… all’inizio mi hanno detto di infiltrarmi nel branco appena arrivato dalla Scozia. Volevano che fossi accettata come nuovo membro.- iniziò.
-E’ per quello che hai avvicinato Graham, quindi.- ragionò David.
Emily annuì. –Sì… anche se non ho mentito sul motivo per cui volevo unirmi a voi.- rispose, evitando lo sguardo di tutti i presenti, in particolare quello dell’inglese.
-Quindi…?
Confermò nuovamente con un cenno del capo. –Sì, ma non alterarti, David. Ci siamo già passati.- lo bloccò prima di qualsiasi reazione violenta.
Con un grande sforzo, l’inglese tenne a bada il proprio umore e prese un respiro profondo. –Poi? Che altro dovevi fare?- chiese.
-Osservare, cercare di capire come Dearan avesse organizzato il branco.- proseguì lei.
-Il vostro Alfa vuole per caso espandersi?- cercò di capire Evan. C’era qualcosa che non gli tornava: se era stata mandata a tener d’occhio suo padre, perché aveva deciso di seguirlo dopo la sua espulsione dal branco?
-No… o meglio, non è quello il motivo principale per cui sono stata mandata tra di voi. Jared si è alleato con un licantropo, credo sia inglese o scozzese a giudicare dall’accento.- tentò di ricordare quanti più dettagli poteva. Non aveva mai visto in faccia il misterioso lupo, ne conosceva solamente l’aura.
-Attenta a quello che dici: mai confondere inglesi e scozzesi. Qualcuno potrebbe prendersela.- le fece notare Van, buttandola sul ridere. David non poté che concedersi un piccolo ghigno, divertito dalla battuta dell’amico.
Emily arrossì leggermente. –Scusate… non era mia intenzione.- borbottò.
-Non ti distrarre. Da chi prende ordini il tuo Alfa?- Evan la obbligò a concentrarsi nuovamente sull’argomento principale della discussione.
-Non so chi sia, mi dispiace. Conosco solo la sua aura e sembra quella di un lupo molto vecchio.- disse, mortificata. Aveva così poche informazioni da scambiare e la sua posizione diventava sempre più precaria.
Molto probabilmente, alla fine di quell’interrogatorio, l’avrebbero cacciata. E lei sarebbe rimasta sola, senza nessuno a darle una mano.
-Qual è il suo obiettivo?- la incalzò Andrew.
-Evan. Non so per quale motivo, ma questo lupo vuole qualcosa da Evan.- rivelò. –Non so se sia vendetta o altro, ma vuole lui.
David e Van si scambiarono una lunga occhiata, perplessi. Evan aveva fatto qualche sgarbo a diversi licantropi quand’erano ancora nel Vecchio Continente, ma tutte le dispute erano state risolte.
Apparentemente non c’era nessuno, escludendo la sua ex moglie e Stryker, che potesse avercela con lui.
-Non so chi sia, non mi viene in mente nessuno.- ammise infine l’uomo.
Dopo quell’ammissione, tra i presenti scese il silenzio. La tensione era palpabile, anche se apparentemente l’aura di Evan era stata riassorbita e aveva smesso di vorticargli attorno come impazzita, schiacciando le auree degli altri licantropi.
  In tutta quella situazione, Amanda aveva cercato di trovare le fila del discorso, ma senza molto successo. Ne sapeva ben poco di dinamiche di branco e ancor meno di possibili faide vecchie di centinaia di anni.
A dir la verità, per lei erano tutte cose fuori dall’umana concezione. Il problema era che doveva provare a pensare come un licantropo, se no non avrebbe mai capito il loro mondo.
Improvvisamente, la sua mente collegò due tasselli del puzzle. –I licantropi che erano all’Internazionale… erano stati mandati dai Blacks?- chiese, guardando nella direzione di Emily.
Come se si fossero ricordati solo in quel momento della sua presenza, i lupi si voltarono a guardarla e poi bisbigliarono tra loro.
Infine, tutti gli occhi si appuntarono nuovamente sull’americana. –Sì… ma so solo che dovevano attaccare in presenza del branco MacGregor.- rispose.
“Attaccare solo in presenza del branco…”, meditò Evan. Poi, sembrò realizzare una parte del piano del nemico. –Ma certo! Che idiota!- esclamò.
-Cos’hai capito?- Dave gli si avvicinò.
-L’attacco. Era tutto pianificato, forse fino al punto da obbligarmi a trasformare qualcuno.- spiegò.
A quelle parole, Andrew impallidì. –Vuoi dire che la mia quasi morte faceva parte del loro piano? Quindi siamo stati tutti manipolati?- domandò sconvolto. Non sapeva se arrabbiarsi o essere scioccato.
-Probabile. Anche se non doveva essere espressamente la tua.- convenne lo scozzese.
-Figli di…- iniziò Drew, ma s’interruppe di colpo per esclamare:-Mandy!
Nell’esatto istante in cui il ragazzo aveva urlato il suo nome, Amanda si era sentita venir meno le gambe. Il pavimento si era avvicinato molto velocemente e aveva temuto di cadere a terra come un sacco di patate.
Allungò un braccio di lato nel tentativo di trovare un appiglio ed artigliò il bordo del tavolo. Vi si appoggiò pesantemente contro, tentando di rimanere presente a se stessa.
Fortunatamente Drew le venne in soccorso e l’accompagnò gentilmente fino a terra, facendola sedere. –Ehi… cosa ti senti? Stai per svenire?- le domandò, tastandole il polso in cerca del battito. Essendo un allenatore di nuoto, aveva fatto un corso di primo soccorso e sapeva come comportarsi in situazioni del genere.
La ragazza sbatté parecchie volte le palpebre, cercando di rispondere. –Io… io credo di sì…- biascicò infine.
-Deve riposare: ha perso un bel po’ di sangue.- osservò Evan.
-No! Io… io voglio rimanere. Voglio capire…- tentò di protestare la morettina.
David allora liberò il divano da alcuni cuscini e fece segno ad Andrew di adagiarvela sopra. Il giovane americano obbedì, sollevandola come se fosse una piuma e portandola subito dopo a destinazione.
Mandy si ritrovò così nell’occhio del ciclone, ossia in mezzo ai licantropi. Si lasciò andare indietro, fino ad appoggiare il capo sul bracciolo e chiuse gli occhi. –Scusatemi… continuate pure…- mormorò, massaggiandosi le tempie.
-Hai altre informazioni da darci?- fu Evan a spezzare il silenzio creatosi.
-A parte che da ora in poi ci spieranno molto spesso, no. Avevo tentato di tenere nascosto questo posto, ma mi hanno costretta a rivelarlo.- ammise.
-D’accordo. David, vieni con me.
Van si diresse rapidamente verso la finestra e poco dopo prese a salire la scala antincendio, diretto verso il tetto. Dave lo seguì subito dopo aver lanciato un’occhiata ad Emily.


-Avevamo ragione ad avere dei sospetti…- esordì David, una volta approdato sul tetto dell’edificio in cui vivevano.
-A quanto pare.- confermò Evan, lanciandogli un’occhiata distratta. –Cosa ne pensi?
Dave si passò una mano tra i riccioli scuri. –Sai che non mi piacciono i bugiardi, per niente. È una questione che tende ad essere alquanto personale…- commentò lasciandosi andare ad un sospiro.
-Quindi? Proponi di allontanarla?- indagò l’altro, voltandosi completamente a guardare l’amico.
-Lo farei. Se solo non ci fosse l’attenuante.- ammise.
Van sollevò un angolo della bocca, compiaciuto: aveva previsto una risposta del genere. Ormai lo conosceva troppo bene e da troppo tempo per sbagliarsi.
L’inglese si passò una mano sul viso, sentendosi oppresso da una responsabilità che non aveva chiesto. -Tu cosa vuoi fare in merito?
-Indagare. Voglio capire come hanno fatto a piegare Emily a questo ricatto. Da quel poco che so di lei, non mi sembra tipo da cedere facilmente.- disse, facendosi pensoso.
-E per l’altra questione? Quella del licantropo che ti cerca?- chiese ancora, facendosi incalzante.
Evan alzò lo sguardo. –Davvero non lo so. Ho sistemato tutte le questioni rimaste in sospeso prima di partire.- rivelò.
David si sedette sul parapetto di mattoni rossi. –Potrebbe essere qualche Alfa locale?- ipotizzò.
-Non credo.- l’altro scosse la testa. –Emily ha detto che aveva un accento europeo. Questo mi fa pensare che sia legato alla nostra vecchia vita. Alla mia vecchia vita.
-Il che è plausibile. Però, perché mirare a te? Non sei un Alfa… almeno, non lo eri fino a qualche tempo fa.- osservò, pizzicandosi ritmicamente il mento.
-Questo proprio non so spiegarlo.- confessò. Non avrebbe saputo dire un nome nemmeno sotto tortura: brancolava nel buio più completo.
Restarono in silenzio per un po’, inseguendo i ragionamenti e le ipotesi più disparati. C’erano moltissimi interrogativi dietro quella storia e i principali riguardavano la spia Emily Blackwood.
-Accantoniamo momentaneamente il problema del licantropo europeo e focalizziamoci su Emily.- Evan diede voce ai propri pensieri. –Se sarà disposta a raccontarci la verità, sarà più facile per tutti e due prendere una decisione in merito.
-Effettivamente, ora sono un po’ arrabbiato…- commentò Dave, cercando di buttarla sul ridere. Era veramente arrabbiato per quello che era successo e per motivi vecchi più di un secolo, ormai.
-Dave, lei non è tuo padre.- gli fece notare l’amico. –Ma sono arrabbiato anche io.- aggiunse subito dopo.
-Per fortuna. Se no sarebbe potuta finire male.- replicò l’architetto. –Ma apprezzo il fatto che abbia deciso di dare un taglio a tutta questa farsa. Spontaneamente.
“Non so se fidarmi o meno.”, si disse lo scozzese. La reazione del suo migliore amico gli dava da pensare: si fidava del suo istinto e spesso si era rivolto a lui per prendere decisioni importanti. D’altra parte, era anche vero che la situazione ricordava moltissimo un episodio cruciale della vita di David e l’uomo non si poteva dire obiettivo.
-Ridarle suo figlio potrebbe portarla definitivamente dalla nostra parte.- considerò il giovane MacGregor.
-Mi sembra abbastanza convinta di voler abbandonare quella dei Blacks. Da quel che mi ha detto, non è esattamente un branco esemplare.- gli ricordò.
Quello annuì più volte, dimostrando di ricordare quello che gli era stato detto. –Bene… quindi direi che siamo d’accordo sul fatto di scoprire cosa c’è dietro e, nel caso, aiutarla a riavere il piccolo…?- chiese conferma.
-Direi di sì.
-Per quanto riguarda i licantropi che, d’ora in poi, se ne staranno appostati davanti a casa nostra?- Evan fece scrocchiare le dita delle mani, cercando di elaborare un piano che potesse funzionare. Magari evitando l’omicidio di diverse persone.
Anche David ci stava pensando, ma non gli veniva in mente nulla che potesse apparire anche lontanamente una buona idea. All’improvviso, però, battè il pugno sul palmo della mano ed esclamò:-Trovato!
Van non disse nulla, si limitò a guardarlo in attesa di una spiegazione.
-Fingiamo di cacciare Emily, in modo che credano di aver perso il loro aggancio. Poi troveremo un nuovo posto in cui stare.- espose il suo piano.
-Geniale, Watson.- commentò l’amico, per nulla convinto del suo successo.
-Non ho niente di meglio da proporre.- ammise l’inglese, facendo spallucce. Non era l’idea del secolo, ma era meglio di niente.
-Proviamo.- mormorò infine l’altro. –Dovremo comunque spostarci.


-Cosa pensi che succederà adesso?- chiese Andrew. Stava ascoltando con un orecchio la conversazione tra Evan e David e al contempo cercava di far mente locale con Emily.
-Non voglio tornare dai Blacks, assolutamente. E rivoglio mio figlio.- asserì lei, ferma nelle proprie convinzioni. –E non li biasimo per il fatto di avercela a morte con me. Io per prima mi sentirei tradita, in una situazione del genere.- aggiunse.
-Saranno neri.- osservò Amanda, completamente abbandonata contro i cuscini del divano. Gli effetti della perdita di sangue dovuti alle ferite iniziavano a farsi sentire.
-Lo sono.- confermò la donna. –E stanno scendendo.
Si misero tutti quanti sull’attenti, nonostante i due licantropi fossero molto più informati su quello che sarebbe successo rispetto ad Amanda.
  La ragazza cercò di mettersi a sedere, ma ci riuscì solo dopo due penosi tentativi andati a vuoto. Sapeva di non avere assolutamente un’espressione minacciosa o una presenza fisica tale da intimorire qualcuno, ma avrebbe dato il proprio appoggio ad Emily, se ce ne fosse stato bisogno.
Il suo cervello sembrava essersi momentaneamente dimenticato che era a causa dell’americana (anche se indirettamente) se Andrew era stato trasformato e Frances si era data alla fuga.
-Bene… direi che non c’è bisogno di fare un riassunto, vero?- esordì David, puntando i propri occhi chiari in quelli color giada di Emily.
-Veramente io sarei ancora umana.- fece notare loro Mandy.
I due sembrarono ricordarsi solo in quel momento della sua presenza e per un istante si guardarono, smarriti. Poi Evan disse:-Abbiamo una proposta per Emily. Quello che ha fatto ci ha indisposti parecchio, ma vorremmo aiutarla a liberare suo figlio.
-Come?
-Fingeremo di allontanarti dopo aver scoperto del tradimento. Sapere di non avere più la loro spia dovrebbe costringere i Blacks a riorganizzarsi.- Van illustrò brevemente l’idea suggeritagli dall’amico. Aveva ancora molti dubbi in merito, ma sperava potesse funzionare.
-Quindi dovrei fungere da esca?- indagò Emily.
David le lanciò un’occhiata. –Pensi che si metterebbero sulle tue tracce?- domandò.
Lei non ebbe nemmeno bisogno di pensarci e, senza nessuna esitazione affermò:-Sì, sicuramente.
-Perfetto. Hai un posto sicuro in cui rifugiarti? Ci dovrebbero servire al massimo un paio di giorni.- Evan le si avvicinò, fissandola dritto negli occhi. Amanda, dalla sua posizione svantaggiata, poté vedere la ragazza trattenere a stento un brivido.
Nonostante lo scozzese non avesse intenzione di nuocerle fisicamente, quella che lo circondava era sicuramente l’aura di un comandante a cui non era possibile dire di no.
“Sarà terribile affrontarlo quando è seriamente arrabbiato.”, considerò la ventiduenne. Non sapeva quanto i suoi occhi potessero diventare spaventosi, ma non voleva assolutamente sperimentarlo.
-Ho un posto, sì.- la risposta di Emily la riportò alla realtà.
-E voi dove andrete?- chiese d’impulso. –Perché avete intenzione di trasferirvi, vero?
I due europei si voltarono a guardarla e quello che videro fu una giovane ragazza dal colorito decisamente pallido, dovuto ad un indesiderato attacco di un loro simile.
-David è un architetto, non gli sarà difficile trovare un posto.- le disse Van, senza un minimo di incertezza. Dave, al suo fianco, confermò con un cenno del capo.
-E se veniste a stare nel nostro palazzo?- propose lei.
A quelle parole, Drew sgranò gli occhi. –Cosa?! Mandy, ma cosa stai dicendo?
La morettina piegò la testa all’indietro e lo guardò confusa. –Perché? Che ho detto di male?- domandò.
-Non c’è lo spazio materiale per ospitare altre persone.- le fece notare il giovane. “E poi questo segnerebbe la fine delle speranze per il ritorno di Fran…”, aggiunse mentalmente. E lui non desiderava che ciò accadesse.
-Se stai pensando a Frances, credo che potrebbe servirle da incentivo. Le farebbe capire che loro ormai sono parte della tua vita, come un nuovo pezzo della famiglia.- spiegò. Non avrebbe mai ammesso di aver proposto la cosa col solo scopo di risultare utile alla causa.
  Non voleva essere una semplice spettatrice, voleva aiutare!
Andrew cercò i suoi occhi, tentando di farle capire la propria apprensione. Lui era più che certo che le cose non avrebbero funzionato.
I due si confrontarono per diversi istanti, isolati dal resto dei presenti. Alla fine il ragazzo sospirò ed abbassò lo sguardo, cedendo. –D’accordo. In fondo, in questa storia ci siamo dentro tutti quanti.- mormorò.
-Noi non abbiamo accettato, però.- fece loro presente Evan.
-Non dovreste rinunciare ai vostri spazi: Emily starà con me e voi starete nell’appartamento di Drew.- spiegò.
Il diretto interessato si passò una mano sul viso, sempre più disperato. Se prima le ipotesi di riavere Frances nella sua vita si erano abbassate drasticamente, in quel momento si erano totalmente annullate.
Non avrebbe mai accettato di condividere l’appartamento con due licantropi.
“Mandy, ma cosa ti è saltato in mente?”, si chiese.
-Perché dovremmo trasferirci da voi?- domandò Evan, per nulla convinto.
Amanda lo guardò negli occhi per qualche istante, poi si soffermò su quelli di David. –Be’… avreste il vantaggio di avere Drew lì con voi. Io conosco la situazione, quindi potrei aiutarvi. E non credo verrebbero a cercarvi nel nostro quartiere.- osservò.
-In che quartiere vivete?- Emily s’inserì nel discorso.
Amanda fece per rispondere, quando le tornarono alla mente le informazioni che aveva trovato su internet. Dopo le confidenze di Drew, si era immediatamente informata, approfittando del suo tempo libero per scandagliare siti e saggi sui licantropi.
  Si era anche documentata sulla situazione nella città di New York e aveva scoperto cose interessanti. E quelle informazioni avevano inconsciamente guidato il suo subconscio.
-Hamilton Heights.- rispose.
-Il territorio del gruppo di Aleksandr.- sussurrò Emily, colpita.
L’altra annuì. –Il branco con origini russe, esatto.
-Tu conosci questo branco?- Evan scambiò un’occhiata con David. Quando l’altro scosse la testa, chiese:-Perché la loro presenza potrebbe favorirci?
-Perché sono molto territoriali e non accettano che un branco a loro ostile abbia accesso alla loro zona.- spiegò l’americana. –In più, hanno una faida in corso coi Blacks.
Il sorriso sulle sue labbra valeva più di mille parole. Forse Amanda aveva appena servito loro su un piatto d’argento la soluzione ai loro problemi.
-Per quale motivo è nata la faida?- indagarono gli europei.
-Riciclaggio di denaro.
-Tutti lavoratori onesti, i licantropi di New York.- fu il commento sarcastico di Dave.
In risposta si beccò una bella occhiataccia da Emily.


***

-Non capisco perché Kennet ci stia mettendo così tanto!- brontolò, camminando avanti e indietro nel proprio loft. Abitava in una vecchia fabbrica e ogni singola parete della sua casa denunciava quel fatto.
-Potrebbero averlo intercettato.- ipotizzò Simon.
Jared si fermò a guardarlo. –Credi che sia così stupido da lasciarsi prendere?- domandò.
-Il fatto che sia il tuo Beta non significa che non ci sia qualcuno in grado di batterlo.- gli fece notare l’altro, sorridendo sornione. Simon e Kennet non erano mai andati d’accordo e nessuno dei due si era mai preoccupato di nascondere la cosa.
Se solo non fossero stati i due maschi più forti del suo branco, Jared non li avrebbe mai scelti come membri della sua triade di potere.
-Mi fido dei miei sottoposti.- replicò stizzito l’americano.
-Se ti fidassi, ora staresti dormendo nel tuo letto.- lo punzecchiò l’altro. Sentendosi sfidato, Jared lo afferrò saldamente per la gola, ringhiandogli contro il proprio disappunto. Simon restò immobile, fissandolo dritto negli occhi.
-Mi stai sfidando?- chiese il suo Alfa, la voce distorta dalla rabbia.
Ci fu un lungo momento di tensione, nel quale i due si fronteggiarono in silenzio. Alla fine Simon abbassò lo sguardo e scosse lentamente il capo.
-Bene. Perché non ho bisogno di altre insubordinazioni. Mi basta avere una femmina che sa usare il cervello.- lo lasciò andare con uno strattone.
L’altro fece per commentare, rischiando nuovamente la propria testa, quando un forte odore di sangue catturò l’attenzione di entrambi.
-Kennet…!- esclamò Jared. Si precipitò ad aprire la porta di metallo del loft e si ritrovò davanti il suo sottoposto. –Cosa diavolo è successo?!
Kennet lo guardò con sguardo vitreo prima di crollare al suolo ed iniziare a tossire.
I due licantropi si chinarono su di lui, cercando di capire chi l’avesse ferito e da dove provenisse il sangue.
-Ti sei scontrato con MacGregor?- gli chiese Simon, molto meno solerte del suo Alfa nel dare una mano. Gli avrebbe fatto comodo non avere più quell’incapace tra i piedi, avrebbe potuto diventare Beta del branco.
Il nuovo arrivato tossì ancora, sputando sangue nero e denso. Poi si portò una mano alla gamba destra e la strinse con forza. –Hanno… c’è un’umana con loro. Probabilmente la compagna di MacGregor, non lo so… lui è corso a difenderla…- disse tra un gemito e l’altro.
-Simon, va’ a chiamare Meredith. Subito!- ordinò Jared.
L’uomo esitò qualche istante, ma poi uscì nella notte alla ricerca del medico dei Blacks.
-E’ stato lui a ridurti così?- chiese ancora l’altro.
Kennet si accasciò lentamente a terra. –No… lei… siamo finiti in un cimitero… c’era… c’era del sorbo nella cancellata…- riuscì a rispondere.
Jared allora capì. La coscia di Kennet era stata trafitta da un ferro pieno di sorbo degli uccellatori e ora quella sostanza stava infettando tutto il suo corpo. Se non avessero agito in fretta, sarebbe sicuramente morto.
-Riesci a rigenerarti…?
-No…- scosse la testa l’altro. –Non la ferita. Quelle di MacGregor… posso provarci…
-Fallo. Io proverò a tenerti in vita.- gli disse.
Era cresciuto assieme a Kennet, lo considerava come un fratello e non desiderava la sua morte. Soprattutto perché avrebbe dovuto rimpiazzarlo con Simon, di cui si fidava molto meno.
-Vi ucciderò personalmente.- promise, mettendo in quelle parole tutta la rabbia che provava.


***

-Ricapitoliamo: aspetteremo che i Blacks mandino un altro dei loro a tenerci sott’occhio e poi insceneremo una lite. A quel punto Emily se ne andrà e farà perdere le sue tracce. Mentre saranno distratti dalla sua fuga, noi ne approfitteremo per trasferirci.- disse David, lanciando occhiate a tutti i presenti. –Tutto chiaro?
-Tutto chiaro. Ricordatevi che dovrete andare da Aleksandr.- ricordò loro Emily. –Non insediatevi senza avvertirlo o ci ritroveremo addosso pure il suo branco.
-Naturalmente.- confermò Evan, apparentemente calmo. –Tu tieni presente la tua posizione.
La giovane lupa lo guardò intensamente, indecisa su cosa rispondere. Alla fine optò per il silenzio ed un profondo cenno del capo. –Ne sono consapevole. Farò del mio meglio per fare ammenda.- mormorò.
-Avete bisogno di una mano per iniziare ad imballare le vostre cose?- domandò Andrew. Non era stato coinvolto nei piani perché, tecnicamente, faceva parte del branco del padre di Evan. Non avrebbe nemmeno dovuto trovarsi lì, a dir la verità.
-No, grazie. Possiamo arrangiarci. Ti suggerisco di portare a casa Amanda ed occuparti di lei.- gli rispose Evan.
La ragazza in questione stava rischiando di collassare sul divano, ormai allo stremo delle proprie forze. Drew la guardò dispiaciuto e le si avvicinò. –Scusami, Mandy! Non pensavo…- iniziò.
-Tranquillo.- accennò un sorriso lei. –Prima le questioni importanti.
-Dovrai cambiare le bende abbastanza spesso, in modo da tenere le ferite pulite.- le fece presente lo scozzese.
-S-sì…- sussurrò Amanda. –Grazie.
Gentilmente, Drew la sollevò di peso e se la sistemò tra le braccia. Una volta assicuratosi di avere una presa ben salda, si voltò a salutare i tre licantropi.
-Ti accompagno.- David lo precedette, aprendogli la porta di casa. Andrew ringraziò con un cenno del capo e, dopo aver salutato nuovamente tutti quanti, prese congedo.
Una volta fuori dall’appartamento, Mandy gli chiese:-Credi che funzionerà?
Lui la fissò, pensieroso. –Non lo so.- ammise. –Ma sono nuovo di queste cose, quindi non affidarti troppo al mio giudizio.
-E… la perdoneranno?
Sapeva a chi si stava riferendo. –Non so nemmeno questo. Dovrà dimostrare la propria lealtà.- rispose, iniziando a scendere le scale.
-E tu mi perdonerai?- chiese allora la morettina.
Drew allora la guardò confuso. –Per cosa, scusa?- replicò.
Mandy reclinò il capo, sentendosi una bimba tra le braccia del fratello maggiore. Andrew non le aveva mai dato quell’impressione, ma da quando era diventato un licantropo le sembrava in grado di rivaleggiare con Gregory, almeno per quanto riguardava la sua personale idea di fratello maggiore.
-Per aver offerto rifugio al branco…- disse con un filo di voce.
-Ah, per quello. Be’, potrebbe essere un buon modo per spronare Fran… oppure per allontanarla per sempre da noi.- ragionò, facendosi all’improvviso triste.
Amanda allungò una mano a sfiorargli il viso. –Io desidero che ci sia un lieto fine, per voi.
-Anche io. Non sai quanto.- le sorrise mestamente lui.


  Il giorno dopo, quando si alzò per andare alla centrale, Evan aveva mille e più dubbi in testa. Desiderava chiamare Alastair per poterne discutere con lui, ma non voleva trascinarlo in qualcosa che non avrebbe dovuto vederlo coinvolto.
In fondo, lui era stato cacciato dal branco e non avrebbe dovuto intrattenere rapporti con nessuno dei suoi membri.
Salì sulla propria moto e alzò lo sguardo alla finestra del soggiorno, trovandovi David. Gli fece un impercettibile cenno col capo e poi scandagliò la zona, approfittando del fatto di dover ancora indossare casco e occhiali da sole.
  Non comprendeva o apprezzava molte invenzioni dell’ultimo secolo, ma gli occhiali da sole non rientravano in nessuna delle due categorie. Per lui, che era nato licantropo, la luce solare era qualcosa di veramente fastidioso. Certo, non mortale come poteva esserlo per un vampiro, ma sicuramente una bella seccatura.
Quindi, non avrebbe mai ringraziato abbastanza l’inventore delle lenti a specchio.
Terminò di allacciare la fibbia del casco e poi inserì le chiavi nel quadro, risvegliando subito dopo il motore del suo mezzo a due ruote. Lo fece sgasare un po’, tolse il cavalletto e partì alla volta della centrale.
Ormai si era abituato al traffico cittadino e aveva imparato ad evitarlo. Almeno la maggior parte delle volte.
  Quello si rivelò essere uno dei casi fortunati. Riuscì ad arrivare a destinazione con addirittura due minuti di anticipo.
“Potrebbe essere una buona giornata.”, sperò, dirigendosi verso gli spogliatoi. Salutò le poche persone già presenti ed entrò nella sezione maschile.
-E’ riuscito ad evitare il traffico, capitano?- domandò una voce alle sue spalle.
Sollevando leggermente un angolo della bocca, Evan rispose:-Buongiorno, tenente Simmons. È mattiniera per essere un licantropo.
La donna chiuse il proprio armadietto, esattamente dall’altra parte del muro che divideva in due lo spogliatoio. –Sono abbastanza vecchia da avere pochi problemi con le mattine.- disse quella.
-Buono a sapersi.- commentò lo scozzese. Depose casco e chiavi nel portaoggetti e poi estrasse la parte superiore della divisa. –Simmons… avrei un favore da chiedervi.
-Quale?
-Mi servirebbe una panoramica completa di tutti i branchi della città. Ho un sospetto circa l’attacco dell’Internazionale, ma devo confermarlo.- spiegò, abbottonando la camicia e sistemando il colletto. Quel giorno avrebbero svolto un’esercitazione, quindi anche lui doveva indossare il completo color blu navy.
Il tenente si mostrò completamente vestita. -Di chi sospetta, capitano?
-Non voglio fare nomi.- Evan la guardò dritto negli occhi per farle capire che non voleva altre domande.
Lei sembrò afferrare il messaggio perché fece un rapido cenno del capo e poi si congedò, uscendo subito dopo.
  L’esercitazione iniziò mezz’ora dopo e coinvolse tutta la sua squadra, durando quasi tutta la mattinata. Fu molto utile, però, perché Evan riuscì a comprendere meglio i propri compagni.
Al ritorno negli spogliatoi, tutti quanti erano sudati e accaldati. Nonostante ci fossero anche dei licantropi nel gruppo, la prova era stata costruita su misura per le loro capacità soprannaturali.
-Odio il sole… con tutto me stesso!- brontolò Eric, scalciando via i pantaloni e recuperando l’asciugamano.
Van sollevò un sopracciglio, osservando con quanta meticolosità stesse calpestando i propri indumenti. Il ragazzo aveva solo diciannove anni e, in quel momento, li dimostrava veramente tutti.
  Sentendosi osservato, il giovane alzò di scatto la testa ed arrossì fino alla punta dei capelli, tartagliando qualcosa. –S-scusi, capitano!- balbettò, affrettandosi a raccoglierli.
La sua reazione scatenò le risate di molti elementi del gruppo.
A quanto pareva, dopo l’iniziale dimostrazione di forza, Eric aveva mostrato sempre di più una sorta di ammirazione mista a soggezione per Evan. E molti lo prendevano in giro per quel motivo.
Van, dal canto suo, credeva di aver intuito che tipo fosse il ragazzo: molto insicuro, ma capace di usare un atteggiamento supponente per mascherarlo.
-Sei ancora un pivellino, Eric.- Marcel, un omone grande e grosso di origini francesi, gli scompigliò i folti capelli biondo-rossicci. Aveva dei caratteri particolari per essere un americano puro.
“Potrebbe avere parenti europei.”, considerò Evan, strofinandosi il petto e la schiena per ripulirli dalla polvere. Fece per chiedergli da dove venisse, quando proprio il ragazzo replicò:-Smettila, Marcel! Prima o poi imparerò anche io a padroneggiare completamente le mie capacità. E allora vedrai!
Il tono della sua minaccia era scherzoso, ma il desiderio di rivalsa negli occhi del giovane agente era genuino.
-Bambini, smettetela di battibeccare e terminate di lavarvi!- li rimbeccò il tenente Simmons. Al suo rimprovero, praticamente tutti i maschi presenti ripresero le loro attività, brontolando qualcosa contro le donne con poteri soprannaturali.
Evan trovò divertente il fatto che i suoi compagni fossero tenuti al guinzaglio da una donna. Avrebbe potuto fargli comodo una mano, una volta ogni tanto.
-Se solo fossi forte come mio zio…- disse tra i denti Eric.
-E’ meglio che tu rimanga quello che sei. Non vorrei doverti sbattere dentro per ricettazione.- lo riprese nuovamente la donna. Lui arrossì nuovamente e gettò la testa sotto l’acqua, sconfitto.
“Ricettazione?”, si chiese il giovane MacGregor. Senza poterne fare a meno restò a fissare Eric il quale, accorgendosi di quello sguardo pensieroso fisso su di sé, voltò il capo e mormorò:-Aleksandr. Mio zio è a capo del branco di lupi dell’est che si trova ad Hamilton Heights…
Sgranando leggermente gli occhi, Evan fece finta di non esser sorpreso della notizia. –Dopo devo parlarti, Eric.- disse solamente.


  Si appoggiò al muro, stringendo tra le mani la sua tazza di caffè personale.
Era tutta la mattina che marciava su e giù per il negozio e la ferita alla gamba le faceva un male infernale. Non aveva avuto tempo di darci un’occhiata e temeva che si fosse riaperta.
-Mandy… tutto bene?- vedendola con gli occhi chiusi e un’espressione di dolore sul viso, Gabrielle si preoccupò.
Amanda sollevò le palpebre e la mise a fuoco. –Come?
-Stai bene?- ripetè la donna, avvicinandosi.
Raddrizzandosi, la morettina si passò distrattamente una mano tra i capelli. –Tutto…- si bloccò, indecisa. Avrebbe dovuto rivelarle quello che era successo? In fondo, lei sapeva di Andrew. –No, in verità non è tutto ok.- si corresse.
Gabbie si fece preoccupata. -Cos’è successo?- domandò, ispezionando l’amica da capo a piedi.
-Vieni negli spogliatoi con me…- mormorò.
Stando attente a non farsi vedere dalle colleghe, le due raggiunsero la grande stanza che conteneva gli armadietti di tutte le assistenti. Amanda appoggiò la tazza di caffè su una panca e poi arrotolò attentamente la gonna che indossava, fino a scoprire la fasciatura.
Alla vista delle bende, per poco Gabrielle non imprecò. –Cosa diavolo sono quelle?! Chi è stato?
-Calmati!- Mandy le chiuse la bocca con entrambe le mani. –Non urlare, per favore.
L’altra ci mise un po’ per convincersi, ma alla fine annuì. –Chi è stato?- chiese, tenendo un tono di voce più controllato.
-Non so il suo nome… sono stata attaccata da un licantropo.- rispose.
Al che, gli occhi di Gabrielle diventarono due biglie. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma ci riuscì solamente al terzo tentativo. –Hai denunciato il fatto?
Lei annuì. –Sì… Drew lo sa. E anche altri tre licantropi.- la rassicurò.
-Altri tre licantropi? E chi sarebbero? Membri del branco MacGregor?- indagò.
Mandy tergiversò. –Non proprio. Ex membri.- spiegò.
-Sei in contatto con Evan MacGregor?!
-Gabbie!- la rimbeccò, agitata. Non voleva che tutto Kleinfeld venisse a conoscenza della sua nuova quotidianità, fatta di ululati e pellicce.
-D’accordo, scusa!- brontolò. –Però devi dirmi come te la sei fatta.
-Sono stata attaccata dopo aver accompagnato Drew da Evan. Sta avendo dei problemi nel branco…- sospirò. –Credo mi abbiano scambiata per un’affiliata.
-Cioè, vuoi dirmi che sei stata attaccata per sbaglio?!- esclamò la direttrice vendite.
Seppur in completo imbarazzo, Mandy dovette annuire. –Mi hanno curata, non sono andata all’ospedale. Però la gamba mi fa male, dopo averci camminato sopra per tanto tempo.- confessò.
-Hai bisogno di qualcosa?- si premurò di chiederle la sua migliore amica. Nonostante avesse quasi dato di matto, era una donna molto premurosa.
-Ehm… pensi che potresti recuperarmi delle bende?- chiese allora Amanda. “Devo veramente cambiarle.”, pensò, sentendo quelle che aveva addosso farsi sospettosamente umide.
Forse ci aveva preso: la ferita si era riaperta.
-Bende? Certo… vado alla farmacia all’angolo. Tu rimani qui!- e detto questo Gabbie uscì di corsa dalla porta.
Mandy lasciò uscire un lungo respiro e poi scivolò seduta sulla panca. Se quella era la vita che l’aspettava da lì in avanti, avrebbe dovuto fortificare corpo e spirito per poter sopravvivere.

  
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