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Autore: peetahugme    31/05/2014    5 recensioni
Le vicissitudini di quattro ventenni, divisi tra lavoro in palestra e università, Lettere Classiche e Moda, ma soprattutto alle prese con le difficoltà comportate dal vivere una vita a tutto tondo, esponendosi a quelli che possono essere i dolori ma, alla fine, riuscendo a trarne profonda gioia; impareranno ad amarsi l'un l'altro, impareranno i veri valori, ma soprattutto impareranno che, nonostante tutto, la loro sia una bella vita.
Genere: Demenziale, Fluff, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Tesoro, qua la fila è semplicemente lunghissima, tornerò per cena. E’ un problema per te finire di studiare da solo?”
“No, mamma, lo sai che tanto non sto studiando.”
“Sempre divertente questa tua ironia, pulcin--”
“Mamma, per favore, ti ho detto di non chiamar-“
“Va bene, tesoro, ora vado che si è liberato Salvucci. Un bacio.”
“Seh, vabbè.”


 

50 anni, una bella donna, una bella vita. Vissuta completamente al riparo da qualsiasi tipo di problema, abilmente protetta sia dai suoi apprensivi genitori, e subito dopo dal marito e dal suo spesso portafoglio. Marinella Martini, madre di famiglia, moglie, casalinga, mantenuta, laureata in Legge. Era diventata una genitrice protettiva e responsabile, forse in maniera esagerata e compulsiva. Il fatto che volesse andare ai colloqui del figlio ogni volta che i docenti erano disponibili ne era un chiaro esempio, e nemmeno il più scandaloso. Francesco Borghi, diciassettenne sprovveduto e capitato per caso in una famiglia così diversa da lui, gliel’aveva ripetuto più volte ma, proprio come era stato con suo fratello, Andrea Borghi, lei non aveva ceduto su nessun fronte, ed era certa che, benché l’età avanzasse imperterrita e i suoi segni si facessero sentire ogni giorno di più, lei avrebbe continuato ad essere la solita mamma di sempre anche quando entrambi i suoi pargoli avrebbero trovato moglie. Del resto, anche questo fatto faceva parte del suo progetto e del suo ideale di grande famiglia realizzata. Tassativo: i suoi figli dovevano, obbligatoriamente, sposarsi con una ragazza di buona famiglia entro i 25 anni, in modo da riuscire a stabilire legami con i parenti acquisiti con calma; senza contare che Marinella non avrebbe disdegnato passare gli ultimi vent’anni della sua vita a badare ai suoi nipoti, e ad ossessionarli proprio come aveva fatto con i loro genitori. Il figlio maggiore, Andrea, diciannove anni suonati, era ancora single, nonostante il bell’aspetto che lo caratterizzava; era stato viziato fin da piccolo e infatti, nonostante l’università frequentata richiedesse un certo impegno, finiva col passare ogni serata in qualche locale con i suoi amici del liceo, gente di medio rango che sicuramente non si addiceva al suo.
Perché deve fare così?, era il suo pallino, il suo chiodo fisso, continuava a chiedersi perché suo figlio risultasse completamente indifferente alle avances dell’altro sesso che, sicuramente, non mancavano.
Ecco, Andrea era tutto il contrario di suo fratello Francesco, e anzi girava voce che avesse avuto una relazione anche con più ragazze nello stesso periodo. Però una cosa che accomunava i piccoli Borghi era il loro andamento scolastico, sicuramente non molto buono: il Classico era una scuola nella quale non bastava avere la raccomandazione –utile invece nella scuola primaria e in quella secondaria di primo grado-, per andare bene; il Greco e il Latino mietevano vittime persino fra i più bravi, senza contare che la Matematica, benché non trattandosi di uno Scientifico sarebbe dovuta essere a bassi livelli, veniva approfondita da un professore che non aveva bene in chiaro gli obiettivi dei suoi studenti. Salvucci. Se c’era una persona che Marinella odiava, era Salvucci. Ne parlava continuamente, soprattutto durante i pasti, quei momenti che, in normali famiglie, venivano utilizzati per raccontarsi gli avvenimenti della giornata, erano totalmente impegnati dalle sue farneticazioni sul professore; era in quelle occasioni che i suoi figli la vedevano nel modo peggiore: gli occhi assumevano uno sguardo da psicolabile, e mentre urlava insulti contro l’acerrimo nemico brandendo il coltello sembrava sul punto di uccidere uno dei suoi familiari. Più volte aveva tentato di convincere suo marito a usare la sua influenza per agire, che ne so, parlare con la preside o altre cosucce del genere. Ma Gianfranco Borghi, di indole per natura mansueta, rispondeva alla moglie con tono calmo che il metodo d’insegnamento di Salvucci non era affar loro.
E quindi toccava sempre a Marinella andarci a parlare: due minuti del colloquio venivano riservati ad Andrea, e al suo rendimento, e per il resto del tempo lei cercava di usare il suo linguaggio forbito per dissuadere l’uomo dal mettere questo o quello nella prossima verifica.

Quando uscì dall’aula, furibonda perché, come al solito, il prof non aveva ceduto a nessuna delle sue provocazioni, vide che era rimasta un’unica donna in fila.
“Sera. Lei deve entrare da Salvucci?”
“Uhm… Non proprio. Sono la sua compagna”. L’interlocutrice di Marinella aveva un viso pulito e dai lineamenti dolci, con giusto un filo di make-up, incorniciato da capelli neri tenuti corti. Nonostante i segni dell’età iniziassero ad essere evidenti, rimaneva una bella donna.
Apperò! Pensò Marinella, squadrando dalla testa ai piedi la donna e osservando il suo buon gusto. Salvucci sarà un’idiota a scuola, ma sembra sapersele scegliere… La sua mente malata ci badò giusto qualche secondo a fare due più due, e a capire che forse la sua conoscenza con colei che le stava davanti avrebbe potuto essere molto vantaggiosa. Stringendoci un legame, avrebbe potuto distruggere la sua nemesi dall’interno.
“Ah, piacere! Io sono la madre di Francesco Borghi, uno studente del suo compagno… E’ fratello di Andrea, non so se il suo compagno gliene ha mai parlato… Si è diplomato l’anno passato!” Squittì Marinella, sedendosi di nuovo, convinta che a casa, per una volta, la cena se la sarebbero potuta preparare da soli.
“No, non lo conosco. Martino non parla spesso del suo lavoro.” Rispose con un sorriso placido. “In ogni caso sono Anna, tanto piacere”. Tese la mano ingioiellata e Marinella gliela strinse educatamente.
“Beh, sa cosa le dico? E’ proprio un piacere parlare un po’ con lei...”
“Eh.”
“Anzi, posso darti del tu? Sì, dai. E’ bello fare due chiacchere con una… amica, qualche volta. Sai, prendersi una pausa dai figli: Dio solo sa quanto sia stancante occuparsi di loro notte e giorno.”
Anna cercò di non dare a vedere l’espressione di sorpresa alla parola amica (ok, diciamocelo, solo una pazza può arrivare qui e avere tutta questa confidenza dopo qualcosa come 30 secondi), e giusto per non sembrare sgarbata confermò le parole di quella stramba signora: “Ha proprio ragione, posso capirla.”
“Ah, perché? Hai figli?” Decisamente troppe cose le stavano andando bene quel giorno: nella sua testa cominciò a delinearsi un piano molto dettagliato e semplice da mettere in atto.
“Eh sì, Matteo di diciannove anni.”
“No. Non dirai sul serio! Anche mio figlio, quello che ti dicevo essersi diplomato l’anno scorso, ha vent’anni! Dobbiamo assolutamente farli incontrare!”
“Beh, a dire la verità il---”
“Ma quale verità e verità, andiamo, mia cara! E’ chiaro che due ragazzi diventeranno amici, se hanno le madri che già si conoscono!”
“Non lo metto in dubbio, ma… Mio figlio ha da poco iniziato l’università, è molto molto impegnato.”
“E allora? Su su, guarda, ecco come faremo: che ne dici di dopodomani? E’ sabato sera, se il tuo Matteo ha da fare anche di sabato, beh, che mi possano cadere tutti i capelli!”
“Okay, no, non credo che abbia nulla da fare per quel giorno. Tra l’altro, non vorremmo mai che lei perdesse i capelli.” Disse Anna con ironia.
“Bene. Sabato alle… 20? Al Polo. Può andare?”
“Credo di sì.” Fortunatamente per Anna, la porta si aprì, e dalla stanza uscì Salvucci che, avendo finito i colloqui pomeridiani, era pronto ad abbandonare l’edificio per passare una serata romantica con lei. Alzandosi e sistemandosi il vestito sul corpo non proprio magrissimo, salutò Marinella con un cenno della mano. “Beh, adesso vado, eh. Allora… A sabato.”











Nota dell'autrice: salve a tutti ragazzi! Questo è il primo capitolo di una storia che ho in testa da parecchio, dentro c'è tanto di me e tanto di quello che penso, dei miei ideali, dei miei sogni. Spero che vi piaccia e che continuiate a leggere i capitoli successivi, magari lasciando una recensione in modo da farmi sapere cosa ne pensate e dove potrei migliorarmi. Grazie a tutti per aver letto fin qui! :)
  
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