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Autore: Mariam Kasinaga    03/06/2014    2 recensioni
La comunicazione uccide ogni rapporto con l'altro
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il rumore attorno a noi, il silenzio tra di noi

Aveva sempre considerato Nagoya una città caotica, con i treni che sferragliavano ad alta velocità, le persone che si accalcavano nelle strade ed i rumori che le penetravano nel cervello. Era per quello che lei ed Akio avevano deciso di scappare per qualche giorno in uno degli onsen fuori città. In realtà, probabilmente avevano scelto di scappare dalla routine della quotidianità per tentare di ritrovarsi.
Yuki sospirò, immergendosi nella calda acqua termale: erano mesi che il suo fidanzato le sembrava distante, assente e, negli ormai pochi momenti che trascorrevano insieme, sembrava sempre che volesse scappare da qualche altra parte. Aveva cercato più volte di affrontare la situazione, ma Akio si era chiuso in un ostinato silenzio, erigendo una barriera ed impedendole in tutti i modi di penetrarla. Lei aveva urlato, sbattuto i piedi, infranto piatti a terra nel tentativo di svegliarlo da quel torpore nel quale era caduto. Aveva provato ad essere comprensiva, aggressiva, indifferente, ma ogni suo comportamento cadeva inevitabilmente nel vuoto. Lui continuava a non rispondere alle sue domande, a tornare tardi dal lavoro e guardarla con espressione vacua. Mille ipotesi si erano accalcate nella sua mente: forse non l’amava più, la tradiva o, addirittura, non riusciva a trovare un modo per troncare la loro storia.
La ragazza allungò una mano verso di lui, sfiorandogli leggermente la spalla.
"E’ bella Nagoya vista da quassù, non credi?” domandò a bassa voce, alludendo alla città illuminata che si dispiegava ai piedi delle montagne dove si trovavano i bagni termali. Akio annuì leggermente, chiudendo gli occhi.
"Domani il capo mi ha chiesto di fare degli straordinari. Credo dormirò nel motel vicino all’ufficio” commentò lapidario, immergendosi ulteriormente nell’acqua.
Yuki rimase perfettamente immobile, continuando a scrutare il fidanzato: avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere cosa stesse pensando in quel momento, per conoscere il motivo che li stava allontanando.
Si sedette davanti a lui, guardandolo dritto negli occhi.
“Akio, cosa sta succedendo?” chiese, cercando di trattenere le lacrime che gli stavano riempiendo gli occhi. L’altro ricambiò il suo sguardo e, sporgendosi leggermente verso di lei, le diede un leggero bacio sulle labbra. Yuki chiuse gli occhi a quel contatto, uno dei più intimi che riceveva da settimane. Tentò di ricambiare il bacio, di sfiorare i morbidi capelli di Akio con le dita, ma l’altro si era già ritirato. Il ragazzo sorrise leggermente, inclinando la testa di lato.
“Va tutto bene, Yucchan” mormorò, tornando a contemplare le luci della città.
Yuki deglutì a fatica, mentre la fase di Akio si mescolava, nella sua mente, alle parole che sua madre continuava a ripeterle: “Ricorda, piccola mia. Alla base di tutto c’è sempre la comunicazione! Il silenzio, l’omissione, non è altro che complice della menzogna”. Non aveva mai dato gran peso a quelle parole, forse perché era sempre stata un’impulsiva, o forse perché aveva sempre pensato che Akio fosse l’uomo della sua vita. Tuttavia, in quel preciso istante, sentiva di aver compreso appieno ciò che sua madre aveva cercato di insegnarle: l’aveva percepito nei silenzi di Akio, nei suoi sguardi vuoti, nei suoi gesti meccanici. E quell’ultima frase, quelle parole dette senza sentimento, come se stesse parlando con una completa sconosciuta, contrastavano con ciò che gli aveva letto negli occhi.
Erano gli occhi di chi si sente in gabbia, di chi vuole scappare ma, al contempo, non vuole abbandonare la comoda quotidianità che si è ritagliato. Forse c’era un’altra, forse si era semplicemente stancato di lei.
L’unica cosa che le interessava, ciò che in quel momento importava, era il fatto che Akio non era stato capace di dirle la verità. Forse sarebbero rimasti invischiati in quella situazione per mesi, avvolti dall’assordante silenzio che li seguiva d’ovunque: quando mangiavano, quando salivano sul treno per recarsi al lavoro o anche ora, mentre rimanevano zitti ad osservare la città.

Sì, aveva sempre pensato che Nagoya fosse una città rumorosa. 
   
 
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