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Autore: Aranel33    30/05/2014    2 recensioni
Se solo Giulietta potesse parlare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[NdA: Sono le riflessioni che accosto a Giulietta, a dramma già concluso]
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Se solo potessi parlare. Se solo. La rabbia mi scuote anima e vene, ribolle a ogni fiore, a ogni candida rosa lanciata sulla mia lapide. Le lacrime dei miei cari mi corrodono.
Piangono. Evocano lo spettro di una sventura abbatutasi su me, parlano di tragedia, parlano di errore.
Se solo potessi ridere.
Già, ridere, ridere sfogando questa frustrazione in faccia a coloro che non si rendono conto che la sventura non esiste e se esiste ha solo un volto: il loro. Non mi sono ammazzata per un'ispirazione momentanea dettata dalla gioventù, giammai. Ho passato il mio ventre a fil di spada non per il dolore, non perchè volevo la morte, non per un'assenza di volontà di vivere. Anzi, è proprio per lei, proprio per la vita che ho fatto ciò che ho fatto e non lo rimpiango.
Pensa alla tua esistenza Giulietta, pensa alla dannazione eterna mi dicono. Eppur io non capisco, non la vedo questa dannazione, non riesco a recepirla. Io ho vissuto più di loro in questi tredici anni di vita terrena di quanto potranno questi in una cripta incensata nei secoli dei secoli.
Ho visto albe e tramonti, ho conosciuto il disprezzo di mio padre nel chiamarmi sgualdrina e ho schiuso le labbra alla gioia. Alla vera gioia, quella che colma ed esonda su te e chi ti circonda. A quella stessa gioia che quando ti percuote il cuore non può fare a meno di farti sorridere senza una ragione apparente, di farti intonare le dolci melodie degli inni, di rivolgerti al mondo con la ferma volontà che chiunque possa un giorno provare un sentimento simile. In tredici anni ho molto vissuto e non esiste un momento che io senta di rimpiangere.
Ecco quindi che le calde lacrime di chi mi incrocia le braccia sul petto non mi accendono che rabbia nel ventre. Perchè piangete per me?
Penso piuttosto che dovreste piangere per voi stessi. Perchè se anche sono morta sono pur sempre più viva di voi. Famiglia mia, a voi mi rivolgo: chi di voi è vivo? So che in ognuno di voi v'è ancora un cuore che pompa sangue e polmoni che si muovono come mantici, ma poi? Quant'è la luce che filtra da quegli occhi? Temo poca. O meglio, ne son certa più che temere.
Infatti, se una ragione va cercata in questo mio sacrificio, va cercata proprio nella mia volontà di scappar da voi e da quel vostro destino grigio. Quanta vita ci può essere nella scelta di sposar mio cugino quando in un altr'uomo di carne e ossa trovavo già la luce per l'anima mia? Voi tutti, cari parenti miei, vivete all'ombra della vostra miscomprensione del mondo, sordi e ciechi all'universo di meraviglia che fa parte proprio del nostro essere uomini e creature di Dio.
Mentre questi pensieri si rincorrono mi ritrovo infatti a provar compassione, sotto al velo istintivo della rabbia dettatomi forse proprio da quei tredici anni di cui quasi m'accusate. La mia compassione ad ogni modo la dirigo a voi, compassione poichè la speranza che possiate capirmi è ben flebile. Flebile ma non assente, sia ben chiaro, poichè quanto è vero spero ardentemente con il mio cuore che un giorno capiate, che un giorno comprendiate la mia forza verso la vita. Spero di non venir ricordata come la povera ragazza vittima di un amore sfortunato quanto piuttosto la ragazza che visse colma di quella meraviglia tutta umana che si chiama vita.
  
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