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Autore: Halina    01/06/2014    4 recensioni
Sophia e Vincent, due amici che devono scendere a patti con i rimpianti, i sensi di colpa e il comune lutto per una persona importante che li ha definitivamente lasciati soli a costruire il nuovo mondo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sophia Forrester, Vincent
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Costruiremo il nuovo mondo
 
N.d.A: sarò breve, prometto! Questa cosa esce dal dimenticatoio del mio PC, l’avevo scritta anni fa come prologo di una long, sono infine arrivata ad accettare che probabilmente non vedrà mai un altro capitolo oltre a questo, quindi la pubblico come OS. E’ un piccolo missing moment tra Vince e Sophia nell’ultimo episodio della serie. Dedicata a tutti/e coloro che hanno scritto ff su LE e mi hanno permesso di continuare a sognare.
 
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Piangeva tanto forte da far fatica a respirare. Annaspava alla ricerca di aria, singhiozzi che scuotevano le esili spalle e lacrime che scorrevano copiose sulle guance. Era crollata. Aveva resistito a lungo, più a lungo di quanto avesse immaginato di poter fare. Si era assicurata che la Silvana fosse fuori pericolo, che la flotta si fosse ritirata, che i feriti e coloro che avevano perso le loro navi fossero riallocati, che la situazione fosse sotto controllo. Iniziava ormai a fare buio quando si era chiusa in quella stanza, si era seduta alla scrivania, e aveva lasciato cadere la facciata, aveva lasciato che il suo essere andasse in pezzi.
 
Tutto era rimasto com’era. I suoi libri sugli scaffali, le sue carte impilate con cura sulla scrivania, i vestiti nell’armadio, il letto fatto, del whiskey dimenticato in un bicchiere sul tavolino; tutto era pronto ad accoglierlo quando sarebbe tornato. Solo che non sarebbe tornato più. Mai più. L’aveva ucciso. Aveva ucciso l’uomo che amava, aveva ucciso il suo comandante.

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Si era già perso due volte in quei maledetti corridoio tutti uguali e tutti grigi. Non aveva incontrato un’anima, non aveva sentito un suono, sembrava che l’intera nave fosse morta con il suo comandante. Morto. Alex, morto. Scosse la testa e si passò una mano sul viso stanco, ricacciando all’indietro qualche ciuffo ribelle dei lunghi capelli castani. Non ancora. Non poteva pensare, non poteva crollare, non ancora. Quando finalmente trovò la porta che stava cercando la aprì di scatto, senza neanche pensare a bussare, sopraffatto dal sollievo. “Sophia!”
 
Sbatté le palpebre un paio di volte, osservando la stanza deserta. Eppure Campbell gli aveva detto che si era ritirata … Pochi passi, e raggiunse la porta successiva. Questa volta esitò un istante prima di abbassare silenziosamente la maniglia, e un rumore attutito di pianto non si fece attendere. Scivolò all’interno, uno sguardo colmo di affetto gli fu sufficiente per riconoscere la figura distrutta accasciata alla scrivania; sembrava una bambola di pezza, nella sua triste uniforme grigia. La voce gli si ruppe mentre la chiamava. “Sophia.”
 
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Poteva quasi vederlo, vedere il suo viso perfetto, sempre impassibile, i suoi occhi sempre tristi. Aveva sorriso sapendo che la sua vendetta era giunta a compimento? Aveva sorriso sapendo che stava per morire? Wina aveva mentito, lo sapeva. Non c’era una sola probabilità che Alex avesse vissuto dieci anni con lei accanto e Eurice nel cuore per poi chiamare il suo nome nell’ultimo istante della sua vita. Illudersi non sarebbe servito a niente, se non a soffrire di più. Eppure …  cercò di immaginare come sarebbe suonato il suo nome su quelle labbra. Non avrebbe avuto il suono metallico di un ordine sul ponte, non avrebbe avuto l’urgenza di attirare la sua attenzione per qualche comunicazione importante; sarebbe stato dolce, sussurrato quasi, una carezza di fiato.. “Sophia.”
 
Drizzò il capo di scatto, sollevandolo dalle braccia per ruotarlo nella direzione della voce, di quella voce che sembrava uscita dai suoi pensieri con tanta nitidezza da far male. Si passò una mano sugli occhi e mise a fuoco la figura aggraziata di Vincent; scompigliato, stanco, l’uniforme che non aveva più molto di bianco, ma sempre elegante mentre muoveva cauto qualche passo verso di lei. “Oh Vince!” fu tutto quello che riuscì a boccheggiare tra i singhiozzi.
 
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Aveva alzato il capo verso di lui, il volto sfigurato dal pianto, e lui l’aveva trovata bellissima. Aveva alzato il capo verso di lui ed era Alex che avrebbe voluto vedere, lo sapeva, e da qualche parte seppellita nel suo essere questa consapevolezza riusciva a ferirlo. Ma nonostante tutto, lei aveva chiamato il suo nome, tentando goffamente di alzarsi, e questo gli diede il coraggio di andarle incontro. Rimase un istante immobile quando lei gli afferrò il davanti della giacca, seppellendo il viso nel suo petto. Rimase un istante immobile prima di stringerla a sé con delicatezza, posando il mento sui suoi capelli. Non c’erano uniformi, titoli o gradi, c’era solo il lutto comune di due amici che gravava loro addosso come un manto impietoso.

Rimase in silenzio, lasciandosi sommergere dal conforto inconsapevole che il corpo caldo di Sophia gli dava, trasmettendogli vita dove non sembrava esserci altro che morte, infine sospirò piano: “Non è stata colpa tua, i tuoi ufficiali mi hanno detto tutto. Non è stata colpa tua.” Le mormorò tra i capelli, le labbra a pochi millimetri dalla sua tempia. “Tu puoi aver dato l’ordine di aprire il fuoco come io ho dato l’idea di muovere direttamente contro Delphine, senza aspettare, ma la verità è che l’abbiamo perso dieci anni fa, e ora dobbiamo solo scendere a patti con il fatto che anche fisicamente non c’è più..”
 
Era l’ultima cosa che aveva voluto, ma si accorse suo malgrado di avere le guance rigate di lacrime. Tra le sue braccia i singhiozzi non davano tregua a Sophia.  “Va bene” disse piano, spostandosi verso il divano e cullando Sophia con sé “Va bene così, prendiamoci questa notte per piangere tutto quello che non c’è più, e domani mattina usciamo di qui Sophia, e andiamo a ricostruire quello che ci è rimasto. Sulle macerie di tutto quello che oggi ci lasciamo alle spalle, domani costruiremo il nuovo mondo.”
 
  
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