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Autore: Ylianor    02/06/2014    4 recensioni
In una serata particolarmente più stressante di altre, il Capitano ed il Capo Ingegnere dell'Enterprise sono colti da una stessa idea per scaricare un minimo lo stress e si incontrano così inaspettatamente sul ponte 3, esprimendo i rispettivi crucci su quanto i paradossi temporali abbiano segnato le rispettive esistenze.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James T. Kirk, Montgomery Scott
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers: i personaggi sono creazione di Gene Roddenberry. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

~° La Metafisica dello Scotch °~

Il ponte di osservazione era vuoto quella sera, come aveva sperato.
Il capitano sedeva ad un tavolo spalle alla porta, un bicchiere ancora integro in una mano, ad osservare le stelle.
Gli eventi si erano susseguiti in maniera così frenetica dal suo risveglio che aveva avuto poco tempo per se stesso e forse questo era un bene: in realtà il silenzio era un po’ troppo rumoroso ultimamente.

Così, sulla carta, vi era stata un incredibile ripresa dopo la cattura di Khan: l’Accademia e parte di San Francisco era in piena ricostruzione, la Federazione aveva iniziato un indagine molto approfondita per verificare l’estensione dell’infiltrazione della Sezione 31, a lui era stato persino riassegnato il comando dell’ammiraglia della Flotta, con l’equipaggio di fatto immutato nei membri essenziali.
Insomma, era nuovamente il re nel suo guscio di noce che vagava nello spazio infinito: tutto perfetto… se non fosse per i brutti sogni [1].
In effetti non faceva un sonno decente da allora (salvo quando era stato sedato a scopo cautelativo da Bones, ma quei giorni di ospedale erano stati uno strazio a cui preferiva non ripensare). Non aveva parlato a nessuno dei suoi incubi ricorrenti, ma ormai era davvero raro che non si svegliasse in piena notte con il fiato corto e totalmente sudato come in preda alla febbre.
In genere a risvegliarlo era sempre la stessa parte del sogno: si guardava allo specchio, e vedeva riguardarsi da una versione di sé totalmente in ombra, di cui riusciva a distinguere solo due occhi ghiaccio dall’espressione feroce.

Khan.
Scosse la testa, scacciando quel pensiero irrazionale.
Lui non era Khan.
Per quanto le sue conoscenze di psicologia fossero senz’altro più limitate di quelli di un professionista come il dottor McCoy, conosceva benissimo le molte patologie che potevano seguire un trapianto di organo: di sovente i pazienti sviluppavano nevrosi convincendosi che l’organo trapiantato potesse depauperarli della loro identità, portando con sé parte della psiche del donatore.
Ma nel suo caso oggettivo era persino eccessivo parlare di “trapianto”: si trattava di una pura e semplice trasfusione.

Errato, Jim.
Una semplice trasfusione non riporta in vita la gente!
Questo accade solo nelle storie di vampiri di Anne Rice…
“E quella non è vita… è non morte!” Precisò tra sé caustico il giovane capitano, reclinando la testa all’indietro. Gli tornò alla mente un vecchio film della fine del XX° secolo che avevano dato al cineforum di bordo qualche tempo addietro, Intervista col Vampiro. Se ben ricordava il protagonista, Louis, era stato portato alla soglia della morte e poi forzato a scegliere tra una lenta morte per dissanguamento ed una promessa di vita eterna dal vampiro Lestat.

“Ora si che stò sragionando! A parte che… vampiri, Jim!? E poi qui nessuno mi ha forzato a fare niente: è medicina e basta.” Si rimbrottò con un tono di voce che gli suonò stranamente simile a quello di Bones.
Sbuffò sul suo whiskey, buttandone giù un sorso, mentre l’amaro del dubbio si faceva strada tra il retrogusto di tabacco dell’alcool: in effetti, mica l’aveva chiesto lui di essere resuscitato? E col sangue di Khan, per giunta…
Scosse la testa, cercando di ritornare con i piedi saldi per terra. Prese inoltre un appunto mentale per evitare future polemiche: mai più usare il termine «resurrezione» davanti a Bones, pena tre ore di discussione sul concetto di vita, morte e criostasi clinica.
“Tutto ciò che vive deve morire, passando dalla natura all'eternità.” [2] Citò.
Lui, però, aveva saltato un passaggio ultimamente; suo padre era stato più onesto, nel suo atto di eroismo.
 
 
Una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare. “Un uomo che parla al suo whiskey –ammesso voler chiamare così quella robaccia– già a quest’ora deve prendere in seria considerazione di andare a dormire, Capitano… a meno che non sia uno scozzese, ovviamente”
Riconoscendo l’accento ancor prima delle parole, Jim aveva un ghignetto divertito stampato in viso quando si voltò a fronteggiare il sorriso sincero di Scotty. “Signor Scott.” Salutò.
Dunque non era l’unico insonne quella sera. Anche il suo capo ingegnere, che lo fissava con gli occhi stanchi ma ancora brillanti di un espressione furba nella penombra del ponte a quel ora, sembrava condividere lo stesso problema.
Come probabile cura, aveva con sé una bottiglia ed un bicchiere, e probabilmente si aspettava anche lui di trovare il ponte deserto a giudicare dall'espressione impacciata; doveva aver a lungo meditato su se disturbare il Capitano o meno.
Personaggio simpatico, il capo ingegnere.
Jim gli fece cenno di sedersi. “Ammetto che non è proprio un ottimo indice di sanità mentale! Se vuole unirsi a me, forse sembrerò meno pazzo. E, si, il replicatore non fa miracoli con il whiskey.”.

“Oh, lo dice a me che sono stato relegato per una vita su una specie di prigione di ghiaccio! Le scorte si esaurivano subito, e per quel che riguarda la possibilità di dialogo le assicuro che Keenser non è molto più loquace del suo bicchiere!” Scotty rise, rilassandosi, e si accomodò spalle alle stelle versandosi un bicchiere ed alzandolo verso l’altro occupante del tavolo.
“Slàinthe Mhath!” Augurò.

“Slàinte mhor agad.” Ricambiò Jim allargando il suo sorriso. Era stato qualche tempo in Inghilterra durante il secondo anno di accademia, e ricordava qualcosa di gaelico da amici irlandesi e scozzesi.
Scotty si illuminò. “Ma chi l’avrebbe detto!” Ammise compiaciuto con solennità. “Il nostro Capitano è un cultore! Direi che quando ha finito quella brodaglia replicata si è guadagnato il diritto di provare un sorso di questo nettare.”
“Si vede che sono fortunato a scegliermi le amicizie…” Replicò Jim: ricordava ancora quando aveva trovato fortuitamente il capo ingegnere su Delta Vega.
Il migliore acquisto che un Capitano potesse volere sulla propria nave.
Il capo ingegnere lo guardò di sottecchi per qualche istante, come per valutalo, agitandosi nervosamente sulla sedia. Ad un certo punto, forse rendendosi conto di aver taciuto per troppo, buttò giù il bicchiere versandosene subito un secondo. “Ehm… tutto bene, Capitano?” Chiese, esitante. “I suoi mi sembravano discorsi un po’ cupi persino per il turno gamma.”

Il capitano ci rifletté un attimo prima di rispondere: dopotutto, il suo dovere era mostrare una facciata inattaccabile per dare l’esempio al suo equipaggio. Non poteva crollare come un castello di carte a pochi mesi dal varo della nave. “Parla lei, signor Scott, che mi arriva con una bottiglia dopo una giornata intera passata in sala macchine? Il dottore sosterrebbe che dovrebbe dormire…”
Scotty incassò il rimpallo con eleganza, scuotendo la testa divertito. “C’è un proverbio scozzese che mi citava sempre mia nonna che dice «Sii felice da vivo, perchè resterai un morto per un bel pezzo.»” Fece una pausa drammatica. “Poi in genere aggiungeva che la vera felicità implica sempre una bottiglia di scotch delle Highland!” Terminò solenne sollevando la bottiglia di GlenDronach. “Ottimo rimedio per l’insonnia e una dozzina di altri malanni!”

Gli occhi azzurri di Jim si adombrarono come un mare in tempesta mentre sollevava il bicchiere svuotandolo a sua volta. “Si vede che sua nonna non mi conosceva Scott: sembra che io non riesca a restare morto troppo a lungo!” Fece notare con un velo di amarezza nella voce che sconfessava il sorrisetto malizioso che aveva in volto.
Se aveva colto quell’amarezza, il capo ingegnere non lo diede a vedere. “Se vuole il mio parere, Capitano, è un tratto che può risultare molto comodo per chi ha la tendenza a ficcarsi nei guai come lei!”
 
 
Dopo che Scotty ebbe servito un altro giro ad entrambi, rimasero in silenzio per qualche tempo. Il capo ingegnere di tanto in tanto sbirciava di sottecchi il superiore, per poi tornare ad osservare il liquido ambrato nel bicchiere.
Jim si era abituato a quegli sguardi preoccupati che la sua ciurma gli rivolgeva da dopo «l’incidente». I primi giorni a bordo erano stati insistenti, quasi avessero paura che potesse sparire dinnanzi ai loro occhi da un momento all’altro sciogliendosi come una statua di ghiaccio al sole d’agosto.
Poi via via erano andati diminuendo, forse anche a causa della palese insofferenza che il giovane capitano mostrava a fronte di tante attenzioni non richieste. Ma ancora oggi, di tanto in tanto, quando credevano di essere non visti alcuni dei suoi ufficiali lo scrutavano in apprensione esattamente come stava facendo il capo ingegnere Montgomery Scott in quel momento.

Dopo molto silenzio, finalmente lo scozzese si risolse a parlare. “Non a tutti viene data una seconda possibilità, Capitano, ma a nome di tutti noi credo di poter affermare con sicurezza che nessuno la meritava più di lei.” Affermò deciso guardandolo fisso senza esitazione.
Jim rimase per un istante senza parole, preso di sprovvista. Poi scoppiò in una risata amara. “Credo che i ragazzi che sono morti nell’Accademia a causa dello schianto della Vengeance non sarebbero d’accordo.”
Scott si limitò a scuotere la testa. “Non conoscendoli, non saprei dire cosa avrebbero potuto fare nelle loro vite. Ma da quello che ho visto, l’uomo che ho davanti farà grandi cose a comando di questa bellezza!” Esclamò battendo una mano su una delle pareti con l’affetto che ogni volta mostrava quando parlava dell’Enterprise.  
Il giovane capitano si passò una mano sugli occhi, trattenendo una risata sconcertata. “Lo dici con una sicurezza che mi fa quasi portare a crederti, Scotty! Conosci qualche stregoneria dei brownie[3] o hai parlato con il nostro comune amico del futuro?” Ironizzò, ma si rese subito conto che quell’accenno aveva fatto adombrare lo scozzese. “Che succede?”
Scotty trasalì. “Uhm… no, niente capitano… è solo che… sono a disagio con tutta questa storia dei viaggi nel tempo e delle linee temporali alterate.” Fece una pausa, e vedendo che gli occhi azzurri del capitano restavano fissi su di lui, in un silenzioso incoraggiamento a continuare, si fece forza e sputò il rospo. “Per dirla tutta, capitano: io ho saputo cose dell’altro me –l’equazione di transcurvatura per dirne una… ora so che è possibile ma… come faccio a sapere che questo me ci sarebbe riuscito, o se adesso riuscirò autonomamente a idearla? Se mi ci fermo a pensare mi sento più ubriaco di quanto sono mai stato!”

Jim sembrò rifletterci per un attimo, prima di espirare lentamente. “Scotty, per quel che la conosco, sarà capace di questo ed altro…”
“Anche io ho visto cose di quell’altro tempo e spazio[4] che mi hanno lasciato senza parole. E per quanto sono sicuro che il vecchio Spock volesse solo darmi prova di quello che diceva, ti assicuro che vedere scorci della vita di un altro sé è un esperienza che non raccomando a nessuno!” Ammise, serio.
“Ma di una cosa sono certo: questo tempo è nostro e solo nostro. Se continuiamo a paragonarci ad altro, il risultato sarà vivere ogni nostra mossa nel timore di un confronto che avremo già perso in partenza!”
Il suo famigerato sorriso si fece strada sul volto teso mentre Jim si rendeva conto che oltre che a Scotty, stava parlando soprattutto a sé stesso. “Io non ho idea di cosa lo Scotty delle equazioni di transcurvatura ha fatto nel suo mondo…”
“Quello di cui sono certo è che questo Scotty, che ho davanti, ha avuto il coraggio di contestare un mio ordine sconsiderato per un motivo che si è dimostrato validissimo, arrivando a dimettersi pur di restare fedele a se stesso.”
Vedendo che il capo ingegnere stava per replicare, il giovane capitano lo zittì con un cenno, continuando a parlare. “E ciò nonostante, dopo che io ho insensatamente accettato quelle dimissioni, questa stessa persona ha fatto poco dopo qualcosa di estremamente rischioso solo sulla fiducia delle mie parole e di un mio appello accorato.” Jim gli sorrise.
“Non posso dire se quello Scott fosse più bravo di lei –anche se ne dubito fortemente– ma sono certo che la mia Enterprise non è né sarà mai in mani migliori delle sue!” Sollevò il bicchiere, accennando ad un brindisi prima di assaggiare il whisky offertogli dallo scozzese.

Dal canto suo, il capo ingegnere era troppo vistosamente imbarazzato ed orgoglioso per replicare. Buttò giù tutto di un sorso il suo bicchiere, poi sorrise raggiante, alzandosi. “Grazie di tutto, signore!” Affermò, accennando un saluto. “Adesso, però, è veramente troppo tardi per me: domani sono al turno Alfa!”
Tipo estremamente poco avvezzo ai complimenti, il suo capo ingegnere!
 
“Grazie a lei, Scott. Questa chiacchierata è stata illuminante”. Jim replicò al saluto con un sorriso sincero, ritornando poi ad osservare le stelle nel silenzio della notte.
I suoi uomini credevano in lui, e lui non li avrebbe delusi.

 
NOTE:
[1] Libera citazione dall’Amleto.
[2] Sempre Amleto, questa volta citato fedelmente.
[3] Folletti scozzesi.
[4] Grazie al mindmeld con Spock!Prime, in cui a mio personale avviso Jim ha visto un bel po’ di cose su quell’altra realtà.

In partecipazione alla campagna “Giustizia per Scotty” e riallacciandomi ad una drabble di Medea, ho tentato di dare un po’ di rilievo ai due uomini a mio avviso più bistrattati  dalla nuova timeline: Kirk, che parte più giovane, privato di una storia familiare tranquilla e di una carriera brillantissima ma tutto sommato molto più saggiamente scandita nel tempo della sua controparte !Prime (risultando quindi ad uno sguardo disattento e senza gli ulteriori, necessari, approfondimenti solo un ribelle e raccomandato), e Scotty, che viene quasi totalmente svuotato di profondità diventando una sorta di interludio comico.
Spero che gradiate, la visione è ovviamente totalmente mia, il carattere di Scotty ho tentato di mediarlo aggiungendo allo Scott!Alternate qualcosa che faccia intuire la solidità della sua controparte Prime. Il tema dello Scotch whiskey e di Scotty è un pairing canon, quindi mi pareva giusto inserire lo scotch come coprotagonista, come d'altronde fatto anche da Bombay nella sua carinissima storia Uhura/Scotty :D

 
  
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