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Autore: GabrielleWinchester    03/06/2014    4 recensioni
[Sequel di "Una stupenda illusione"] Dopo il bacio fuggevole, Giada scappa via affermando che solo una stupenda illusione. Il barista pensa al bacio e decide di andare ad assistere alla discussione della laurea della ragazza, facendole capire che non bisogna scappare dai propri sogni, di non decidere tutto preventivamente, ma di lasciarsi andare all'istinto. Piccola storia romantica senza tante pretese ^_^ Buona lettura ^_^
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Buon pomeriggio a tutti,
ecco a voi il sequel di "Una stupenda illusione", un racconto che si svolge dopo il bacio fuggevole di Giada, con il barista che decide di andare ad assistere alla discussione della ragazza...Un piccolo racconto scritto con il cuore e dedicato ad una persona molto speciale per la sottoscritta <3 Potete tirarmi i pomodori, se magari non vi piacesse e mi scuso umilmente per eventuali errori presenti nel racconto. In questo periodo sono in vena di romanticismo, mi sa che mi ci vuole un pizzico di humor nero e di serietà ^_^  Per i momenti divertenti, il mio ringraziamento particolare va ad alcune persone che mi strappano ogni mattina un sorriso, sopportando la mia presenza con gentilezza e cortesia. Ringrazio di cuore tutti coloro che la leggono e la leggeranno, tutti coloro che la recensiscono e la recensiranno, tutti coloro che mettono e metteranno le mie storie nelle seguite/ricordate/preferite e da recensire e tutti coloro che mi hanno messo e mi metteranno come propria autrice preferita :-) Buona lettura :-) Gabrielle :-)


                                                                                        Thè alla menta e frutti di bosco

“Giada, aspetta!”
Mi affacciai per vedere se riuscivo a scorgerla tra la gente che passeggiava intorno al locale, ma niente era sparita. Molto probabilmente si era recata all’Università per discutere la tesi ed era inutile che la cercassi ancora.
“Sei una stupenda illusione e so che non posso averti. Addio per sempre”
Mi mordicchiai il labbro, ancora incerto su quello che era successo tra di noi. Allora era per me che lei veniva al bar, stava al bancone, chiacchierava con tutti, meno con il sottoscritto e mi sorrideva furtivamente. Gli piacevo! Alla fine aveva trovato il coraggio di fare quello che voleva fare da tempo e dopo se ne era scappata, senza darmi neanche il tempo di rendermi conto di ciò che era successo.
“Antonio, vedi che i cappuccini non si servono da soli”
Roteai gli occhi e mi accinsi a entrare. Ad aspettarmi con il vassoio in mano, pieno zeppo di cappuccini all’aroma di cannella, cornetti alla marmellata, un caffè shakerato e un mokaccino, c’era Francesco, uno dei miei colleghi, un tipo calvo e dall’aria severa. Qualche volta pensavo che forse avrebbe fatto meglio a fare il Carabiniere o il Finanziere, piuttosto che il barista. L'attitudine a fare il militare c'era tutta.
“Alla buon’ora, per Sant’Antonio da Padova e limitrofi. Ma che stavi a fare fuori? A guardare le persone? Tu qui sei a lavorare, non vieni pagato per distrarti”
Non me ne ero accorto…
“Dobbiamo rifornire un esercito?” domandai ironico guardando il vassoio “Anzi l’esercito mangia di meno, a mio avviso".
“Fai poco lo spiritoso” mi rispose consegnandomi il vassoio, ma vidi che sorrideva “I clienti aspettano!”
“ Ok capitano!” esclamai io con il saluto militare e facendo risuonare i tacchi delle scarpe “Vado, consegno e torno! Potrei perire nell’impresa, ricordatemi come un eroe mi raccomando”
Francesco scosse la testa divertito, mentre io mi accingevo ad entrare nella saletta. Il gruppo di clienti che aveva ordinato tutto quel bene di Dio, bè era una scolaresca, ragazze tra i sedici e i diciannove anni, molto probabilmente del vicino Liceo Scientifico Linguistico. Mentre arrivavo da loro, sentì qualche frammento della discussione.
“Allora con Federico come è andata?” stava domandando una ragazza dai capelli rossicci e un paio di occhiali squadrati, posando un rossetto nella borsa “Alla fine…?”
La ragazza interpellata si mordicchiò per un poco il ciondolo del cellulare, cercando di perdere tempo, e dopo ammise “Nulla Diana”.
“Come nulla Celeste?”
“Che cosa significa nulla, secondo te?” domandò Celeste inferocita, spostando i lunghi capelli biondi da una parte all’altra “Ha fatto cilecca”.
“Ma come? Lui che si vantava di essere meglio di Rocco Siffredi. Ah allora tutto fumo e niente arrosto”
Oh bene, ero capitato in una discussione in cui un gruppo di ragazzine dall’ormone impazzito stava discutendo delle prestazioni sessuali dei propri fidanzatini. Come barista, me ne capitava di peggio, ma dentro di me pensavo che alcune volte si bruciasse le tappe troppo velocemente. Come era prevedibile, quando mi videro arrivare si zittirono e cominciarono a sorridere.
“Ciao”
“Ciao bellezza divina” disse la ragazza che rispondeva al nome di Celeste “Ci servi tu?”
“Già”
“Siediti con noi. Prenditi un attimo di pausa”
“Sono spiacente, ma il lavoro mi chiama. Spero che tutto questo sia di vostro gradimento”.
Detto questo, appoggiai ciò che era stato ordinato e dopo mi voltai, sentendo un colpo secco al sedere. Mi voltai arrabbiato e una ragazza cominciò a ridacchiare “Non sono stata io”.
Sbuffai e ritornai al bancone, appoggiando il vassoio nel lavandino. Quello che non riuscivo a togliermi dalla mente, era il bacio che Giada mi aveva dato dopo il caffè al ginseng.  La sua mano che aveva afferrato il mio polso in maniera tanto delicata e tanto forte, lei che mi aveva afferrato la maglietta e mi aveva dato un bacio sulla bocca, quasi come se fossi la sua fonte d’acqua e lei morta di sete. Aveva labbra sottili, viso dolce quasi da bambolina e molto timida. Appoggiai le mani sul ripiano di acciaio e vidi Jacqueline, una mia nuova collega che mi stava guardando “Cosa c’è Jacq?”
Per un po’ lei non mi rispose, impegnata a fare un frullato di frutta per una cliente abbastanza puntigliosa, e dopo versando il tutto in un bicchiere di cristallo “Stavi pensando a Giada?”
“Giada chi, scusami?”
“Fai poco lo spiritoso” mi rimproverò lei bonaria, dando il frullato a un altro nostro collega “Sarò nuova, ma ho visto subito che quella ragazza aveva un debole per te”.
“Ah come facevi a saperlo?”
“Ragiona Antonio!” esclamò lei, appoggiandosi le mani lungo i fianchi “ Una persona non viene tutti i giorni in un locale, se non ci fosse una persona che piace. D’altronde tu sei uno dei baristi più appetibili del locale”.
Sorrisi di fronte al complimento di Jacqueline, rendendomi conto che aveva ragione. Ogni tentativo di abbordarla, di farla parlare, bè era quasi caduto nel vuoto o quasi. Beveva il suo cappuccino o il caffè al ginseng con calma innaturale, sorridendo e scambiando battute con gli altri, per poi zittirsi, girare il cucchiaino in una tazza ormai vuota e cambiando atteggiamento. Mi cercava con gli occhi ma quando la ricambiavo, bè allora ritornava nel suo mondo.
Mi cercava e intanto fuggiva da me.
“Sono le undici e mezzo” mi fece notare Jacqueline guardando il grande orologio appoggiato alla parete “A quest’ora si discutono le tesi”.
Non ebbi una sola indecisione. Mi tolsi repentinamente il grembiule blu indaco che avevo legato in vita e sussurrai a Jacqueline “Puoi sostituirmi?”
La mia collega annuì ed io la abbracciai, prendendo al volo un thè alla menta e frutti di bosco, la nuova specialità del bar. Uscii dal locale e mi diressi verso la Facoltà di Giurisprudenza, laddove Giada stava discutendo la sua tesi di laurea.
                                                                                                  *
“Giada Silvestri venga avanti”
Baciai il santino della Madonna delle Lacrime e mi feci il segno della croce. Il giorno tanto amato e temuto era finalmente arrivato. Una giovane ragazza dai capelli neri e gli occhi azzurri mi battè sulla gamba e mi incoraggiò “Spacca tutto, Giada!”
Sorrisi impacciata e dopo mi accinsi a spingere la maniglia. La sala dove si discutevano le tesi era una stanza molto grande, più o meno poteva contenere cinquecento persone, ed era stata progettata affinchè l’acustica fosse perfetta. Al centro esatto c’era un lungo tavolo con sette persone, una di queste era il mio relatore di tesi Daniele Denni, professore di Diritto Privato ed eccellenza dell’Università. Appoggiai la borsa a tracolla, sentendo gli occhi dei tanti curiosi pungermi con aghi. Anche se non c’era la mia famiglia, i tanti curiosi dell’Uni non potevano esimersi dal vedere la mia tesi ed assistere con mano alla  discussione di una laurea, prendendo appunti su come si sarebbe svolta. Chiedere di stare da sola era una vera e propria utopia. E no, non stavo parlando della Città del Sole di Tommaso Campanella!
Una signora di mezza età mi indicò la sedia, una sedia che paragonai a uno strumento di tortura “Prego”
Il mio professore guardò la mia copia, centocinquantaquattro pagine rilegate in una copertina blu indaco, il mio colore preferito e iniziò “Signorina Silvestri lei porta come argomento di tesi di laurea la fecondazione assistita. Illustri a me e ai miei colleghi il suo lavoro!”
Mi mordicchiai il labbro, incerta su come iniziare. Dopo chiusi gli occhi e iniziai “La legge sulla fecondazione assistita fu varata con la legge 40, una legge che consentì a molte donne sterili di avere una possibilità di avere figli”
Il professore scarabocchiò un qualcosa in foglio e mormorò “Vada avanti, signorina”
“Con questa legge, gli scienziati si assursero il ruolo di Dio, consentendo di realizzare il sogno di molte madri che per natura non potevano esserlo”
Mi fermai, aspettando il verdetto del prof. Molto serafico, lui incrociò le dita  e guardando ironico i suoi colleghi mi chiese, cercando in tutti i modi di farmi cadere in trappola “E questo che ripercussioni ha avuto nel campo del Diritto Privato? Come ha cambiato la legislazione italiana? Avanti signorina!”
Strinsi la mia copia della tesi quasi come se ne andasse della mia vita e snocciolai tutto il vario iter legislativo e le sue conseguenze che la legge aveva portato dopo la sua promulgazione, ormai dieci anni addietro. Avevo fatto un lavoro eccellente, un lavoro di cui ero veramente orgogliosa, e adesso stavo facendo la figura dell’emerita idiota. Forse era colpa della sala, ma non riuscivo a smetterla di pensare al bacio dato ad Antonio, le nostre labbra unite da quel mix di cioccolato e caffè che mi aveva reso piena di adrenalina.  Nella mia mente figurava solo lui, la sua leggera barbetta, i capelli tagliati corti e quelle labbra disegnate. Non aveva il naso dritto, ma non me ne importava, anzi era quel piccolo difetto a renderlo perfetto ai miei occhi. Oltre alla sua voce…
“Signorina si è persa per caso?”
Sobbalzai di fronte al prof e in quel momento desiderai il portale di Lucifero a portata di mano. Un leggero bussare alla porta ci distrasse a tutti e vidi Antonio con una bevanda. Non ci potevo credere, era venuto. Mi indicò la bevanda e dopo mi aspettò. Rinfrancata da questo gesto di generosità e cavalleria, recuperai il coraggio e diedi il meglio di me, stupendo anche il prof.
                                                                                                       *
“Signorina Silvestri per gli onori conferitomi, la dichiaro Dottoressa in Scienze Giuridiche con il punteggio di 98 su 110”
Mi alzai dalla sedia e mi avvicinai alla porta, guardando Giada che sorrideva, veniva elogiata con un mazzo di azalee rosse e rose bianche, e sentendomi orgoglioso di lei. Dopo la vidi abbassare la maniglia e uscire dalla stanza, lasciando il posto a un altro aspirante laureando o laureanda. Non appena mi vide, mi sorrise e con fare timido prese la bevanda che le porsi “Non pensavo che saresti venuto”
“Hai fatto un’ottima discussione” la elogiai non sapendo cosa dire “Io non avrei saputo fare meglio”
“Già già” rispose imbarazzata e incominciando a sorseggiare il nuovo thè “Buonissimo, è nuovo?”
Non risposi, guardandola bere il thè. Quando era soddisfatta, socchiudeva gli occhi come un gatto soddisfatto. Mi avvicinai a lei e di rimando mi squadrò, quasi come se volessi aggredirla. Appoggiai la mia mano sul suo cuore e vidi che stava battendo forte, molto più forte di quanto potessi immaginare. Fece un piccolo scatto e incominciò a scappare con il suo nuovo thè e il mazzo di fiori. La inseguii e dopo le afferrai la borsa “Aspetta un secondo”.
“Lasciami Antonio, per favore”
“No” risposi io serio come non lo ero mai stato “Guardami in volto Giada “
Lei lo fece, un piccolo cucciolo spaventato, le mani che tremavano d’imbarazzo e di passione al contempo. Le feci una carezza lungo la guancia destra e dopo la baciai. Dapprima lei non rispose al mio bacio, ma dopo lo ricambiò con tutta la foga che aveva, appoggiando le mani sopra le mie spalle. Fu un bacio lento, molto lento, ignari che il mondo ci girava intorno ed era indaffarato. Il leggero sapore dei frutti di bosco unito alla freschezza della menta piperita fungeva da profumo, da essenza al nostro bacio. Lei mi accarezzò la barbetta e dopo mosse il suo naso contro il mio, in un gesto di tenerezza estrema. Ripresi a baciarla, il bicchiere mezzo vuoto sul pavimento e il mazzo di fiori appoggiato su una sedia. Dopo mi allontanò, cercando di fare la risoluta, ma si vedeva troppo bene che stava fingendo di fare la coraggiosa.
“Antonio, ascoltami un attimo”
“Cosa mi vuoi dire? Che non sei degna di me, che devo cercarmi un’altra persona?”
Lei annuì, non guardandomi negli occhi. Io le sollevai il viso e ribattei affettuoso “Questo lasciamelo decidere, d’accordo?”
L’abbracciai, un piccolo usignolo desideroso di amore. Il suo cellulare squillò la canzone degli Skillet “You are my hope”. Una perfetta colonna sonora e vidi un gattino nero dagli occhi verdi che ci stava guardando, seduto comodamente sul ripiano di una finestra. Lo mostrai e lei si mise le mani in bocca “Il mio portafortuna!” e si affrettò a spiegare arrossendo “ Quando ci sono dei gatti neri, io sono sicura della tua presenza al bancone”.
Scoppiai a ridere di fronte a quella dichiarazione di dolcezza e ricominciai a baciarla. Non avevo idea di quanto sarebbe durata la nostra relazione, ma sperai il più a lungo possibile. Da qualche parte risuonavano i colpi di cannone, molto probabilmente si festeggiava la fondazione di un qualche corpo militare. 

 
  
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