Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: shesunbroken    03/06/2014    1 recensioni
«E' buio. L'unica cosa che ravviva la soffitta è la luce soffusa della luna, proveniente da alcune finestre laterali, sporche, appannate. Una scia chiara, interrotta solo da alcuni granelli di polvere, colpisce direttamente la superficie di uno specchio posto in fondo alla stanza. L'immagine riflessa in quello spesso strato ricoperto da ricordi ormai dimenticati e da antiche presenze di persone vittime della loro vanità mi attira.»
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Prima che voi iniziate a leggere ho bisogno di fare una breve introduzione. Questo racconto è stato presentato ad un concorso organizzato dal mio liceo: purtroppo non sono stata premiata ma ho ricevuto una menzione speciale. Questo vuol dire che lo sto pubblicando dopo alcuni mesi dalla stesura; prima non volevo perché i temi trattati rappresentano un qualcosa di molto intimo e privato e non sono una persona che ama esporsi troppo, ma dal momento che ho avuto un piccolo riconoscimento ho deciso di condividere questa storia con qualcun altro. Come avrete notato, "Demoni", è stata inserita nel genere "Introspettivo", questo perché il significato di ciò che ho deciso di raccontare è più profondo e non rispecchia esattamente gli avvenimenti descritti quindi vi invito a riflettere e magari a scrivermi ciò che vi ha suscitato o l'interpretazione che gli avete dato in una recensione, mi farebbe molto piacere!
Continuando a leggere noterete forti rimandi a Blame dei Bastille e a Demons degli Imagine Dragons.
Buona lettura e grazie.

Noemi.




Un passo. Il parquet vecchio scricchiola sotto il mio peso. Il rumore è assordante. Scuoto la testa e proseguo, provando a non interessarmi alle orecchie che sembrano scoppiare od ogni movimento delle mie gambe. E' buio. L'unica cosa che ravviva la soffitta è la luce soffusa della luna, proveniente da alcune finestre laterali, sporche, appannate. Una scia chiara, interrotta solo da alcuni granelli di polvere, colpisce direttamente la superficie di uno specchio posto in fondo alla stanza. L'immagine riflessa in quello spesso strato ricoperto da ricordi ormai dimenticati e da antiche presenze di persone vittime della loro vanità mi attira.

Inclina la testa, accarezza le punte dei suoi lunghi capelli castani, sbatte le palpebre.

La riconosco. Mi avvicino.

Il suo viso è pallido ed i suoi occhi animati da una luce non ancora nata.

Rabbrividisco. Non so chi sia.

Bianco. Bianco accecante. Una luce troppo pura, troppo buona, odiosa. Luce che mi ferisce gli occhi: iridi di un celeste tanto chiaro da confondersi con il bianco della cornea. Un bianco sporco, un azzurro malato come la sua anima. Labbra rosse che spiccano rispetto alle gote pallide, si aprono in un leggero sorriso, rassicurante, spento. Una luce delicata illumina i suoi contorni, evidenziando le linee morbide della sua sagoma. Un portamento elegante, un sorriso innocente, una pelle sbiadita. C'è qualcosa di così vero da sembrare falso nella luce che emana.

«Non c'è posto per te qui.» La sua voce è tremendamente familiare, posseduta dalla disperazione, sfiorata dalla malvagità, accompagnata dalla verità.

Azzurri. Profondi. Difficili da esplorare. Faticosi da identificare. Acque abissali. Sono occhi dormienti nel mar Ionio.

La visione fatale mi immobilizza.

Qual è il mio posto?

«Il tuo regno sta per arrivare. La luce si spegnerà.» un sussurro capace di farmi rabbrividire.

Guardo istintivamente la luce della luna, come se la mia vita dipendesse unicamente da questa. C'è ancora, chiara e soffusa come prima. Brividi freddi percorrono la mia schiena, aria affilata si abbatte sulla mia pelle.

«Il tuo corpo è un messaggio, manda i miei saluti all'Inferno.» un soffio gelato ghiaccia l'aria intorno alla mia bocca, solidificandola, impedendomi di respirare.

«Perché?» Non è una domanda, è una richiesta d'aiuto.

«Perché sono io, perché posso prendere le mie decisioni.» La consapevolezza di avere ragione presente nel suo tono mi incute timore.

«Solo io posso prendere decisioni riguardanti me stessa.»

«L'hai già fatto, ti hanno portata fino a qui. Ma questo non è il tuo posto, io prenderò l'ultima decisione per te.» Le sue parole sanno di amaro.

La studio meglio. Potrebbe essere frutto della mia fantasia, un fantasma del mio passato...ma la sua voce è così concreta da rendere impossibili queste mie supposizioni. Eppure la sua materia non esiste.

«Sei un angelo? Un santo?» mi faccio avanti e la distanza tra me e la mia figura diminuisce.

«I santi sono fatti tutti d'oro.»

Cosa significa?

«Sei un demone?»

«Sono una vittima.» La sua espressione si incupisce, vedo lacrime amare e scure rigarle il viso.

Sento le mie guance aprirsi sotto sottili linee che raggiungono gli angoli della mia bocca.

«Una vittima di chi?» avanzo di un altro passo.

«Tua.»

Mi fermo.

Il mio cuore pulsa dolore nelle mie vene, così violentemente da dare un ritmo al silenzio assordante dei miei sensi di colpa. Ha detto la verità, posso sentirlo, lei è una mia vittima.

«Volevo proteggerti.» Mi giustifico.

«Da chi? Dalla bestia che hai dentro?» La sua domanda è pronta, accusatoria.

«Avrei potuto nasconderti.» Un senso di maternità avvolge il mio corpo, un dolore che ho già provato si anima passando attraverso i miei organi vitali.

«Non c'è posto sicuro che i tuoi occhi non possano raggiungere.»

Solo guardandola, solo pensando a lei, solo sapendo della sua esistenza sono riuscita a guastarla. E' colpa mia. Sono un mostro. Chi avrebbe il coraggio di distruggere i sogni di una ragazza ingenua? Di frantumare i desideri di una creatura ancora piena di vita? Di calpestare il futuro di un fiore non ancora sbocciato?

«Non importa quali fossero le tue intenzioni, questa è la tua natura.» Si porta una mano al cuore.

Una lama mi trafigge il petto, potrei giurare di sentire del sangue scorrere lungo il mio corpo, lasciando una scia calda e pungente lungo la linea naturale che porta all'ombelico.

«Volevo...» Provo a rispondere, ma le parole lasciano la mia testa.

L'oblio.

«Non hai giustificazioni. Adesso potrai fare tutto ciò che vorrai, il tuo regno sta arrivando, la luce sta per spegnersi.» Mi interrompe.

Volgo nuovamente lo sguardo verso le finestre consumate che filtrano la luce della luna. Non c'è da aver paura.

«Avvicinati, ma non troppo. Guarda nei miei occhi.» Una voce materna e comprensiva mi guida verso la persona che pronuncia delicatamente queste parole. «E' dove si nascondono i miei demoni.»

Mi fermo a qualche millimetro dalla superficie riflettente. Due buchi neri come la pece inghiottiscono il mio sguardo.

«Ma io...riesco a vedere solo me stessa.»

Tace.

Sento una seconda pugnalata, questa volta colpirmi la schiena. Mi piego in avanti, inginocchiandomi al cospetto di quella creatura inesistente.

«Dicono che sia ciò che fai, ma io dico che dipende dal destino: è intrecciato con la mia anima ed ho bisogno di lasciarti andare se voglio che questo lasci andare me.» Altre lacrime solcano i suoi occhi, il mare inizia a svuotarsi, piano piano, inondando la sicurezza e la malvagità iniziali.

Il mio volto prende fuoco sotto alcune piccole gocce di acqua salata.

«Non vuoi, tu non vuoi. Perché lo fai?» Porto le mani sulla superficie infuocata del mio viso, lacerando la pelle sottostante.

«I tuoi occhi brillano, sono così luminosi, vorrei poter salvare la loro luce.» La disperazione si impossessa della sua voce. Il suo esile corpo si accende come una scintilla, del bianco mi acceca.

«Non posso fuggire da tutto questo a meno che non mi mostri come fare.» Piango, disperata, non voglio che incomba il buio. Il mio regno sta per arrivare.

«Avresti dovuto pensarci prima.» Allunga la sua mano destra, mostrando fatica e sofferenza, contro la superficie luminosa dello specchio.

La mia, simultaneamente, si alza grazie ad una forza sconosciuta, avanza verso quella luce così bella, così attraente.

Una seconda fitta mi pugnala alle spalle, senza preavviso. Volgo violentemente la testa all'indietro, inarco la schiena. Mi sento dividere a metà, poi avvolta da una carezza bollente, che percorre il mio corpo. Ritraggo la mano, mi tocco la schiena d'istinto, provando a placare il dolore lancinante che sto provando. Urlo. Ma la ferita si apre ancora di più. Riesco ad afferrare la mia pelle, a toccare il calore, ad estrarre qualcosa dal taglio ormai profondo. Provo ad aprire gli occhi, accecati dalla sofferenza. Una piuma. Una piuma nera incatenata da alcuni filamenti di un sangue caldo, sporco, che sta intanto divorando il bianco pallido delle mie esili dita. Avverto il buio uscire da me, invadere la stanza. Sento i miei peccati, i miei errori, le mie decisioni incombere tutte in una volta sola. Soffro. Mi lamento. E soffre anche lei: la sua mano è ancora tesa verso di me.

«Il tuo corpo è un messaggio, manda i miei saluti all'Inferno.» Parole che suonano come un addio.

Allungo nuovamente la mia mano.

«Questo è già l'Inferno.» riesco a soffocare alcune parole tra i gemiti di dolore che riempiono la soffitta.

Sta soffrendo, la colpa è mia, ho sbagliato, ho commesso errori imperdonabili, ho peccato, non ho rimediato in alcun modo, questa è la mia natura, non posso cambiarla, non voglio il buio, non posso permettere che arrivi il mio regno.

Ma più la distanza tra le nostre mani diminuisce e più la luce provenire da lei diventa più chiara...e più il buio presente dietro di me invade ogni singolo centimetro della mia pelle. Una sensazione di benessere e sofferenza unisce le nostre dita. E' così fredda. E' così luminosa...ma la luce si è spenta.
 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: shesunbroken