Fanfic su artisti musicali > Nightwish
Segui la storia  |       
Autore: Hermes    31/05/2014    0 recensioni
Lanes of memory paved by sweet frozen moments
Attenzione!: diretto prequel di DOR ed è il punto di inizio dei Nightwish così come li ho concepiti nella mia precedente storia.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti, Tuomas Holopainen
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Dreams of Reality'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
7. Oceanborn & Sleeping Sun

Enchantment has but one truth:
I weep to have what I fear to lose

23 Novembre 2004, ore 1 e 32
Germania-Spagna, tourbus
Per una volta il bus non è animato come al solito.
Niente sfide perverse, niente risate, niente di niente.
Siamo tutti imbacuccati meglio che possiamo, il respiro ci esce a nuvolette.
Nessuno ha voglia di parlare.
Abbiamo appena lasciato una venue e ci stiamo spostando per la prossima in Spagna.
Ci esibiamo anche due volte al giorno in posti distanti, mettendo in crisi la nostra sanità mentale ed il nostro livello di stress. Ho iniziato a fumare per sfogarne un po’ all’inizio…adesso ne brucio un pacchetto e mezzo al giorno, senza contare il caffè.
Rientro nel bus, richiudendo la porta e scrollandomi di dosso i pochi fiocchi di neve…ci si metteva pure lei, adesso!
Il motore del mezzo sta per dare il suo ultimo respiro ormai, è già da un paio di giorni che giriamo senza riscaldamento e la situazione sta diventando insostenibile.
Va bene che discendiamo dai vichinghi e dai lapponi, che di temperature prolungate sotto lo zero in Finlandia ci siamo abituati…ma prova a scongelarti i geloni alle mani per suonare!
Jarmo e Tommi fuori non sanno più che pesci pigliare.
Quello che si dice quando si esagera con l’economia…bus di terza mano!
Ci siamo fermati in una piazzola dell’autostrada, al prossimo Autogrill saccheggeremo in blocco l’ala liquori come una banda d’astinenti, questo è certo.
Mi faccio strada cautamente nel corridoio buio, osservando i ragazzi quasi invisibili sotto gli strati di vestiti e coperte. Verso il fondo Marco si è ricavato un letto negli ultimi sedili e sta cercando di leggere alla luce di una piccola torcia portatile, poggiata in precario equilibrio sulla spalla.
Due file più avanti mi fermo, c’è uno strano rumore…il mio sguardo cade su Anette.
Sono i suoi denti che battono uno contro l’altro, anche se sta cercando di evitarlo.
I muscoli del volto rigidi, le labbra screpolate quasi blu dal freddo.
Questo nostro primo tour europeo è iniziato male per lei e – da come si prospetta – continuerà anche peggio.
Si lamenta che non riesce a dormire grazie ai nostri continui festini alcolici.
È tutta colpa mia.
Io l’ho portata a questi estremi, senza pensare al suo benessere.
Noi che abbiamo alcool nelle vene a tutte le ore del giorno ormai, non sentiamo i dieci gradi sotto lo zero come lei, che non tocca nemmeno la birra da quando abbiamo inciso il primo disco per evitare di rovinarsi la voce.
La voce già provata dal cantare ogni sera sopra i suoi registri abituali. Anche la musica più bella nasconde insidie ed è una lama a doppio taglio.
In più i suoi studi alla Sibelius vanno sempre peggio - lei non parla più con me - e Marco che me l’ha detto.
Sembra impossibile che in due anni le cose siano cambiate in questo modo.
Nell’estate appena trascorsa Anette aveva preso ad evitarmi.
Quando entravo in una stanza lei scivolava in quella accanto senza nemmeno alzare gli occhi nella mia direzione.
All’inizio non le ho chiesto il motivo ma quel suo fare indifferente mi rendeva paranoico oltre il limite, più di una volta Susanna si era messa a martellare di colpi la porta della mia stanza perché la smettessi di strimpellare alla tastiera alle due di notte. Non riuscivo a dormire.
Avevo spedito la cassetta della demo dopo il Capodanno e non aveva avuto successo…almeno finché Tapio non me l’ha strappata via dal walkman l’estate dopo e l’ha messa fra le mani di Ewo Pohjola, un talent della Spinefarm.
Da quel momento ho iniziato a vivere quello che era rimasto un sogno, diventando altrettanto velocemente un incubo.
Il successo improvviso ed Anette che faceva finta di niente. Quel suo comportamento nei confronti dell’intera faccenda iniziava a farmi perdere la ragione…mi stava nascondendo qualcosa!
Tenni le orecchie tese per qualche tempo ma non raggranellai niente, quando feci alcune domande scelte ai ragazzi, Marco mi consigliò senza tanti giri di parole di non intromettermi nella sua vita privata.
“Tuom…non puoi controllarla come una bambola di pezza. Abbiamo il dovere di proteggerla non di soffocarle l’esistenza con delle paranoie!”
Le cose peggiorarono da lì a poco…
Avevamo iniziato a suonare in giro quando avevamo il weekend libero e Jukka poteva uscire dalla caserma.
Il gruppo si stava formando lentamente, anche se sul palco sembravamo degli stoccafissi e l’unica che si muoveva un po’ nonostante il terrore da performance era Anette.
Intanto la mia vena possessiva/ossessiva emergeva ogni volta che la vedevo e la sua forza mi spaventava.
In breve stavo diventando un fascio di nervi, un rottame psichico ambulante.
Qualsiasi cosa facessi, per quanto cercassi di sfinirmi non riuscivo a chiudere occhio e se cadevo addormentato, la sognavo.
Ci chiesero un secondo disco a tempo di record, le domandai se se la sentiva di cantare Walkin’ in the air come cover, sperando di vederla finalmente sorridere nella mia direzione.
Anette accettò senza allegria e la registrò nel giro di un pomeriggio, meravigliosa al microfono e con me fredda, professionale come un ghiacciolo. Finita la sessione salutò me e Tero poi se ne andò senza nemmeno un’altra parola.
Oceanborn era nato sotto questa cappa asfissiante; emerso dalle acque turbinanti del mio inconscio prostrato come una punizione nei suoi confronti, un diritto d’inalienabile possessione.
Di lei, della sua voce.
Non è sbagliato dire che sono divenuto un grandissimo stronzo con l’avvento del secondo disco, ho chiesto di proposito l’impossibile, la tecnica assoluta. Abbiamo anche avuto delle lotte senza esclusione di colpi in studio, attaccandoci come delle tigri nella stessa gabbia.
Ora ci parliamo solo per le scalette dei gig.
Mi odia, la odio.
Ti disprezzo perché uso tutta la mia forza per tenerti lontana.
Per proteggerti.

Nemmeno questo è del tutto corretto, in effetti.
Non sono disposto a gettare la spugna ed ammettere di aver sbagliato, ho seguito ciò che mi sembrava più giusto.
I nostri due dischi stanno avendo più successo di quanto speravo, non mi rende felice.
Non quando sono abbastanza sobrio.
Non se vuol dire perderla…è un prezzo troppo alto da pagare.
Sospiro e mi siedo accanto a lei che mi trafigge con un’occhiata gelida.
Jarmo e Tommi sono rientrati ed il motore si riavvia, tossicchiando.
Ewo si alza leggermente dai sedili davanti, parlando con le altre due band in tour “Ci fermiamo tra un paio d’ore all’Autogrill per una fumatina poi niente più soste quindi fatevi le vostre scorte quando potete!”
Il pullman si re-immette in carreggiata mentre Anette ha preso ad ignorarmi bellamente, voltandosi verso il finestrino, tremando. Riesco quasi a sentirla.
Tutta colpa tua, tastierista da strapazzo. Se c’è qualcuno da biasimare quello sei tu!
“An…”
Non mi arriva risposta, solo un ostinato silenzio.
“Tanto lo so che non stai dormendo.”
“Cosa vuoi?” dice finalmente, con un tono iniettato di veleno che mi merito ampiamente ma fa comunque male.
“Vieni qui, stai congelando.”
“Non ho bisogno del tuo aiuto, grazie tante.” replica, senza nemmeno degnarmi di uno sguardo. Mi mordo la lingua per evitare di rispondere per le rime e far scoppiare l’ennesima bomba a mano.
Tanto so che se cerco di convincerla con le buone non caverò un ragno dal buco, testarda com’è.
Quindi faccio di testa mia.
Svelto la prendo di peso e la parcheggio sulle mie ginocchia, inizio a sfregarle la schiena e le braccia cercando di riattivarle la circolazione mentre lei si lancia in un panegirico rancoroso, tutto indirizzato nella mia direzione.
Non mi urla addosso perché ha la gola viola, ma se potesse mi trafiggerebbe a sangue i timpani solo per il gusto di farlo.
I miei sforzi non bastano, continua a tremare.
Libero un braccio e tiro giù la zip del mio giubbotto, afferrandole le mani e posandole sotto l’imbottitura.
“Cosa diavolo stai cercando di fare?!” mormora disgustata, pensando chissà che cosa a torto.
“Sto cercando di sciogliere il pezzo di ghiaccio che hai al posto del cuore, gran donna. Ecco cosa.” rispondo gelido, ma fermo nelle mie intenzioni. La tengo stretta al petto per qualche minuto prima che Anette si decida ad assecondarmi con un sospiro, facendo passare cautamente le braccia attorno al mio torace.
Il suo naso gelido mi preme contro il collo, provocandomi un brivido. Lei sorride.
“L’idea è stata tua, adesso divertiti Tuom!” mormora, cercando una posizione più comoda. Il suo tono leggero mi rilassa ed appoggio delicato il mento sul suo capo.
Passano alcune ore e quando il bus si ferma, le mani di Anette hanno appena iniziato ad intiepidirsi.
Vorrei andare anch’io a prendere una bottiglia per scaldarmi ma sono contrario a lasciarla…non voglio.
Saranno sei mesi che abbiamo avuto un qualche contatto diverso dalla lite.
Marco ci passa accanto, mi lancia un’occhiata interrogativa poi si rivolge ad Anette, ancora rintanata nella stessa posizione “Vuoi qualcosa, An? Un tè?”
“No, grazie.”
Il biondo annuisce e se ne va.
Il bus si è svuotato del tutto. Il tonfo della porta che si chiude, siamo soli.
La luce arancione dei lampioni nel piazzale filtra dai finestrini, appannati dal nostro respiro.
Aumento la mia stretta su di lei, il silenzio del bus m’inquieta.
“Ti sei scaldata almeno un po’?” domando preoccupato.
“Sei una stufetta, Tuomas…” replica neutra, come un dato di fatto “Questo non toglie che domani dovrò per forza visitare vedere da un dottore e farmi uno shot per la gola se voglio riuscire a cantare.”
Tutta colpa tua.
Era così stanca, la sua testa cadeva abbandonata sulla mia spalla ed i suoi occhi erano come incassati nelle orbite, cerchiate di scuro.
“Tuomas…”
“Mmmh?”
“Dimmi che siamo in tregua…non ne posso più di litigare con te.” sussurrò fiaccamente, tanto che dovetti abbassare la testa per sentirla. Un magone salì ad annodarmi la gola a quella frase sincera.
Cosa cavolo era successo in quegli ultimi due anni?! Che ci era preso a tutti e due?
Non sapevo che dire, quindi mi sfilai uno dei guanti e le toccai la fronte per controllare che non le stesse montando la febbre. Niente.
Anette mi guardò poi riabbassò la testa, ma la sentii benissimo “So cosa mi stai per dire…me la devo cavare da sola, perché non sono più una bambina. L’hai detto milioni di volte da quando abbiamo iniziato ad esibirci…”
La sua voce si affievolì per colpa di un singhiozzo, fissai la sua nuca scura sbigottito mentre continuava a parlare “…ma non c’è la faccio…questa cosa si sta rivoltando contro di me! Anche tu sei passato da amico a nemico nel giro di una notte. Non so nemmeno perché sono su questo dannato tourbus quando dovrei studiare come una pazza per i miei esami all’accademia! N-non c’è la faccio…”
Quel fiume di parole aveva quadruplicato il mio senso di vergogna, avrei voluto rannicchiarmi in un angolino e morire.
Cercai di mandare giù quel boccone amaro mentre – non c’erano dubbi – Anette piangeva contro la mia spalla.
La tenni stretta, accarezzandole gentilmente il capo.
Me l’ero cercata facendo terra bruciata tutt’intorno, adesso ne pagavo le conseguenze.
In quegli ultimi mesi l’avevo allontanata ed ignorata, guardata come lo strumento e nient’altro.
Tutto per evitare che la mia inclinazione verso di lei si trasformasse in ossessione.
Risultato? Ero diventato un grandissimo pezzo di merda, senza attenuanti di sorta.
Non avevo nemmeno il diritto di provare qualcosa per lei, o di obbligarla a cantare tutte le sere per dare vita ad un mio progetto. Ero la Bestia della situazione, ecco.
“S-scusa…s-sono una s-stupida!” balbettò, tamponandosi gli occhi con le maniche della maglia ed un sorriso incrinato dal pianto che non voleva saperne di smettere.
“Piangi quanto vuoi, Anette…” risposi tristemente, accarezzandole ancora i capelli “Non vergognarti. Fa bene aprire la valvola di sfogo ogni tanto.”
“G-grazie…” si soffiò quietamente il naso con un fazzolettino, poi tornò a rannicchiarsi fra le mie abbraccia.
Dopo alcuni minuti il suo respiro si era fatto regolare, si era addormentata.
La avvicinai, cercando di metterla più comoda.
Dopo un po’ le porte del bus si aprirono ed i ragazzi rientrarono, leggermente più rinfrancati dalla sosta.
Marco arrivò fra gli ultimi con un thermos, una borsa con delle bottiglie ed un plaid tenuto sottobraccio. Arrivato al nostro posto poggiò gli oggetti sul sedile dall’altra parte e spiegò su Anette la coperta, attento a rimboccarla per bene.
“Si è addormentata?” domandò in un sussurro Jukka, mentre si sedeva un po’ più in là.
“Un paio di minuti fa.”
“Meno male…era uno straccio in questi ultimi giorni.” commentò Emppu, scomparendo sotto il suo cappotto di pelle.
Marco non disse niente, notò le scie lucide sulle guance di Anette e - prima di tornare al fondo del bus - mi lanciò uno sguardo che avrebbe potuto parlare: se anche solo ci ‘provi’ con lei dopo tutto quello che le hai fatto passare negli ultimi tempi, preparati perché ti smembro, strato per strato e senza anestesia!
Abbassai lo sguardo sulla nuca di Anette…ascoltando il suo respiro tranquillo.
Non meritavo d’amarla, quel sole dormiente.
Dovevo insabbiare il mio cuore, tutto lì.
Prima di soffocarla e vederla sfiorire.
Il bus ricominciò il suo viaggio nell’ignoto ed Anette si mosse appena, cullata dal movimento.
Sarebbe stato meglio per tutti e due, tornare allo stadio ‘amici’ e deporre una pietra tombale su questo periodo.
Non sarà mai tua, poeta.
Non ti guarderà mai con amore.
Passerai il resto dei tuoi giorni a desiderarla senza sollievo.
Infine la perderai.

Avrei voluto abbandonarmi al sonno, o piangere od entrambe le cose.
Non ci riuscii…era una sofferenza troppo sorda per permettermi qualcosa oltre che tenermela stretta al petto ed ascoltarla dormire.

I wish for this night-time
to last for a lifetime
The darkness around me
Shores of a solar sea
Oh how I wish to go down with the sun
Sleeping
Weeping
With you

~~~

Le parti in corsivo centrate sono tratte da 'Gethsemane' e 'Sleeping Sun' dei Nightwish.

*Passa scatola di fazzolettini a destra ed a manca*
Lo so, lo so questo pezzo è parecchio denso se non quasi angst…ammetto che è il frutto di una mia particolare nottata insonne. ^^”
Comunque avevo già in mente da un po’ un capitolino del genere. A pensarci bene in una band la vita non può sempre essere rose e fiori, ed An fin dall’inizio di DOR l’ho raffigurata nella mia mente come una ragazza molto giovane alla ricerca del suo posto nei Nightwish, almeno nei primi tempi.
Quello che Tuom racconta sulle registrazioni di Oceanborn è semi-realistico, ho cercato di attenermi alla biografia della band nel limite della trama di DOR. Quel libricino non dipinge l'era Oceanborn come il miglior periodo della band...e pensare che quel particolare disco mi ha fatto innamorare dei NW! =(

Tanti muffini a CrystalRose che nonostante gli esami passa da queste parti! =*
Sappiate che non mordo e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate anche da voi, o lettori silenti! ;)

Okkey...info di servizio, la storia finirà entro tre capitoli ed è possibile che per l'ultimo dobbiate aspettare un po' di più che una settimana dato che ci sto rimuginando su ma non ho ancora scritto una parola. La Hermes non trova il tempo, ahimè -__-'''
Per il resto buon weekend!
Hermes

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Nightwish / Vai alla pagina dell'autore: Hermes