Non lasciarmi
In
casa, quella notte, regnava un silenzio assoluto. Neanche il respiro di
Elisabeth, leggero tra le coperte, contrastava la calma e la pace che in quel
momento si erano instaurati nella stanza.
Fuori
la luna dominava il cielo schiarendolo in maniera assoluta. Per la strada,
nonostante fosse notte fonda, qualcuno camminava a passo lento, quasi
zoppicando. Si stringeva nello scuro cappotto invernale e di tanto in tanto
tossiva. La via era sgombra di macchine e la figura ne approfittò per
attraversare dall’altro lato della strada, percorrendo il marciapiede grigio
illuminato soltanto dalla luce fioca di un lampione e come sfondo una distesa
di stelle. Al passaggio di un auto con
all’interno dei ragazzi che ridevano, si aggiustò meglio il cappellino sulla
testa, portando gli occhi alle scarpe.
Il
periodo invernale era il preferito di Elisabeth. Amava la neve, le lucine
colorate a Natale, le nuvole di vapore che uscivano dalla bocca delle persone
per le temperature rigide e anche i grandi maglioni, i guanti e le sciarpe. Era
il classico periodo che le trasmetteva pace e tranquillità. L’unico e il solo
periodo in cui riusciva ad addormentarsi tranquillamente avvolta dalle calde
coperte e in compagnia di un the caldo. Una cosa che, nel resto dell’anno,
accadeva raramente. Nessuno sa quante nottate aveva passato nel letto con gli
occhi sbarrati e mille pensieri nella testa. Per non parlare delle occhiaie le
mattine successive e l’aspetto da zombie al
quale si era lentamente rassegnata.
Ma l’inverno
no. Era speciale, in qualche modo. Forse per le feste o per l’ultimo dell’anno
nel quale si passava oltre tutto ciò che era
successo durante gli ultimi dodici mesi e si ricominciava a sperare in qualcosa
di nuovo.
Elisabeth,
la notte di capodanno, circondata da persone che contavano ad alta voce gli
ultimi secondi dell’anno, aveva chiuso gli occhi e aveva espresso un desiderio.
Lo faceva sempre. Era stata la nonna Amelie a
darle questa sorta di tradizione. Un battito di ciglia, un pensiero, ed era
fatta.
Aveva
sempre desiderato cose diverse a partire dalla bambola
che le piaceva tanto e che mille e mille volte si era fermata a guardare da
dietro una vetrina nei giorni di Natale oppure quando a quindici anni si era
posta l’obbiettivo di finire la scuola con il massimo dei voti.
Non
sapeva esattamente che cosa succedeva. Probabilmente erano solo stati l’impegno
e la dedizione a portarla fino a quel punto, ma l’unica cosa che sapeva era che
qualche tempo dopo per il suo compleanno aveva ricevuto la bambola dai riccioli
d’oro che tanto aveva sognato. E dopo, durante l’adolescenza, aveva finito
l’anno scolastico con i voti più alti dell’intera classe.
Non le era mai importato molto del motivo per cui quelle
cose accadessero davvero, ma lei ci credeva e basta. Non si poneva troppe domande su quella parte di vita che tanto
l’aveva resa felice.
Il
silenzio, ad un tratto, venne spezzato. Un
rumore stridulo e fastidioso, si insinuò
nelle orecchie della ragazza interrompendo il suo sogno.
Si passò le mani sul volto, tornando alla realtà. Il
campanello di casa stava suonando ininterrottamente come se qualcuno ci si
fosse appoggiato sopra.
Scese
le scale arrivando al piano di sotto subito dopo aver indossato un maglione
color panna sopra al pantalone della tuta che usava per dormire.
Guardò
dallo spioncino, cercando di capire chi ci fosse dall’altra parte ma la persona
che la stava cercando era appoggiata alla porta impedendole la visuale.
Con
estrema cautela aprì la porta e il campanello smise di suonare.
Di
fronte a lei un ragazzo dal viso coperto da un cappellino da baseball, si
stringeva nel cappotto scuro per proteggersi dal freddo pungente della notte.
Elisabeth fece un passo indietro, riconoscendo lo stemma posto sulla visiera
del cappello.
<<
Che ci fai qui?>> chiese d’istinto, senza neanche accorgersi di avere la
voce ancora impastata dal sonno.
Il
ragazzo, sentendosi interpellato, alzò il viso che alla luce della casa si
rivelò coperto di sangue. L’occhio destro completamente rosso e cerchiato da un
alone tendente al viola, il sopracciglio sporco di sangue ormai secco e il
labbro da cui scivolava un rivolo di sangue ancora fresco. Il viso contorto in
un’espressione di dolore e lo sguardo che chiedeva aiuto.
<<
Cosa ti è successo?>> la ragazza avvicinò la mano al viso di lui che però si scostò involontariamente. Era scioccata e allo stesso tempo impaurita dalla vista del
sangue.
<<
Entra>> gli disse allora, facendosi da parte e chiudendo la porta alle
loro spalle. Si accorse subito che stava zoppicando e gli circondò le spalle
con un braccio, sorreggendolo. Lo accompagnò fino al divano, dove si sedette
con non poca difficoltà.
<<
Come ti senti?>> fu l’unica cosa che riuscì a chiedere. Era una domanda
stupida, e in fondo lo sapeva, ma sperava tanto di essere ancora dentro ad un
sogno appena trasformato in incubo.
Il
ragazzo la guardò con il dolore dipinto in volto e la corazza di
orgoglio ancora addosso. << Non è così grave>> sussurrò.
Elisabeth,
come se fosse uscita da uno stato di trance, scattò in piedi. << Vado a
prendere il disinfettante.>> disse percorrendo
il corridoio fino al bagno dove rovistò accuratamente dentro ad ogni armadietto
in cerca di cerotti e qualunque cosa le sarebbe potuta essere di aiuto.
Nel
salotto intanto, il ragazzo aveva poggiato la testa all’indietro contro il
tessuto morbido del divano. Quando la ragazza tornò, lo vide voltarsi verso di
lei in silenzio.
<<
Fa molto male?>> chiese a quel punto lei, tamponandogli con del cotone il
sopracciglio. Si era seduta accanto a lui e con cautela lo stava medicando.
<<
Non molto.>> sussurrò a sua volta lui, quasi
sovrappensiero.
Lei
annuì, continuando il suo lavoro. Nella casa, nonostante i due ragazzi, regnava
il silenzio.
Probabilmente
entrambi non sapevano come comportarsi o più probabilmente erano troppo
testardi per fare la prima mossa.
Una
volta finito di posizionare l’ultimo cerotto
i due rimasero a fissarsi per qualche secondo. Lei con
la mano a mezz’aria tra il viso del ragazzo e il suo e lui con gli occhi
titubanti quasi non sapendo cosa fare.
<<
Preparo un caffè!>> esclamò allora lei, alzandosi piano.
<<
Non lo voglio il caffè.>> disse in tutta risposta lui, afferrandole un
polso per farla voltare. << Non mi piace.>>.
Allo
scatto però, il suo viso si contorse in una maschera di dolore. Istintivamente
portò subito la mano al fianco sinistro ancora coperto dal giaccone invernale.
<<
Che cos’hai?>> Elisabeth si avvicinò scostando la sua mano e alzando
immediatamente la maglietta bianca e fin troppo leggera per quel periodo
dell’anno, dall’addome del ragazzo.
<< Zayn…>> le parole le morirono in gola. La pelle
ambrata del moro riportava tre lunghi tagli all’altezza del fianco.
Quella
pelle che tanto aveva bramato e che tanto aveva amato ora era ricoperta da un
lieve strato di sangue.
<<
Lascia stare. Sto bene.>> la scansò lui, brusco.
<<
No.>> affermò lei sicura anche se le sembrò di
sentire la sua voce tremare. Gli occhi le pizzicavano. Com’era possibile?
Perché proprio a lui? Cosa aveva fatto?
Mille domande le vorticarono in mente facendole mancare per un attimo il
respiro.
<<
Devi farti vedere da un dottore.>> disse poi, in
un attimo di lucidità.
<<
Va tutto bene. Non sono profondi.>> la rassicurò
lui.
<<
Guardati!>> urlò Elisabeth con le lacrime che ormai non riuscì più a
trattenere.
<<
Non è niente, Beth. Mi hanno fatto
cose peggiori.>> Zayn prese del
disinfettante e pulendo il sangue in eccesso le fece notare che erano davvero
solo dei tagli superficiali.
<<
Aiutami, va bene? Prendi delle bende.>> le disse
poi, incoraggiandola.
Elisabeth,
asciugandosi le lacrime fece ciò che le era stato detto.
<<
Va tutto bene.>> ripetè nuovamente Zayn accarezzandole i capelli quasi
impercettibilmente.
La
ragazza socchiuse per un momento gli occhi in preda alla stanchezza e allo
shock di quello che aveva visto. Il tocco leggero di lui sulla guancia la fece
tornare alla realtà.
<< Tutto bene?>> le chiese e a lei per un
momento venne da ridere.
<< Dovrei chiedertelo io.>> gli fece notare,
scostando il viso e sfuggendo dalle sue mani.
Aveva
bisogno di riflettere. Da sola, in silenzio nel vortice
dei suoi pensieri. Ma non lo avrebbe
mandato via, non in quelle condizioni.
Si
alzò dal divano sotto lo sguardo di lui. <<
Dove stai andando?>>
<<
Puoi rimanere qui stanotte. Ti prendo delle coperte.>>
Zayn scosse
la testa. << Non preoccuparti, vado a casa.>>
e dicendo questo si mise in piedi. A vederlo così sembrava davvero messo male
ed Elisabeth si chiese per l'ennesima volta come avesse fatto a ridursi così,
oppure chi lo aveva fatto a lui.
<<
Non è il caso. È tardi e nelle tue condizioni non puoi uscire.>> Si sentiva una mamma iperprotettiva a fare così e
sapeva benissimo che lui stava pensando la stessa cosa.
<<
Sono arrivato fin qui a piedi con la faccia sanguinante, credi davvero che non
sarei in grado di tornare a casa mia?>> un sorriso beffardo gli
illuminava il volto. Era lo stesso ragazzo orgoglioso di sempre e a lei quella
sera non andava di stare ai suoi punzecchiamenti. Era stanca e anche se non
voleva ammetterlo a se stessa, anche un po' preoccupata.
<<
Fai come preferisci.>> disse allora dirigendosi verso il piano della
cucina su cui si mise a preparare del caffè. Non le importava se a lui non
piaceva o se avesse intenzione di rimanere a dormire sul suo divano o di
andarsene a casa nel bel mezzo della notte, era soltanto sicura del fatto che
una volta coricata a letto, non avrebbe chiuso occhio per molto tempo.
Accese
il fornello e posizionò la caffettiera sul
fuoco, poi si voltò verso il salotto dove Zayn osservava
con cura le foto appese alla parete con una mano sul fianco dove giacevano i
tagli.
Il
ragazzo passò in rassegna tutti i componenti di
una grande fotografia. Due bambini che si tenevano per mano in un prato verde
ai piedi di una grande casa bianca.
<<
Siamo io e Mark.>> il ragazzo sussultò
appena al suono di quelle parole. Elisabeth era qualche passo dietro di
lui e teneva in mano una fumante tazza di liquido scuro. Nonostante non gli piacesse, quell’odore aveva scaturito in lui una
irrefrenabile voglia di qualcosa di caldo da mettere sotto i denti. Era da quel
pomeriggio che non mangiava nulla.
Portò
nuovamente lo sguardo alla parete e sorrise. << Avrei dovuto immaginarlo.
I riccioli castani sono proprio i tuoi.>> Si voltò a guardarla un solo
istante. << Ma ti ostini apiastrarli continuamente.>> scosse la testa.
La
ragazza avrebbe voluto ribattere ma ovviamente stette in silenzio. Era sempre
stato lui l’unico a dirle che con i capelli ricci e naturali stava benissimo.
<<
Spero che il divano non sia troppo scomodo nelle tue condizioni.>> disse
allora, poggiando accanto al cuscino delle coperte. << Nel caso tu decida
di restare, di qualunque cosa tu abbia bisogno, sai dove trovarla.>>
Si voltò nella direzione opposta, verso le scale. << Io sono molto stanca
e credo che andrò a dormire. Fa come se fossi a casa tua.>>
A quelle ultime parole rimasero entrambi in silenzio. Non avrebbe potuto dire
cosa più sbagliata. Dopo qualche istante la ragazza aprì la bocca per dire
qualcosa ma la richiuse subito dopo, forse
era meglio non aggiungere altro. Il ragazzo, d’altro canto, non la pensava allo
stesso modo.
<<
Prima che tu vada a dormire vorrei
parlarti.>> disse facendole segno di tornare indietro fino al divano.
Elisabeth esitò. Da una parte sarebbe corsa da lui con le orecchie tese dalla
curiosità e dalla voglia di sentirlo parlare ancora con quel tono speciale che
rivolgeva solo a lei, dall’altra sapeva esattamente come sarebbe andata a
finire quella storia. Lei che si preparava per andare a letto e lui che usciva
per non tornare più.
<<
Ti prego.>> Aveva un tono di voce basso, quasi supplicante.
Probabilmente doveva essere frutto delle sue
condizioni fisiche, la stanchezza e tutto il resto. La ragazza annuì e si
sistemò sul divano con la tazza di caffè ancora tra le mani.
Zayn si
stava torturando le mani, probabilmente stare in
piedi tutto quel tempo non gli faceva bene ma testardo com’era, Elisabeth
decise di non farglielo notare.
Dopo
qualche istante di silenzio, finalmente parlò. << Scusa.>> la voce flebile, quasi un sussurro. La ragazza
sbarrò gli occhi, sorpresa. Si sarebbe aspettata tutto,
ma mai che dalla sua bocca potessero uscire quelle parole. << Scusami se
me ne sono andato. Scusami se ti ho lasciato da sola. Scusami se quella sera
sono uscito di casa per andare a bere una
birra con gli amici e non sono più tornato. Scusa se non ti ho detto tutto
questo molto tempo fa. Scusami.>> aveva gli
occhi lucidi e la voce tremante. Elisabeth rimase in silenzio, la tazza le era
scivolata lentamente dalle mani e il liquido ormai bagnava il tappeto accanto
al divano.
<<
Ti giuro che se solo avessi saputo di non avere abbastanza tempo, ti avrei
detto tutto questo molto tempo prima.>> Il
ragazzo non ebbe il tempo di continuare la frase che Elisabeth gli si fiondò
contro, abbracciandolo. Zayn la strinse
forse al suo petto accarezzandole i capelli. << Non lasciarmi.>> aveva detto lei.
Non
la avrebbe lasciata andare, non poteva permetterselo. Avvicinò la sua bocca
all’orecchio della ragazza. << Ti amo, Elisabeth.>>.
La
voce risuonò come un eco nella mente della ragazza. Un eco che pian piano
andava a dissolversi fino a cessare.
Quando
aprì gli occhi, una mano le toccava la spalla, chiamandola delicatamente.
Si portò le mani al viso, notando che era bagnato dalle
lacrime. Corrugò la fronte mentre un altro singhiozzo la fece sussultare.
<<
Va tutto bene, tranquilla.>> accanto a lei la
sua migliore amica le sussurrava frasi confortanti mentre tutto cominciava a
schiarirsi nella sua mente. Si tirò su a sedere composta sulla sedia su cui
evidentemente doveva essersi addormentata. << Hai fatto un brutto sogno,
nulla di grave.>>
Le
pareti bianche da cui erano circondate e il classico odore apatico la fecero tornare alla realtà molto più in fretta di
quanto pensasse. Un via vai di gente occupava il corridoio rendendo l’aria
soffocante. << Ci sono novità?>>
chiese allora.
Marian sorrise.
<< Si è svegliato.>>
Elisabeth
si alzò velocemente dalla sedia senza contare le gambe intorpidite dal sonno.
Raggiunse la stanza in fondo al corridoio ed entrò senza bussare.
Un
dottore, intento a visitare il proprio paziente, si voltò immediatamente nella
sua direzione. <
Ma a
Elisabeth non importò. Rimase a guardare il ragazzo disteso nel letto fino a
quando i loro occhi non si incontrarono.
<< Beth.>>
sussurrò. Lei sorrise mentre le lacrime cominciarono a rigarle nuovamente il
volto. Il dottore controllò velocemente una cartella e
poi uscì lasciandoli finalmente soli.
La
ragazza si avvicinò al letto. Lui le prese una mano e sorrise. Sembrava sereno,
nonostante tutto. Il viso, nonostante fosse coperto da alcuni cerotti, sembrava
essere abbastanza a posto.
<<
Mi dispiace.>> sussurrò lui, stingendole la
mano. << L’altra sera, mentre andavo al bar dai ragazzi, una macchina mi
ha tagliato la strada e…>>
<< Shh…>> Elisabeth sorrise lievemente. <<
Non preoccuparti.>> Era contenta. Nonostante quel letto, nonostante i
tagli e i cerotti, nonostante il sogno, lei si sentiva felice. Anche solo per
poterlo toccare, per potergli dire tutto
quello che, come aveva detto lui in sogno, non aveva avuto il tempo o il
coraggio di dire ad alta voce.
<<
Ti amo, Elisabeth.>> sorrise nonostante una fitta di dolore gli
attraversò il corpo.
<<
Ti amo.>> ripetè lei
mentre si avvicinava per dargli un lieve bacio sulle labbra. Non voleva farlo
muovere o rischiare di farli male. <<
Promettimi solo una cosa, okay?>> lui annuì. << Non lasciarmi.>>
La
stretta delle loro mani si fece più forte e i loro occhi non persero il
contatto mentre il ragazzo si accingeva a parlare. << Mai>>.
Spazio autrice
Salve a tutti! Eccomi qui con una nuova one shot!
Che ne pensate? E’ un po’ triste in
realtà, però era da tanto che avevo questa storia in mente e finalmente ho
deciso di pubblicarla.
Spero che i personaggi vi piacciano e di
non aver sbagliato finale. Devo essere sincera, non sono completamente sicura
di come è finita questa storia, ma spero vi
piaccia.
Lasciatemi un vostro parere, se vi va.
Alla prossima, Ariel_me.