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Autore: francy91    06/08/2008    2 recensioni
Una stravagante interpretazione della vita: siamo tutti pesci.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Senza nome 1

In realtà non sapevo in quale categoria pubblicarla. Inizialmente avevo scelto “Introspettivo”, ma dato che tratta di “animali” ed è abbastanza simile alle favole di Esopo (a parte la morale), ho deciso di inserirla qui. Bene, buona lettura.

 

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Siamo tutti pesci.

Siamo tutti pesci, di tutte le specie: grandi, minuscoli, squamati, colorati, argentei, filiformi, enormi… Ma abbiamo tutti branchie e pinne che ci distinguono dagli altri esseri viventi. Conteniamo tutti ineffabile malvagità e incantevole soavità. Volgarità e grazia. Aggressività e affetto. Odiamo, abbiamo il dono di uccidere e creare, amiamo e dal nostro amore nascono gelosia e vita, vendetta e magia. Sembra complicato, ma un osservatore può ben notare cosa significhi vivere in questo mare troppo pesante, il cui sale prima o poi brucerà sulle pungenti ferite di ogni pesce. Sangue stillerà dal loro fragile corpo, macchierà le loro squame e quelle altrui sottoforma di incontrastabile dolore che nessun mare, nessun tipo di acqua potrà mai lavar via e assuefare.

Negli abissi marini la vita è semplice: questi stravaganti animali necessitano di luce per vivere, la luce del Sole che incatena l’acqua sotto di sé penetrandola violentemente, fuggendo ogni leggiadria, strappando con occhi folli il suo virginale manto velato. Per questo l’Astro primato, troppo brutale e crudo, non può far altro che male ai pesci che (s)fortunatamente e (mal/ben)auguratamente provano una gioia così distruttiva, devastante, radente al suolo, peccaminosa, negata, proibita da lievitare e levitare fin sopra la perforata superficie marina. Chi si erge sul mare, chi lo sovrasta, chi sente il vento sulle branchie inevitabilmente morirà, soffocato, ustionato da un facinoroso Sole, galleggerà sulla sottile superficie acquosa come un cadavere appassito e gonfio di morte. Chi è troppo felice perisce per mano sua, per sua audacia.

Gli abissi del mare sono profondi e il tagliente quanto imprescindibile bagliore solare non vuole impegnarsi ad osare così tanto da illuminare con i suoi eterei sessi il suolo confuso, immenso, freddo in cui l’acqua è gelida, perigliosa e atavicamente buia. Rabbrividisce. Al Sole non interessano il lato più oscuro del suo giovane sposo, il mare, il suo frustrante anelito di morte, la sua disperazione, il suo dolore piangente. Il mare è fatto di lacrime.

Come un burbero e bestiale marito, vede e vuole vedere solo le onde più superficiali e rassicuranti del fragile ragazzino che stringe e stritola e strattona e strappa e strema e stracca e straccia e strozza. Condanna la profondità e la depressione che vi abita.

In questo mesto avvallamento si accovacciano i sentimenti più veri del mai più vergine che influenzano anche i pesci che vi abitano, quelli che bevono l’acqua della perdita, del decesso, dell’oppressione, della schiavitù, quelli che non rifiutano l’estrema prigione, quelli intrappolati dal mare, gli unici che lo comprendono. Sofferenza e sevizie, torture e follia sono i nomi delle alghe che li costringono in quell’angusto fondale in cui la luce è vietata, i pesci violenti e mai violanti, o forse il contrario, o forse entrambi.

Infine esistono gli esseri che vivono al centro, all’ombra della luce filtrante attraverso la massa salata che li divide dall’esaltante morte. Essi godono di un Sole distillato attraverso i corpi esanimi e le code sanguinanti dei loro cari e aspirano a quella paradisiaca gaiezza, ma si credono sempre sull’orlo di un baratro perso e nero più di ogni sangue, denso di vite e per questo spaventoso, tremendo. Ipocrita mondo di mezzo, senza scelta e senza salvezza. Pietà, solo di pietà avete bisogno, voi che siete la letizia del Sole e la sacrificale fatica del mare. Che la felicità vi porti ad un’unica morte, terrificante.

Ed ecco, tutti diversi, con sentimenti mai affini, con pensieri elettrici. Ridicoli, nuotano nel mondo con sgraziata cupidigia. Tutti divorano e vengono divorati. Tutti uguali, tutti parassiti del dolore.

Siamo tutti pesci.

Siamo tutti orribili pesci.

   
 
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