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Autore: Diamond_91    31/05/2014    2 recensioni
- ... Pensi che stia sbagliando tutto? -
- Gli errori si possono sempre perdonare, basta trovare la giusta spinta per andare oltre. -
I carabinieri sono impegnati nella risoluzione di un caso disarmante che include spaccio di droga e prostituzione. Il Brigadiere Mazzino riesce ad andare oltre l'apparenza, fidandosi di una giovane prostituta obbligata a commercializzare il proprio corpo per far dare stabilità economica alla sorella di 9 anni e al piccolo Tommaso, nato da un rapporto precoce con il suo protettore...
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 1.

 - Angelica -

Voci. Rumori opprimenti che fiatavano veloci sull'aria. Il solito caldo di metà luglio che rimbombava prepotentemente in ogni angolo. Le mie dita scivolano veloci sulla tastiera del computer per imprimere su un documento le testimonianze che giungevano incisive e potenti dalla bocca del Capitano.
- Si trovi un lavoro degno di lei invece che continuare a battere sul marciapiede... -
Il silenzio. Potevo scorgere imbarazzo e timore dietro il silenzio minaccioso della giovane donna che mi dava le spalle. Negli occhi del Capitano Guidotti il più assoluto disprezzo.
- Mi ha capito, signorina? -
Nessuna risposta, solo un leggero soffio di vento che cadde delicato sulla sua pelle, scoprendole appena la canotta mostrando il laccio fucsia del reggiseno.
- Ancora mi chiedo come possano darle l'affidamento di due bambini. Questa volta farò cambiare io idea al Tribunale... -
- No, la prego... -
Alzai gli occhi dallo schermo del computer puntandoli verso la voce che aveva appena ammazzato il silenzio. Nel suo tono incertezza e supplica. Lo sguardo puntiglioso del Capitano non avrebbe ammesso nessuna preghiera. Guidotti era così: assoluto. Teneva il potere nelle sue mani, evitando di cospargere sentimenti nell'aria. I muscoli della donna cessarono di opporsi. La debolezza delle sue parole la si poteva notare anche senza aver percepito nessun suono uscire dalla sua bocca. 
- Ho solo loro e loro hanno solo me... -
Le mie mani cessarono di scrivere, appoggiandosi con poca finezza sulla tastiera del computer. Parole. Parole che si susseguivano ad altre parole. Pena. Tenerezza. Sofferenza. Quella stanza era un insieme di emozioni, opposte tra loro, a tratti incomprensibili, sotto altri aspetti totalmente indecifrabili.
- Non sono qui per raccogliere la sua elemosina, signorina. Le ho detto che ci penserà il Tribunale e così sarà. -
Il tono del Capitano non ammetteva repliche. Fissai confuso la donna davanti a me. Le sue spalle caddero verso il basso mentre si lasciava scivolare sulla sedia, strisciando come un serpente contro lo schienale di legno. I suoi capelli lunghi le ricadevano perfetti sul corpo, lasciando intravedere piccole macchie di pelle: delicate come la sua voce. 
- Ora, se vuole scusarmi, ho cose più importanti a cui dedicarmi... -
Le pratiche si sovrapposero le une sulle altre, mentre il respiro della giovane donna si faceva sempre più teso e apatico.
- Mazzino, ci pensi lei ad accompagnare la signorina, grazie. - 
Nessuna stretta di mano tra loro. Nessuno sguardo di comprensione da parte del Capitano. Era come se entrambi avessero costruito una barriera invalicabile per proteggere i propri ideali e i propri diritti. Con un cenno del capo obbedii senza aggiungere nulla, e allungando una mano verso la schiena della giovane donna, la invitai a lasciare l'ufficio, dandole così un motivo valido per ritornare a respirare. 
I suoi passi: incerti e precisi che ricalcavano il corridoio. Le sue mani che ricadevano pesanti lungo i suoi fianchi. I suoi occhi che fissavano senza tregua il pavimento, mentre i capelli castani le ricadevano delicati sul viso, coprendolo appena. Era muta ma parlavano i suoi movimenti. Conversavo con il suo silenzio rispondendole con il mio. Non la conoscevo, non l'avevo mai vista prima, ma era come se tra di noi ci fosse alchimia. Un contatto diverso, meno sporadico, più naturale. Un atterraggio di emergenza; una lacrima sudata che ricadeva inerme in una pozza d'acqua. Le aprii il portone della caserma, sorridendole appena. Il sole era caldo al di là del muro, lo si poteva notare dai raggi che illuminavano un innocuo angolo di strada dinnanzi a noi. Abbassai lo sguardo sperando di poter incontrare almeno una volta i suoi occhi, rapendoli coi miei, di confondermi con il suo spirito per poterla rassicurare, per regalarle un altro motivo per vivere, per donarle l'attenzione che meritava.
- ... Pensi che stia sbagliando tutto? - 
La sua voce. La sua voce come un tuono in piena estate mi attraversò il corpo. Alzai il volto fissandola senza fiatare. Era bellissima. Il verde dei suoi occhi richiamava la speranza e il rosso acceso del suo rossetto mi ricordava il fuoco, la passione con cui poteva domarlo. Rimasi immobile sulla soglia del portone. Una domanda che implicava infinite risposte. Infinite domande che si celavano dietro ad una sola domanda. La guardai ancora, forse con più profondità che in precedenza. La osservai per scrutarne il senso, per capirne la paura, per affondare la verità nel suo sguardo.
- Gli errori si possono sempre perdonare, basta trovare la giusta spinta per andare oltre. -
- ... Ho paura. Non riuscirò mai ad uscire da tutto questo e... E i bambini li voglio tenere, mia sorella ha bisogno di vivere con me, con l'unica persona che le è rimsta. Sono la sua famiglia e lei è la mia. Combatto da sola ogni giorno per loro. Non posso rinunciarci. -
Una lacrima che lenta vagava sul suo viso cercando un punto di arrivo, un traguardo diverso. Sincerità. L'aria si era mescolata con lei, con i suoi timori e le sue incertezze. I suoi occhi chiari si socchiusero con debolezza, come se non ci fosse nulla che potesse aiutarla; come se si fosse abbandonata al suo destino.
- E non lo farai. -
Abbassai il viso, cercando di scorgere il suo sguardo. La mia mano si mosse puntuale sul suo volto, bloccandole la lacrima che veloce le attraversava la pelle. Un altro contatto. Forse più intimo rispetto al precedente o forse, solamente più vero, più reale.
- Combatteremo insieme. Ti aiuterò io, se me lo permetterai. -
Una nota di malinconia caratterizzò le mie parole. Agire contro il volere del Capitano non rientrava nei miei parametri, ma per quella donna mi sarei spinto oltre. Lo avrei fatto per poter regalare a lei e alla sua famiglia un futuro migliore, la possibilità di un lavoro vero, di una fiducia maggiore verso sé stessa, di distruggere le paure alimentando le speranze. 
- Grazie Brigadiere. -
Complicità. Tra di noi c'era una legame nascosto, lo potevo percepire a pelle, sentirlo vagare inesorabile nei nostri occhi. 
- Lei è davvero un uomo speciale... - 
Il suo ultimo sguardo prima di scendere con eleganza gli scalini allontanandosi da me. Il suo ultimo sguardo prima di essere rapita dal sole. Il suo ultimo sguardo prima di voltarsi definitavemente verso l'orizzonte mostrandomi ancora una volta le sue spalle snelle. Il suo ultimo sguardo che mi catturò l'anima incendiandomi lo spirito.
- Aspetta! -
Uscii dalla caserma urlando quasi silenziosamente. La camicia blu che indossavo attirava il sole lasciando penetrare il caldo dei raggi che leggeri e soavi camminavano sul mio corpo. 
- Il tuo nome! Voglio sapere il tuo nome. - 
I suoi occhi si calamitarono ai miei. Sapevo come si chiamava, lo avevo letto precedentemente sui documenti nell'ufficio del Capitano, ma volevo sentirlo dire da lei, volevo che il suo nome uscisse dalla sua bocca. Ero curioso di vedere con quale passione ardente lo avrebbe pronunciato. 
- Angelica. Il mio nome è Angelica. -
Rimasi immobile sulla porta osservandola camminare. Ne seguii i passi anche a distanza. Sorrisi senza un motivo logico. Sorrisi fissandola allontanarsi da me. La distanza che ci separava rimaneva solo consapevolezza, nulla di più. 
- Ciao Angelica. - 
   
 
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