Draco era lì, in piedi sul ponte. 
Guardava giù, oltre il fiume profondo e vedeva una nuova vita, migliore. 
Una volta suo padre gli aveva detto che suicidarsi era meschino, privo di senso e da vigliacchi. 
E lui lo era, Draco di sentiva in tutto e per tutto un vigliacco.
Sentiva il rumore dell’acqua sotto di lui, tremava di paura.
Si sedette sul bordo, i piedi a penzoloni nel vuoto.
Pensava. 
Ripensò alle scelte fatte, alle occasioni mancate, alle posizioni non prese. 
E si mangiava le mani. 
C’erano tante di quelle cose che avrebbe potuto fare ma che non aveva avuto il coraggio di mettere in atto. 
Pensò ad Harry Potter e ai suoi amici,  a quanto gli avevano rovinato la vita.
No, era da sciocchi pensare che fosse stata colpa loro, era lui che aveva fallito e la colpa era solo sua. 
Pensava a sua madre, spentasi nella malattia. 
Lui le voleva bene e le era stato accanto fino a quando neppure lo riconosceva più. 
Pensava a suo padre, ucciso da qualcuno a cui, tempo addietro, aveva fatto del male. 
Pensava a sua moglie, portatagli via dopo pochi anni di vita insieme  dalla fatalità di un fottuto incidente d’auto. 
Lei, una strega così brillante. 
Lui amava Astoria più di ogni altra cosa. 
Era tutto per lui, ed ora che non c’era più, Draco non aveva ragione di vivere. 
Certo, c’era Scorpius, così diverso dal padre. 
Così buono. 
Così felice. 
Il giovane si disse che suo figlio se la sarebbe egregiamente cavata da solo. 
Era migliore di lui, dopotutto. 
Chi non lo era?
Si guardò intorno e decise, fece un passo davanti a sé, nel vuoto. 
Con quel coraggio che tanto gli era mancato in vita prese la sua decisione. 
Non un esitazione, 
non un gemito. 
Solo silenzio, fuori e dentro l’anima di Draco Malfoy che si era dimenticato perché valesse la pena vivere.
Così morì, solo come aveva vissuto, sul ponte dove la sua donna si era imbattuta nella morte senza speranza di resurrezione.