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Autore: michiyo1age    02/06/2014    2 recensioni
- “Valore” e “onore” sono parole vuote-
Così aveva detto Shikamaru e lei non poteva essere più in disaccordo. Non riusciva a dargli ragione neanche su congiunzioni, preposizioni o verbi: tutto quello che aveva detto era sbagliato. Cosa ne poteva sapere lui del valore, lui che era nato in una famiglia normale, con padre e madre normali, che viveva in un villaggio normale ed era figlio unico?
Nulla, non ne poteva sapere assolutamente nulla.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Scontrarsi contro un muro

- “Valore” e “onore” sono parole vuote-

Così aveva detto Shikamaru e lei non poteva essere più in disaccordo.  Non riusciva a dargli ragione neanche su congiunzioni, preposizioni o verbi: tutto quello che aveva detto era sbagliato. Cosa ne poteva sapere lui del valore, lui che era nato in una famiglia normale, con padre e madre normali, che viveva in un villaggio normale ed era figlio unico?

Nulla, non ne poteva sapere assolutamente nulla.

Per lui forse quelle parole tanto disprezzate potevano valere meno di zero, per lei significavano molto e tutto. Alla fine era solo un ragazzino che non sapeva dare alle cose il loro giusto valore: doveva ammettere di essersi sbagliata sul suo conto.

Si dice che in alcune coppie l’importante non è tanto andare d’accordo sulle piccole cose, ma sapere di condividere quelle grandi: beh, non era il loro caso. Quelle semplici e brevi parole dette con noncuranza durante una cena con gli amici le si erano stampate nella mente e si ripetevano come un mantra in ogni attimo di pace mentale.

Grazie a quell’affermazione le si erano effettivamente aperti gli occhi su chi fosse Shikamaru Nara e su come la loro relazione fosse stata solamente questione di divertimento. Null’altro.

Uno che la pensa così non può che essere un ragazzino ingenuo vissuto negli agi della sua casettina perfetta. Una persona adulta avrebbe capito e avrebbe saputo tenere la bocca chiusa.

Era logico parlare così, per lui che non aveva dovuto affrontare grandi problemi nella sua esistenza se non doversi alzare presto la mattina o andare a prendere il padre ubriaco fuori da un bar ormai chiuso.  Era nato nel ramo principale del suo clan, era figlio unico e per di più maschio: godeva di ogni privilegio senza aver dovuto muovere mai un dito. Tra l’altro suo padre non era stato una persona dalle grandi  pretese o aspettative, ma anzi, gli era bastato che il figlio crescesse intelligente, con u buon spirito di osservazione, giusto nelle sue decisioni e indipendente rispetto al pensiero e le chiacchiere della gente.

Troppo semplice la vita per quel moccioso. Non aveva mai avuto un pensiero nella sua vita. Non gli avevano chiesto nulla e lui non aveva mai dato nulla. Era logico che non capisse il significato di quella parole fondamentali. Era come uno di quei principini candidi candidi con la pelle delicata che svengono davanti alle atrocità del mondo.

Erano sì capaci di bei discorsi pieni di retorica e belle parole, ma di fatto si scontravano contro  il muro della crudeltà della vita come tutti gli altri, se non in maniera più rovinosa. Bambino ingenuo figlio dell’agiatezza.

Lei non aveva avuto la stessa educazione e sapeva quali  fossero le cose importanti della vita: conosceva e ne difendeva il valore, come era giusto che fosse.

Pur essendo la primogenita del Kazekage non aveva ricevuto alcun trattamento paticolare: ma non solo e di favore, di gentilezza. Sapendo di aver doppiamente deluso il padre lanciando il primo urlo, Temari non era cresciuta con il migliore dei benvenuti. Una donna come primogenita e per di più non compatibile con l’Ichibi, a cosa serviva?

La risposta: a nulla.

Fortunatamente il bebè seguente era stato un maschio che, anche se non compatibile con il Bijuu, avrebbe potuto ereditare le tecniche del marionettista tramandate a Suna da secoli. La bambina non aveva di certo abbastanza importanza per poter praticare quell’arte gloriosa. Il Kazekage l’aveva affidata a Baki che l’aveva istruita sull’Arte del Vento, insomma l’abc per un soldato semplice di quel Paese. Quando si era scoperto che Temari era una delle poche a possedere il chakra del vento, aveva sperato di poter in qualche modo dimostrare al padre quanto valesse, ma un’altra volta le sue speranza erano state disattese. In quel periodo il Quarto era troppo concentrato a seguire il suo ultimo e più grande esperimento: il terzogenito molto più pallido e gracile degli altri era risultato compatibile con Shukaku, ma dimostrava seri problemi nel gestire il demone.  Aveva sacrificato anche sua moglie per avere vedere un altro buco nell’acqua!

Fallimenti, fallimenti, fallimenti! Era circondato da fallimenti del suo stesso sangue, della sua stessa genia.

Eppure Temari era forte! Aveva sconfitto tutti quelli del suo anno, in missione non aveva mai riportato ferite e si era distinta per le sue doti analitiche e di stratega. Tutto questo, ovviamente, era passato inosservato agli occhi del padre, concentrato nel potenziare gli armamenti per non si sa quale motivo preciso. Proteggere il villaggio non era di certo la ragione visto che non aveva più alcun essere vivente caro da voler preservare essendo scomparsi ormai tutti. La moglie morta per causa sua, il cognato morto per suo ordine, il figlio minore, il suo più grande fallimento, ridotto ad un bimbo semifolle, il secondogenito relegato nell’ombra e la bambina, a cui non andava neanche un pensiero, erano coloro che avrebbero dovuto rientrare nella categoria “persone care” del Quarto Kazekage. Eppure tutto il giorno lo si vedeva in ufficio a soppesare bilanci, firmare cambiali e a parlare di provvigioni.

Una delle più grandi umiliazioni che Temari dovette soffrire fu quando compì 12 anni. Di solito, quelli del suo anno, partecipavano agli esami dei Chunin per poi diventare capisquadra ed evitare le missioni da recluta. E invece  no! Perché mai avrebbe dovuto partecipare agli esami, lei che era solo una ragazza?

Aveva dovuto aspettare che suo fratello Gaara, il più piccolo, avesse raggiunto l’età giusta per poter prendervi parte, in ritardo di tre anni rispetto a tutti gli altri come se fino ad allora non fosse stata all’altezza.

E poi era accaduto il peggio e aveva dovuto seguire quel progetto folle e autodistruttivo che Il Kazekage progettava da anni. Temari non desiderava la guerra, non avrebbe mai voluto mettere piede a Konoha eppure aveva obbedito agli ordini cercando di non fiatare.

Dopo la scomparsa di quell’ingombrante figura paterna era riuscita a dimostrare a tutti quanto valeva: grazie al suo valore, grazie alle sue fatiche e grazie alla sua costanza era riuscita a passare al grado di chunin e subito a quello di jonin.  A chi la scherniva dicendole che era riuscita ad arrivare così in alto solo perché sorella del Kazekage, faceva assaggiare il metallo del suo ventaglio. Aveva dovuto faticare anche dopo essere arrivata in cima, per gli esami dei chunin o per il suo ruolo di ambasciatrice e c’erano stati ancora individui che la chiamavano “Temari-san” mentre a suo fratello Kankuro si rivolgevano con il “-dono”.

Ma lei strenuamente non si era arresa e ora il trattamento che le riservato era uguale a tutti gli altri, senza pregiudizi o ingiustizie: il suo valore era stato conosciuto e riconosciuto.

Tutta una vita, anche se breve, spesa per quell’unico e solo obiettivo le sembrava una vita che valeva la pena di essere vissuta. È vero che non aveva mai avuto amiche o amici e, fatta eccezione per i suoi fratelli, tutti i rapporti che aveva con il mondo esterno erano di subordinazione. Non era uscita, non si era concessa molti divertimenti, ma piuttosto si era allenata e aveva ubbidito anche agli ordini più stupidi, crudeli o irrazionali.

Ora però tutti sapevano chi era e cosa era capace di fare Temari della Sabbia.

 

 

-Buongiorno Shikamaru-san-

Stava cercando di oltrepassarlo con molta disinvoltura quando venne tirata per il gomito: -“-san” ? Che c’è Tem?- Shikamaru aveva l’espressione divertita di chi è stato preso in giro.

-Nulla e ti prego di riferirti a me in maniera più appropriata la prossima volta- detto questo ritirò  il braccio con stizza e proseguì per la sua strada.

Shikamaru la guardò allontanarsi un po’ inebetito come se avesse visto un drago a tre teste, chiedendosi e richiedendosi  dove, come, perché e cosa avesse fatto di male per meritarsi un bentornato del genere. Ripassò nella propria mente tutte le volte che si erano visti durante la sua ultima visita a Konoha e constatando che, effettivamente, si era comportato in maniera più che decente, alzò le spalle e si diresse verso il suo ufficio momentaneo.

Probabilmente stava ingigantendo un’inezia, non ci sarebbe voluto molto per far pace.

L’ottimismo di Shikamaru si scontrò contro il muro dell’indifferenza che gli riservò Temari sia durante la cena tra colleghi sia l’indomani mattina alla riunione. Si era aspettato che lo venisse a trovare in camera come aveva fatto le volte precedenti, visto che le guardie non permettevano ad uno straniero di avvicinarsi in alcun modo agli alloggi di Kazekage e famiglia: invece era rimasto ad attendere due ore prima che il sonno sopraggiungesse nella triste camera che gli era stata assegnata.

Nel pomeriggio le si avvicinò di nuovo: -Seccatura, mi vuoi dire che hai?-

Ma la ragazza non si girò nemmeno continuando a controllare il verbale, seguendo le parole con la penna.

-Tem, non essere ridicola!- protestò.

-Vuoi ascoltarmi?- Era estremamente difficile cercare di attirare l’attenzione di qualcuno dovendo parlare a bassa voce.

-Temari-dono?- tentò.

A quell’appellativo, la jonin si girò effettivamente verso di lui e con cipiglio educato disse: -Hai bisogno di qualcosa?-

-Che tu smetta di fare la cretina-

-Non so di che cosa tu stia parlando- rispose pacatamente dando sporadiche occhiate al documento.

-Mi vuoi dire che sta succedendo?- Stava sinceramente cominciando ad arrabbiarsi e solo il fatto di dover sussurrare gli faceva montare ancora di più la rabbia.

Temari appoggiò la matita un po’ spazientita e lo guardò dritto negli occhi: -E’ finita. Ci siamo divertiti, è stato carino, ma ora è finita-

Non stava mentendo, glielo si poteva vedere negli occhi acquamarina. Non c’era traccia di tristezza, dibattito interiore o tutte quelle emozione che pareva giusto provare sentenziando una condanna del genere. Era naturale, pensava Shikamaru, di provare una qualsiasi emozione quando si troncava un rapporto, ma lui non percepì nulla.

Forse fu questo a bloccarlo in quel momento.

-Ah, ho capito- Si voltò velocemente e mormorò un veloce –Devo andare-

-Arrivederci- rispose Temari riprendendo da dove si era interrotta.

Shikamaru cominciò a percorrere velocemente i corridoi ancora indeciso su come classificare quello che gli era stato detto. Era stato inatteso e repentino e senza alcun minimo senso. Mentre usciva ul terrazzo si pizzicò leggermente il braccio, tanto per assicurarsi che non fosse davvero un orribile incubo. Si distese all’ombra e chiudendo gli occhi cercò di riordinare le idee: aveva bisogno di pensare, aveva bisogno di stare da solo, ma in realtà aveva solo il sacrosanto dovere di chiedere una spiegazione a Temari.

Perché nessun essere umano potrebbe pensare dire una cosa del genere e rimanere impunito pensando di aver sistemato la faccenda con quattro parole messe in croce. E che faccenda!

Ok, stavano insieme solo da poco tempo e non avevano parlato mai seriamente, avevano semplicemente  trascorso il tempo in reciproca compagnia seguendo metodi ricreativi più o meno vari e interessanti nelle ore libere,  per il resto avevano lavorato fianco a fianco in continuazione.

Ma di certo la loro storia non era così poco importante, o forse doveva dire era stata, da permettere di chiudere tutto in meno di un fiato. E poi aveva deciso tutto lei!

Andava bene quando era lei che decideva il ristorante, quando decideva cosa mangiare, quando decideva dove e come incontrarsi, persino quando decideva le posizioni, ma questo non glielo lasciava fare. Non era una questione di semplice orgoglio o di puntiglio, ma Shikamaru Nara non stava mai con qualcuno intanto per stare e, in effetti, non era mai stato con una ragazza fino all’arrivo di quella prorompente seccatura che ora non voleva avere niente a che spartire con lui. Che gli piacesse era ovvio, infatti i suoi sedicenti amici adoravano prenderlo in giro imitando i sorrisi ebeti che faceva quando Temari appariva nella stanza o per il suo dare buca se per caso era arrivata al villaggio. Quando poi partiva per missioni a Suna e aveva la poca intelligenza di riferirlo cominciavano a fare “uhuhuuuuu” supponenti davvero poco sopportabili. Ma non era solo quello insomma. Non era stato mai persona da pensieri troppo complicati, ragionamenti arzigogolati, ma più un uomo di fatti che quando capiva cosa voleva cercava di ottenerla, magari con il minimo sforzo, ma si impegnava. Che Temari gli fosse ormai indispensabile era logico se non naturale. Se non fossero stati a tre giorni di cammino l’uno dall’altra questa consapevolezza forse gli sarebbe arrivata con gli anni, ma lui conosceva bene lo stato del suo animo quando vedeva quel puntino sparire dall’orizzonte. Non le avrebbe permesso di andarsene giusta, o sbagliata che fosse la sua ragione.

Il giorno dopo fu lui ad ignorarla volutamente e senza troppa fatica visto che si incontrarono in un corridoio per pochi istanti, ma la voglia che lo assalì di prenderla ed affrontarla faccia a faccia gli vibrò in corpo per tutto il tempo. Non poteva di certo fare una scenata nel palazzo del Kazekage, ma  purtroppo sapeva che non poteva neanche chiederle civilmente di incontrarsi in un luogo più appartato perché era certo che lei non si sarebbe fatta alcun problema nel rispondere con il suo solito e categorico “no”.

L’occasione propizia arrivò quando, finita un’altra cena con i vari delegati, vide  Temari  uscire prima degli altri. Le lasciò qualche minuto di vantaggio prima di imitare il suo gesto, abbandonando il suo pasto a metà. Non gli fu difficile trovarla visto che dai tetti di Suna con una vista acuta e il chiaro di luna si può scorgere il singolo passante. La seguì per un pezzo senza capire dove si stesse dirigendo quando riconobbe la via che portava alle serre. Le piaceva guardare le piante ed accudirle nella calma della sera quando tutti erano andati a letto e poteva starsene da sola, qualche volta ci aveva portato anche lui per fargli vedere cosa era riuscita a far crescere a Suna.

In quei momenti abbandonava qualsiasi maschera avesse indossato e tornava ad essere Temari della Sabbia, quel suo lato genuino e vivo che tanto gli piaceva.

La vide sedersi per potare qualche rametto della pianta che le stava di fronte. Shikamaru si calò giù dal tetto  e senza far rumore aprì la porta dietro di sé:- Ti sei stufato di fissare la gente, Shikamaru? Sono una kunoichi, so quando qualcuno mi segue-

-Oh siamo tornati al “Shikamaru” normale. Ora che siamo soli non ti da più fastidio?-

Era davanti a lei che non riusciva questa volta a farsi interessare il terriccio come era stato per il verbale.

-No, è solo che è mia abitudine non portarti gran che rispetto- Cercò la paletta , ma fu bloccata da Shikamaru che le prese il polso.

-Che vuoi?-

-Una spiegazione- sibilò serio.

-Non c’è nulla da spiegare. Te l’ho già detto. Mi è piaciuto passare del tempo insieme a te, ma non è ragionevole protrarla oltre. Siamo di due mondi differenti, di due villaggi differenti e tu sei ancora un ragazzino- Si liberò con quello stesso gesto stizzoso che lo faceva imbestialire.

-Questa non mi sembra una spiegazione, mi sembrano solo cazzate- replicò l’altro senza muoversi di un centimetro.

-Ne dici tante anche tu sai?- E con questo Temari pensò di aver posto fine alla discussione, ma lui rimase  ad aspettare pazientemente una sua vera risposta. Aveva sempre odiato quel suo lato riflessivo, capace di persistere su una stessa cosa per tanto tempo anche quando questa aveva perso senso per tutto il mondo tranne che per lui.

-Perché sarei un ragazzino?- Poche volte nella sua vita qualcuno aveva osato rimarcare il fatto che era troppo ingenuo o inesperto, di solito tutti gli riconoscevano una certa maturità sia nel pensiero che nelle azioni. La prima tra tutte era stata proprio lei-

-Non ho voglia di parlarne. Te ne potresti andare?-

Lui rispose con un semplice “no”, ancora calmo e privo di quel nervosismo che stava per  prendere possesso di lei.

-Temari, guardami-

-Guardami Tem-

Ripeté con tono più basso quasi si fosse fatto uomo in un momento. Non ricordava di averlo mai sentito così e la cosa non le piacque per niente. Si alzò dandogli le spalle, maledicendosi per avergli permesso di seguirla. Avrebbe dovuto seguire il piano originale e non permettergli di avvicinarla più dopo aver messo la parola fine. Lo sapeva che sarebbe stato più difficile mantenere la risoluzione in un combattimento più lungo.

-Cosa vuoi?- sbraitò fissandolo ora con acrimonia –Sei un bambino! Hai capito? Un bambino! Hai avuto tutto senza chiedere nulla e questo ti ha fatto credere che quello che si ha lo si è ottenuto senza sforzo!-

-Ma di cosa stai parlando!?-

-Sto parlando del valore! Brutto cretino! Quello che tu tanto facilmente hai mandato alle ortiche!- alzò di nuovo la voce mentre l’altro rimaneva di quell’impassibilità fastidiosa che ti spinge a picchiare la persona che ti sta davanti pur di farle avere qualche reazione. Ma ora che Temari aveva iniziato non riusciva più a fermarsi come un fiume rompe gli argini a causa delle piogge continue. – Quello che tanto hai disprezzato, tu che non hai dovuto sudarti niente! Ti hanno sempre giudicato un genio, a me questo non è capitato, a me questo non è successo. Eppure non sono tanto più stupida di te e mi do molto più da fare! Questo non lo sai riconoscere e io non posso stare con uno che non l’ha ancora capito!- Terminò il discorso riportando il tono ad un livello normale, ma piccole lacrime di rabbia avevano fatto capolino dagli occhi altrimenti inflessibili.

“Non hai ricevuto l’allenamento per controllare le emozioni?”

Le parole di quella Temari distante nel tempo rimbombavano nel cervello di Shikamaru con potenza inimmaginabile. Capiva ora come era riuscita a troncare tutto con così tanta genuina sicurezza. Fece un passò verso di lei sempre tranquillo e parlò con voce leggera: -Per quanto sei dovuta star zitta?-

La ragazza non capì la domanda e lui diventa vasi faceva sempre più vicino quasi come un’ombra in un incubo, sempre meno ragazzino fannullone  e sempre più uomo: la faceva innervosire. Non si era preparata ad una sensazione del genere, non aveva mai immaginato che lui l’avrebbe potuta causare.

-Lo sai che tu, facendo così, ti sei avvelenata l’animo anche contro di me che non ti avevo fatto niente? Dimmi, Temari, sei forse invidiosa di quello che ho avuto?- Sembrava triste e forse un po’ malinconico, ma Temari continuava ad indietreggiare: non voleva sentire le sue ragioni, non ne aveva bisogno.

-Non dire assurdità. Non c’entra nulla l’invidia, odio il fatto che tu le abbia avute, ma non ne sai riconoscerne il valore. Dovresti esserne grato, il preferito di Tsunade solo per essersi arreso in un combattimento. Io ho dovuto accettare una guerra per dimostrare quanto valessi-

-Il valore di cui parli tanto non è proprio nulla-

-Non è vero!- ribatté ritrovando la voce e la rabbia, ma allontanandosi sempre fino ad arrivare alla parete della serra, preferendo porre fine a quell’inutile scambio di parole. –Sei tu che non lo capisci! Io ho sputato sangue per essere riconosciuta da tutti per quel che valgo, per quel che ho fatto. Un figlio di papà come te non lo può capire!-

Cercò di spingerlo lontano, ma Shikamaru le afferrò i polsi  guardandola  in faccia e, questa volta con rabbia, l’attirò a sé, ma Temari fece resistenza.

No, non poteva credere che con un abbraccio e un bacio  tutto si sistemasse così da nulla come per magia. Ma il cuore, sempre traditore, aveva cominciato a rimbombare nella cassa toracica, gli occhi si era sgranati e il respiro non era più lo stesso. Chiuse gli occhi per riguadagnare l’equilibrio, ma Shikamaru la scosse leggermente.

-Non allontanarti da me, non ce n’è  bisogno-

Scosse la testa, cercando di ricacciare l’emozioni che non volevano andarsene, volevano stare lì dove era diventati forti, più che in qualsiasi altro posto. Accanto a lui.

Ma non poteva, non poteva vivere vicino a lui. In una vita dove tutto sembrava leggero e poco importante. Passare il tempo con lui sembrava cancellare il motivo per il quale si era data tanto da fare. Se valore e onore erano parole prive di significato per che cosa aveva combattuto fino a quel momento?

-Tem, io…-

-Lascia perdere, tu non puoi capire-

-Ma cerca di spiegarmelo! Non puoi pretendere che io sappia tutto così dal nulla! Se ho sbagliato, se sbaglio voglio capire il perché, chiudere tutto può sembrare la cosa più veloce, ma anche la più stupida perché io ci sono dall’altra parte di quella porta-

-Io volevo  solo che papà capisse…che tutti capissero…che io sono forte- sussurrò quasi spaventata di dire la verità per una volta. Non l’aveva mai detto a nessuno e perché mai in quel momento le erano uscite quelle parole?

-Ma io so che lo sei- rispose in tono accondiscendente, accarezzandole la testa.

-Volevo che mi guardasse- disse ringhiando la sua rabbia. –Volevo che tutti vedessero chi ero e che cos’ero capace di fare. E ho fatto di tutto per dimostrarlo. Di tutto-

Shikamaru alzò il viso di quella porta seccature di professione: aveva gli occhi rossi di chi pur di non piangere se li farebbe togliere.

-Questo lo so, posso non capirlo, ma lo so. Non saresti quella che sei. Ma si può sapere cosa c’entro io in tutto questo?-

-Ci hai sputato sopra. Ai miei sforzi, ci hai sputato sopra.-

-Non ricordo di aver fatto nulla di simile-

-Quella volta al BBQ hai detto che valore e onore non significano nulla- fu stupita di vedere uno sguardo dolce in risposta, si aspettava almeno delle scuse. –Non è uno scherzo!- lo spinse, ma Shikamaru la riacciuffò subito guardandola dall’alto di quei pochi centimetri, stringendola  sé.

-Giuro, Temari, se fosse stato uno scherzo non ti avrei detto quelle cose prima. Solo che voi di Suna siete proprio solenni eh…No, no, non arrabbiarti!- aggiunse subito rafforzando la presa –Era un’innocente chiacchierata con gli amici al bar, non avrei mai pensato di dovermi difendere. Nella vita normale il valore che viene attribuito alle cose e l’onore di una persona sono spesso decisi su cose inconsistenti vecchie di secoli e incongruenti. Non parlavo del valore in quanto shinobi-

-Non si posso separare le due cose- ribatté quasi fosse una bambina.

-S^ invece. Chi ti ha detto il contrario?-

-Mio padre-

-Beh Tem, permettimi di dirlo,  tuo padre non è l’esempio migliore di educatore. Il mio sciagurato di padre invece, si beveva litri e litri di sakè impunemente, veniva sgridato da mia madre neanche fosse un bambino e rimaneva ore a dormire in veranda, eppure queste cose non hanno mai influito sul suo valore come shinobi-

Non la chiamava seccatura per puro caso. Non faceva mai le cose per puro caso dopotutto. Per quanto Temari fosse ormai una donna e una persona migliore di lui, mancava sempre un po’di senso umano per quanto riguardava i rapporti tra le persone. Trovava difficile separare i due mondi quello del ninja e quello civile  e solo all’inizio si poteva ancora stupire del divario tra la ragazza che accudisce le piante e la kunoichi che spezza la schiena al suo avversario. Non le avevano mai insegnato ad essere una persona, ma solo un soldato, l’umanità l’aveva trovata lei spontaneamente. Era questo uno dei suoi migliori pregi secondo lui.

Le accarezzò la guancia per poi stringerla a coppa. La sensazione di proteggerla lo inebriava così tanto che si stupì, come si sorprese delle parole che gli uscirono dalla labbra: -Lo vuoi capire che non è ciò che hai, ma ciò che sei che le persone amano di te?! Che io amo di te! Non importa se non sei la migliore kunoichi del mondo e neanche se riesci riempire moduli e moduli in poco tempo, non importa se distruggi una foresta con un semplice gesto o se tutti ti rispettano, io ti amo per quello che sei, ovvero una stupida seccatura testarda che quando si mette delle stupide cose in testa, non la si riesce a far ragionare-

Vide la testa ricciuta nascondersi nel suo petto e da quell’ammasso informe di capelli biondi provenì: -Sei un cretino-

-E ora che ho fatto?- si lamentò sorridendo.

-Mi hai appena detto che ami, scemo-

La lasciò andare solo per riuscire a guardare quel viso tanto seccante: –Capisco il tuo punto, amare una piaga come te equivale alla pena capitale- incassò il pugnetto sulle costole –Ma potrai sopravvivere-

-Non l’aveva mai fatto nessuno magari è contagioso-

-Lo spero- ghignò circondandole i fianchi.

-Ma non basta quello che hai detto- continuò piccata.

-Non ti basta  essere amata da me?- le chiese sorridendo e baciandola dolcemente. Le mise le mani trai capelli, portandola sempre più ad approfondire il loro contatto.  Temari voleva staccarsi, voleva lasciarlo andare e controbattere cercare di vincere e fargli capire il suo punto, ma poi sentì le mani nei capelli, la lingua sulle labbra e si chiese se per un momento poteva anche lei provare a dividere quei due mondi di cui aveva parlato.

Quando si staccò, sorrise con un po’ di strafottenza come era suo costume.

-Solo da te?- inarcò il sopracciglio.

-Ma smettila seccatura!- e la baciò nuovamente, conscio che  con quella sua ultima brillante mossa non se la sarebbe staccata per molto, molto tempo.

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Buongiorno buongiorno!

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ShikaTemaday

   
 
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