[Requiem per una madre mai vista]

Il pellegrino alla sua meta riposa.
Ora che è giunto, cosa dovrebbe fare?
Nulla.

Il viaggio è compiuto, la strada fatta.
Ciò che ha trovato, questa pausa graffiata su carta,
è solo la traccia del suo passaggio.
“La meta è solo la scusa per mettersi in cammino.”
E ora che sono qui, cosa dovrei fare?
Poso i fiori, sfioro la pietra.
Difficile rendersi conto che oltre ci sono solo ossa, le tue.
Che oltre c’è solo polvere, la tua,
quel poco che in questo mondo rimane di te.
Dolce il Lilium, ma spoglio il marmo.
Due sole parole: nome e cognome.
Due sole date: la vita e la morte.
E ora che sono qui, dovrei pregare? Pregare chi?
Un dio che disconosco?
E ora che sono qui, dovrei parlarti? Parlare a chi?
Una donna che non conosco?
Com’è inutile questa lastra bianca e muta,
vuota, senza nemmeno una foto.
Senza nemmeno l’illusione di vedere il tuo volto
e riconoscerlo, il riflesso del mio sorriso,
affianco al dolce Lilium, sullo spoglio marmo.
Al centro una sola croce. D’ottone?
Non so.
Anch’essa vuota, anch’essa inutile.
Nemmeno una foto affianco al dolce Lilium,
ma solo una croce, icona di un dio mancato, sul marmo spoglio.
E ora che sono qui, dovrei piangere? Piangere chi?
Piangere cosa?
Indolore è l’assenza, non triste, ma vacua.
L’amaro dell’assenza sulla bocca.
E il dolce profumo del Lilium.
Così effimero, così bello, così solo sullo spoglio marmo.
Non piango, ma rimpiango. Sì forse quello sì.
Rimpiango, che cosa?
L’assenza e una foto, un’ultima consolazione, esile
così lo stelo del dolce Lilium, scosso dal vento, sul marmo spoglio.
Al centro solo una croce, ipocrita icona d’ottone.
Dolce è il Lilium, ma spoglio il marmo e così è spoglia la memoria di te.
Ma il profumo del Lilium sul mio sorriso, vivo
renderà giustizia a entrambe.

E il vento scuote dolce il Lilium…