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Autore: Chaosreborn_the_Sad    04/08/2008    0 recensioni
E si conclude finalmente il trio di storie. Infatti, questa fic è l'epilogo di Untitled (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=133469&i=1) e Without Inspiration (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=239933&i=1), che vi consiglio di leggere, per poterci capire qualcosa. Dopo mesi di pianificazioni, Kyle parte per ritrovare il suo Amore, a novecentottantadue-punto-cinque miglia di distanza. Buona lettura.
Genere: Generale, Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Don't Wanna Close My Eyes

 

E si conclude finalmente il trio di storie. Infatti, questa fic è l'epilogo di Untitled (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=133469&i=1) e Without Inspiration (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=239933&i=1), che vi consiglio di leggere, per poterci capire qualcosa.

Dopo mesi di pianificazioni, Kyle parte per ritrovare il suo Amore, a novecentottantadue-punto-cinque miglia di distanza.

Buona lettura.

 

I Don't Wanna Close My Eyes

Sbadiglio.
Saranno quasi le tre, oramai. È notte fonda.
Ma, tanto per cambiare, non riesco a dormire.
Non con questo caldo, che si diffonde sempre di più. Non con tutto il casino che il treno fa.
Non ho la più pallida idea di dove sia, in questo momento. Penso da qualche parte, nel Sud della Germania.
Muovo il mio sguardo sugli altri. Siamo quattro, nello scompartimento.
La mia amica Amy Gallia ed il suo ragazzo, Patrick O’Malley, stanno dormendo, seduti di fronte a me.
Con un sorriso ricordo come si sono conosciuti. Grazie ad un losco piano ordito da Dean e dal sottoscritto. Infatti, la stessa serata che ho passato discorrendo con Maeve, loro si sono messi insieme.
Maeve.
Sento una lieve fitta di dolore all’altezza del cuore, al pensiero.
Sospiro.

Dopo quella sera, avevo iniziato a pianificare un folle viaggio fino ad Uppsala, per vederla di nuovo. Ed adesso, appena a Luglio dell’anno dopo, mi trovo su un treno che sta tornando verso l’Italia.
Il viaggio s’era fatto, alla fine.
Appena siamo di nuovo a Trieste, dovrò offrire almeno una cena ad ognuno di coloro che mi hanno accompagnato.
Ad Amy, che ha creduto in me da subito.
A Patrick, che conosco da molti anni, ormai, e che ha deciso di accompagnarmi subito.
E a Helena Green. Che mi ha seguito perché voleva anche lei rivedere la sua amica e perché credeva anch’ella nel mio intento.
Ricordo la sua reazione, al mio racconto di quella sera e del precedente incontro. Stupore totale. E poi, prima che potessi finire, le sue parole.
- Ti sei innamorato-.
Anche lei, come Maeve, non ha domandato. Ha affermato. Con un sorriso.
E ricordo il suo regalo di natale: un dream catcher. Pieno di significato, per chi sa.
Poi, la sua espressione quando le ho confidato il mio folle intento.
Non ha tentato di dissuadermi. No. Nessuno lo ha fatto.
Mi sorrido di nuovo, spostando lo sguardo su Helena, che dorme anch’ella, seduta accanto a me.
Cinque mesi di pianificazione folle, di telefonate in inglese per prenotare ostelli, immense ricerche in rete. Per l’amore che provavo per Maeve.
Siamo arrivati fino a Stoccolma, dove abbiamo passato un paio di giorni da turisti.
E poi, su un pullman, diretti alla meta. Uppsala.

***

Seduti su una panca, davanti alla cattedrale, ho ascoltato Helena fare la telefonata.
- Ho una sorpresa per te- le ha detto.
Rick ha sorriso. Quando Helena ha chiuso la telefonata, egli s’è alzato e, prendendo Amy per mano, ci ha detto che sarebbero andati a curiosare in giro, lasciandoci ad attendere la nostra amica.
Avevo sorriso anch’io, pensando al termine che aveva usato.
E poi, è arrivata. In tutto il suo svedese splendore.
Ha gridato di gioia, vedendo Helena. Le è corsa incontro, abbracciandola, chiedendole come mai si trovasse lì. Helena le ha semplicemente dato un sorriso enigmatico, facendo un lieve cenno con la testa verso la panca, dov’ero ancora seduto.
Mi sono alzato. Maeve s’è girata.
Ho sorriso a mia volta.
- Ciao-.
È rimasta letteralmente senza parole. Non scorderò mai la sua espressione sorpresa, vedendomi.
I suoi occhi, sempre smeraldini, mi hanno fissato per lunghi secondi.
E poi, un sussurro.
- Kyle…-.
Qualcosa non va. Il suo tono è lo stesso che aveva la prima volta che sentii la sua voce. Quel sussurro ha lo stesso tono del “Giovanni”, detto mesi prima.
Sono rimasto fermo, aspettando un abbraccio che sapevo non sarebbe venuto.
- Non ti aspettavi di vedermi- ho asserito.
- Forse è meglio se vi lascio parlare da soli- ha detto Helena.
- No. Non ce n’è bisogno- ha risposto la bionda davanti a me. Ancora immobile. Ancora incredula.
Mi ha chiesto come mai io fossi lì.
Le ho risposto che avrebbe dovuto saperlo. Che non ho dimenticato. Che l’amo ancora.
Ha fatto un passo verso di me. Il sole era alto nel cielo, quel pomeriggio. Non una nuvola.
Ne ha fatto un altro. Mi ha abbracciato. Mi ha stretto a lungo, come se potessi sfuggirle.
- Sediamoci- mi ha detto, poi.
Ci siamo seduti sulla panca. Come facemmo quella notte, così vicina eppure così lontana.
Mi ha guardato, mesta. La stessa espressione che aveva prima di rivelarmi la sua provenienza.
Ha ripetuto quelle parole.
- Non posso-.
Mi ha abbracciato di nuovo, mi ha baciato un’ultima volta e si è alzata. Mi ha detto che, nonostante il momento che c’era stato, nonostante le sue parole, nonostante la mia dolcezza, non può. Apprezza molto il gesto, ma non prova più quel sentimento.
Helena ha assistito al tutto, silente.
Maeve mi ha salutato, dicendomi di nuovo che le dispiaceva. Poi ha salutato Helena ed è andata.
È andata.
Sospiro di nuovo, nello scomparto. Morfeo non vuole proprio farsi vedere.

Helena s’è seduta al mio fianco. Senza una parola. Ha intuito che non sarebbero servite.
Siamo rimasti in silenzio a lungo.
Finché lei non ha bestemmiato. Lasciandomi sbigottito. È una di quelle ragazze educate, dopotutto. Sentirla imprecare è già un evento insolito. Sentirla imprecare a tale livello mi ha lasciato di pietra.
- Helena?!-.
- Scusami- ha detto, arrossendo lievemente. Ma con un mezzo sorriso.
Ho riso, finalmente. Di tutto. Di me. Del mio piano. Ho riso.
- E fu il calore di un momento e poi di nuovo verso il vento- ho detto, dopo un po’.
Poi ho spiegato a Helena che erano i versi di una bella canzone.
E siamo rimasti seduti sulla panca per un’altra ora buona. Abbiamo parlato poco. Non avevamo molto da dire.
Ho solo asserito che, una volta di nuovo in Italia, le avrei offerto almeno una cena.
Mi ha risposto che non avrei dovuto. Ho detto che l’avrei fatto comunque. Anche a tradimento, se necessario. Abbiamo riso di nuovo.
Quando Patrick ed Amy sono tornati, ci siamo diretti di nuovo all’ostello.
E poi, di nuovo in viaggio.

Quella sera, Helena aveva detto due parole veloci ad Amy e a Patrick, mentre io ero ad un tavolino nell’atrio, a sfogare il dolore nell’unico modo che mi riusciva: scrivendo. Il tipo alla reception ogni tanto mi lanciava sguardi interrogativi, ma non osava disturbarmi.
Nessun rancore verso lei, me l’aspettavo. Ma un minimo di dolore è inevitabile.
Ora l’unica cosa che mi restava da fare era rispettare la promessa fatta a Jess, mesi prima, su quel foglio compilato durante l’ora d’inglese.
Non finire come con Liv, innamorato di un sogno impossibile, avendo la certezza che sia impossibile.
No.
Incassare il colpo ed andare avanti.
Siamo ripartiti presto, quella mattina. Diretti verso Stoccolma.
E da lì, su un treno. Alla volta della Danimarca.

Durante i momenti di viaggio, tento di non pensare troppo all’esito del viaggio.
Patrick ed Amy si dimostrano comprensivi ed evitano di fare domande, riportando a galla solo i bei momenti del viaggio. Devo loro molto.
Ma comprensiva più di loro è Helena.
Il suo supporto morale m’è stato molto d’aiuto, in questi giorni di viaggio. Capisce perfettamente quando è il momento per parlare e quando è il momento di lasciarmi nel mio pezzo di cielo, ad affogare i cattivi ricordi. Perché tanto sa che, dopo pochi minuti, avrei cominciato a parlare io. E sa come tirarmi su dai momenti di tristezza. E mi aiuta a passare avanti.
Le devo molto.

Poi, una mattina, Helena mi si avvicina. Siamo in una stazione tedesca, da qualche parte nei pressi di Bonn, aspettando la coincidenza.
In quel momento, ha un sorriso che va da un orecchio all’altro, stampato sul viso. Un lieve vento ci scuote i capelli.
E, ascoltando il vento di cambiamento, capisco uno dei più grandi insegnamenti di questo viaggio.
Spesso, inseguendo un sogno lontano, non ci si accorge dei sogni di chi si ha intorno. E dei propri veri sogni. E la guardo con occhi diversi.
- Che cosa c’è?- le domando. Il suo sorriso è contagioso.
- Mi sa che dovremmo brindare al viaggio, non credi?- dice.
Le rispondo che ha ragione e faccio per avviarmi verso l’interno della stazione, deciso a comprare qualcosa di alcolico per ottemperare al rito della commissatio.
- Ma dove vai? Torna qui- esclama. Non ci faccio caso. Entro dentro il minimarket della stazione e compro una bottiglia di Scotch.
Pochi minuti dopo sono di nuovo da lei, che mi sta aspettando ancora nello stesso punto.
Scuote la testa benevolmente, vedendo la bottiglia che tengo in mano.
- Ci avevo già pensato io- dice, estraendo dalla borsa una bottiglia di Vodka.
Le sorrido e faccio un passo avanti.
- Brindiamo con le bottiglie, allora?- propongo.
Si avvicina anche lei a me. La fisso nelle iridi opaline.
Ella svita il tappo della bottiglia, rompendo il sigillo di carta, e l’alza.
- Poco però, sai che non reggo bene- asserisce.
Le prendo la bottiglia di mano e l’appoggio in terra, accanto a quella di Scotch.
- Kyle, che cosa…- comincia.
Prima che possa finire, la sto baciando. Resta interdetta, nel primo momento, ma poi ricambia il bacio.
Mi fissa negli occhi e, semplicemente, sorride.
- Hai compreso- afferma. Il suo tono è sicuro.
Riprendo in mano le bottiglie e le ripasso la Vodka.
- Il brindisi non ce lo toglie nessuno, però. Dovevo solo essere sicuro che tu fossi lucida, mentre ti baciavo- le dico.
Stappo anche lo Scotch ed inspiro l’odore del liquido ambrato. Helena fa lo stesso con la Vodka. Solo l’odore le dà vagamente alla testa.
Facciamo cozzare i fondi delle due bottiglie e beviamo contemporaneamente due sorsi.
Dopodiché, richiudiamo le bottiglie e le rimettiamo negli zaini.
E sorrido, ripensando alla poesia di Orazio.
E lo faccio notare a Helena, che ride al ricordo. E decido che, forse, è meglio darle una mano a non cadere tra le banchine. Perché la sua andatura non è troppo stabile.
Dopo una decina di minuti ci raggiungono anche gli altri due ragazzi.
Notano subito che Helena non è del tutto lucida, ma non domandano.
Semplicemente, si scambiano un’occhiata d’intesa.
Sospetto sapessero benissimo di come mai Helena era pronta ad aiutarmi a passare avanti.
Dannati amici cospiratori, mi dico. Senza malizia.
Saliamo sul treno e prendiamo posto nello scomparto. Helena crolla, sulla mia spalla. Non dormiamo molto, nonostante le lunghe ore di viaggio.

***

Sento Helena spostarsi, nel buio dello scompartimento. Vedo la sua sagoma stiracchiarsi e voltarsi.
- Kyle, ancora sveglio?- mi dice.
- Sì-.
I suoi occhi si soffermano a guardare Patrick ed Amy.
- Sono teneri-.
- Lo eravamo anche tu ed io, qualche ora fa- le dico.
Mi guarda, senza capire.
- Dopo il brindisi- le spiego, - mi sei crollata sulla spalla. Secondo loro eravamo “teneri ”-.
Annuisce, ricordando il brindisi e di essersi appoggiata alla mia spalla.
- Senti…- comincia a dire.
- Dimmi-.
- Riguardo a quel bacio…-.
Comprendo la sua incertezza. Le dico che se non fossi stato serio, non l’avrei fatto. Non sono cose che prendo alla leggera.
Sembra essere rincuorata dalle mie parole.
- E adesso?-.
- Adesso sta a te decidere. Io, parlando sinceramente, da questo viaggio ho imparato una cosa-.
Helena non dice nulla. Aspetta che io termini la frase.
- Che non serviva andare fino in Svezia, per trovare l’amore. Dovevo solo darmi una svegliata-.
Si avvicina ancora di più.
- Abbracciami. Come hai fatto con Maeve quella sera. Ti prego-.
La stringo a me e restiamo abbracciati per minuti, senza parlare.
- Kyle… penso di amarti- mi dice. Le sorrido.
- Vuoi sapere chi ho sognato, dopo aver ricevuto il tuo regalo?- le domando. Mi dice di sì, restando abbracciata.
- Una fanciulla dai riccioli bruni, gli occhi acquamarina e per la quale posso stare sveglio solo per sentirla respirare-.
- Ti amo perché sei dolce, Kyle. Ti prego, non cambiare mai questo tuo lato-.
Glielo prometto. Stavolta e lei a prender l’iniziativa e a baciarmi.
Restiamo abbracciati finché Morfeo non coglie entrambi.
La mattina dopo Amy e Patrick ci avrebbero trovati ancora stretti ed addormentati.
Qualche giorno dopo Jessica avrebbe detto qualcosa del genere “Lo sapevo” e ci avrebbe regalato uno dei suoi sorrisi più belli.
Ed io mi sarei perso sempre di più in quegli occhi di quel colore indefinito. Di un azzurro tendente al verde. O di un verde tendente all’azzurro.
E il freddo dell’inverno è solo un brutto ricordo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kyle ed Helena si lasceranno sei mesi dopo, verso gennaio del 2009. Le cause concernono una pausa di riflessione, dovuta allo studio per la matura.
In più, in entrambi erano inconsapevolmente rinati vecchi sentimenti per altre persone, per cui devideranno di lasciarsi, piuttosto che tradirsi durante la pausa.

Amy e Patrick dureranno un mese di più, ma con il Carnevale e le varie frizioni che cominciavano a crearsi il rapporto sembrerà destinato a terminare: infatti, Rick passerà la sera del sabato di Carnevale tra le braccia di Lea, un'amica di Amy. Nonostante ella non fosse troppo consenziente, l'alcol ammorbidisce l'animo: Amy finirà per perdonare l'amica, ma non l'oramai ex ragazzo.

Maeve ed Helena resteranno comunque in contatto, per rientrare poi nella vita di Kyle anni dopo, con sua somma sorpresa.

Il resto, è da scrivere...

 

 

 

 

 

 

 

  
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