Storie originali > Azione
Segui la storia  |       
Autore: Diamond_91    05/06/2014    1 recensioni
- ... Pensi che stia sbagliando tutto? -
- Gli errori si possono sempre perdonare, basta trovare la giusta spinta per andare oltre. -
I carabinieri sono impegnati nella risoluzione di un caso disarmante che include spaccio di droga e prostituzione. Il Brigadiere Mazzino riesce ad andare oltre l'apparenza, fidandosi di una giovane prostituta obbligata a commercializzare il proprio corpo per far dare stabilità economica alla sorella di 9 anni e al piccolo Tommaso, nato da un rapporto precoce con il suo protettore...
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A













Capitolo 3.


 
''Renditi padrone delle tue emozioni e ne capirai le scelte''
- Mio Nonno.




Avevo sempre pensato che tutto succedesse secondo una ragione precisa, studiata. Non riuscivo a concepire il fatto per cui una scelta potesse causare una reazione contraria all'aspettativa. Non collegavo un'emozione con una scelta, ma un'emozione con un'altra emozione da cui poi nasceva un risentimento, una speranza o una sconfitta.

Continuavo a fissare la parete chiara davanti a me, sperando che rispondesse a tutti i punti interrogativi che mi ronzavano in testa come zanzare rumorose. Il muro che avevo consolidato anno dopo anno delle mie aspettative, era crollato nel momento in cui i miei occhi avevano sfiorato quelli sofferenti di Fabio, del mio migliore amico. I dottori entravano ed uscivano dalla sala operatoria senza rilasciare nessuna notizia sulla sua salute. 
Odiavo l'attesa e l'odore potente del disinfettante. Odiavo stare fermo quando il Mondo continuava a ruotare intorno a me. Detestavo il silenzio, che bastardo faceva sempre più rumore, un rumore insostenibile, illogico, a tratti irrazionale. Detestavo le frasi di circonstanza, i passi senza meta... Aborrivo il mio stesso riflesso quel giorno. Abominavo persino la mia inutile presenza.

- Non è colpa tua... -

La Sua voce. Un dolce richiamo soave alla più tremenda realtà. Mi voltai nella sua direzione fissandola stranito. Notai il suo braccio muoversi, la sua mano appoggiarsi delicatamente sulla mia gamba, come se tra di noi non ci fosse distanza... Come se fossimo stati intimi da tutta la vita. Abbassai lo sguardo nuovamente sul pavimento. Non avevo forza di reagire, di guardarla negli occhi, di prendere parte a quel conflitto interiore di idee. Volevo rimanere da solo; solo col mio dolore, con la mia poca fermezza, con la mia più squallida decisione. Un respiro profondo, poi un altro... Non esistevano parole per descrivere quello che stavo provando: odio, inutilità, repulsione, sconfitta, abbandono... Socchiusi gli occhi. La scena di poco prima ricoprì la mia mente: grida, pianto, suppliche, parole, sparo, sangue... Scrollai la testa stringendo i pugni lungo i fianchi per poi scattare in piedi al centro del corridoio dell'ospedale. Era un peso troppo grande per un uomo fragile come me.

- Ehi. -

I Suoi occhi a pochissimi centimetri di distanza dai miei. Potevo specchiarmici attraverso. Il verde acceso delle sue pupille era quasi magnetico. La fissai estasiato. Il suo viso dolce e delicato, le sue labbra carnose e rosse. Era bellissima. Non mi sarei mai stancato di guardarla.

- Va a casa. -
- Senza di te no. -

La sua mano nuovamente sulla mia pelle. Le sue dita che ricalcavano i contorni dei miei occhi, come se volesse proteggermi, difendermi da tutto quello che ci circondava. Era come se i ruoli si fossero invertiti: mi sentivo spaesato e vittima del giudizio e vedevo lei forte e in grado di donarmi speranza.

- Che centri tu con Don Ciro? -

Sapevo di essermi spinto oltre con quella domanda, ma avevo ancora tante cose da capire, tanti punti interrogativi a cui dare una risposta. Notai la sua mano scivolare lontana dal mio viso. L'aveva ritrata per paura, per timore che non mi fidassi di lei nè della sua presenza. I miei occhi continuavano a fissarla curioso e sospettoso aspettando una qualsiasi spiegazione. Mi bastava sapere che lei era innocente. Mi sarei fidato solo dell'espressione del suo sguardo.

- Ho sbagliato a venire qui... -

La sua voce si fece a tratti perfida e spietata. I suoi occhi scivolarono in basso, fissando senza tregua le mattonelle del pavimento. 

- Te lo avrei chiesto comunque... - 

La sua presenza mi faceva stare bene. Era quasi difficile e a tratti impossibile da spiegare, ma era così: sentivo una specie di legame fatato tra di noi, un'alchimia innata, come se fossimo legati da un filo invisibile, che ne tracciava l'essenza.

- Mio nonno mi diceva sempre che se mi rendevo padrona delle mie emozioni ne capivo le scelte e io mi sono resa padrona della mia stessa insicurezza e ne ho partorito una scelta, forse la più sbagliata, ma l'unica che è riuscita a rendermi felice anche se per poco. -

Sofferenza. Nelle sue parole c'era solo sofferenza. La fissai. La osservai profondamente per poi avvicinarmi di qualche passo. Fu la mia di mano quella volta a slittarle sul viso, raccogliendole con le dita le lacrime che silenziose le solcavano gli occhi. 

- Per proteggere gli altri fai del male a te stessa... -

Conoscevo il motivo per cui aveva iniziato quella vita: una sorella minorenne da accudire, un neonato da crescere. Angelica era un essere speciale e lo aveva confermato nel momento stesso in cui aveva deciso di donare il meglio ad altri lasciando per sè stessa il peggio.

- Vuoi sapere che cosa diceva il mio di nonno? - 

Tornai a sorridere. Pensavo fosse l'unico modo possibile per farle capire che ero lì con lei, che non l'avrei mai abbandonata. Mi fissò. I suoi occhi giganti e verdi si mischiarono con i miei. Un piccolo cenno con il capo. Le labbra si dilatarono in un minuscolo sorriso. La forza che riusciva a donarmi era immensa. L'avrei paragonata ad un tramonto d'agosto: sincero, forte, colorato, delicato, che tendeva a scomparire all'orizzonte, ma che sarebbe ritornato ogni giorno con la stessa frequenza e la stessa intensità. 

- Le persone non si incontrano per caso... C'è sempre un qualcosa che le lega, e quando si trovano si mischiano in un unico destino. -

Il mondo attorno a noi era come scomparso. Avevamo vissuto gli ultimi minuti in una cupola privata, solo nostra. 

- Io ho incontrato te e mi fido di mio nonno... Mi do una possibilità: mischio il mio destino col tuo e come inizio pongo il mio darti fiducia. - 

Le mie dita erano quasi incollate alla sua pelle. La morbidezza del suo viso e la sua delicatezza erano immense. Respirai silenziosamente. Donando una possibilità a me stesso, le avevo regalato una possibilità anche a lei, alla sua vita. Una possibilità diversa, più vera e meno cruda di quella che aveva deciso di vivere. Un altro sorriso. Le sue labbra che si schiusero formando una piccola fossetta sul mento. I capelli castani le ricadevano perfetti lungo il corpo, mettendo in risalto gli zigomi pronunciati. Mi avvicinai ancora di qualche passo. Notai la sua mano vibrare al contatto con la mia. Le nostre dita si attorcigliarono in una stretta decisa e ruggente, come se ci stessimo infondendo coraggio e fiducia l'uno con l'altra. 


- Mazzino. Porta in caserma la signorina. L'avevo avvisata. Ora passiamo alle maniere forti. -
I passi ne anticiparono la voce che, tagliente e penetrante, aveva già deciso quale fosse la soluzione migliore da prendere.

- Capitano, ma... -
- Capitano niente. Questa ragazza è una disgrazia. Se non ci fosse stata a quest'ora Cuzzoli non starebbe combattendo per la vita. - 

Il suo sguardo era feroce. Guidotti era solo una divisa allacciata e tenuta pulita. Non vi era nessuna ombra di uomo al suo interno. I suoi occhi non lasciavano spazio alla dolcezza, alla comprensione; per lui esistevano solamente il comando, la reputazione e gli ordini. Nulla di più, nulla di meno. 

-No, la ragazza non centra nulla. -

Angelica rimase immobile. Mi mollò la mano con irruenza. Io non ero come lui. Le mie responsabilità rimanevano mie, di nessun altro.

- Se il Brigadiere Cuzzoli è qui, la colpa è solo mia. - 
- Diego che stai dicendo? -
- La verità. - 

Fissai Angelica che preoccupata alternava lo sguardo tra me e il Capitano. 

- Mazzino, io comando, io decido, io faccio le conclusioni. Porta questa prostituta in caserma e trattienila fino al mio ritorno. -
- No, non posso farlo. Lei è la vittima qui: è soggiogata, obbligata a prostituirsi. Mi creda, Capitano. Le sto dicendo la verità. - 

Strinsi i pugni lungo i fianchi. Sembravo drogato di coraggio e autolesionismo, ma non mi importava. Allungai la mano verso quella di Angelica stringendola con delicatezza.

- Mazzino, non dirmi che credi alle sue parole? -

Guidotti lasciò ricadere lo sguardo sulle nostre mani intrecciate. I suoi occhi castani si colorarono di un rosso vivo, in preda alla più totale delusione.

- La mignotta ti ha fatto il lavaggio del cervello. Cos'è...? Te l'ha data per potersi meritare una difesa a spada tratta da te? - 

Offensivo. Il suo tono da autoritario si trasformò in qualcosa di assolutamente offensivo.

- E lei a chi crede? Alla parola di un suo uomo o al giudizio della gente?

Un coltello invisibile. Le mie parole furono per il Capitano motivo di assoluto disprezzo. Mi guardò inferocito. Non gli diedi la soddisfazione di fissare un punto poco preciso del corridoio. Il mio sguardo puntò il suo, senza mezze misure, pulito, deciso e combattivo.

- Sei sospeso, Mazzino.  -

La conclusione più ovvia. Gli sorrisi per poi fare pochi passi verso di lui. La fiamma dorata sul cappello non mi faceva paura, nè mi trasmetteva timore. Annuii con la testa senza aggiungere altro per poi superarlo. Avrei fatto giustizia a Fabio. Mi sarei impegnato a dare ad Angelica un futuro migliore e degno di lei. Le strinsi la mano abbandonando il corridoio dell'ospedale sotto l'occhio vigile e attento di Guidotti. Potevo sentire il suo disprezzo respirarmi sulle spalle. Percepivo il suo odio invadermi il corpo completamente. 

- Perché lo hai fatto? Perché per me? -

Le domande di Angelica arrivavano come un turbine di luci colorate. Non avevo una risposta precisa da darle. Avevo solo capito che era la cosa giusta da fare. Da un'emozione nasceva una scelta, e io la mia l'avevo decisa. Lasciai vagare lo sguardo per poi appoggiarlo sulle nostre mani ancora unite. La forza con la quale stringeva le mie dita era indescrivibile. Sorrisi mentalmente voltandomi verso di lei. 

- ... E tu, tu perché mi stringi?



 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Azione / Vai alla pagina dell'autore: Diamond_91