Ad ogni alba
La donna camminava nella foschia mattutina con innaturale serenità.
Aveva l'aria di una che sapeva esattamente dove mettere i piedi per evitare la fanghiglia e le gocce di rugiada che impregnavo l'erba.
Ad un tratto, oramai a metà strada, incominciò a sentire il suolo diventare più ripido via via che procedeva nelle prime luce dell'alba.
Kurenai conosceva a memoria quella strada, a est di Konoha.
Strinse le dita della mano destra per sentire la piccola mano ancora agganciata alla sua.
Un sorriso le solcò le labbra.
“ Mamma!” urlò il bambino di appena cinque anni, sfilandosi dalla sua presa.
“ Kumo!” proruppe la mora d'istinto.
“ Tranquilla” sibilò la voce nel velo di nebbia, “ da qui ci so andare. Dai, sbrigati!”.
Questa si rilassò, continuando a procedere.
Il sole si levò lentamente da dietro le montagne, illuminando la collina e il feretro di granito in cima ad essa.
Kurenai arrivò alla sua metà, riprendendo fiato.
“ Stai bene, mamma?” le domandò il figlio, afferrandole la mano per condurla vicino alla tomba.
Lei annuì, senza staccare lo sguardo dalla zazzera nera del bimbo.
“ Come hai fatto a trovare la strada da solo?”.
“ Papà deve avermi dato una buona memoria” le rispose di getto, procurandole un secondo sorriso.
“ Ma rimani ancora un po' disubbidiente” scherzò lei, pizzicandogli una guancia arrossata dal freddo.
Kumo rise.
“ Lo era anche lui” si difese il piccolo.
“ Già, ma era bravo come il sole”.
“ Lo stesso di adesso?”.
“ Più o meno. Ma era più un bravo ninja”.
“ Un giorno sarò anch'io come lui “ promise Kumo, accarezzando i kanji che formavano il nome – Asuma -.
“ Lo so, sei suo figlio dopotutto” mormorò la kunoichi, incrociando le mani sul petto del bambino.
“ E sono fiero di esserlo” concluse, alzando la testa per incrociare lo sguardo castano con quello rubino della madre.
Che sorrise una terza volta.