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Autore: Camelia_Calliope    01/06/2014    3 recensioni
Tratto dal testo.
[…]lo baciai, con rabbia, con bisogno. […]Conobbi il suo sapore e lui il mio. Annegai in esso, restando in apnea come quel naufrago che annaspando e nuotando tenta disperatamente di raggiungere la riva, vinto dall’insaziabile ed egoista desiderio di vita.
Ma io desideravo affogare, perdermi in quel malsano piacere.
Questa storia ha partecipato al contest "Drabble di stile II edizione [ Multifandom & originali ]" indetto da Marge86.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Autore: Camelia_Calliope
Titolo: Peccato
Fandom: Originale
Prompt: 1
Rating: Giallo
Avvertimenti: Slash
Genere: Introspettivo, Romantico
Introduzione/riassunto: Tratto dal testo.
[…]lo baciai, con rabbia, con bisogno. […]Conobbi il suo sapore e lui il mio. Annegai in esso, restando in apnea come quel naufrago che annaspando e nuotando tenta disperatamente di raggiungere la riva, vinto dall’insaziabile ed egoista desiderio di vita.
Ma io desideravo affogare, perdermi in quel malsano piacere.
Note: L’ispirazione, in vero, mi giunse in seguito alla visione del film I segreti di Brokeback Mountain (e, per chi non lo conoscesse, invito la visione perché merita) quindi non me ne vogliate se ci dovesse essere qualche richiamo alla pellicola. Come abbiate già intuito lo scritto si occupa di una coppia slash. Non credo che occorra aggiungere altro.
Preferisco dirlo in anticipo onde evitare dubbi. Sono consapevole che il soggetto inespresso si rivolge al suo amante prima con una terza persona per poi passare, alla fine, a una seconda (mi riferisco al passaggio dal “lui” generico al “tu” specifico). L’effetto è voluto. Ho immaginato questo testo come una confessione (quasi come un diario su cui confidare i segreti più nascosti di cui si ha più vergogna).
Volevo enfatizzare come il protagonista tenti all’inizio di essere distaccato, di vedere i suoi ricordi come se fossero illusioni effimere. Poi pian piano che il ricordo diviene più vivo e l’immagine del suo amante diventa corporea e non più inconsistente, si manifesta nella sua mente il desiderio di dichiararlo proprio e quindi dargli quella stessa identità che non ha mai avuto il coraggio di dargli. Ecco, allora, che diventa un “tu” definito, corporeo.
Lo stesso vale anche per alcuni aggettivi che sono ripetuti con insistenza (come quel “così bello”): volevo enfatizzare ancora una passione che non è affatto assopita.
Spero di essere stata chiara.
 
 

Peccato

 
 
 Avevo diciassette anni.
« Ti amo – mi disse – ti amo »
Le sue labbra erano morbide e tremavano mentre si muovevano vicinissime al mio volto. Il vento scuoteva i suoi capelli troppo lunghi, sferzava il suo viso abbronzato; dalla bocca usciva il vapore di un fiato dall’odore buono: menta ed erba fresca.
Guardavo quelle labbra muoversi: i miei occhi ipotizzati da quella carne troppo morbida e troppo bella.
Non risposi: lo baciai, con rabbia, con bisogno. I denti cozzarono, graffiando la carne molle e palpitante. Conobbi il suo sapore e lui il mio. Annegai in esso, restando in apnea come quel naufrago che annaspando e nuotando tenta disperatamente di raggiungere la riva, vinto dall’insaziabile ed egoista desiderio di vita.
Ma io desideravo affogare, perdermi in quel malsano piacere.
 
Era dolce nell’amore: mi vezzeggiava e coccolava come fossi una fragile vergine timida. Lo odiavo per questa sua gentilezza e odiavo me stesso per quel rossore che improvviso colorava il mio viso quando le sue mani, così ruvide, toccavano la mia pelle.
Mi stringeva la mano sulla nuca, batteva la sua fronte alla mia, rideva e piangeva, e sussurrava il mio nome e amore, amore mio; ed io lo zittivo mordendo ancora quelle labbra carnose.
Non volevo sentire, non volevo sentire.
« Zitto! – sussurravo tra i gemiti – zitto, non parlare. Non parlare »
E lo stringevo a me, graffiando quel corpo così grande, così bello.
Non parlare, non parlare: se parli lo rendi vero, innegabile.
 
« Vieni con me! Potremmo ristrutturare quella vecchia casa al lago, insieme »
« Due uomini che vivono insieme? Sei matto »
 
E piangevo quando vedevo quegli occhi liquefarsi e scomparire alla mia vista.
 
« Cosa sono io per te? »
Dicevi.
Un peccato?
 
Tu eri il mio piacere. 
Tu eri il mio desiderio.
Tu eri tutto quello a cui non osavo dare un nome, perché, se l’avessi fatto, sapevo che non sarei mai riuscito a guardarmi allo specchio senza odiarmi più di quanto mi odiavo.
   
 
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