Libri > Shadowhunters
Ricorda la storia  |      
Autore: aniasolary    03/06/2014    3 recensioni
SPOILER CITY OF HEAVENLY FIRE
*
*
*
*
*
"Resta con me..."
I suoi capelli si infrangono come cenere bianca: sembrano tanti piccoli soffioni che si alzano nell'aria, quelli che sua madre aveva chiamato, una volta, capelli di Cristo.
Una one shot su Jocelyn Fairchild.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
SPOILER CITY OF HEAVENLY FIRE!
“Ave atque vale,” she said, speaking the full lines of the ancient poem. “Ave atque vale in perpetuum, frater. Hail and farewell forever, my brother.” […] Why cry, if she had hated him? But Clary understood now. Her mother had been crying for the child she would never have, for all the dreams that had been wrapped up in her imagination of having a son, her imagination of what that boy would be like. And she’d been crying for the bitter chance that had destroyed that child before he had ever been born. And so, as Jocelyn had for so many years, Clary stood at the side of the Mortal Mirror and wept for the brother she would never have, for the boy who had never been given the chance to live. And she wept as well for the others lost in the Dark War, and she wept for her mother and the loss she had endured, and she wept for Emma and the Blackthorns, remembering how they had fought back tears when she had told them that she had seen Mark in the tunnels of Faerie, and how he belonged to the Hunt now, and she wept for Simon and the hole in her heart where he had been, and the way she would miss him every day until she died, and she wept for herself and the changes that had been wrought in her, because sometimes even change for the better felt like a little death.
Jace stood by her side as she cried, and held her hand silently, until
Jonathan’s ashes had sunk under the water’s surface without a trace.
 
The mortal instruments, City of Heavenly fire,
capitolo 23
 
I capelli di Cristo

 
Corre fra l’erba e i papaveri.
Un bambino  ride e apre le braccia a volere abbracciare tutto il cielo, con gli occhi chiusi; nei suoi sogni, il cielo è suo.
Ha solo cinque anni. «Mamma!» È una voce piena di meraviglia, gioia, impazienza.
Lo guarda arrivare, lo raggiunge, lo scontro è fatto di carne e di ossa, calore e sospiri, una risata infantile che cresce. Un sorriso le nasce sul volto, un taglio nella pelle che di felicità non ha niente.
Le fa sanguinare il cuore.
Suo figlio ha i capelli bianchi come sale, la luce del campi elisi del paradiso sotto la sua carezza. Magrissimo e chiaro, il suo corpo sembra lo stelo di un fiore.
«Quando potrò correre per le strade a cacciare? Quando potrò aiutare anch’io? »
Jocelyn gli sfiora il naso con il suo. «Quando sarai grande, Jonathan.»
Ricorda quando lo cullava e lui la guardava con quei suoi occhi dolci e luminosi…
Non è un ricordo, Jocelyn.
«Grande? » Jonathan ha gli occhi verdi e limpidi, innocenti.
«Sì, Jonathan, grande … salverai il mondo e sarai uno shadowhunter.»
Ombre la circondano: Jonathan Cristopher Mongersten a dodici anni, il suo primo marchio, la bocca stirata per trattenere i gemiti di dolore, il sorriso alla fine, il pianto silenzioso nella sua stanza, per dire addio alla sua infanzia, abbracciato a sua madre senza vergogna per l’ultima volta.
Jonathan Cristopher Mongersten che uccide con gli occhi verdi accesi di furore, alla sua prima caccia.
Jonathan Cristopher Mongersten che prega Sebastian Verlac di diventare il suo parabatai e di custodire la parte migliore di lui.
Jonathan Cristopher Mongersten che arrossisce per la prima volta di fronte Maelle Lightwood, arrivata dalla Francia per il matrimonio di Alec e Magnus.
Jonathan Cristopher Mongersten.
Suo figlio.
Fra le sue braccia, Jonathan sembra diventare sempre più esile, sempre più piccolo. Un fulmine spezza il cielo di Idris che diventa nero, come bruciato, della stessa forma di un cuore infranto.
«No, mamma… »
Si stringe la sua testa al petto, per proteggerlo dal dolore, per non farlo andare via.
«Jonathan! Jonathan… » Le lacrime cadono sul suo volto, un forte vento la travolge nel buio, il buio più nero che abbia mai visto. «Diventerai grande, diventerai uno shadowhunter… Salverai il mondo… »
«Salverò il mondo… » sussurra Jonathan con voce flebile, tremante.
E quando Jocelyn torna a guardarlo, il suo volto è così pallido da sembrare trasparente, come un fantasma.
Il tuo bambino non esiste.
«No! No, resta con me…»
«Mamma…»
«Resta con me…»
I capelli biondissimi di Jonathan Cristopher Mongersten si infrangono come cenere bianca: sembrano tanti piccoli soffioni che si alzano nell’aria, quelli che sua madre aveva chiamato, una volta, capelli di Cristo, e Jocelyn cade in ginocchio.
Li vede volare via: trasportati dal vento, il sogno infranto che è stato il suo bambino nato, ma mai vissuto, che ora raggiunge il sole, facendo calare per sempre la notte.
***
Jocelyn si sveglia urlando, con Luke ad abbracciarla; Jocelyn piange sulla sua spalla, silenziosa, cullando se stessa con la nenia del suo dolore, e quando è troppo e esausta per muoversi si accorge che, invece, è sempre stato lui a cullarla. È sempre stato lui a soffrire con lei, che non se ne accorgeva mai.
Luke la bacia sulla fronte.
«Di nuovo quell’incubo? »
«Lui non esiste. » Si aggrappa alla spalla del suo uomo. «Non è mai esistito. »
Tutte le donne guardano Jocelyn Fairchild con quello che sembra un doloroso rispetto, o forse è solo rispettoso dolore per la donna a cui è stato tolto il proprio figlio quando ancora viveva e cresceva nel suo ventre; perché non ha mai mai mai potuto amarlo, cullarlo, abbracciarlo fino al momento in cui era morto, l’unica volta in cui aveva avuto la possibilità di essere Jonathan: un ragazzo strappato alla vita, al mondo, a se stesso.
A sua madre.
«Il tuo bambino esiste, » le sussurra Luke. «Il tuo bambino esiste e ti ama e sarà sempre con te, nonostante tutto.» Luke sospira e Jocelyn lo guarda negli occhi: i suoi splendidi, tristi e stanchi occhi azzurri. Si è accorta tardi di amarli tanto. «Il tuo bambino esiste. La nostra Clary esiste. Ed anche il nostro bambino.»
 Luke le sfiora la pancia.
Hanno entrambi paura di crederci.
Come può la vita farti un dono dopo che ti ha tolto così tanto?
E come puoi osare accettare quel dono, senza aver paura di perderlo ancora?
«Il nostro bambino,» pensa Jocelyn, ad alta voce.
«Sei forte, Jocey.» Luke le accarezza i capelli. «Ce la faremo. Insieme ce la faremo.» Jocelyn stringe gli occhi a liberare le lacrime.
La vita deve continuare, anche se continuiamo a voltarci per guardare indietro. A chiedersi e se… e se io fossi stata… se Valentine avesse… Se Jonathan, il mio Jonathan… sognando quello che sarebbe potuto essere.
Ma non puoi fermarti, per guardare, perché la vita non aspetta; non aspetta nessuno, non aspetterà mai te. Ti mette alla prova ogni giorno per vedere se meriti di restare, se sei abbastanza forte, e anche se tu disegni le linee del tuo destino, quelle che ti hanno dato Clary, quelle che ti hanno portata a Luke, tutto quello che ti lega alle persone che ami è già scritto.
Quello che deve accadere accade senza che tu possa impedirlo. Le persone che devi amare le incontrerai, le amerai. E i figli che devono nascere, alla fine, nascono.
«Ce la faremo. Insieme ce la faremo.»
La speranza ti tiene in vita. Il nome del bambino lo sceglierà Clarissa. Chiederà aiuto a Jace, a Simon, Izzy, Alec e Magnus.
Clarissa è circondata dall’amore. Lo sarò anche suo fratello, o sua sorella.
Jocelyn si addormenta. Nei suoi sogni è a New York, e sua figlia le sorride tenendo la mano a un bambino che cammina a malapena sulle sua gambe, un bambino che si volta a guardarla con gli occhi azzurri e furbi, con gli stessi capelli di Clary, gli stessi capelli di Jocelyn.
Scende la neve, soffice come i fiorellini di un soffione, quelli che le donne anziane chiamano capelli di Cristo.
Luke le prende la mano e Jocelyn sa che avere speranza è possibile. E che senza speranza, non ci sarebbe vita, non ci sarebbe alcuna cosa per cui varrebbe la pena vivere.
*
*
*
*
Mia nonna chiamava i soffioni che volavano nell’aria e che io cercavo di afferrare capelli di Gesù, e proprio perché li chiamava così io, dopo poco, li lasciavo volare via.
Di quest’ultimo libro ho amato tutto, e ho amato l’umanità che c’è dentro, perché sono le persone ad essere personaggi anche se nella vita spesso può accadere il contrario. Jocelyn è sempre stata molto enigmatica, come lo è stata anche Clary. Alla fine di tutto, non si può non capirla e non si può non avere il cuore spezzato di fronte all’anima lacerata di questa madre che ha perso il proprio figlio. Anche se la vita deve continuare e si deve essere sempre tanto forti per farlo.
 
Considerazioni generali da fangirl: questo è libro è… ODDIO, non so mettere insieme due parole sensate LOL che peccato :’’) Spero mi passi presto… *disse colei che a un anno da CPSS ancora ci piange su*
Grazie per aver letto, lettori meravigliosi <3
Un bacio,
vostra Ania.
P.s quando ho pubblicato questa storia ho messo l'avviso spoiler nella trama, con gli asterischi.
Pensavo fosse sufficiente, però purtroppo ho saputo di aver fatto spoiler, anche se involontariamente: allora ho tolto quindi i nomi dei personaggi e ho scritto in grande l'avviso spoiler, spero che così vada bene e mi scuso ancora c.c, perché so quanto è brutto leggere spoiler di cui non si vorrebbe sapere, d'ora in poi starò ancora più attenta di come facevo prima. 

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: aniasolary