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Autore: Luna Manar    05/06/2014    0 recensioni
Squall combatte con la responsabilità della sua recente promozione, e con la confusione che Rinoa sta portando nella sua vita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

LIGHTS IN THE SKY
scritta da Luna Manar, tradotta da Alessia Heartilly

Esprimi un desiderio
A una stella cadente?
I cuori suonano
Ora sono quello
Che tu hai lasciato qui
...

Era una notte tranquilla.

Trovando difficile capire come si sentiva sul cambio d'ambiente, Squall finse di non notarlo. Dentro al Garden di Balamb le luci erano accese. L'acqua fluiva ancora sotto al corridoio sotto ai suoi piedi. SeeD e studenti camminavano ancora nell'atrio.

Entrò in una stanza buia dove l'aria si abbinava meglio all'ambiente. C'era un silenzio intorno che era fuori posto nella chiassosa luminosità del cerchio centrale. Non importava quanto poco fosse cambiato all'interno delle mura del Garden; rimaneva il fatto che all'esterno non c'erano più campi, non c'erano più foreste, e non c'erano più montagne.

Solo miglia e miglia infinite di acqua li circondavano, adesso, e anche se si guardava fuori dalla finestra o oltre la ringhiera di un balcone, la luce del grande anello di propulsione al di sotto della superficie dell'acqua rivelava solo alcune centinaia di metri della superficie fredda e nera dell'oceano. Era difficile dire se si stavano muovendo.

Squall alzò lo sguardo, oltre il soffitto di vetro che una volta illuminava l'ampio spazio del salone delle feste con il brillare delle stelle. Non c'erano stelle per lui adesso, nemmeno un frammento di luna, e scosse la testa per l'ironia della situazione. Eccolo lì, da solo al buio, il testimone perfetto per un cielo simile in un ambiente altrettanto perfetto per vederlo: la sala da ballo era deserta, le luci abbassate e non c'era nessuno splendore dorato a surclassare la fredda purezza dello spazio. Ma lassù c'erano nuvole così nere che impedivano anche ad un singolo raggio di luce di penetrare.

Ecco come vanno le cose. Quando ci sei, nessuno ti presta attenzione, e quando qualcuno lo fa, tu te ne sei andato.

Una smorfia canzonatoria gli tirò per un momento l'angolo della bocca, ma l'espressione non si formò, l'emozione al di sotto troppo muta per essere importante; solo un indizio di disprezzo, nato dalla consapevolezza che questa era una qualche specie di tragedia prevedibile. Nessuno ci pensa, perché non ha nulla a che fare con loro. Non è niente. Solo una situazione di comodo.

Sospirò, confuso dai suoi stessi pensieri e non del tutto sicuro da dove venissero. Fu portato da un'insistenza intuitiva a un angolo lì accanto - un angolo familiare, lontano dall'aria vuota. Era l'angolo in cui era cominciato tutto...

Perché lo penso? si chiese con un gesto agitato verso l'angolo, imbronciandosi come se gli avesse fatto una grossa ingiustizia. Poi entrò nell'ombra e gli diede le spalle, ci si appoggiò, con le braccia incrociate sul petto. Inquieto, le lasciò cadere sui fianchi, spostandosi a disagio contro il muro. Non mi aiuta. Perché sono venuto qui? Guardò l'enorme stanza vuota, i cui pavimenti duri e i muri alti gli rimandavano l'eco del suo respiro.

Quel posto gli era sembrato importante solo pochi minuti prima, ma non sapeva che risposte aveva pensato di poter scoprire tornandoci. Aveva pensato di poter recuperare il susseguirsi degli eventi che lo aveva portato ad essere nella posizione in cui si trovava, adesso.

Leader. Di tutto questo? Cid è pazzo? Sono tutti semplicemente così stupidi?

Ma chi prendeva in giro, dopo tutto? Non aveva un dono di natura; era bravo, ma tutto considerato, era altrettanto fortunato. Che fossero tornati tutti sani e salvi, che il Garden si fosse alzato in volo dopo essere stato per chissà quanto tempo fermo nel terreno, erano cose che avevano a che fare con il puro caso tanto quanto qualsiasi altra cosa.

La speranza, la passione, la grandiosità o la divinità non avrebbero mai salvato nessuno di loro, e insistere che Squall Leonhart avesse una qualsiasi di queste qualità era un errore, puro e semplice. Cid si sbagliava. Quistis si sbagliava. Si sbagliavano tutti così tanto!

È un errore. Si rimise la mano sul viso. Finirò per far ammazzare tutti.

Come era successo? Negli ultimi giorni non aveva avuto un secondo per pensare, troppo occupato a fare, e anche troppe di quelle azioni erano state reazioni, scappare invece di combattere. Che cosa era successo solo qualche giorno prima? Erano saltati su un treno. E prima, aveva mandato via tre amici, probabilmente a morire. Prima di quello...

Flash di streghe e fogne e prepotenti lo innervosirono e lo avvisarono di non ricordare; una qualche diga di sicurezza nella sua mente insisteva che non sarebbe servito a nulla, se non a inabilitarlo e confonderlo di più. Ma prima che la bobina mentale fosse interrotta, un'ultima immagine gli lampeggiò davanti agli occhi.

Squall sbatté le palpebre, interrompendo il suo sogno ad occhi aperti per ritrovarsi leggermente sporto in avanti, con il braccio steso a metà e la mano parzialmente aperta, quasi come per allungarsi verso un'altra mano, o per impedirsi di cadere, quasi. Sobbalzò e barcollò di nuovo verso il muro, afferrato dalla bizzarra sensazione di chi cade dal letto, così sicuro che l'ultima immagine del sogno fosse reale, con il cuore che batteva come se il pavimento si fosse spalancato sotto ai suoi piedi.

Tutto continuava a tornare a lei - che urlava per lui mentre lui cadeva, che gli sorrideva. Il suo viso, i suoi luminosi occhi infuriati. Prima di lei tutto andava bene. Tutto andava bene e basta...

È una bugia. Lui rise di se stesso senza umorismo, poi si accigliò guardando il punto della pista da ballo in cui era stata Rinoa. "Se tutto ha qualcosa a che fare con te," borbottò, "non mi fido di te. Non mi piaci." Un'altra bugia! grugnì piano tra sé e sé, con la mascella serrata. "Non mi fido di me stesso quando ci sei tu."

Ecco tutto. Questo era ciò che era iniziato lì, in quell'angolo. Quando ci sei tu, faccio cose stupide.

All'improvviso, la sala da ballo era luminosa come era stata quando le aveva permesso di trascinarlo via dalla sua contemplazione al sicuro, un flash come di una macchina fotografica che incorniciava il suo ricordo per un millesimo di istante in una luce accecante e sfocata. Squall guardò di nuovo il cielo, con la bocca leggermente aperta mentre guardava un artiglio di luce che lacerava il buio. Un tuono ruppe il silenzio, come incapace di sopportarlo oltre; la vibrazione che lo seguì fece tremare i muri di marmo, come se fossero pronti a crollare.

Per alcuni minuti Squall guardò la tempesta liberarsi nella vista limitata della finestra, con la luce bianca che trascinava lacrime sfilacciate e temporanee nelle nuvole apatiche. Ascoltò il rombo e il tuono, e sentì qualcosa di simile al sollievo, una specie di legame a quel baccano caotico. So come ti senti...

Ma sapeva che la tempesta non provava nulla, e in silenzio ne fu invidioso.

Se non avesse sentito nulla, avrebbe potuto pensare con chiarezza. Se solo avesse potuto penetrare nella nebbia della sua mente con l'apatica chiarezza del tuono, e dirsi che queste erano le decisioni giuste, che questo era il meglio che poteva fare.

Se solo non avesse avuto bisogno di essere lì, in quella stanza, a contemplare il tempo come un idiota.

Posso prendermi cura di me stesso, ragionò cupo, ma delle altre persone? Come posso essere responsabile anche di loro? È... Una mano si strinse a pugno lungo il fianco. No. Non troppo. Doveva trovare un modo di affrontare la cosa. In qualche modo...

Un altro flash della pista da ballo, un altro barlume del viso di quella ragazza nella sua mente. Scosse la testa. Si era reso ridicolo con lei in quella stanza. La sua prima missione SeeD, aiutare la sua scusa infantile di gruppo di resistenza, non era stata nulla di meno che un insulto. L'insensatezza di quella ragazza l'aveva quasi fatta ammazzare dalla Strega.

Quella Strega... Chiuse gli occhi e picchiò ancora una volta la testa contro il muro dietro di lui. Perché non sono morto?

Tutta quella faccenda non aveva senso. Balli. Strambi movimenti di guerriglia pacifista. Feste di congratulazioni mal concepite per una posizione lavorativa con cui non voleva avere nulla a che fare. Non conosceva nemmeno quella ragazza, eppure lei gli era sempre appiccicata. A prescindere da come lui guardava i suoi problemi, Rinoa era nel mezzo. Voleva farla a pezzi. Voleva che nulla avesse a che fare con lei. Ma lei era così avvolta nei suoi pensieri, così presa nel mezzo di tutti quei problemi, problemi, che toglierla da essi non li avrebbe affatto risolti. Lo lasciava solo con dei problemi con buchi nel centro.

Allora risolvilo. Risolvi lei. Doveva togliersela dalla mente, allontanarla per potersi ancora concentrare su stesso.

Guardò di sbieco l'ingresso, sapendo che non l'avrebbe vista entrare dalle grosse porte doppie. Non le sarebbe venuto in mente di venire lì quando era buio. Lei era troppo un animale sociale; troppo come chiunque altro. Si trovò a soffocare un istinto furioso e disperato di andarla a cercare, subito, e trascinarla lì, nel buio, di nuovo sulla pista da ballo, solo per vedere che cosa avrebbe fatto. "È la stessa cosa per te nel buio?" ringhiò piano nell'aria davanti a lui, rivolto a lei nella sua fantasia.

Un bum particolarmente forte scosse il pavimento sotto ai suoi piedi, attirando la sua attenzione di nuovo sul cielo. Guardò la tempesta esplodere contro il vetro. Il fulmine, spaccato dall'acqua, gli ricordava i fuochi d'artificio, e il contrasto gli parve appropriato; colori luccicanti di un rumore artificiale che appartenevano al calore dorato della celebrazione. A lui piaceva di più questo, questa naturale luce violenta che colpiva con forza il mondo, invece di svanire nell'oblio. Dubito che a te piacerebbe così tanto, rifletté con un po' di cinismo. Rinoa, ne avresti paura?

Abbassò gli occhi. Sai, forse non ne avresti paura. Sei ingenua, ma non sei una codarda. Non sapeva perché importasse, ma accettò il fatto senza baccano, solo con un cenno del capo rivolto a se stesso, allo spazio vuoto davanti a lui. Probabilmente penseresti solo che è troppo rumoroso. Non ti piacciono le cose così rumorose. "Pensi che io provi la stessa cosa?" Tagliò l'aria con una mano. Il pavimento davanti a lui non rispose.

Il vuoto lo turbò. Il disagio che aveva sentito non era la sensazione di essere fuori luogo, capì - era una sensazione di incompletezza. Era nel posto giusto, ma mancava qualcosa. Di nuovo fu preso dalla tentazione di portarla lì, ma non per giudicarla; solo per farle vedere! Non voglio le cose che vuoi tu.

Non sapeva a cosa sarebbe servito. Non aveva nulla a che vedere con niente. Non lo avrebbe aiutato a risolvere il suo problema più pressante: non sono fatto per tutto questo. Che cosa faccio adesso? Scosse la testa e incrociò le braccia. In qualche modo, chissenefrega non funzionava più e basta.

La luce sembrò più fredda e il tuono più vuoto mentre la tempesta continuava. Squall si lasciò cadere un pochino contro il muro e guardò i flash di luce che dividevano la stanza in bianco e nero. Mentre la tempesta si faceva più violenta, lui socchiuse gli occhi.

Non posso più permettermi di essere così.

Aspettò che la tempesta finisse. Alla fine, e così improvvisamente che spinse Squall ad alzare gli occhi al soffitto ancora una volta, le nuvole si aprirono, giusto un po', giusto quanto bastava per lasciar passare un raggio di luna... uno, poi un altro, poi una luce stabile. Anche il tuono rombava ancora, e c'erano i lampi, all'improvviso non sembravano così violenti, e la stanza in cui si trovava si fece un po' più luminosa. Esaminò la stanza, con la fronte che si corrugava appena quando vide i muri in ombra brillare di un argento celestiale, freddo e all'apparenza fragile nell'immobilità dell'aria. I lampi lasciavano flash di luminosità nella luce debole della luna. Si completavano l'un l'altra, non più soli nell'illuminare il buio.

Ricordò, improvvisamente, la striscia fuggevole su quella luna che gli era capitato di vedere, un singolo istante nel tempo che non una, ma due persone avevano fissato nella stessa porzione di cielo, proprio al momento giusto. Non significava nulla di magico, pensò Squall, non quello che gli altri avrebbero voluto che significasse.

Eppure era successo. Lei era stata dov'era lui. Non era stato così brutto, in realtà, non in quel momento. Il ballo era venuto e andato, e lui sarebbe stato contento di finirla lì, con un ricordo piacevole. Immagino che succeda, a volte. Quando capita, è bello. Solo che non puoi farci affidamento.

Con gli occhi aperti che fissavano il cielo arrabbiato, si chiese se non capiva qualcosa, da qualche parte. In quel momento, la furia dei lampi, questa guerra imminente che gli pesava addosso, spaventosa e immediata, sembrava una metafora meno profonda del fuggevole lampo di un ballo e una stella cadente. Entrambi erano altrettanto brevi, e forse la tempesta era molto meno bella, ma c'erano così tanti lampi.

O forse era lo stesso lampo furioso, che si scontrava inutilmente contro il mondo, ancora e ancora.

Squall sospirò, in silenzio. Non stava ottenendo niente, ed era tardi. Non importava quello che pensava. Era così e basta. Aveva il comando. Era ora che iniziasse a pensarci, invece di farlo e basta. Non aveva la minima idea di come ci sarebbe riuscito, ma sapeva di doverlo fare. Il puzzle che Rinoa gli poneva davanti, quel lampo di follia nella tempesta delle sue preoccupazioni, avrebbe dovuto risolverlo man mano, quando ne avrebbe avuto il tempo. Si lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, stringendo i pugni una volta e poi lasciando penzolare le mani. Scosse la testa e si allontanò dall'angolo. Non posso combatterlo. Lascia che venga e basta, e fa' quello che devi fare. Fece qualche passo, si fermò e gettò un ultimo sguardo al cielo e alla stanza in penombra. Attese, trattenendo il respiro, solo per un istante.

Non successe nulla. Nessuna stella cadente, solo il bagliore di aria violenta. Non ci sarebbero stati miracoli quella notte.

Il tuono ruggì, potente e distante. Squall si raddrizzò e tornò in corridoio, incapace di scrollarsi di dosso la sensazione di aver lasciato indietro qualcuno nel buio.

*****
Nota temporanea dell'autrice: sì, sto tornando a scrivere fanfiction su Final fantasy VIII. Ho molte idee per le storie in-game che amo tanto. Questa è solo per impratichirmi, aspettatene altre nei prossimi mesi.
...E , "All for one" verrà aggiornata, e spero molto presto.

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

   
 
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