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Autore: Oducchan    01/06/2014    2 recensioni
Kise Ryota di ragazze in vita sua ne aveva viste tante, forse troppe.
Ma nessuna è come lei
[Kise/fem!Kasa]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaijou, Ryouta Kise, Yukio Kasamatsu
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
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Nick autore: Queen of the lower court 
Titolo: Meet me in the middle of the ocean
Personaggi: Kise Ryota, fem!Yukio Kasamatsu, fem!Moriyama Yoshitaka, Kobori Kouji

Pairing: Kise/Fem!Kasa
Genere: slice of life, generale
Avvisi: genderbend, AU, what if
Rating: verde
Note:
Stavo lavando i piatti. E per qualche motivo assurdo ho pensato che non sarei mai più stata in grado di scrivere qualcosa su Kasamatsu. Poi non so perché mi sono chiesta come sarebbe stato se Yukio fosse stata una ragazza, e neanche trenta secondi dopo Kise gli stava già andando addosso.

Per una pratica comprensione di quanto seguire: Kasamatsu è una ragazza, così come Moriyama. Giocano ancora a basket ma per ovvie ragioni sono capitano e vicecapitano della squadra femminile. Il capitano di quella maschile diventa così Kobori, per pura comodità. Kise non viene strigliato al suo ingresso in squadra ma Kasamatsu si fa sentire lo stesso.
Poi:
-Il nome femminile per Kasamatsu che ho adottatoto è un semplicissimo Yuki, perché non sono donna di spiccata fantasia.
-La suddetta Yuki sa fin troppe cose sulla matricola prodigio (cose che, in buona parte, ho improvvisato alla buona sperando che possano avere un qualche senso tecnico) e si è in qualche modo operata in prima persona per farla approdare alla Kaijou High. In kurobas non chiariscono mai se i capitani sono più o meno coinvolti nello scouting dei nuovi talenti, ma io voglio pensare che, non so, lei e Kobori sono andati assieme alle partite e lei ha fatto pressioni affinché cercassero di prendere Kise e non Midorima
-A tal riguardo, il fatto che io ritenga Kise l'unico in grado di poter evolvere pressoché all'infinito (al contrario dei suoi compari Kisei, che invece hanno spazi di miglioramento nettamente più limitati), è una PERSONALISSIMA visione delle cose.
-Ho mantenuto la sconfitta del Kaijou ad opera della Touou. Kasamatsu non fa più la scenata da solo negli spogliatoi ma la fanno assieme.
-Il finale è what if. Le ragazze sono già diplomate, il Kaijou maschile è arrivato a una finale, si gioca contro il Seirin.

Chiarito tutto ciò, buona lettura.
(Il titolo viene da Mmm yeah, by Austin Mahone feat Pitbull, perché io ascolto sempre musica alquanto altolocata e raffinata ù///ù)




 
Meet me in the middle of the ocean


Kise Ryota di ragazze in vita sua ne aveva viste tante, forse troppe. Bionde, more, brune, castane, rosse... poteva addirittura vantare un’amicizia sufficientemente stretta con una certa fanciulla dai capelli rosa, quindi non era esattamente una persona nuova a certe visioni. Di ragazze ne aveva viste tante, parecchie come lo vedevano andavano in brodo di giuggiole e si sbracciavano pur di salutarlo e di parlare con lui, altrettanto lo fermavano per strada per chiedergli un autografo, una foto, o anche solo un sorriso. Gli faceva piacere, senza dubbio. Rispondeva cortese, elargendo il suo charme senza vergogna, e le accontentava tutte con quella spensieratezza che gli era propria. Ma nessuna lo aveva colpito così tanto da rimanere impressa nella sua mente fin dal primo incontro.
Pertanto, quando aveva voltato l’angolo del corridoio del terzo piano del liceo Kaijou, non si sarebbe mai, mai aspettato di andare a sbattere proprio in una ragazza, né di finire con lei a gambe per aria, né di scatenare un’ondata terrorizzata di strilli in coloro che avevano assistito la scena. Si era rimesso in piedi in fretta, sistemandosi i vestiti, e poi si era sporto per aiutare la giovin donzella che aveva avuto la disgrazia di incappare nella sua sbadataggine, sperticandosi in scuse accorate.
Peccato che lei, la giovin donzella, aveva totalmente ignorato la sua mano tesa, sibilando un imprecazione al suo indirizzo e preferendo rimettersi in piedi da sola. Poi, le gote accese di un bel rosso brillante, gli aveva scoccato un’occhiataccia risentita.
-Guarda dove metti i piedi, stupido!- aveva esclamato, d’un fiato, distogliendo subito lo sguardo. Ma non sufficientemente rapidamente da impedirgli di vedere il colore dei suoi occhi; iridi di un blu metallico, quasi grigio, il colore del cielo in tempesta, il colore dell'oceano in tumulto.
Lui era rimasto come un’idiota a boccheggiare, senza fiato, e lei ne aveva approfittato per superarlo e marciar via con decisione, subito rincorsa dall’amica che le era al fianco e che era rimasta a fissare sconvolta lo scambio. Kise si era ritrovato a guardarla scomparire giù per il corridoio –un corpo minuto, ma solido; gambe snelle, ma muscolose, che sbucavano dalla gonna della divisa; spalle strette, ma ben formate; capelli corti, cortissimi, e di un nero assai intenso- incapace di distogliere lo sguardo almeno finché non fu sicuro che fosse sparita dal suo orizzonte.
 
Di tutti i posti in cui si aspettava di ritrovarla, l’ultimo nella lista che aveva stilato era la palestra. Non che l’avesse riconosciuta –non con i pantaloncini della divisa, né con quella canotta madida di sudore che segnava forme che non rammentava di aver notato; ma era bastato uno sguardo in tralice, il misero passaggio del suo sguardo sulla sua persona ferma a palleggiare a bordo campo mentre ruotava elegantemente su se stessa per tornare nell’altra metà del campo dopo un canestro meraviglioso, per ricordarsi che era lei, la ragazza a cui aveva pensato nell’ultimo mese.
Kobori, il capitano, seguendo la direzione verso cui verteva il suo sguardo, aveva riso, divertito, prima di richiamarlo sul pianeta terra rubandogli il pallone e tirandoglielo al petto.
-Kasamatsu Yuki, point guard, capitano della squadra femminile- lo aveva informato, continuando a ghignare. Poi, il suo sguardo si era fatto più acuminato, e il tono più serio, severo –Ma non pensarci nemmeno. Non è il tuo tipo-
Kise aveva dovuto faticare, per distogliere lo sguardo e puntarlo sul ragazzo. Aveva dovuto faticare perché lei aveva ingaggiato un uno-a-uno con una delle sue compagne di squadra, e c’era un qualcosa nella sua fronte aggrottata e nello sguardo adombrato che apriva richiamarlo come una mosca al miele.
-Vi allenate spesso con le ragazze?- chiese, giocherellando con il pallone tra le sue mani per tentare di deviare il flusso inconsueto dei suoi pensieri.
-No, è un’eccezione. C’è una perdita nel soffitto della palestra delle ragazze, sarà inagibile per qualche settimana-
Annuì, convinto, prima di aggregarsi al resto della squadra per il riscaldamento, non prima di aver gettato un ultimo sguardo alle proprie spalle.
 
-Senpai!-
Neanche il tempo di terminare la parola, e si era già pentito di aver emesso quel richiamo. Kasamatsu si fermò sul posto, assieme alla ragazza con cui stava camminando –una tipa dai lunghi capelli castani e dagli occhi particolarmente allungati che aveva già visto in palestra- ed entrambe si erano girate al suo indirizzo. Insieme a una quindicina di altri curiosi, probabilmente messi sull’allarme dall’inusuale sfoggio vocale.
-Ahem... io... volevo scusarmi per... quella volta. Non ne ho più avuto occasione, e quindi...-
Yuki l’aveva guardato, in silenzio, senza battere minimamente ciglio. Kise si torse le mani, a disagio, non sapendo bene se fosse meglio aggiungere qualcosa o battere in ritirata senza dire assolutamente altro, e fu proprio quel momento di stasi e imbarazzo che la sua amica scelse per riconoscerlo, e quindi stringersi di più all’amica, coprirsi la bocca e strillare un –Kise-kun!- molto acuto e molto sentito.
Kasamatsu, finalmente, si concesse una smorfia perplessa, facendo passare lo sguardo prima a lui, con quella sua espressione da cane bastonato, e poi a lei, che ora saltellava concitata sul posto per l’entusiasmo.
-Lo conosci?- chiese, totalmente dubbiosa su dove potesse mai passare il collegamento che conduceva il suo vicecapitano a quel ragazzino con l’aria persa e stupida.
L’altra ragazza si era affrettata a scoccarle un’occhiataccia, terribilmente incredula di fronte alla sua ignoranza.
-Insomma, Yuki-chan, ma dove vivi? Sei sempre la solita- si rivolse a lui, allora, con un bel sorriso ridondante sulle labbra sottili –Kise Ryota-kun è un modello, e anche abbastanza famoso. Sta su tutti i giornali di moda!-
-Non conosco nessun modello, famoso o meno che sia- borbottò lei di rimando, spegnendo sul nascere la risatina con cui Kise provava a sbrogliarsi dalla situazione spinosa. Poi tornò a guardarlo, dritto negli occhi castani, le iridi di quel colore meraviglioso che lo scrutarono serie e senza molti altri indugi –Però conosco un Kise Ryota. Small Forward, prima squadra della Teikou Junior High. Centosettantun centimetri per settanta chilogrammi. Direi che ora sei più alto di una spanna abbondante –aggiunse, lasciando saettare lo sguardo dalla testa ai piedi –quindi presumo peserai di più. L’ultimo membro della Generazione dei Miracoli ad arrivare in squadra, ma in grado fin da subito il ritmo con gli altri; ottime capacità di base, discreta portata offensiva, alti livelli di resistenza e capacità di apprendimento pressoché immediata, ma pessime abilità di interazione con il gruppo. Vanesio, petulante e pieno di sè al punto da ritenersi superiore ai suoi stessi senpai.  Credi che non lo sappia?- proseguì, smorzando sul nascere i suoi tentativi di protesta –Chi credi si sia occupato di farti arrivare in questa scuola e di metterti nelle condizioni di giocare?-
-Io...-
-Il coach voleva puntare allo shooting guard- lo informò, asciutta, coprendo di nuovo la sua voce tremolante, e poi, finalmente, sorrise. Un sorriso che le stirò la bocca corrucciata e le illuminò gli occhi di una luce particolare, bella e pericolosa –Ma perché accontentarsi di qualcuno prossimo a raggiungere il proprio limite, quando puoi avere un giocatore con un potenziale infinito?-
Non sapendo bene cosa dire, Kise rimase fermo e in silenzio, deglutendo sonoramente e dondolandosi sui propri piedi. Kasamatsu continuò a sorridere per qualche secondo ancora, poi d’improvviso parve ricordarsi di dove si trovava e con chi stava parlando, e arrossì di colpo, le guance chiare che s’imporporarono di un bel rosa acceso. Di rimando, Ryota fece lo stesso, facendo un mezzo passo indietro.
-Devo andare. Ci vediamo agli allenamenti- borbottò lei di gran fretta, incespicando nelle parole e afferrando di peso la sua amica, che pareva aver intenzione di divorarsi una mano per non scoppiare platealmente a ridere.
-Ci vediamo...- rispose lui, senza molta convinzione, sorridendo al vuoto e al nulla. Dovette fisicamente stringersi il petto per provare ad acquietare il battito convulso del suo cuore.
 
 
Sentì i passi scendere velocemente le scale e percorrere la distanza degli spogliatoi che portava dalla porta alla panca su cui si era appallottolato. Poi, l’asciugamano che si era lasciato cadere in testa per nascondersi dal mondo gli venne brutalmente tirato via dal viso.
-Cosa diamine stai facendo?- strillò una voce femminile, oltremodo acuta e indignata –Kobori è dovuto venire a chiedermi di venirti a parlare. Cosa sei, una femminuccia? Devo chiedere di farti cambiare squadra?-
Kise cercò maldestramente di ingoiare le lacrime che non volevano smettere di colargli dal viso. Deglutì, si passò un palmo sul viso per asciugare l’asciugabile, strinse forte le labbra per farle smettere di tremare.
-No. Io non sono... è solo che...-
E le parole gli morirono in gola, perché era riuscito a trovare il coraggio di alzare lo sguardo per poterla affrontare di peso, ma quello che aveva trovato nel suo viso non era ciò che si aspettava. Kasamatsu aveva gli occhi azzurri iniettati di sangue, arrossati all’inverosimile, le sclere grondanti di pianto e il naso che gocciolava moccio. Kasamatsu stava piangendo, tanto quanto o se non più di lui, ed era venuta a sgridarlo in quelle condizioni.
-Sempai- commentò, piatto –Stai piangendo-
-Lo so, idiota, cosa credi!- urlò lei di rimando, agitando un pugno a un palmo dai suoi zigomi –Non siete gli unici ad aver fatto una figura di merda, oggi-
Quindi anche la squadra femminile aveva perso, evidentemente, e sicuramente nel peggiore dei modi. Per quando sconfitto nel corpo e nell’animo, e annientato per il non essere riuscito ad imporsi di fronte ad Aomine, Kise non poté evitare uno spontaneo moto d’affetto verso quella giovane donna che nonostante il dolore si faceva carico dei suoi infantilismi.
-M-mi dispiace- riuscì a mormorare, balbettando come un’idiota. Lo sguardo di Yuki fu attraversato da un baluginio rabbioso, e il pugno si avvicinò di un altro centimetro, prima di schiantarsi contro l’armadietto più vicino.
-Era la mia ultima partita- gridò, furiosa –l’ultima. Non giocherò più. Non con questa maglia, non con questa squadra- poi la sua voce si incrinò, un vetro delicato prossimo allo spezzarsi, e parve perdere tutta la sua baldanza e afflosciarsi su se stessa –Non osare piangere, stronzo. Hai tre anni davanti. Il gruppo maschile conta su di te. Invece che sprecare il fiato in questi piagnistei, allenati, diventa più forte e vedi di aggiungere la parola vendetta al tuo vocabolario-
E qualcosa, qualcosa che era finita nascosta sotto il dolore, sotto la noia, sotto le incomprensioni, sotto il disinteresse, sotto tutta la merda che si era infilata nelle ferite degli anni delle medie, si spezzò. Si frantumò, si ruppe, si disintegrò, liberando fiumi di sollievo e di redenzione. Kise si ritrovò a piangere più forte, con disperazione viva, a tirar fuori tutto, a singhiozzare come un bambino, abbracciandola per la vita e poggiando il capo sul suo petto.
E lei, frignando a sua volta senza vergogna, glielo lasciò fare.
 
 
-Sempai, si sta facendo tardi- chiocciò l’idiota, un sorriso smagliante ad illuminargli il viso al punto che quasi pareva stesse per brillare di luce propria. Kasamatsu emise uno sbuffo, indispettita, ma proseguì a strattonargli e a lisciargli il collo della divisa, incurante del suo divertimento insito e delle risatine degli seppur scarsi spettatori che si aggiravano nei corridoi dello stadio.
-Vedi di vincere, hai capito?- sibilò, severa come sempre, scoccandogli un’occhiata penetrante. Lui continuò a sorridere, inclinando appena il capo con accondiscendenza.
-Beh, sempai, è una partita difficile- cantilenò, petulante –è pur sempre la finale della Winter Cup. Potrei non farcela. Mi servirebbe...- e qui alzò lo sguardo al soffitto, come se ci dovesse pensare, prima di rivolgerle l’ennesimo sorriso a trentadue denti estremamente soddisfatto –Un incentivo-
Kasamatsu sospirò, rassegnata. Con la miriade di ragazzi che circolavano nella loro scuola, proprio di quel deficiente doveva finire per l’innamorarsi? Un bamboccio di due anni più giovane, poi. Diede una rapida occhiata attorno a loro, accertandosi che non ci fossero orecchie indiscrete all’ascolto o occhi in osservazione, poi si sporse sulle punte dei piedi per posargli un bacio sulle labbra.
-Stasera i miei sono fuori città – aggiunse, aggrappandosi alle sue spalle e sussurrando suadente, piano, senza fretta –Vinci questa partita, e potrai fermarti a dormire-
Kise sbarrò gli occhi, battendo le palpebre a vuoto un paio di volte e assumendo un paio di toni di colore sulle guance. Yuki ne approfittò per allontanarsi, e spintonarlo via, rossa in viso più che mai.
-Spero ti basti, razza di deficiente. Ora vai e vedi di suonarle a quei mocciosi di Tokyo, hai capito bene?-
Lui annuì, entusiasta, irradiando ancora più gioia e felicità, tanto da farlo sembrare una lampadina
-Certo, sempai. Vado subito!-
E saltellò via verso gli spogliatoi, canticchiando e sorridendo come un deficiente.
Kasamatsu rimase a fissarlo finché non lo vide sparire, prima di lasciarsi sfuggire un sospiro e scuotere il capo, rassegnata.
-Uomini- mormorò, convinta. Prima che potesse fare dietrofront e tornare sugli spalti ad assistere alla partita, però, con la coda dell’occhio vide un oggetto squadrato volare nella sua direzione, e riuscì ad acchiapparlo appena in tempo prima che gli arrivasse in faccia.
-Che cosa...-
Un pacco di preservativi. Da dietro la colonna più vicina, fece capolino la testa di Moriyama, gli occhi umidi di lacrime all’inverosimile nel tentativo di trattenere le sue risatine sguaiate. Le fece l’occhiolino.
-Ti serviranno, stasera...- e rise di nuovo, coprendosi maliziosa la bocca.
Non fu un eufemismo dire che tutto lo stadio e i suoi occupanti sentirono il suo strillo belluino.
-MORI!!!-
   
 
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